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    Domenico Sigalini

    (NPG 2006-08-59)


    In ogni realtà diocesana e in ogni comunità o provincia religiosa esiste sempre, grazie a Dio, qualcuno che particolarmente sente di doversi impegnare per il mondo giovanile, per la sua formazione, per la sua crescita. Talvolta sono i giovani stessi, altre volte è qualche adulto o anziano che entra in maggior sintonia con il mondo giovanile, altre volte ancora è stato esplicitamente indicato da chi ha responsabilità perché se ne sente l’urgenza. All’inizio era tutta e soltanto passione educativa ed evangelizzatrice, poi si è pensato che fosse necessario intervenire con una maggior qualificazione, sia perché si è venuto chiarendo anche a livello epistemologico lo statuto dell’insegnamento della pastorale giovanile, sia perché ne è emersa maggiormente l’urgenza. Contemporaneamente l’esperienza della chiesa, in questo sorretta e stimolata soprattutto da Giovanni Paolo II, ha colto come necessario e talora prioritario mettere a disposizione dei giovani un impianto anche strutturato che si chiama ufficio o servizio per la pastorale giovanile. Se all’inizio bastavano persone appassionate dei giovani, sostenute da intuizioni e feeling, oggi si vede necessario offrire alla realtà giovanile un servizio più qualificato. Questo per dire che chi giunge in una realtà diocesana o di congregazione/istituto religioso a lavorare esplicitamente per il mondo giovanile deve sapere che entra in una tradizione, forse non del tutto ben impostata, ma sicuramente già avviata, di attenzione formativa per il mondo giovanile. Ieri in Italia soprattutto, ma anche in altri paesi, l’attenzione ai giovani era condotta o da alcune associazioni o da alcune famiglie religiose, oggi la pastorale giovanile sta acquisendo un diritto di cittadinanza in tutte le comunità cristiane. Oggi non si possono più affittare i giovani a qualche bella esperienza, a qualche oratorio di antica tradizione, a qualche congregazione religiosa o a qualche carisma, ma deve essere assunta in proprio dalla comunità cristiana diocesana, parrocchiale e interparrocchiale.
    Quale è allora la figura tipo di un incaricato di pastorale giovanile?
    La ricostruiamo a partire dai luoghi che è chiamato a servire e che ha a disposizione come strumento di lavoro.

    Il servizio o ufficio di pastorale giovanile

    È un luogo di studio, elaborazione, sostegno, confronto e coordinamento della pastorale giovanile. La presenza dell’ufficio non comporta mai una delega di responsabilità da parte della comunità cristiana ad alcuni «esperti», ma ha la sua ragion d’essere come servizio ai diversi soggetti della pastorale giovanile. La responsabilità primaria della pastorale giovanile resta alla comunità tutta: alla diocesi (che si avvale anche dell’ufficio apposito e di tutti gli altri uffici che hanno a che fare coi giovani), alle parrocchie, all’Azione Cattolica per una sua collocazione particolare nella chiesa, e alle altre associazioni e movimenti.

    * Compito dell’ufficio di pastorale giovanile è di favorire l’elaborazione di alcune linee di fondo, come specificazioni del progetto pastorale che la Diocesi (o l’Istituto) si è data, in fedeltà alle indicazioni del magistero riguardo ai giovani, e di valorizzare le vocazioni e i carismi.
    Non è invece possibile percorrere una strada che porti alla produzione di indicazioni eccessivamente dettagliate, che finirebbero per creare un’unica proposta per i giovani, neutralizzando le energie e i talenti di movimenti e associazioni. No allora ad una proposta unica, monocorde; sì ad una proposta poliedrica, nella quale tutti, all’interno dell’unico progetto pastorale, possano offrire il proprio contributo specifico, per realizzare una vera sinfonia ecclesiale.
    Risulta evidente l’importanza dell’avere un progetto di pastorale giovanile, o delle linee progettuali. Occorre che la proposta formativa per i giovani non sia occasionale e improvvisata, ma si inserisca in maniera precisa all’interno di una consapevolezza pastorale che abbracci l’insieme della realtà ecclesiale:
    - un progetto da cui partire perché le comunità cristiane possano individuare le scelte operative, i percorsi, gli strumenti volti a far incontrare ogni giovane con il vangelo;
    - un progetto che si incarna nelle situazioni concrete, che non resta solo scritto sulla carta, ma si verifica nella quotidianità;
    - un progetto che si fonda sull’importanza della formazione, sulla centralità della vita spirituale, sulla proposta di scelte di servizio e di missionarietà;
    - un progetto che si caratterizza per la presenza di itinerari differenziati, attenti alle situazioni delle persone, ai luoghi dove i giovani vivono e operano;
    - caratteristica essenziale di questo progetto è la globalità e oggi forse va riscoperta la semplicità. Direi che al limite può essere l’enunciazione di alcune scelte globali di formazione.

