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    Perché una ricerca sui modelli d'uomo


     

    Uomo oggi

    Carlo Nanni

    (NPG 1983-03-58)


    UOMO/OGGI è una rubrica non prevista, progettata sotto la pressione delle urgenze, per affrontare un grave problema.
    Molti educatori ci hanno spesso invitato a studiare i «modelli culturali» che influenzano in qualche modo le grandi scelte dell'umanità e, di conseguenza, i sistemi di valori e di comportamento dei giovani.
    Dopo ricerche e riflessioni, abbiamo offerto un dossier, alcuni anni fa: Umanesimi, giovani e fede ( 1978 / 2 ).
    Da allora, molte cose sono cambiate.
    Abbiamo quindi sentito il bisogno di riprendere coraggiosamente lo studio, sollecitando gli esperti a darci una mano.
    Certo, l'impresa non è facile, perché si tratta di affrontare una situazione che si presenta oggi assai complessa, quasi dalle molte facce; ed è indispensabile allacciare la ricerca sull'oggi alle sue radici del passato.
    C. Nannni, professore di filosofia dell'educazione alla Università Pontificia Salesiana di Roma, che i lettori conoscono per la collaborazione frequente con la nostra rivista, ha tentato l'impresa.
    E ci ha offerto un prezioso materiale di analisi e di confronto, redatto in un esplicito taglio educativo.
    Lo pubblichiamo a puntate: per questo abbiamo «inventato» una nuova rubrica. L'operazione si concluderà con la presentazione di un «sussidio», direttamente leggibile dai giovani, che rimette nelle loro mani di protagonisti questi stimoli, per aiutarli ad elaborare una autoconsapevolezza riflessa e matura.
    Questo primo intervento, a carattere introduttivo, suggerisce già le ragioni dello studio, la sua collocazione e il suo sviluppo.


    INTRODUZIONE

    La crisi e l'uomo

    La situazione che viviamo sembra essere ben compresa nella parola «crisi», intesa nel suo senso più comune di qualcosa che mette in questione un assetto precedente; qualcosa che tocca le persone sulla viva pelle; qualcosa che turba interiormente, come una «malattia mortale» (Kierkegaard) da cui si ha difficoltà a venirne fuori, o come una paralisi che blocca ogni attività. Essa sembra essersi sistemata negli animi come nelle strutture e nelle istituzioni, nelle convinzioni come nei comportamenti, nei desideri come nei fatti.
    Le antiche certezze sembrano tramontate e le strade del futuro sembrano improvvisamente spazzate via, come incerti sentieri di sabbia, sotto l'azione dell'acqua del mare o del vento impetuoso (1).
    Ritornare indietro è d'altra parte impossibile. Si ha piuttosto l'impressione di trovarsi come in mezzo ad una bufera, che si è abbattuta su persone e cose, al di fuori di ogni riparo, e che sembra condannare all'impotenza il pensiero e l'azione, trascinando tutto con sé.
    Certamente le esperienze «impietose» del recente passato, hanno reso un po' tutti, persone singole, nazioni, organismi internazionali, più sensibili, attenti e preoccupati per le sorti dell'umanità e per gli esiti futuri della convivenza civile e della vicenda sociale.
    Tuttavia, dopo «i difficili anni '70» (2), gli inizi degli anni '80 continuano a registrare fatti e fenomeni che attestano a chiare note il persistere di tendenze «perverse»: ne possono essere citati a testimonianza la tensione internazionale, che invece di diminuire sembra aver registrato un aumento impressionante tale da far pensare agli anni della «guerra fredda»; l'imperialismo sfacciato delle superpotenze che sembra aver perso ogni velo di pudore; gli inquietanti fenomeni nella vita interna dei diversi paesi (come presso di noi il terrorismo e la mafia); l'instabilità economica e l'inconcludenza politica, ecc.

    Il ricorso all'«umano»

