Le periferie dei giovani /1
Valerio Corradi
(NPG 2015-02-64)
Nell’immaginario collettivo dei giovani la città come spazio reale e simbolico esercita un forte fascino. La città attrae perché luogo delle nuove tendenze, della vita notturna, dell’offerta scolastica e universitaria di eccellenza, del lavoro, del consumo e della realizzazione di sé.
Tuttavia le città di oggi sono sempre meno sistemi dotati di coerenza interna, “i confini della città, infatti, sono ormai divenuti troppo permeabili ed estesi, sia geograficamente sia socialmente, perché sia possibile pensarla come una totalità: essa non ha un’integrità, un centro e parti definite. E’ invece un insieme di processi spesso disgiunti e di eterogeneità sociale, un luogo di connessioni vicine e lontane, una concatenazione di ritmi ; è sempre in movimento verso nuove direzioni”[1].
Alla ricerca dell’identità perduta
Adolescenti e giovani studiano, lavorano, vivono e si divertono in un contesto urbano che è sempre più una complessità vissuta, e che in tempi di crisi è ormai lontano dall’apollineo e rassicurante modello della città fordista incentrato su precise funzionalità e utilità dei diversi spazi. Del resto la città ha conosciuto molte trasformazioni negli ultimi decenni e oggi è un luogo alla ricerca di una propria identità. Essa segue ritmi sempre più intensi e si popola di gruppi e di segni sempre più vari. Non è più il luogo di realizzazione del progetto razionalista e collettivo della modernità ma diventa il luogo di ricerche individuali che non sembrano avere una comune direzione di fondo o riconoscere un orientamento dominante al quale aderire o dal quale prendere le distanze. Osservatori della metropoli contemporanea, vi ravvisano i tratti dionisiaci della dislocazione, della decostruzione e del disorientamento dove differenza e alterità sono generatori di nuove chance ma anche produttori di spinte al disimpegno e all’autoisolamento.
Le trasformazioni che interessano gli agglomerati urbani sono dunque plurime e disorientanti, e hanno delle ricadute dirette sui diversi target di persone che popolano la città, quindi sugli stessi giovani, per i quali appare complicato costruirsi un’immagine chiara di città e sentirsi parte di un discorso collettivo che li coinvolga. Prevale la scomposizione in frammenti, la superficialità degli stimoli e delle sensazioni e un succedersi di vissuti tra i quali spesso è difficile mettere ordine. L’eterogeneità, riconosciuta come una caratteristica dell’esperienza urbana moderna, si è accentuata al punto da divenire spesso sinonimo di confusione e indecifrabilità[2].
Per questo le popolazioni urbane sono alla perenne ricerca di nuovi riferimenti che possano conferire loro un senso di appartenenza alla città e di stili e linguaggi che possano far provare esperienze comuni e che rimangano nell’immaginario e richiamare desideri sempre più vari. E’ in quest’ottica che molti giovani si rappresentano la città soprattutto come luogo della festa e del divertimento tanto che recenti studi indicano che per quasi il 90% dei giovani i luoghi più importanti di una città sono quelli dedicati al divertimento, allo svago e alla socializzazione. Si tratta di luoghi e situazioni che all’interno delle culture giovanili degli ultimi anni e dei mass media, vengono spesso associate alla “movida”. E’ questo un termine ricorrente che ha assunto il significato generico di animazione, situazione, ambiente piacevolmente movimentati e di intensa e vivace vita artistica e culturale notturna, propria in particolare di tutti i grandi centri urbani. Nel concreto si tratta di una modalità di occupazione e utilizzo di alcune specifiche porzioni di spazio urbano che comporta quasi una riappropriazione della città da parte dei giovani ma che non manca di toccare una serie di questioni attinenti il governo urbano (es. rapporto commercianti-residenti, rumori molesti, trasporti pubblico, parcheggi, ordine pubblico). La selezione di zone distinte della città e l’ingresso in una dimensione temporale a sé stante, “senza fine” e diversa dai ritmi quotidiani della città sono il presupposto di questa pratica che riguarda soprattutto le giovani generazioni.
