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    Itinerario di penitenza per comunità giovanili



    Franco Floris

    (NPG 1976-11-40)

    Un dato di fatto facilmente riscontrabile tra i giovani praticanti è lo scarso interesse che essi manifestano per il sacramento della penitenza. Le motivazioni sono le più disparate. Rimandiamo alla analisi compiuta al riguardo dallo studio redazionale della rivista nell'aprile del 1975 [1]. Tentando una catalogazione dal punto di vista della frequenza possiamo parlare anzitutto di una categoria di giovani per i quali il disinteresse nasce da un approccio superficiale al cristianesimo: non sono giunti a recepire il messaggio di conversione di Cristo e, al momento in cui viene loro offerto di prendere parte al sacramento della penitenza, si ritrovano colpevoli di cose banali che è ridicolo confessare.
    Altri invece sono più sensibili al giudizio della parola di Dio sulla loro vita e vivono l'impegno di liberazione ma non afferrano il legame tra liberazione e «confessione».
    I più sensibili infine riescono a intuire il significato del sacramento della penitenza, ma rimangono bloccati di fronte ad una pratica che non esprime la ricchezza della riconciliazione quale loro la percepiscono. In effetti la prassi sacramentale e la stessa liturgia del sacramento si espongono a facili critiche. Nella maggioranza dei casi i giovani sentono la penitenza come un incontro strano: impersonale, freddo, meccanico, incomprensibile anche a livello di linguaggio. Crea disagio il potere ricevere il perdono di Dio senza un esplicito segno di riconciliazione orizzontale. Non viene percepito inoltre, anche se giuridicamente è presente, il contesto ecclesiale di un incontro a due nel chiuso di un confessionale. Disagio e diffidenza suscita l'impressione di magismo e lo scarso costo della assoluzione: basta raccontare le proprie cose e subito scatta il meccanismo del perdono, salvo riprendere lo stesso stile di vita appena ricevuto il perdono e poi ritornare...
    Anche quella che sembrava la soluzione di tutti i problemi, la confessione comunitaria, non si sottrae a molte di queste critiche. A volte si ha l'impressione, e non solo da parte dei giovani, che si tratti di un espediente per offrire agli individui una possibilità molto immediata di confessarsi piuttosto che di un bisogno di esprimere la dimensione comunitaria della penitenza.
    Dimostrazione per altro verso, che il problema della penitenza non può essere ridotto ad una serie di innovazioni rituali o a criteri per una regia della celebrazione, ma deve essere affrontato con un discorso educativo a lungo termine (per il quale rimandiamo di nuovo allo studio di Note di Pastorale Giovanile segnalato).
    In questo contesto vogliamo soltanto presentare una proposta che non pretende di risolvere la crisi del sacramento della penitenza, ma può essere utile per coordinare una serie di interventi educativi sulla linea della sensibilizzazione, della educazione e della pratica della penitenza.

    UNA PROPOSTA: INSERIRE IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA IN UN «ITINERARIO DI CONVERSIONE»

    Uno dei tentativi più interessanti per rinnovare la pastorale della penitenza è quella di un inserimento del sacramento della penitenza in un complesso di gesti e incontri che chiamiamo «itinerario di conversione». Non si tratta di una novità quanto di una riscoperta, di un ripensamento della prassi penitenziale quaresimale della chiesa antica, quando il sacramento iniziava con il rito di ingresso tra i penitenti il mercoledì delle ceneri (e ancor prima nell'incontro personale dei peccatori col vescovo per manifestargli i propri peccati e chiedere l'iscrizione tra i penitenti) e terminava con la solenne riconciliazione del giovedì santo. Tra le due celebrazioni veniva così a crearsi un tempo di conversione autentica segnato dalla meditazione della parola di Dio, dal digiuno e dalle opere penitenziali, dall'accettazione dei consigli del vescovo e della comunità per una impostazione della propria vita cristiana.
    Il tentativo di reinventare una prassi del genere presenta elementi di indubbio interesse educativo.