    * L’ufficio non è un conduttore in proprio di itinerari formativi, ma un propulsore perché questi siano fatti nelle parrocchie, nelle unità pastorali e dai soggetti di pastorale. Il principio guida non è quello di fare attività per i giovani, ma di valorizzare tutte le energie che ci sono in diocesi per far giungere il vangelo ai giovani. L’obiettivo finale dell’ufficio è di far incontrare i giovani con Gesù nella Chiesa, ma quello immediato è quello di stanare le energie che occorrono per educare i giovani a fare questi passi.
    Deve mettere in atto una azione capillare nei riguardi dei soggetti della PG, offrire loro principi per un tirocinio di formazione severa, creando progetti a cui sono chiamati tutti a collaborare, attuandoli in seguito concretamente con quelli che ci stanno.
    Per esempio: chi si impegna a sensibilizzare gli operatori del tempo libero? a sensibilizzare i religiosi e le religiose, a offrire ai genitori, alle scuole, alle associazioni del territorio indicazioni per il mondo giovanile? Chi fa convenzioni tra vari enti del territorio interessati al mondo giovanile e la comunità cristiana? Chi pensa a fare scuole formative per professionisti del tempo libero?

    * In rapporto alle altre discipline o specializzazioni ecclesiali.
    La pastorale giovanile è crocevia di interventi pastorali: nessuno è autosufficiente nell’educare i giovani, tanto più chi educa alla fede. Il rapporto di collaborazione deve essere stretto con tutte le dimensioni della vita cristiana e di conseguenza con i vari uffici di una diocesi. Come ufficio di pastorale giovanile non farei niente in proprio, ma sempre coinvolgendo qualche altra forza, o altro ufficio, o associazione o movimento.
    Il rapporto di collaborazione va tenuto anche con le realtà territoriali, con gli enti locali, con i vari progetti delle amministrazioni pubbliche, la scuola, il mondo del volontariato…

    Campi di intervento urgenti per l’esperto di PG

    * Necessità di una buona ermeneutica.
    Oggi nella pastorale giovanile si oscilla ancora da un modello formativo di tipo idraulico, deduttivo e il modello formativo giovanilista, in cui si annacqua ogni grinta propositiva di esperienze di fede. Per questo la preparazione dell’incaricato di pastorale giovanile deve assolutamente essere versatile nei due campi, nel campo della conoscenza e dell’analisi intelligente del mondo giovanile, e nel campo della intelligenza della fede e della Parola di Dio.
    Questo perché è necessario invece offrire basi solide al modello ermeneutico, alla valorizzazione di questa costante mutua interrogazione della fede e della vita per stabilire progetti e metodi fedeli a Dio e all’uomo. L’operazione non può essere improvvisata o condotta navigando a vista, ma entro principi teologici solidi e approfonditi. Il difetto più grande che oggi si nota, oltre al disinteresse nei confronti dei giovani, è la non chiarezza di un metodo educativo. In base alla maggior o minore disperazione o riuscita delle iniziative si oscilla tra il deduttivo e l’induttivo, tra il «torniamo ai bei vecchi tempi antichi» e allo sbarazzarsi di tutta la tradizione. È giusto non essere ideologici in nessuna pastorale, tanto più in quella giovanile. È vero che Gesù i suoi figli se li va a scavare anche dalla pietre, ma a un esperto di pastorale giovanile è chiesto di fare della pastorale un atto della chiesa nel massimo di fedeltà al vangelo e ai pastori.
    Lo stesso sforzo ermeneutico va portato anche nei luoghi della cultura colta, nell’educazione dei seminari, negli istituto teologici, per dare alla pastorale giovanile la dignità di una scienza pastorale o non l’immagine della simpatica inconcludenza.

    * Linguaggi.
    Un esperto deve sbilanciarsi anche per i linguaggi non visti soltanto come strumenti, ma come doni che Dio pone nelle vite dei giovani. È il primo risultato di una vera ermeneutica. È linguaggio ogni dono di grazia che Dio mette nella vita delle giovani generazioni, che permettono loro di comunicare quello che sono e hanno. Sono la gioia di vivere, l’amore alla bellezza, la capacità di sognare, la estrema personalizzazione della fede, i sentimenti, le speranze. Solo in un secondo tempo diventeranno anche veri strumenti, ma all’inizio devono essere qualità della vita giovanile.

