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    Orientare è: educare oggi per domani



    Pietro Gianola

    (NPG 1980-08-49)


    I preadolescenti che stiamo educando oggi nella scuola, in famiglia, nella chiesa, nella società, affronteranno la vita da responsabili negli anni '80 e '90, saranno gli uomini e le donne adulti e protagonisti dell'inizio degli anni 2000.
    L'entusiasmo e la speranza si mescolano all'insicurezza e alla paura. Se il presente è complesso, sconcertante, il futuro è buio, Può riservare qualunque sorpresa. Non sono pochi quelli che non vogliono generare figli perché non ne hanno il coraggio. Non vogliono esporli al rischio d'un avvenire carico di pericoli. È un atteggiamento superficiale. Ma lo si può capire. È superficiale anche vivere da rassegnati e da balordi e mettere la mondo altri rassegnati e altri balordi. Anche per i buoni, impotenti e inerti per un cambio sostanziale, la vita non è grande cosa.
    C'è un altro risvolto del problema. Anche le possibilità di espansione umana saranno sempre maggiori. Ma vi saranno i protagonisti e gli emarginati, gli esclusi, gli «oggetti» dei programmi altrui, gli strumenti di una civiltà e d'una cultura che si faranno magari con il loro lavoro, con il loro appoggio, con il loro ciclo di produzione-consumo, ma senza aiutarli a «essere» personalità più valide e progredite.
    Sono problemi politici, culturali, sociali, economici, morali e religiosi. Però la reale e larga soluzione positiva dipende dalla soluzione di un nodo pedagogico-educativo: orientare educando oggi per domani.

    COSCIENZA DI UN IMPEGNO

    La legge del 31 dic. 1962, n. 1859, istituendo la nuova Scuola Media Italiana, unica, obbligatoria, gratuita, le assegnava il compito di proseguire il fondamentale «orientamento educativo già avviato nella scuola elementare». Essa veniva impegnata a guidare «il passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza» per porre tutti i ragazzi «in eguali condizioni di partenza di fronte alla vita». Doveva essere lo strumento principale «per il loro attivo inserimento nella vita spirituale, sociale ed economica della comunità italiana».
    Nella «premessa generale» dei recenti nuovi programmi (9 febbraio 1979) viene ribadita l'essenziale funzione «orientativa» della scuola del preadolescente. Però è ormai più esplicito il riferimento al futuro. Viene precisato il senso e il modo dell'orientamento, impegnato a fornire le «premesse per l'ulteriore educazione permanente e ricorrente». Non si consuma in se stesso, ma «colloca nel mondo». E il mondo è vivo, evolve rapido, esigente, complesso.
    In particolare la scuola cattolica e gli educatori cristiani nella scuola di stato sono inclinati a concepire e attuare l'educazione come un progetto di vita. Sulla base di verità umane e cristiane, di valori che appartengono ormai a una tradizione consolidata e perenne il ragazzo può essere guidato ad affrontare sia il presente che il futuro, fedele alla unità ben definita di un progetto di vita personale, sociale, morale; può essere preparato a farne il cardine di un avvenire aperto a tutti i progressi e alle novità d'ogni genere come campo di una preziosa maturazione coerente e costante, impegnativa, spesso imprevedibile a distanza, però sempre arricchente il progetto iniziale.
    L'educazione salesiana si è caratterizzata fin dai tempi di Don Bosco per la sua compiutezza programmatica, per la profondità delle convinzioni, per la cura di fornire ai giovani tutti gli strumenti utili per una lunga vita di fede, di onestà, di lavoro, di partecipazione civile. Gli exallievi sono il segno non solo di una fedeltà che si prolunga, ma anche di un contatto permanente con la niatrice di avvio per essere sostenuti e aiutati ad affrontare le nuove situazioni problematiche della vita.