    La creazione di uno spazio per una conversione autentica

    Il rapporto tra vita di conversione e celebrazione del sacramento è oggi molto labile, contribuendo così a far circolare l'immagine di un sacramento slegato dai reali problemi della vita. L'itinerario che proponiamo invece permette di evidenziare il legame in quanto l'intervallo tra l'ingresso nella penitenza e la celebrazione della riconciliazione offre la possibilità di una serie di interventi educativi diretti a esplicare la conversione come:
    – cambiamento di mentalità e maturazione di una coscienza cristiana mediante il confronto con la parola di Dio, il confronto ed il dibattito nella vita di gruppo, letture di approfondimento della fede, incontri personali col sacerdote...;
    – adeguamento della propria scala valori a quella di Cristo in contrapposizione con la logica del mondo di oggi;
    – sforzo di inventare una prassi più rispondente alle esigenze del vangelo attraverso un confronto comunitario con le esigenze della fede e del mondo;
    – tempo di preghiera in cui convincersi e accettarsi come peccatori e rendersi conto del significato del perdono gratuito che Dio ci concede.

    In primo piano una comunità che fa penitenza

    Nonostante le molte iniziative si ha l'impressione che raramente le comunità e i gruppi arrivano a vivere il «fare penitenza insieme». Spesso si tratta solo di una somma di confessioni individuali unite fra loro dal fatto di svolgersi nello stesso spazio e tempo. Mancano strutture che rendano facile questa messa in crisi della comunità in quanto tale; manca lo spazio per un confronto sui problemi di fondo della comunità al suo interno e nel suo rapporto con l'ambiente in cui svolge il suo servizio. L'itinerario di penitenza vuole creare uno spazio per un dibattito sulla vita della comunità, per una verifica del servizio al mondo che essa offre a livello di evangelizzazione e di promozione umana, per una ricerca concreta e comunitaria di vie di uscita alle eventuali deficienze, per una assunzione da parte della comunità della crisi di fede e di impegno di qualche suo membro...

    La penitenza non e solo confessione e assoluzione

    Qualcosa sta cambiando in questo campo ma con molta lentezza e in poche comunità. Prendiamo ad esempio la lettura della parola di Dio nella celebrazione individuale della penitenza: i casi in cui viene letta sono molto rari e anche quando lo si fa velocemente non si ha il tempo di fare insieme delle riflessioni per coglierla non come parola moraleggiante, ma come parola che salva. Un altro esempio: ancora oggi normalmente il sacramento viene a ridursi ad un incontro di pochi minuti, perché c'è la fila o perché la messa è quasi arrivata alla comunione!
    Viene così a mancare, spesso, il tempo necessario non tanto per far l'elenco dei peccati, quanto per concentrarsi e mettere a fuoco le motivazioni di fondo del proprio gesto.
    Nell'itinerario di penitenza tutti questi momenti possono essere vissuti al rallentatore, in tempi diversi. Trova spazio una lettura della parola di Dio che non sia semplice formalità ma occasione di approfondimento personale e comunitario delle motivazioni che ci spingono alla penitenza e del significato del perdono nella nostra vita, trova spazio un confronto comunitario che si apra ad un cambiamento di stile nei rapporti comunitari e perciò ad una riconciliazione di tipo orizzontale, trova spazio il dedicarsi ad opere di soddisfazione per le proprie colpe come pure la elaborazione di un piano di rinnovamento personale e comunitario che accentui la tensione al futuro che deve caratterizzare ogni riconciliazione.

    La riconciliazione culmina nella «festa del perdono»

    L'immagine più comune del sacramento della penitenza è ancora quella di esperienza di umiliazione e di tristezza pur di poter giungere ad una maggior serenità interiore. E se si tratta di gioia è pur sempre quella individuale e non quella di una comunità che ritrova nel perdono la sua identità di popolo liberato e perciò esprime la sua gioia nel canto, nel ringraziamento e nello stare insieme per manifestare fiducia e accettazione reciproca e non per quello che si fa ma per quello che si è.
    Del resto occorre dire che se l'elemento festivo era presente nella confessione è pur vero che era ridotto a qualcosa di «spirituale» nel senso deteriore del termine. Se poi la confessione era vista come la tassa da pagare per accedere alla eucaristia...
    L'itinerario che descriveremo presenta invece la celebrazione della riconciliazione come «festa del perdono» (del perdono ricevuto da Dio e dagli altri più che del perdono dato), per sottolineare la componente pasquale della riconciliazione, nuovo esodo e nuovo ingresso nella terra promessa. E proponiamo una festa che non termina nella liturgia ma continua in un incontro di tutta la comunità per manifestare la propria gioia e sottolineare la ricchezza della esperienza vissuta.

