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    Giovani, politica e la tensione per la pace


     

    Franco Garelli

    (NPG 1985-03-33)

    Siamo di fronte ad un ritorno dei giovani alla politica?
    Cosa significa, in un contesto di crisi di partecipazione politica, il risveglio delle tematiche sulla pace.

    La difficoltà di analisi dell'attuale condizione giovanile è dovuta anche alle diverse istanze, tendenze, che sembrano oggi caratterizzare le giovani generazioni. Sovente i giovani esprimono atteggiamenti, comportamenti contraddittori. È il caso, ad esempio, dell'attenzione riservata ai problemi sociali e politici. L'area della disillusione, dell'apatia politica tra i giovani sembra assai estesa, sembra allargarsi a macchia d'olio, ma nello stesso appare consistente anche l'attenzione e per certi versi la mobilitazione da parte dei giovani sulle tematiche della pace e l'impegno nel campo del volontariato sociale.
    Come interpretare questa tendenza che sembrerebbe contraddittoria ed altre che ad essa si possono affiancare?
    L'estraneità della prospettiva della partecipazione politica dal riferimento culturale della maggioranza dei, giovani d'oggi credo sia un fatto largamente evidente, riconosciuto da tutti gli osservatori. Oggi viviamo in un contesto di caduta della tensione politica, di sfiducia istituzionale, di crisi del senso di appartenenza nazionale, in una realtà caratterizzata dal venir meno dei punti di riferimento politici (sia ad Est che ad Ovest).
    In una situazione di complessità sociale ed economica, di crisi di identità politica, i movimenti si sgretolano, i punti di riferimento si annebbiano, mentre riemergono con forza le istituzioni. Si inceppa, in altri termini, il processo di cambiamento della società, si indebolisce o si vanifica la tensione di alcuni gruppi e movimenti a cambiare gli equilibri esistenti, a realizzare obiettivi «politici» nella società.
    Che vi sia una crisi di partecipazione politica è evidente. Ne sono segni allargati la difficoltà dei gruppi politici giovanili a trovare adepti; la rada presenza dei giovani nelle manifestazioni pubbliche; la refrattarietà da parte degli studenti a riempire di contenuti politici le assemblee o i collettivi loro riservati a livello scolastico; la scarsa presenza dei giovani (o meglio una presenza che si è sempre più ridotta di numero) negli spazi istituzionali o informali di partecipazione (quartieri, comitati vari di gestione, di informazione, ecc.); la drammatica carenza di ricambio generazionale che interessa in questo momento il sindacato...
    Ma soprattutto ne è segno il fatto che aldilà di casi sporadici - la più grande contraddizione che attraversa oggi il mondo giovanile - il problema occupazionale, l'aumento dell'area dei non garantiti, l'aumento di incertezza circa le condizioni di vita - non sfocia in una protesta politica allargata, non dà origine ad un movimento allargato nella società.
    Tutto ciò non succedeva 10-15 anni fa. Magari il nucleo di chi era votato alla politica era ristretto. Ma questa minoranza era in grado di interpretare o di mobilitare una grande quantità di giovani. La tensione politica attraversava gli orientamenti dei soggetti; rappresentava una realtà con cui fare i conti; era un parametro di cui vi erano molti indicatori nella vita sociale. Pensiamo alle mobilitazioni per la guerra del Vietnam; pensiamo alle università tappezzate di carta, di tabelloni, di manifesti, così che ognuno di noi si è sempre immaginato che quelle pareti fossero sostenute da quell'impasto di carta e di colla; pensiamo alla partecipazione giovanile agli scioperi, alle riforme; pensiamo ai murales politici... e soprattutto al riverbero politico che avevano tutta una serie di problemi legati alle contraddizioni della vita quotidiana. Pensiamo ancora alla crisi nell'associazionismo a matrice religiosa determinato dall'espandersi delle tematiche politiche.
    Dunque c'è minor domanda di politica nei giovani d'oggi rispetto a quelli d'un ieri non troppo remoto, c'è minor partecipazione politica.
    Ciò non significa affermare che i giovani d'oggi siano insensibili ai problemi politici, siano poco riflessivi rispetto al contesto in cui sono inseriti, non abbiano più la coscienza dei condizionamenti sociali. Ma soltanto che essi avvertono che questi problemi sono più complessi della propria capacità di comprensione e di intervento, e che il cambio delle condizioni strutturali dell'esistenza appare «lontano» dalle loro possibilità e prospettive. Una sorta di impotenza sociale e politica - dovuta al fatto che non vi sono punti di riferimento, condizioni che rendano credibile un cambiamento - sembra spingere i giovani a ricercare nella sfera delle proprie possibilità, nelle molte opportunità d'una società differenziata, una risposta che avvii a soluzione le contraddizioni e i problemi della vita quotidiana.
    Ciò spiega perché i giovani degli anni '80 non siano mobilitati su quelle mete collettive che riempivano il clima culturale di 1015 anni fa, e perché essi siano orientati a ricercare una soluzione ai propri problemi negli spazi in cui possono autonomamente determinare la propria condizione.
    Che significato assume in questo quadro l'attenzione alle tematiche della pace?
    È indubbio che sia allargata nei giovani - credo nella maggioranza di essi - la domanda di una pacifica convivenza, l'esigenza di creare le condizioni di una soddisfacente vita pubblica, un'allargata presa di coscienza circa la «cultura» della pace. Negli anni '80 sono i giovani a sentire in particolare il problema della pace. Le manifestazioni avvenute in questi ultimi anni in varie città d'Italia e d'Europa stanno a testimoniare che questi giovani non sono insensibili, e che possono risvegliare la loro fantasia - dopo un lungo torpore -per mobilitarsi su obiettivi che minacciano la comune esistenza.
    L'attenzione al tema della pace non deve però far pensare ad un ritorno dei giovani alla politica. La pace viene considerata in questo momento come una condizione irrinunciabile per il vivere umano, dal momento che forti sono le minacce, incombenti i pericoli. La pace quindi sembra essere vissuta più come una dimensione etica, che come una dimensione politica. In altri termini, sul problema della pace non si realizza una distinzione di ideologie, non si determinano schieramenti di appartenenze politiche, non si produce un'identità politica. La domanda della pace esprime invece il fatto che la sensibilità giovanile vuole condizioni umanamente vivibili, e che cresce l'opposizione dei giovani a qualsiasi minaccia al vivere umano.
    Il tema della pace rientra quindi nella sensibilità dei diritti civili, che ha avuto un momento di forte espansione negli anni '70, come retaggio della stagione della contestazione e delle lotte operaie. Il diritto alla vita, ad una vita autonoma; il diritto delle minoranze ad una propria autonoma espressione e dignità sociale; il diritto del singolo all'autonomia di giudizio e di azione; la caduta di discriminazioni religiose, razziali, culturali, di classe sociale... Sono questi i campi in cui i giovani vorrebbero prevalentemente impegnate le istituzioni e per i quali sono disposti a riconoscere la plausibilità della loro azione.


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