Vagando per la città: spazi e tempi della Movida
L’analisi della Movida come fenomeno sociale tipico delle città odierne fa emergere in prima battuta l’importanza della sfera relazionale per i giovani. Si tratta di una generazione alla ricerca di spazi di socialità, nei quali l’incontro e lo stare insieme, non necessariamente programmati, sono ingredienti importanti per passare ore spensierate e leggere. Lo spazio urbano presidiato dal popolo della movida diviene poi spazio del loisir che rimanda all’assenza di costrizione e a una dimensione spazio-temporale “liberata” dove convivono esigenze di distinzione e di omologazione. In modo analogo, il fenomeno movida evidenzia come la fruizione della città da parte dei giovani sia attiva al punto da rivitalizzare e rimodellare lo spazio urbano sulla base dei propri desideri e delle proprie aspettative “occupando” per sé parte del territorio e creando forme di pendolarismo notturno urbano ed extraurbano che fanno da contraltare a quello diurno lavorativo.
Viene certo da chiedersi quale sia il motivo di questa forte attrazione esercitata sui giovani (e non solo) dalla movida urbana. Alla richiesta di indicare quale tipo di pensieri essa attivi, da una recente ricerca emerge come quasi il 56% degli intervistati associ alla movida una cosa positiva, perché richiama luoghi della città dove si può passeggiare, mangiare, bere, stare insieme con amici, posti dove trascorrere momenti piacevoli. Si tratta di una visione positiva sostenuta in modo particolare dai più giovani con età compresa tra 18 e 29 anni (oltre il 92% dei giovani intervistati), ma la quota è alta anche tra i 30- 44enni (il 72,4%) e tra i 45-64enni (quasi il 51%)[3].
Sul piano fenomenologico, la movida consiste in un movimento senza meta dove l’identità può vagare senza controllo in uno spazio di socialità e libertà provvisorio che si rimodella continuamente e in modo fortuito. Pur essendo bersagli di forti input commerciali, i partecipanti alla movida si dimostrano insofferenti verso un processo di segregazione del consumo e di limitazione della socialità legata a tali pratiche. Con i giovani della movida il consumo non è slegato dal resto delle attività urbane o confina in ambienti indoor. C’è una rivalutazione di quella fruizione frammentata e casuale delle attività commerciali urbane che un tempo era componente della vita di comunità e che sembrava essersi spenta negli anni recenti. Oggi sembrano ricomparire tracce di comunità seppure sotto altra forma. La resistenza a far incanalare i propri bisogni e i propri desideri in un luogo fisso sia esso un ristorante, un bar, un fast-food o un caffè rende manifesta l’ostilità dell’odierna cultura giovanile per la fissità. Il nemico della movida è il luogo fisso. Per questo, per essa, è fondamentale alimentare una logica di flusso continuo.
Il girovagare dei giovani partecipanti alla vita notturna urbana richiama gli sciami descritti da Zigmunt Bauman[4]: raggruppamenti mobili e provvisori, che sorgono e scompaiono in funzione di obiettivi momentanei e mutevoli. Gli sciami non hanno bisogno di una forma definita; in essi non c’è la presenza di specialisti o di persone dotate di particolari capacità da insegnare ad altri. Stando a questa interpretazione, non c’è né scambio, né cooperazione, né complementarietà, solo prossimità fisica e una generale direzione di movimento. Per i partecipanti, il conforto della vita nello sciame deriva dalla fede nei numeri, l’idea che la direzione del volo è giusta perché un così gran numero di persone la segue, e che di certo tutte queste persone non potrebbero essere ingannate.
Movida e pastorale giovanile
La movida è un fenomeno che porta con sé molte richieste inespresse da parte dei giovani ma che possiede anche un lato negativo fatto di eccessi e di patologie sociali che proprio nelle modalità di vita notturna di giovani donne e uomini viene estremizzato. Si tratta di situazioni correlate all’abuso di bevande alcoliche, al consumo di stupefacenti o all’esasperazione del gioco, ma anche di comportamenti devianti che sfociano in atti di vandalismo o di sfruttamento della prostituzione che fa parlare di “malamovida” o di movida “selvaggia”. Sono condotte che avvallano una logica consumista presente in queste fenomeno e anche sue derive anomiche. Lo spirito della movida si traduce così spesso nella fuga nello sballo, nell’evasione o nello stordimento che annacquano i possibili risvolti positivi di questa esperienza sociale.
