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    L’Agorà continua


    Paolo Giulietti

    (NPG 2007-08-24)



    E adesso? È la classica domanda che segue ogni grande evento, posta dagli scettici con accento malizioso, da molti con una certa apprensione. È infatti diffusa tra gli operatori di pastorale giovanile la percezione di uno iato tra grandi appuntamenti e percorso quotidiano, quasi che gli ingenti investimenti in termini di impegno e risorse che da quelli vengono assorbiti siano destinati a non portare adeguato frutto una volta tornati a casa. Non è qui possibile argomentare se tale percezione corrisponda alla realtà o non sia piuttosto un luogo comune, né fermarsi ad analizzare da dove nasca il disagio; obiettivo del presente contributo è mostrare come l’incontro nazionale di Loreto presenti precise prospettive di continuità, tali da costituire una preziosa risorsa per i percorsi formativi e le altre attività di pastorale giovanile.

    Una continuità «strutturale»

    La maggiore particolarità dell’evento di Loreto è senza dubbio la sua collocazione entro un percorso di tre anni, denominato Agorà dei giovani italiani, da cui ha preso non solo il nome, ma soprattutto i contenuti e le finalità. Nonostante il tentativo di dotare anche le Giornata Mondiali della Gioventù di uno specifico itinerario pastorale (soprattutto in chiave preparatoria (cf Messaggio per la XXI GMG), l’organicità della proposta triennale è assai maggiore, anche perché si tratta di un progetto profondamente coerente con il cammino decennale proposto alle Chiese in Italia dagli Orientamenti pastorali e precisato da importanti eventi e documenti della CEI [1]. Contenuti, temi e finalità dell’Agorà lauretana, sia nella fase preparatoria che in quella successiva all’evento, sono quindi chiaramente delineati ed estremamente «solubili» nei percorsi delle Chiese locali e delle realtà associative. In altre parole: si è trattato di un evento fortemente organico, teso a produrre una continuità sostenibile a tutti i livelli ecclesiali.
    In particolare, l’Agorà di Loreto si è posta come sintesi del primo anno (dedicato all’ascolto) e apertura del secondo anno (dedicato all’annuncio nella relazione interpersonale), «cerniera» tra due tappe del percorso triennale. L’evento doveva assolvere - nelle intenzioni del Comitato organizzatore - ad una funzione di promozione, motivazione e celebrazione del triennio, sia in direzione dell’anno trascorso che verso la tappa successiva:
    - promozione: per diffondere una maggiore conoscenza del percorso;
    - motivazione: per stimolare gli operatori pastorali ad attuare le proposte dell’Agorà nelle proprie realtà ecclesiali;
    - celebrazione: per dare visibilità e identità al triennio, offrendo la possibilità a tutti di vedere riconosciuto, apprezzato e condiviso il lavoro fatto.
    Tale funzione di snodo ha determinato in maniera decisiva anche la forma dell’evento laureano, nel quale si è cercato di sottolineare sia la dimensione dell’ascolto che quella dell’annuncio.
    Qualche esempio relativo all’ascolto:
    - nei tre giorni di accoglienza nelle 32 diocesi di Abruzzo, Marche, Romagna e Umbria si è dato ampio spazio all’ascolto del mondo giovanile, in qualche caso con proposte di grande qualità e di buona capacità di coinvolgimento;
    - la realtà dei giovani è stata presentata anche mediante una serie di testimonianze capaci di rendere note al grande pubblico - pur con i limiti imposti dal mezzo televisivo - situazioni assai varie, rappresentative delle fasce meno ascoltate;
    - lo spazio delle «fontane di luce» ha ospitato diverse declinazioni dell’ascolto: da quello sacramentale (riconciliazione), a quello pastorale ed educativo (gli spazi dedicati all’affettività, al disagio e alla vocazione).
    Sul fronte dell’annuncio:
    - la scelta del racconto lucano dell’annunciazione come trama dell’evento ha reso ogni momento propositivo e ha posto un forte accento sulla missionarietà;
    - il gesto conclusivo dell’evento, con la consegna a 72 giovani del mandato missionario e dei sussidi per il II anno del percorso ha proiettato in maniera decisa verso il cammino successivo.
    C’è infine da dire che tutto ciò ha offerto anche stimoli e suggerimenti per iniziative consimili da attuare nelle proprie Chiese locali, come dimostrano le numerose richieste di materiali, indirizzi e testi giunte al Servizio Nazionale.
    La struttura stessa dell’evento, dunque, orienta decisamente alla continuità, nell’ambito del percorso triennale, offrendo numerosi «agganci» con i percorsi della «pastorale ordinaria».