    Un arco di tempo in cui trovare l'occasione per un dialogo serio col sacerdote

    Nel passato spesso alla confessione si associava la cosiddetta «direzione spirituale». Una associazione che è venuta a cadere per restituire alla penitenza la sua originalità di sacramento, ma la cui scomparsa ha creato nuovi disagi. A parte l'impersonalità ancora maggiore che caratterizza la brevissima confessione dei peccati nella riconciliazione comunitaria, quello che è venuto a mancare è anche il confronto educativo tra il giovane e il sacerdote. In fondo la possibilità di parlare col sacerdote è in molti casi diminuita o scomparsa.
    Oggi non si parla più in termini di direzione spirituale, ma si insiste ugualmente perché ci sia un confronto tra i giovani e i cristiani adulti nella fede per la formazione di una mentalità cristiana e di una coscienza morale critica in un mondo che spesso si fa gioco della libertà dei giovani. Uno degli elementi tipici dell'itinerario di penitenza è appunto l'obbligo di incontrare, dopo l'ingresso tra i penitenti e prima della riconciliazione comunitaria, un sacerdote (in certi casi meglio un laico o una coppia di sposi) per verificare insieme le scelte di fondo della propria esistenza e prendere le adeguate decisioni.
    Evidentemente questo incontro è diverso dalla confessione dei peccati prima di ricevere il perdono che ha lo scopo di riconoscersi peccatori di fronte ad un Dio che ci ama gratuitamente e che gratuitamente sta per perdonare.

    INDICAZIONI PER ORGANIZZARE UN ITINERARIO DI PENITENZA

    Naturalmente si tratterà solo di indicazioni di massima, da riprendere e adattare ai singoli ambienti. Teniamo presente un ambiente giovanile che può andare dal gruppo in genere, a una comunità giovanile oratoriana o di associazione, ad un istituto in cui oltre alle classi funzionino gruppi autonomi.
    Una delle difficoltà più grosse è garantire l'unità dell'itinerario. Proprio a questo scopo può essere utile farlo coincidere con il tempo di Avvento o, meglio ancora, con la Quaresima. Per questa scelta confluiscono anche altri dati abbastanza owi.
    Più avanti daremo alcune indicazioni per organizzare l'esperienza nel prossimo Avvento.
    Nella proposta che facciamo abbiamo trovato utile salvaguardare la unità dell'itinerario facendo coincidere le tappe con quelle descritte nella parabola del figlio prodigo.

    Primo tempo: il figlio lascia la casa del padre
    Il gruppo-comunità analizza la sua situazione

    Perché l'esperienza sia significativa è opportuno che prenda lo spunto non tanto da scadenze circa l'obbligo di confessarsi, quanto da una presa di coscienza nel gruppo o nella comunità giovanile di fatti concreti che invitano ad un ripensamento e ad una svolta. Lo spunto può essere dato da una minoranza che crede opportuno denunciare davanti a tutti come stanno le cose. Immaginiamo, tanto per lasciar correre la fantasia ma anche per lasciar intuire certe possibilità, che un gruppo o una classe chieda di convocare tutta la comunità per presentare la propria denuncia e invitare tutti a fare il punto sulla situazione e trovare le cause del malessere comunitario. Toccherà in genere all'animatore far emergere certi problemi, per non fermarsi ad una analisi superficiale. Si può pensare di giungere, attraverso il lavoro di una commissione che raduna tutti i dati emersi, ad un documento conclusivo di analisi della vita di comunità da presentare in una seconda assemblea alla considerazione di tutti.
    Durante questa assemblea (che pensiamo abbastanza aperta ad un discorso cristiano o che almeno rispetta il cammino cristiano di una minoranza) l'animatore della comunità lancia una proposta del tutto libera, proposta che acquisterà tutta la sua serietà se li cammino finora percorso è stato serio ed impegnativo, una proposta di trasformare questa revisione di vita comunitaria in cammino penitenziale. È ovvio che questa può essere solo una proposta: la libertà di scelta non solo deve essere salvata ma anzi favorita. E anche ovvio che in una proposta del genere entra in gioco molto della credibilità delle persone che propongono l'iniziativa e della istituzione in cui si vive. Se, ad esempio, l'istituzione rifiuta di essere messa in discussione...
    Dicevamo dunque che l'animatore lancia la proposta durante l'assemblea generale: giustificherà in primo luogo la sua proposta, ne spiegherà le tappe... Poiché non tutti, è presumibile, accetteranno di percorrere un cammino penitenziale è opportuno sottolineare come in concreto non cambi nulla nell'impegno della comunità per risolvere i suoi problemi a partire dal documento di denuncia. Per rispettare fino in fondo la libertà di scelta è meglio che negli istituti scolastici l'iniziativa non venga portata avanti dalle classi in quanto tali ma preferibilmente da gruppi spontanei della classe o di interclasse.

