LA GMG DI SYDNEY. UNO SPIRITO PER LA VITA /1
Voci, sensazioni, esperienze dei giovani
Manuela Robazza
(NPG 2008-07-4)
“Il mio augurio è che ciascuno di voi possa trovare quello che qui è venuto a cercare” con queste parole l’ambasciatore italiano in Australia salutava i giovani radunati per la festa degli italiani, a Sydney, dopo aver loro letto il messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Un bell’augurio.
Che cosa siete venuti a cercare? Che cosa avete trovato?
Riccardo dalla Sicilia ha espresso in sintesi il suo pensiero: «Sono venuto qui, alla Giornata Mondiale della Gioventù, per sapere che cosa devo cercare, dove, perché e con chi».
Le risposte dei giovani si possono riassumere in otto semplici aspetti che sono un po’ come nove tessere che compongono il mosaico della GMG, dalla viva voce dei giovani italiani.
1. L’accoglienza della gente
«Quando sono atterrata a Melbourne era mattina presto, era buio, faceva molto freddo. Siamo stati molto tempo in aeroporto, cantando e facendo passare il tempo in qualche modo. Poi abbiamo preso tre pullman per arrivare a Williamstown, la parrocchia in cui saremmo stati ospitati. Pioveva e faceva freddo… Stavo iniziando a odiare Melbourne. Poi siamo finalmente entrati nella parrocchia di St Mary e l’accoglienza è stata… wow! Fantastica. Cibo, thè caldo, caffè (acqua calda marrone, ma va bene così), tante persone gentili e sorrisi! Mi sono chiesta: ma sono qui per me?
Io e un’altra ragazza, Graziella, siamo state accolte prima da un’amica della signora che ci avrebbe ospitate. Ci ha fatto fare la doccia e riposare un po’. Poi siamo andate a casa di Robyn e Rick e lì abbiamo capito che cosa vuol dire “ospitalità”: ci hanno dato le chiavi di casa, ci hanno offerto teli doccia perché non bagnassimo i nostri, ci chiedevano continuamente se avessimo bisogno di qualcosa… insomma, non sapevamo più come corrispondere a tutto questo affetto e dono gratuito. Ho capito che cosa vuol dire mettere in pratica la parola di Gesù, ed è stato bellissimo condividere le nostre esperienze, le nostre idee. Un giorno Miranda, la figlia, che, nonostante fosse malata tuttavia era sempre presente, con la sua bella voglia di parlare, mi ha chiesto se mi mancavano i miei genitori. La risposta è stata “no, perché qui mi sono sentita a casa, voluta bene e accolta!”. “Ero straniero e mi avete ospitato…”. Non finirò mai di dire GRAZIE!» (Francesca, 28 anni – Lombardia).
È davvero la cosa che ha colpito tutti moltissimo: la freschezza della gente nell’accoglierci con semplicità e gioia dando tutto quello che aveva, soprattutto il sorriso. Capita che comunicare sia possibile solamente attraverso un sorriso, ma quante cose si possono esprimere con un sorriso. E i giovani ne hanno colte moltissime. Abbiamo incontrato moltissimi emigrati italiani che avevano un gran desiderio di raccontare la loro storia e abbiamo incontrato emigrati di altri Paesi che avevano un gran desiderio di conoscere la gente italiana e di sapere tutto dell’Italia. La signora Giuseppina, emigrata dalla Calabria in Australia, ha affermato che gli italiani in Australia sentono di avere due mamme: l’Italia, la patria del cuore che non si può dimenticare! E l’Australia, che ha accolto con amore la gente che arrivava da paesi così lontani. Tony, un volontario australiano di origini abruzzesi, ha ricordato che solo il 2% degli australiani è autoctono, tutti gli altri hanno origini da altri continenti.
«L’accoglienza della gente è stato il primo impatto che ha lasciato subito intuire che l’esperienza sarebbe stata molto positiva, in modo particolare quando siamo stati accolti nelle famiglie, ma anche chi è stato accolto nelle scuole, quasi sempre ha confermato l’ospitalità attenta e premurosa dei direttori e presidi. Che cosa ho trovato? Un’accoglienza sorprendente, eccezionale, molto al di sopra delle aspettative, ho trovato fratelli e sorelle che mi hanno fatto sentire calore, amicizia e affetto».