    Una continuità «contingente»

    Oltre agli elementi strutturali, è possibile individuare ulteriori spunti di continuità a partire da ciò che è accaduto nella piana di Montorso, da come è stata vissuta la proposta dell’Agorà dai suoi protagonisti - i giovani - e degli altri soggetti coinvolti nell’evento.
    * Una prima osservazione riguarda la straordinaria risposta di partecipazione all’incontro nazionale; una presenza al di là di ogni aspettativa, che ha comportato qualche piccolo dissesto organizzativo, ma che ha offerto un segnale di grande importanza agli operatori pastorali, alle comunità cristiane e all’intero Paese. Si potrebbe così riassumere: vale ancora la pena lavorare con i giovani. Non basta certo il successo di un evento per giustificare una pastorale, ma è indubbio che la quantità e la qualità della partecipazione siano un grande incoraggiamento per tutti. Da Loreto scaturisce una forte carica motivazionale, che va capitalizzata e tradotta in un rinnovato impegno e in un più convinto investimento nella pastorale giovanile. È questo uno degli obiettivi del percorso triennale proposto dai Vescovi, dal quale ogni comunità è invitata ad un’azione più coraggiosa e convinta. A fronte di una certa fatica ad investire sui giovani (in termini di persone, spazi e risorse), l’Agorà di Loreto mostra che, quando ci si spende per le nuove generazioni, queste rispondono generosamente.
    * Un secondo elemento è la presenza del Santo Padre, accolto calorosamente dai giovani e capace di un ascolto, un dialogo e una proposta espressive di vera paternità. Il volto sorridente - e a tratti commosso - di Benedetto XVI ha manifestato più di molte parole l’accoglienza e la simpatia della Chiesa per le nuove generazioni; le sue parole hanno offerte preziosi spunti di riflessione sull’identità e la missione del giovane cristiano nel mondo di oggi. Egli ha sottolineato in diversi modi la grandezza e la positività della vocazione cristiana, mostrando come in essa si realizzano in pienezza le più profonde aspirazioni personali e collettive. C’è qui qualcosa di ulteriore rispetto al «non abbiate paura» di Giovanni Paolo II: la gioia e la fierezza della fede. Benedetto XVI invita i giovani credenti ad uscire da una condizione di rassegnazione personale e di minorità culturale, per vivere, con il sostegno di una solida spiritualità, un’esistenza pienamente cristiana e una nuova capacità missionaria. I messaggi di Benedetto XVI, letti in chiave di continuità, propongono alla pastorale giovanile un convinto lavoro «in profondità», una decisa scommessa sulla missionarietà di ogni giovane, un’intelligente azione culturale.
    * Un ultimo elemento è quello relativo all’interazione e alla varietà dei linguaggi: Loreto ha offerto una felice sintesi (certamente perfettibile) fra preghiera e festa, collettività e persona, emozione e riflessione, partecipazione e visione mediatica. L’Agorà ha indicato la via di una pastorale giovanile non monocorde, ma capace di articolarsi in iniziative e linguaggi assai diversi tra loro. Ciò è richiesto dalla multiformità del mondo giovanile, che si esprime non solo e non tanto attraverso la caratterizzazione delle singole persone, ma come presenza in ogni singolo giovane di un orientamento poliedrico, che esige stimoli e risposte su diverse lunghezze d’onda. Da questo punto di vista, l’Agorà non ha offerto facili ricette, ma ha piuttosto incoraggiato ad una pastorale giovanile capace di articolarsi in una pluralità di proposte e di linguaggi.
    In tale prospettiva, il coinvolgimento - non privo di fatiche - di alcune aggregazioni laicali di solito abbastanza orientate a vivere esperienze «in parallelo» fa ben sperare per quella pastorale integrata che è necessaria per offrire alle nuove generazioni una pastorale giovanile dalle tante e diverse «porte di ingresso», che conducano però ad una stessa appartenenza ecclesiale.
    Dall’Agorà, dunque, giungono numerose sollecitazioni in direzione della continuità: sarà compito di ciascun operatore e di ogni comunità non lasciar passare invano l’occasione, valorizzando il percorso dell’Agorà nel proprio contesto di riferimento.
    È doveroso, al termine di queste semplici considerazioni sull’incontro nazionale, ricordare con gratitudine Mons. GIANNI DANZI, Arcivescovo prelato di Loreto recentemente scomparso, che ha seguito con attenzione e partecipazione l’organizzazione dell’Agorà e che ha vissuto intensamente le giornate lauretane, nonostante la malattia lo segnasse già visibilmente. L’ultimo personale ricordo di «don Gianni» - così amava ancora farsi chiamare - è la sua contentezza nell’incontrare i giovani di una comunità recentemente insediatasi presso Montorso: ultimo atto di una esistenza in cui l’impegno per i giovani è stato un’attenzione costante.

    NOTE

    [1] Su tutti il Convegno ecclesiale nazionale di Verona, la nota Il volto missionario delle parrocchie e la nota Questa è la nostra fede.

     


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