    Secondo tempo: il figlio si rende conto del suo peccato
    L'amore che dio ha per noi ci convince di peccato

    L'obiettivo di questa fase del cammino è duplice: scoperta di che cosa sia il peccato per il cristiano ed elaborazione di un programma di conversione. Quanto alla catechesi sul peccato: si tratta di guidare ad una corretta percezione di peccato, quale può nascere da una ricerca sui testi biblici per mettere in luce che il peccato ha senso solo nella relazione di amore tra Dio e l'uomo e che possiamo convincerci di peccato solo se ci lasciamo misurare dalla logica di Dio espressa nella sua parola. La ricerca, da fare personalmente e in gruppo, si conclude nella scelta di alcuni testi che illuminano la situazione di peccato. Testi che parlano di Dio piuttosto che del peccato [2].
    Al programma di conversione si giunge dando un volto positivo (obiettivi da raggiungere) al precedente documento di analisi sui problemi della comunità e affiancando ad esso un testo biblico (o alcuni versetti di brani diversi) che faccia emergere la natura del peccato e l'invito alla speranza perché Dio perdona il peccatore pentito.
    Perché sia concreto, il programma deve includere una serie di piste di conversione:

    – la conversione della mente: lettura della bibbia, revisione di vita, libri da leggere, accenni all'opportunità di un dialogo con persone mature nella fede, tavole rotonde o giornate di studio sul tema della conversione oggi, recitals...;

    – la soddisfazione per le colpe commesse: gesti di condivisione interni alla comunità; assunzione di servizi ai poveri; giornate di digiuno per il terzo mondo; gesti di riparazione delle ingiustizie fatte dalla comunità nei confronti dell'ambiente che ia circonda; marcia di sensibilizzazione del quartiere ai problemi che sta soffrendo ma a cui non vuole mettere mano...;

    – lo sforzo comunitario e personale di tradurre in comportamenti adeguati gli atteggiamenti di fondo dell'esistere del cristiano oggi e in particolare di quegli atteggiamenti che sono stati giudicati più carenti nella vita della comunità. Il programma deve essere molto concreto, come si è detto, ma deve anche essere
    elaborato con molta rapidità. Le programmazioni che tirano in lungo annoiano e creano disimpegno.

    Terzo tempo: il figlio decide di tornare dal padre
    Celebrazione di ingresso nel cammino penitenziale

    Nel cammino finora percorso è emersa una decisione: convertirsi. Ciò che ora proponiamo è di esprimere una decisione già presa, in una celebrazione comunitaria. La celebrazione ha lo scopo di realizzarci con una evidenza quasi palpabile nella direzione che si è scelta, assumendocene l'impegno davanti alla comunità che ci conosce e ci stimola alla coerenza e invocando l'aiuto di Dio sul nostro cammino.
    Può svolgersi in modi molto diversi, ma dovrebbe includere questi momenti:

    – accoglienza reciproca per costruire l'assemblea nel canto e nel dialogo;
    – saluto del sacerdote che chiarisce il perché della celebrazione e evidenzia alcuni temi teologici (ad esempio: l'amore di Dio fonte di liberazione per l'uomo; il valore profetico del fare penitenza in un mondo che non osa mettere in discussione i suoi fini...) píù che moralistici;
    – lettura della parola di Dio e magari di altri testi di taglio profetico;
    – la presentazione del programma di conversione;
    – l'invito del sacerdote a compiere un gesto personale che affermi la personale decisione di fare penitenza;
    – alcuni momenti di preghiera spontanea per invocare l'aiuto di Dio sulle proprie scelte;
    – benedizione del sacerdote sul cammino che sta per iniziare;
    – saluto e congedo.