2. L’esperienza di Chiesa
«Il primo giorno, a Sydney, mi è stata data, per sbaglio, la guida in russo, io che non so neppure tanto bene l’inglese… Così ho seguito la Messa di apertura senza “traccia”. Non so spiegare bene la sensazione che ho provato, ma è stata una specie di magia, non ho perso una sola parola, un solo gesto, un solo attimo. Ho pensato (forse è presunzione? forse no!): ecco cosa devono aver provato gli apostoli a Pentecoste: gente che parla lingue completamente diverse, quasi incomprensibili, eppure si comprende e ci si comprende. E durante lo scambio della pace non ho colto differenze tra gli amici del mio gruppo e tutti gli altri, italiani e non, cui ho dato la mano, con cui ci siamo scambiati un segno di pace, un segno vero, intenso, bello!» (Filippo, 20 anni – Lazio).
«Abbiamo fatto le prove dei canti insieme con un gruppetto di giovani della parrocchia con cui avevamo il gemellaggio. Se ho capito bene, una ragazza mi ha detto: si vede che voi siete abituati a fare eventi giovanili di chiesa, per noi è la prima volta. Ho pensato che la chiesa è anche questo: io sono alla mia terza GMG e mi trovo con questi ragazzi australiani che non pensavano fosse possibile fare qualcosa di festoso e divertente a livello ecclesiale! Una bella responsabilità, poter fare un pezzo di strada con chi non conosce tutto della chiesa e non ne conosce gli aspetti più belli. Ho anche pensato che do troppo per scontato che la Chiesa da noi sia quello che è: è più facile lamentarsi di una cosa che non funziona, piuttosto che riflettere sulle molte cose che funzionano alla grande. Io sono anche animatore e ai miei adolescenti vorrei proprio far capire che è bello essere chiesa» (Daniele, 22 anni – Lombardia).
Alla GMG trovi un’esperienza di chiesa importante. Certo, non può essere l’unica, ma è importante che ci si possa incontrare, che ci si possa compiacere di essere tanti, di guardare tutti nella stessa direzione, di comprendersi pur parlando lingue diverse, perché la Parola, sa andare oltre le parole e diventa capace di creare legami. L’esperienza di Chiesa si esprime nella liturgia penitenziale, come nella riflessione su Piergiorgio Frassati, nella preghiera silenziosa alla cattedrale di Sydney e contemplando la bellissima Via crucis per le vie della città, andando a conoscere gente di altri paesi nell’attesa della Veglia e aspettando di ricevere il corpo di Cristo durante la solenne Eucaristia della domenica…
Un’esperienza di chiesa che può essere certamente approfondita se, una volta tornati a casa, si riesce a valorizzare la bellezza di quello che si è vissuto.
3. L’incontro di culture
«La famiglia che mi ha ospitato era di origini vietnamite e ci teneva molto a sottolineare tutto quello che avevano conservato delle proprie tradizioni e quello che invece avevano acquisito qui. Il momento più curioso era a tavola: si passava molto tempo a spiegare i cibi e come si preparano…» (Paola, 18 anni – Puglia).
«Durante la camminata verso Randwich, dove avremmo celebrato la veglia, ho camminato accanto ai cileni: che grande popolo, pieno di entusiasmo, festoso, solare. Io non so niente del Cile: sono ricchi? Sono poveri? Hanno la dittatura? Hanno la guerra? Sanno chi è Vasco Rossi? Però quei ragazzi là mi sembravano i più felici della terra!» (Chiara, 20 anni – Friuli).
«Devo confessare che non sapevo nulla degli aborigeni, li ho conosciuti qui in Australia. Un popolo molto interessante, peccato che sia così poco conosciuto. Non sapevo ad esempio che il boomerang sia di natura aborigena. Ne ho comprato uno bellissimo» (Pino, 18 anni – Toscana). Quella di Sydney è certamente la GMG che più di tutte è riuscita a evidenziare la bellezza delle diversità e la ricchezza della varie culture, e questo non solo nei confronti degli aborigeni: i giovani hanno avuto la possibilità di conoscere persone di molte culture diverse dalla propria e hanno potuto far conoscere la propria agli altri. Un’esperienza di forte umanità.
