Gioia Quattrini
(NPG 2006-04-2)
Malmo è una città della Svezia. Una grande città. Una strana città. A Malmo, infatti, i libri parlano. Hanno occhi vellutati o chiari come il cielo, capelli corti o lunghi, ricci o lisci, neri o biondi. Hanno naso, mani, braccia, hanno un corpo insomma. I libri, a Malmo, hanno un nome, un cognome, un’età, un paese dal quale provengono, dei parenti e degli amici che li amano e quelli lontani sicuramente sentono la loro mancanza. I libri, a Malmo, hanno la pelle olivastra dei gitani, la barba nera degli imam, hanno il velo delle donne mussulmane, a volte non camminano, cammina per loro una sedia a rotelle.
La biblioteca della città è considerata tra le più belle del mondo e al piano terra, un caffé arioso e confortevole, accoglie gli incontri tra coloro che frequentano la biblioteca e i libri parlanti che sono stati scelti.
Ludvig, Kikki, Shekiba: questi sono i titoli.
A Malmo funziona così: si va in biblioteca e si sfoglia un catalogo, si sceglie poi l’incontro che si intende fare. C’è di tutto a disposizione: animalisti, barboni, omosessuali, donne mussulmane con il velo, imam, ex detenuti che hanno conosciuto il carcere, cattolici integralisti. Ogni minima sfumatura di quello straordinario mistero che è la natura umana, con i suoi estremismi più esasperati, è lì rappresentato e pronto per accogliere le domande di quanti sentono di avere qualcosa in sospeso o semplicemente delle curiosità da risolvere. Ci si siede così, uno davanti all’altro, e comincia un dialogo, uno scambio di informazioni, una relazione tra persone che pensano di non avere niente in comune, che spesso si disapprovano in modo più o meno forte, ma che sicuramente non si conoscono affatto rendendo fondato sul niente il pensiero che nutrono l’uno per l’altro e le convinzioni che nutrono gli uni sugli altri. Lo scontro di civiltà diventa un incontro.
Durante la conversazione i libri che parlano ti accompagnano nella loro cultura, a spasso tra le loro convinzioni, cercando di spiegarle senza dogmatismi, senza tentare di allettarti e spingerti per forza dalla loro parte. In quel caffé davvero accade qualcosa di straordinario: il cacciatore che passa ore pacate a conversare con un animalista, lasciandosi magari senza che nulla sia cambiato ma almeno conoscendosi onestamente e nona vendo quindi più alcuna paura l’uno dell’altro.
Una donna occidentale e una donna irachena che conversano sulle loro vite e si scambiano le loro curiosità senza che il velo diventi la base d’appoggio di un pregiudizio miope. Parlano fitto fitto, di cosa significhi essere donne, amare un uomo, crescere i figli e alla fine anche qualche ricetta di cucina.
In quella biblioteca, come accade sempre davanti ad un libro, scompare la paura del diverso, la voglia di sapere e comprendere prende il sopravvento, la relazione umana si fa autentica e reciproca.
Terminato il tempo di quarantacinque minuti, ci si alza con un pregiudizio in meno e una ricchezza in più. Ci si alza persona che saluta un'altra persona, davvero diversa da lei: ma questo non è più un problema.
È finito il tempo del guardare di soppiatto e del bisbigliare nell’ombra dove l’ignoranza e i pregiudizi diventano enormi scarafaggi.
Inutile ribellarsi, il nostro destino sarà convivere tutti insieme con le nostre differenze, piccole e grandi. Sarà un futuro che ci vedrà meravigliosamente ricchi, piuttosto che sciocchi e miseri chiusi nelle nostre case.
I libri che parlano si stanno diffondendo: Svezia, Ungheria, Portogallo.
Li attendo in Italia al più presto.