    II gesto che esprime la decisione può essere molto diverso. Segnaliamo: recarsi dal sacerdote all'altare per ricevere il programma di conversione; uscire dai banchi e fare cerchio attorno all'altare; inginocchiarsi mentre gli altri stanno seduti in preghiera... L'importante è «dare tempo»: dopo l'invito del sacerdote a compiere il gesto inizia un tempo di silenzio, magari sottolineato da una semplice musica di sottofondo. Un gesto fatto con calma, espressione di una decisione presa con altrettanta calma. Non è detto che alla celebrazione debbano prendere parte solo quelli che vogliono iniziare il cammino penitenziale. È invece utile che siano presenti anche altri.

    Quarto tempo: il cammino di ritorno alla casa del padre
    Tempo di conversione

    La prima attenzione dell'animatore è all'atteggiamento di fondo che deve sostenere questa fase del cammino: non è il momento in cui il cristiano decide di astenersi da certi frutti (cui invece l'uomo «normale» accede con libertà) ma il momento in cui ci si costruisce responsabilmente nella propria umanità assumendo uno stile di vita alternativo rispetto a quello reclamizzato dalla società. Le iniziative che debbono caratterizzare questo arco di tempo sono già emerse mentre delineavamo il programma di conversione: iniziative sul piano della formazione di una mentalità e scala di valori fedeli a Cristo e all'uomo; iniziative per portare avanti l'impegno di liberazione del proprio ambiente assumendosi responsabilità all'interno della istituzione in cui si vive e all'esterno (quartiere, terzo mondo, emarginati...).
    Uno degli impegni su cui vogliamo invece ritornare è l'incontro con il sacerdote o, come abbiamo detto, con un adulto nella fede. Un incontro che può essere molto facile per alcuni ma molto difficile con altri, ma un incontro fondamentale per tutti. Non è una confessione ma un dialogo di chiarimento di difficoltà, di revisione degli atteggiamenti di fondo della propria esistenza, un accettare il servizio di liberazione che l'altro può e deve esercitare verso di noi. Un soffermarsi non sulle piccinerie della vita di ogni giorno ma sugli orientamenti di fondo della esistenza.
    Ancora una osservazione, questa volta più tecnica, riguardo alla coerenza logica degli interventi educativi durante questo cammino di conversione; tutti devono essere a servizio di quella esperienza di Dio che la comunità sta vivendo con intensità. Evidentemente ciò richiede di coinvolgere e responsabilizzare tutta la comunità degli educatori nelle diverse iniziative proposte. Così, ad esempio, le molte attività che si organizzano durante la quaresima devono essere riesaminate perché siano esperienze di conversione, gli eventuali incontri di preghiera e le eucarestie domenicali dovranno rivivere le tappe dell'itinerario...