    In questo stato di cose così fluido, in cui le certezze più ovvie e le strutture più solide sembrano pericolosamente traballare, è comune attestarsi sull'uomo come a «luogo» stabile di ogni «verità» sul reale e come a sicuro termine di riferimento. È come l'ovvio arretramento di fronte al capitolare degli avamposti oppure come il termine estremo di un movimento di ritorno all'originario, a ciò che è fontale, («radicale», come oggi si dice), per ripigliare forza e vigore, per comprendere meglio a che punto gli itinerari sono usciti dai retti cammini e hanno portato a «sentieri interrotti», come dice il titolo di un'opera di M. Heidegger.
    All'«umano», come in passato allo Spirito, all'Idea, al Progresso, alla Scienza, alla Società, sembrano tutti riferirsi.
    Non è solo la voce della Chiesa «esperta in umanità» ad innalzarsi a favore dell'uomo nell'attuale tempo di crisi. Non sono solo i gruppi religiosi che di fronte ai fenomeni di oppressione, dominazione, alienazione umana e di fronte al malessere collettivo e individuale, fanno un appello ad esempio, ai diritti inalienabili dell'uomo, alla sua dignità, alla sua capacità di libera e autonoma decisione morale, ai molteplici valori che l'uomo esprime nella sua prassi storica.
    Intorno all'uomo sembra esserci una indubbia convergenza di vedute. L'uomo sembra essere diventato per tutti, laici e cristiani, credenti e non credenti, il comune orizzonte di comprensione, la base comune di intesa universalmente condivisa. L'uomo, la sua vita, la vita dell'ambiente naturale e sociale in cui egli vive, sono diventati il denominatore comune su cui vengono ad incontrarsi e a consentire varie interpretazioni, magari sul resto fortemente disparate o in conflitto tra loro. L'umano sembra porsi come criterio ultimo di valutazione di ideologie e di prassi sociali.
    E pensando al futuro, dopo la crisi dei modelli e dei progetti fino a ieri dominanti, si parla e ci si interroga su un qualche nuovo «progetto uomo», che sia fonte di realizzazione dell'umanità di tutti e di ciascuno. Il recente magistero papale è senza dubbio molto stimolante a riguardo, quando in linea con il concilio Vaticano Il ripropone nel «Redentore degli uomini» e nel Dio «ricco di misericordia» due diversi livelli di fondazione della comune preoccupazione per l'uomo nella società contemporanea, che iniziati gli anni '80 si affaccia al duemila.
    L'importanza di una indagine sui modelli d'uomo.
    Il papa è ritornato in questi ultimi tempi ancora una volta sul lavoro umano e la sua dignità, alla luce della Parola di Dio. Tuttavia queste sue stesse affermazioni incontrano più di una difficoltà quando vogliano essere tradotti in altri codici linguistici che non siano quello religioso e di fede.
    Rispuntano anche in questa questione le problematiche relative ai rapporti tra fede e cultura, teologia e scienze umane, cristianesimo e storia.
    Il dialogo è tanto più difficile quanto più si tratta dello stesso tema, ma secondo prospettive innegabilmente diverse, almeno per ciò che riguarda i presupposti da cui ci si muove o le legittimità delle procedure che si intendono usare per parlare dell'umano.
    È indispensabile quindi un lavoro di approfondimento e di specificazione, volto a chiarire e a cogliere meglio le determinazioni presenti in un concetto così vasto, pena di veder subito dissolto il consenso appena affermato. Solo allora il dialogo non sarà sinonimo di «ammucchiata» o espressione di «cattiva fede» per catturare consensi o per nascondere imprese.
    La ricerca di ciò che unisce e di quello che divide, aiuterà un confronto, che non parte da posizioni di chiusura o di assoggettamento dell'altro, ma che si apre ad un arricchimento comune in una «materia» tanto importante quale è l'opera di promozione umana.

    Educazione e immagine dell'uomo

    Ma non c'è da andare lontano per mostrare l'urgenza di un'analisi sulle immagini di uomo presenti nel nostro contesto sociale.
    È un fatto che emerge dal vivo di ogni esperienza educativa. La prassi educativa non avviene mai a mente «pura», senza idee, ma sempre secondo certi quadri di riferimento più o meno coscienti, più o meno chiari, più o meno organici, ma sempre in ogni caso presenti.
    Ogni educazione ha una soggiacente visione del mondo e della vita che incide profondamente nel determinare quelle che sono le finalità, i contenuti, le metodologie e le tecniche educative, così come il rapporto educativo e l'organizzazione sociale dell'educazione.
    Per salvarsi dai guasti dello spontaneismo e per vincere i limiti della educazione tradizionale, in questi ultimi anni, si è ricercato nella programmazione e nella riforma dei programmi e dei metodi, l'uscita di sicurezza.
    Tutti hanno fatto e fanno programmazione: nelle scuole, nei convitti, nelle comunità, nelle parrocchie, nei centri giovanili, ecc.
    Ma la fatica stessa della programmazione e quella tesa a realizzare i progetti educativi fatti, ha reso sempre più evidente che la comprensione dell'educazione e del ruolo degli educatori, formatori, animatori, ecc., dipende in gran parte dall'idea che ci si fa dell'uomo e del suo destino.
    Qualcosa di simile va detto per ogni attività catechetica, pastorale o di animazione sociale: come si potrà evangelizzare e approfondire l'annuncio se non si conosce e non si comprende il contesto umano che ci circonda; se non si percepisce il clima e le tendenze antropologiche dell'ambiente?
    Le pagine che seguiranno vogliono essere un piccolo contributo a questo lavoro sempre più difficile ma sempre più necessario.

    NOTE

    (1) Per il concetto di crisi in genere e per il caso italiano in particolare si veda G. Milanesi, Analisi del trapasso di cultura, in Aa. Vv., Teologia e progetto uomo in Italia, Atti dell'VIII Congresso Nazionale dell'Associazione Teologica Italiana, Assisi, Cittadella Editrice, 1980, p. 29 ss., dove la crisi è inizialmente collegata ad un processo di disintegrazione a dimensione totalizzante che investe l'intero edificio societario nella configurazione totale dei rapporti sociali.
    (2) Così si intitola l'editoriale di «La Civiltà Cattolica» n. 3109, 5 gennaio 1980, che apre l'anno 1980.


    MODELLI DI UOMO

    Diamo l'indice della ricerca di Carlo Nanni che pubblichiamo a puntate nei prossimi numeri sulle tendenze antropologiche nella cultura contemporanea.

    Introduzione
    Perché una ricerca sui modelli di uomo

    Parte prima
    I miti dell'uomo moderno e la loro crisi
    1. La «Grande Promessa» di liberazione dei tempi moderni (le ideologie «forti» della «Grande Promessa», le coordinate dell'«homo faber», il trionfo della razionalità pratica e scientifica).
    2. La crisi della «Grande Promessa» nel nostro tempo (i punti nodali della crisi, il riflusso, morte dell'uomo?).

    Seconda parte
    Le nuove tendenze antropologiche tra crisi di senso e ricerca della felicità
    1. Tra catastrofismo e restaurazione.
    2. L'uomo dei bisogni radicali.
    3. L'uomo nichilista.
    4. L'uomo cibernetico.
    5. L'uomo dell'autorealizzazione.

    Conclusione
    Una speranza difficile ma grande
    1. «Dov'è il mio Dio?».
    2. Che fare? La via della vita. La via della cultura. La via della scier.za. La via dell'educazione. La via della fede.


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