4. Le catechesi
«Mi è piaciuta molto la catechesi del vescovo Delpini: ci ha incoraggiati e mi ha messo la voglia di tornare a casa con molto entusiasmo tentando di testimoniare la bellezza di essere cristiano. Mi ha colpito soprattutto quando ha detto: “siamo stanchi di chi è solo capace di criticare la Chiesa e di vederne solo gli aspetti problematici, vogliamo essere di quelli che hanno il coraggio di dichiararsi cristiani e di sottolineare la bellezza della Chiesa!» (Matteo, 18 anni – Veneto).
«Il terzo giorno di catechesi è stato affidato a Monsignor Filippo Stroffaldi di Ischia: spettacolare! Che grinta, che forza, che energia: ci ha fatto cantare, ci ha raccontato storie, ci ha fatti morir dal ridere. Non ci siamo accorti del tempo che passava e alla fine abbiamo fatto un applauso e ci siamo alzati in piedi come si fa a teatro. La cosa che mi ha maggiormente colpito e che non dimenticherò è il significato della vita come vocazione: ognuno di noi ha un grande destino che non deve tradire, non possiamo accontentarci di una vita da “pollaio” se siamo nati “aquile”, e noi siamo nati aquile!» (Miriam, 25 anni – Campania).
Si può decisamente dire che il modello funziona: riunione e prove dei canti, catechesi, silenzio, domande e risposte, Eucaristia. I giovani hanno la possibilità di imparare molto, possono esprimere le loro domande, confrontarsi tra loro sui grandi temi della fede. Ulteriore elemento che ha potuto trovare chi ha partecipato alla GMG 2008 è una bella esperienza di catechesi; poi, a casa, c’è anche la possibilità di ritornare sui contenuti, basta che gli animatori scarichino i testi dal sito.
5. Il Papa
«Io sono venuto qui perché mi ha chiamato Benedetto, sono venuto per incontrarlo. Lo so che sarei stato più vicino se lo avessi incontrato a Roma, ma se lui mi ha chiesto di fare tutti ‘sti chilometri, ci sarà un motivo. Il motivo è che il Papa, ogni tanto, ogni tre anni, vuole incontrare i giovani “tutti insieme”, non solo perché gli piace vederci in tanti, ma perché vuole che noi siamo felici di vederci in tanti. Una GMG senza Papa non avrebbe senso. I momenti più belli per me sono stati proprio quando è arrivato lui: all’inizio, su quel battello. Ho provato una emozione fortissima, mi sono pure commosso. Io sono andato più vicino possibile al punto in cui è passato (ho chiesto scusa a tutti quelli che ho un po’ spinto), ce l’ho fatta.
Lo guardavo… in fondo lui è un piccoletto, ma lì era un gigante, guardavo lui e guardavo le migliaia di bandiere di tutti i colori che sventolavano e sventolavano per lui. Poi il sabato, quando finalmente è arrivato sulla papamobile… l’atmosfera si è trasformata, c’era euforia, la gente si abbracciava, tutti cercavano di vederlo, non volevano altro, solo vederlo! Io mi sono sentito un po’ Zaccheo, cercavo di raggiungere i punti più strategici per riuscire a vederlo. Peccato che non mi ha detto “Ciro mo’ vengo a casa tua…”» (Ciro, 23 anni – Campania).
Cacciari, sindaco di Venezia, quando nel 2000 era ospite in Rai durante il giubileo dei giovani disse: “La Chiesa non si illuda che questi giovani siano qui per la Chiesa, per il Papa, per la fede: questi giovani sono qui per Karol Woytjla, punto e basta, è quell’uomo che i giovani vogliono incontrare”. Oggi non è più così: i giovani presenti a Sydney, c’erano per incontrare il Papa, si chiami Benedetto XVI o in qualunque altro modo.
Magari non tutti i giovani hanno l’entusiasmo di Ciro, però gli animatori hanno la possibilità di riprendere le parole del Papa a Sydney e accompagnare i giovani verso un passo in più nel cammino della fede.