    Quinto tempo: il padre riabbraccia il figlio pentito 
    La festa del perdono

    La gioia che nasce dal rendersi conto del perdono gratuito che Dio ci concede deve farsi concreta in quella che chiamiamo «la festa del perdono», preparata durante tutto il cammino.
    I poli di questa festa sono due, in continuità (anche temporale) fra loro: la celebrazione liturgica e l'incontro festivo della comunità, subito dopo.
    La celebrazione liturgica è quella prevista per la riconciliazione comunitaria. Tutto deve essere ordinato in modo che sia «celebrazione», cioè esaltazione gioiosa e commossa di un Dio che gratuitamente perdona. Ancora una volta un incontro di tipo profetico, attento a mettere in primo piano temi di speranza per un uomo nuovo in un mondo che si rinnova, senza abbandonarsi a sterili «vogliamoci bene», fermando invece l'attenzione sulla fedeltà di Dio verso l'uomo e la storia, fedeltà che trova il suo apice nella resurrezione di Cristo. Questa teologia della riconciliazione deve segnare lo «stile» con cui si celebra: dai canti alle letture, da una conduzione sensibile ai valori di comunione, dalla calma e rispetto dei presenti alla spontaneità nei movimenti e creatività nei gesti. Particolare solennità deve assumere l'imposizione delle mani e il gesto di riconciliazione tra i presenti, prima di accedere al sacerdote per riconoscersi peccatori e esprimere il desiderio di perdono. Un dialogo, questo tra il sacerdote ed il penitente, improntato a proclamazione dell'amore di Dio che «dona un cuore di carne» più che a enumerazione di colpe nei minimi particolari (tanto più che si presuppone il confronto tra sacerdote e penitente durante il tempo della conversione).
    Altrettanta solennità deve assumere l'azione di grazie dopo il perdono. Non può ridursi a brevi formule, ripetute con rapidità o a dei prefazi in genere incomprensibili. È invece il momento del canto, anzi dei canti e degli interventi dei presenti sotto forma di preghiera di ringraziamento al Padre. Molto significativo può risultare continuare con la liturgia eucaristica, non solo perché apice del ringraziamento, ma soprattutto perché ogni riconciliazione è in ordine alla «comunione» tra Dio e il suo popolo nella cena del Signore.
    Segue una vera festa tra tutti i presenti... sul tipo del banchetto organizzato dal padre per il ritorno del figlio lontano. Troppo spesso abbiamo dimenticato questa concretezza del fare festa in quanto cristiani, in quanto comunità «ricostruita» e restituita a sé dalla penitenza. E festa significa canti, allegria, qualcosa da mettere tra i denti, musica, scherzi.

    PER REALIZZARE UN ITINERARIO DI PENITENZA NELL'AVVENTO 1976

    Per rendere più concreta la proposta appena fatta, abbozziamo alcuni spunti per chi desidera intraprendere un itinerario di penitenza nel prossimo Avvento, seguendo da vicino il lezionario del ciclo C. Gli spunti intendono «ambientare» l'itinerario nel tempo di Avvento in primo luogo perché una penitenza staccata dal cammino della Chiesa perde di significato ed in secondo luogo per non creare un doppio ciclo di letture, quelle del lezionario e quelle dell'itinerario. Incominciamo con una rapida panoramica sui temi penitenziali offerti dalla parola di Dio nel prossimo Avvento.

    Prima Domenica

    – «Alzatevi, e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (vangelo): l'uomo può fare solo elenchi di colpe attorno e dentro di lui; la liberazione è invece dono di Dio; un dono già manifestato (dalla risurrezione di Cristo ad oggi) ma che si sta ancora realizzando.

    – «Farò germogliare un germoglio di giustizia» (prima lett.) e «vedranno il figlio dell'uomo...» (vangelo): il liberatore ha un volto; noi lo conosciamo già; siamo dei suoi; ma dobbiamo ancora giungere alla pienezza della liberazione che egli ci offre.

    – «I vostri cuori non si appesantiscano» (vangelo): un perdono gratuito, ma per l'uomo che vive la tensione della liberazione, assumendo un atteggiamento di conversione.

    – «II Signore vi faccia crescere nell'amore...» (seconda lett.): la penitenza non umilia l'uomo, ma è cammino verso la maturità piena.

    – «Vegliate e pregate» (vangelo): è facile essere assorbiti dalla logica del mondo; la necessità pertanto di atteggiamento disincantato, critico; impegno di discernimento dei valori insiti nelle proposte di vita circolanti; lotta per trovare spazio per le proprie idee e modo di vivere. Penitenza è cammino verso la libertà e responsabilità, oggi. «Pregate»: il cammino verso la libertà è conquista ma soprattutto «dono» da invocare.

    – «Conoscete quali norme vi ho dato...» (seconda lett.): una conversione che matura in comportamenti alternativi determinati dagli atteggiamenti di fondo della propria fede e da una analisi attenta dei segni dei tempi.

    Seconda Domenica

    – «Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto» (prima lett.): se la penitenza ricostruisce la dignità dell'uomo essa è fonte di soddisfazione interiore e perciò di gioia, speranza. Penitenza è cammino nella speranza che nasce dalla persuasione che «colui che ha iniziato quest'opera in voi la porterà a compimento» (seconda lett.). Penitenza è convertirsi alla speranza, all'ottimismo, alla fiducia.