Sotto il profilo pastorale, il peso numerico crescente e le principali dinamiche sociali della movida oltre che della particolare fruizione dello spazio urbano da parte dei giovani che in essa avviene, mostra l’esigenza di presidiare i luoghi della movida e, con coraggio, di considerarli ambiti di nuova evangelizzazione. Le trasformazioni delle città e delle pratiche di vita urbana notturna da parte dei giovani rappresentano un’opportunità per la Chiesa di “uscire da sé stessa e andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali” (Papa Francesco). Tale movimento, sotto, il profilo pastorale, potrà essere sostenuto da diversi strumenti alcuni dei quali già sperimentati in contesti specifici.
Per aprire possibili piste di riflessione, tra questi citiamo brevemente i seguenti:
- L’apertura delle chiese dei luoghi della movida[5];
- La missione “parrocchiale” nei luoghi della movida con forme di educativa di strada[6];
- La promozione di eventi e spazi alcol free nelle aree frequentate dai giovani nei fine settimana[7];
- La creazione di opportunità d’incontro e ascolto negli spazi limitrofi la movida coinvolgendo direttamente i giovani[8];
- L’aggancio dei giovani della movida e l’attivazione di un dialogo con loro in altri momenti e su possibili altre piattaforme;
- La promulgazione in forma partecipata di regolamenti sulla movida che vedano coinvolti esercenti, residenti e fruitori dei locali notturni in modo da trovare soluzioni sostenibili e condivise sui temi di maggiore attrito (es. orari di chiusura, igiene urbana).
Si tratta di possibili piste d’intervento utili per ristabilire una giusta dimensione del divertimento in questi contesti, avendo come obiettivo non quello di reprimere ma di spargere nelle città semi e vita in abbondanza (cfr Gv 10,10).
Fenomeni sociali come la movida sono portatori di una domanda di senso individuale e collettiva che non può essere lasciata inevasa ben sapendo che “il senso unitario e completo della vita umana che il Vangelo propone è il miglior rimedio ai mali della città, sebbene dobbiamo considerare che un programma e uno stile uniforme e rigido di evangelizzazione non sono adatti per questa realtà. Ma vivere fino in fondo ciò che è umano e introdursi nel cuore delle sfide come fermento di testimonianza, in qualsiasi cultura, in qualsiasi città, migliora il cristiano e feconda la città”[9].
[1] Amin A., Thrift N., Città. Ripensare la dimensione urbana, Il Mulino, Bologna 2005, p. 26.
[2] Cfr. Amendola G., La città postmoderna. Magie e paure della metropoli contemporanea, Laterza, Bari 2008.
[3] Censis, Le opportunità della Movida, in «Censis - Note & Commenti» n. 5/2014
[4] Bauman Z., Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi, Erikson, Trento 2007.
[5] Si veda, ad esempio, l’iniziativa Movida spirituale promossa a Torino nei quartieri di San Salvario e Largo Saluzzo
Cfr. https://www.pastorale.salesianipiemonte.it/blog/2014/06/17/movida-spirituale/
[6] Si veda, ad esempio, il progetto Esci fuori! Missione Giovani, promossa nella diocesi di Pisa,
Cfr https://www.pigipisa.it/missionegiovani/#.VMC4OctMtjo
[7] Si veda, ad esempio, l’iniziativa Face to Face social party promossa nel basso lago di Garda da un gruppo di associazioni coordinate dal Centro Pastorale JLB, Cfr. https://www.facebook.com/facetofacesocialparty/timeline
[8] Si vedano le iniziative del Servizio diocesano per la Pastorale Giovanile della Diocesi di Roma e della Comunità Nuovi Orizzonti Cfr. https://www.nuoviorizzonti.org
[9] Papa Francesco, Evangelii Gaudium, Esortazione apostolica, Città del Vaticano 2013, n. 75