6. La bellezza dell’Australia
«La baia di Sydney, i tramonti e le albe, l’opera House, il gigantesco giardino botanico, l’escursione a vedere le balene, i koala, i canguri, ma anche i grattacieli, i palazzi, le piazze, i monumenti… non è la cosa più importante, ma mi ha colpito molto constatare la bellezza dell’Australia, di Sydney in particolare. Il Papa stesso ci ha invitato a osservare le bellezze della natura e della civiltà umana e ho pensato che, soprattutto noi italiani, diamo troppo per scontata la bellezza e non facciamo molto caso alle bellezze che abbiamo noi, né a quelle che vediamo nei paesi lontani. Così ho cercato di prestare più attenzione e ho apprezzato anche la bellezza di un bimbo piccolo che giocava e si divertiva mentre la sua mamma seguiva con attenzione la via crucis, come anche una giovane coppia su una panchina del giardino botanico… molto romantica, e la scritta “welcome” nel cielo ad opera di aeroplani. Ho pensato che la bellezza, questa bellezza è gratuita! Anche questo è il bello della GMG» (Emanuela, 30 anni – Lazio).
Educare alla bellezza è un servizio interessante che si può rendere ai giovani. Solitamente per dire che un’esperienza è stata positiva dicono: “mi sono divertito”, raramente li sentiamo affermare: “ho visto cose belle”. Eppure, grazie a Dio, la vita è fatta anche di “bello” non solamente di “vero” e “buono”. L’Australia è bella, gli australiani sanno curare e valorizzare la bellezza, così da renderla un valore aggiunto di questa già bella GMG 2008.
7. La forte esperienza spirituale
«Se dovessi dire la cosa più bella di questa GMG… direi senz’altro il momento dell’adorazione all’Opera House. Eravamo in un luogo laico per eccellenza, dove solitamente la gente si reca per divertirsi, eppure il silenzio era impressionante nonostante fossimo alcune migliaia di giovani… Posso dire che in quel momento ho sentito davvero di vivere la preghiera, ho parlato con Gesù Eucaristia, gli ho affidato la mia vita, gli ho detto che gli voglio bene, ma ho anche percepito la preghiera di tutti gli altri che erano lì: ho capito finalmente la frase “dove due o più sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro” e lì c’era veramente Gesù!
È stata molto bella anche la Via Crucis, mi sembra sia stata un momento di arte e di preghiera nello stesso tempo, perché i vari “quadri viventi” (non so come chiamarli) erano esteticamente perfetti, ma facevano anche meditare e pregare! Ho trovato geniale l’idea di affidare ad un aborigeno la parte del “Cireneo” e ho pensato a quanti Cirenei ancora oggi aiutano Gesù a portare la croce al posto dei suoi amici! Mi è venuto spontaneo pregare per loro!» (Beatrice, 25 anni – Marche).
La GMG è soprattutto una forte esperienza spirituale e quella di Sydney lo è stata in modo particolare, anche grazie alla semplicità dei vari momenti spirituali. In questo modo persino i meno abituati hanno potuto sentirsi a proprio agio e la Parola di Dio, l’adorazione eucaristica e la preghiera comune hanno certamente lasciato un segno nel cuore di tutti.
Sarebbe un peccato non alimentare la fiamma anche timida che questa esperienza ha acceso nel cuore dei giovani.
Nella parrocchia del gemellaggio un gruppo di giovani ha organizzato l’adorazione. Molto semplice: un canto, una preghiera, silenzio… e un ragazzo che la sera prima si era scatenato in balli simpaticissimi, ha letto:
Signore, ti imploro con fede. Con ardore prego che tu possa incontrare i miei bisogni più profondi. Solo tu conosci il mio cuore. Tu solo sei il mio aiuto emozionale, fisico, spirituale e mentale. Fa’ che io possa imparare che sono limitato, che non ho una direzione... Fa’ che possa capire che tu sei la mia direzione che tu hai un piano più profondo per la mia vita. Signore rimetto a te tutto il mio essere. Vieni in mio aiuto.
Trovare nello zaino il Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica e il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli è stato anche un chiaro messaggio per i giovani che hanno voluto accoglierlo.
8. I giovani
Ma c’è qualcosa che certamente anche gli adulti (educatori, preti, religiosi) si sono portati a casa dalla GMG: una rinnovata fiducia nei giovani! Colpivano i poliziotti schierati e pronti all’intervento, colpiva constatare che in realtà non c’era bisogno di loro.
A Sydney c’erano giovani motivati e profondi, capaci di contagiare chiunque con il loro entusiasmo: hanno dimostrato di essere all’altezza della fiducia che si può loro dare. I giovani sono così, sorprendenti e imprevedibili, desiderano che si chieda loro il massimo perché possano esprimersi al loro meglio.