    – «Preparate la via del Signore» (prima lett.): il dono non annulla, anzi crea lo spazio per la responsabilità personale e comunitaria; la responsabilità di chi sa di avere a carico la «speranza» del mondo: «ogni uomo vedrà la salvezza del nostro Dio» (vangelo); la comunità che fa penitenza è «profezia» di fiducia reciproca e di necessità di non mettere chi sbaglia con le spalle al muro; una comunità che fa penitenza realizza la «salvezza» nell'ambiente in cui vive. Penitenza è mediazione di salvezza per il mondo.

    – «La vostra carità si arricchisca in conoscenza e ogni genere di discernimento» (seconda lett.): penitenza è formazione di una mentalità nuova, di una coscienza sempre più libera e responsabile; formazione di una scala di valori secondo la logica di Dio. Quali strade percorrere per realizzare concretamente questi obiettivi?

    – «Sorgi, Gerusalemme... vedi i tuoi figli riuniti...» (prima lett.): la penitenza non è evento di comunità perché la si fa insieme, ma perché ha per oggetto la ricostruzione della stessa comunità. Ed è la comunità «ricostruita» che eleverà il grazie al Padre nella festa del perdono.

    Terza Domenica

    – «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia!» (prima lett.): iniezione di fiducia per chi intraprende una impresa faticosa come la conversione. Un invito a ritrovare forza durante il cammino nella comunione con Dio («il Signore è in mezzo a te...»); un invito anche a «confessare» (riconoscere pubblicamente) che Dio ci sta rinnovando «con il suo amore» (prima lett.), per restituire significato e perciò gioia alla nostra vita.

    – Un invito poi al realismo della fede: cogliere i segni della liberazione già presenti in mezzo e attorno a noi: è da questa lettura di fede della realtà che nasce il comando di Paolo: «rallegratevi sempre nel Signore» (seconda lett.). Una gioia molto diversa dall'ebbrezza superficiale o ingenua.

    – «Le folle interrogavano Giovanni...: Che dobbiamo fare?» (vangelo): convertirsi non è problematizzare la propria esistenza per renderla impossibile, ma per trovare le incrinature e progettare nuove forme di vita; non tanto uno sguardo sul passato, quanto un muoversi coscientemente verso il futuro. Penitenza è progettare il proprio avvenire secondo la novità di Cristo; con la bibbia in una mano ed il giornale dall'altra, come si dice; un progetto che si diversifica a seconda della vocazione a cui ognuno è stato chiamato (cfr. i soldati e i pubblicani nel vangelo) e che richiede in primo luogo una profonda conoscenza di se stessi (penitenza è scoperta della propria identità) e della situazione in cui si vive (penitenza è impegno di analisi critica della società).

    – «Egli ha in mano il ventilabro» (vangelo): la conversione non ammette dilazione; non si può impunemente tralasciare l'appello che «oggi» ci viene fatto; certe occasioni non tornano più. Rendersi padroni delle proprie azioni e del proprio tempo.

    Quarta Domenica

    Con quali atteggiamenti avvicinarsi alla celebrazione del perdono?

    – «Ha guardato l'umiltà della sua serva «(vangelo): non c'è perdono dove c'è autogiustificazione e soddisfazione di sé; «e tu, Betlemme, così piccola...» (prima lett.): un atteggiamento fondamentale per accogliere il perdono: avere il senso dei propri limiti; essere obiettivi verso se stessi. E d'altra parte certezza di ritrovare la propria dignità nell'ammettere le proprie debolezze di fronte ad un altro.

    – «Beata colei che ha creduto alla parola «(vangelo): la beatitudine cristiana nasce dal progettare se stesso secondo la Parola che è Cristo. Conversione è morire ad un modo di progettarsi programmato alla luce della sola ragione, per progettarsi «dentro «il mistero di morte e risurrezione di Gesù.

    –«Non hai voluto sacrifici... Ecco, io vengo...» (prima lett.): questa crocifissione-sacrificio non sta alla periferia ma al centro della nostra vita; non riguarda comportamenti marginali (opere di penitenza...). La conversione è la disponibilità totale al piano di Dio, frutto di una decisione tipicamente personale («io vengo...»).

    – «Fino agli estremi confini... sarà la pace» (prima lett.): ritorna il tema profetico e il servizio di profezia e salvezza al mondo che la riconciliazione comunitaria realizza. Penitenza non come «mettere a posto la coscienza», quanto come costruzione dí una comunità di pace: prevalenza dell'aspetto comunitario.