    * Sperimentazione e creatività.
    Il campo della pastorale giovanile, proprio per il continuo cambiamento delle giovani generazioni ha bisogno di innescare esperienze nuove, calibrate, ma anche coraggiose. Un ufficio deve essere sempre un passo avanti di ogni realtà giovanile parrocchiale, deve aiutare a guardare oltre, a prevedere i problemi, gli sviluppi e in essi incanalare sempre nuove risorse.

    * Rete di relazioni e di esperienze.
    Oggi o si lavora in rete o si è destinati all’implosione, alla povertà e forse anche alla mancanza di capacità interpretative del mondo giovanile. Il contesto della vita dei giovani è il mondo e le chiese non possono ridursi alle sacrestie. Mettersi in rete significa anche avere criteri di discernimento in base a un minimo di progettualità, sempre pronti a farsi ribaltare se necessario, ma a ragion veduta.

    Campi di qualificazione per i responsabili PG

    Nella pastorale giovanile e nella catechetica oggi esistono alcuni campi in cui occorre portare maggiormente la qualificazione dei responsabili.

    * I luoghi.
    È sempre vero, come dice Andreoli, che i giovani sono in crisi di astinenza da fede e che occorre tornare a spacciare la fede. Il luogo dello spaccio non è certo l’istituzione, ma la strada, i vicoli, le bande, le piazze, i pub, le notti. L’incapacità comunicativa delle strutture della comunità cristiana esige un colpo di reni nell’abitare in maniera intelligente e appassionata i luoghi di ritrovo dei giovani, ma ancor prima le loro situazioni di vita. I luoghi si portano dentro un loro kairòs che è precedente a ogni progetto di pastorale giovanile, è offerto dallo Spirito nella vita delle persone e nel loro tessuto di relazioni.

    * Il primo annuncio.
    Osare esperienze di primo annuncio che scavano a fondo nelle domande giovanili e che si offrono come interlocutrici di una voglia di vivere sempre urgente. È una sfida per la catechesi che deve riformularsi in base a percorsi che ridicono la centralità della morte e risurrezione di Gesù a questo giovane distratto, ma assetato di ragioni di vita. Le strutture ecclesiali non vi sono ancora preparate, anche se non è possibile fare primo annuncio senza una comunità che le sostiene e le conduce a compimento. È dimostrato che la pastorale ordinaria fa acqua, ma è pure vero che senza una pastorale ordinaria bonificata non si può immaginare di essere missionari.

    * La lettura delle nuove precarietà.
    Il problema più grave oggi è quello di riuscire a offrire la forza e la luce della fede in questa continua precarietà che avvolge il mondo giovanile dal lavoro, agli affetti, alle decisioni, alla fede alla politica, a tutto quello che li interessa. Si deve sempre rimandare ogni decisione. L’ebbrezza della ricerca è garantita, ma ad orologeria anche la costruzione di una vita e un futuro molto casuale, molto dipendente dalle mode imposte ad arte per obiettivi consumistici o tardo ideologici. Il prolungamento dell’età giovanile non può essere ridotto a sospensione dalla vita, dal contributo necessario che i giovani devono dare alla vita di tutti, alla costruzione di famiglie belle, alla procreazione dei figli.

    * La disponibilità e l’accoglienza della comunità cristiana.
    Resta sempre un problema tipico dell’esperto o dell’incaricato di pastorale giovanile fare in modo che la comunità cristiana diventi veramente il soggetto della formazione delle giovani generazioni, che si sporge nell’impegno per il loro presente e il loro futuro. Oggi una comunità cristiana mediamente ritiene che il mondo giovanile sia solo un problema fastidioso, più oggetto di preoccupazioni che di progettualità, di rassegnazione che di fiducia propositiva. La battaglia più dura da fare è che la comunità cristiana capisca che non può offrire solo l’aula delle celebrazioni eucaristiche al mondo giovanile, ma veri tessuti di relazione e di operatività in cui le domande dei giovani e la risorsa che essi sono possa innervare tutta la comunità cristiana.

    * La sollecitazione ad allargare il campo degli educatori.
    È compito di un ufficio o servizio allargare il parco delle figure educative dei giovani. Ogni professionista che si interessa del mondo giovanile per lavoro, ogni genitore deve essere coinvolto. La pastorale giovanile deve fare un salto di qualità nell’uscire dall’essere un mondo chiuso tra gli stessi giovani. Riporto alla considerazione l’idea di una costituente educativa che vede attorno a un tavolo tutti coloro che hanno interesse al mondo giovanile, giovani compresi e corresponsabili. Si può fare un buon elenco di tutti coloro che vi sono interessati, sono sempre di più dei quattro animatori che devono stare col sacco a pelo in parrocchia in attesa di trovare sistemazione affettiva o lavorativa.


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