    – «L'anima mia magnifica il Signore» (vangelo): è il momento conclusivo del cammino penitenziale, il momento del ringraziamento cosciente e della esaltazione festosa per la salvezza celebrata nel sacramento: esaltazione che termina nella «confessione» di Gesù, il Cristo, perché è «per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatto una volta per sempre» (seconda lett.) che siamo stati riconciliati.

    UTILIZZAZIONE DI QUESTI SPUNTI

    Alcune piste per la utilizzazione dei testi e delle riflessioni sul Lezionario festivo:

    – Anzitutto è importante sottolineare l'importanza di usare questi testi, queste immagini e questo linguaggio biblico per caratterizzare l'itinerario penitenziale dell'Avvento, non solo, come si è detto per motivi di continuità con la liturgia domenicale, ma anche per rinnovare i testi penitenziali cui sempre si ricorre ed il cui abuso suscita stanchezza;

    – l'insieme dei testi permette una catechesi abbastanza completa sulla penitenza; da utilizzare per le omelie festive, gli incontri di preghiera, i diversi interventi dell'animatore durante il cammino di conversione;

    – tra questi testi è possibile sceglierne uno che inquadri quello che abbiamo chiamato «il programma di conversione» e che, insieme ad altri, può costituire la parola di Dio da proclamare nella «celebrazione di ingresso»;

    – il lezionario offre anche delle piste per l'esame di coscienza [3], per la revisione di vita, per il dialogo penitente-sacerdote. Temi possibili: la gioia che viene da Cristo e di cui il cristiano è mediatore per il mondo; la responsabilità verso se stessi, gli altri, la storia che nasce dall'appello alla conversione; la creazione di una mentalità critica e la maturazione di un modo di giudicare la realtà che sia fedele a Dio e alla liberazione dell'uomo; l'impegno per la costruzione di una comunità in cui regni la pace, come risposta al dono di Dio; la preghiera come «confessione» della liberazione che Dio sta compiendo nel suo popolo; l'attesa di salvezza da Dio e non dalle illusioni dell'uomo (potere, ricchezza, salute fisica, sesso, cultura...); la capacità di riconoscere i propri limiti e la capacità di servire gli altri secondo i propri doni...;

    – molto utile può risultare il dare la possibilità a tutti i penitenti di avere in mano i brani biblici (o almeno le citazioni di tutti questi testi del lezionario) in modo che possono farli oggetto della personale riflessione e preghiera;

    – le stesse immagini ed espressioni bibliche offrono materiale per vivacizzare gli interventi nella preghiera di gruppo e nella stessa eucaristia. Così la preghiera dei fedeli, troppo spesso ridotta commentario all'ultimo giornale radio t per niente attenta alla parola di Dio appena proclamata, può essere costruita a partire da espressioni come: «lo realizzerò le promesse che io ho fatto...»; «Io farò germogliare un germoglio di giustizia...»; «alzatevi, la vostra liberazione è vicina»; «avvolgiti del manto e della giustizia di Dio...»; «preparate la via del Signore...»; «tu non hai voluto sacrifici...»; «rallegratevi sempre nel Signore...»;

    – lo stesso metodo può essere usato per la preghiera di azione di grazie (per esempio dopo la comunione, ed, in particolare, nella celebrazione del perdono il grande prefazio del sacerdote e gli interventi liberi di tutti i presenti). Temi: l'invito del Dio liberatore alla gioia; la speranza di un mondo nuovo fondata sulla fedeltà di Dio; la città ricostruita nella pace dall'intervento gratuito di Dio; l'invito alla comunione con lui nonostante la nostra povertà e i nostri peccati; l'averci dato la possibilità di ritrovare la nostra dignità anche umana; l'averci reso responsabili della nostra vita e della storia...;

    – ed infine spunti per cartelloni di sensibilizzazione al cammino che si sta percorrendo.

    NOTE

    [1] Il sacramento della penitenza nella pastorale giovanile, in NPG, 1975/4, pp. 3-27.
    [2] Indicazioni semplici ma interessanti si trovano in Gioia di perdono, LDC, pp. 19-40. Lo segnaliamo per la sua novità e brevità.
    [3] Vedi a riguardo: Ragazzi in preghiera, LDC, 1975, pp. 319-323.


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    p a g i n A


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