    DALL'EDUCAZIONE ALL'ORIENTAMENTO

    Si fanno molti errori nella prassi d'educazione: quando non si fa nessuna educazione, quando si fa un'educazione fuori del tempo e dello spazio, quando si educa per un futuro ancora inesistente e che sarà molto diverso dalle previsioni, quando si educa per un presente chiuso in se stesso.
    Spesso non si fa educazione. Si sovrappongono al soggetto nozioni, atteggiamenti, modelli di comportamento, meccanismi di condotta e di esecuzioni professionali, abitudini morali. Si usano solo i mezzi del buon insegnamento didattico, del condizionamento, del ricatto morale. In relazione al soggetto non si cura la maturazione soggettiva, attiva, responsabile, dialettica e dialogica, impegnata in un vero processo di effettiva espansione reale, culturale, morale.
    L'educazione resta fuori del tempo e dello spazio ogni volta che i suoi contenuti sono comunicati come verità e valori in sé, come programmi stabiliti altrove, come «quel che ogni uomo che si rispetta deve sapere, volere, saper fare». Obiettivi utili per tutti e per sempre.
    Si educa per un futuro ancora inesistente quando ci si preoccupa di fornire le scienze d'oggi, i modelli d'oggi, gli atteggiamenti e i comportamenti d'oggi, le tecnologie e le modalità di vita e di relazione d'oggi ritenendoli necessari, o almeno utili, comunque sufficienti per affrontare e risolvere il domani personale, sociale, professionale.
    Si educa per un presente chiuso in se stesso ogni volta che le comunicazioni e le conquiste educative hanno di mira unicamente l'ubbidienza ai comandi, alle richieste, alle proposte del sistema educante come tale, per essere ben giudicati, ben valutati, promossi oggi. Al domani si penserà domani. La vera educazione valida e efficace, educa oggi con orientamento al domani e orientando il domani. È periodo privilegiato dell'intero arco della vita. Tende prima di tutto ad attivizzare poteri interiori, capacità e competenza d'affrontare subito e in seguito ogni problema interno o esterno della vita. Sa che il futuro incombe inevitabile, ma vi prepara con la consapevolezza che sarà molto imprevedibile, diverso da ogni previsione. Perciò opera oggi ponendo e chiedew do attenzione alle condizioni presenti, ma accentua l'attenzione e l'abilitazione sui modi di affrontare le situazioni e i problemi sulla convinzione che ogni sistema conoscitivo, reale, morale, professionale è aperto e resterà sempre aperto, sull'impegno di seguirne sempre gli sviluppi, di dominarne le rinnovate condizioni.
    Perciò il riferimento al presente deve essere molto saldo, realistico, ben situato. Ma il presente deve proiettarsi verso il futuro, deve essere chiaramente il germe del futuro, il ponte d'accesso all'avvenire.
    Ecco i compiti educativi: essere maturi e al proprio posto oggi; scegliere presto ciò che è più confacente alla propria personalità globale, alle convenienze e validità oggettive esterne; scegliere direzioni per il futuro, solide in ciò che già si può subito prevedere e privilegiare oggi o presto, aperte agli sviluppi, agli aggiornamenti, alle determinazioni, ai cambiamenti non prevedibili, ma inevitabili in una storia che procede e cambia, ma anche in un soggetto che vive, che matura, che gioca validamente la propria esistenza in sé e in rapporto agli altri.
    Per questo educare è orientare: alle scelte d'oggi, alle scelte verso il domani.
    È cosa vera lungo tutto l'arco educativo giovanile. È particolarmente vera negli anni della preadolescenza che si affaccia all'adolescenza. Non già determinando i soggetti con forme esplicite o nascoste di condizionamenti politici, economici, culturali, scolastici, ma maturando in loro le condizioni di un autoorientamento intimo, realistico, anche dialogato e contrattato, soprattutto libero perché in possesso delle condizioni dell'uso della libertà personale nell'argomento specifico. Non già chiudendo troppo presto il problema, ma, negli anni della preadolescenza, conducendolo nei confini della fase evolutiva ancora molto plastica, aperta, bisognosa di attese e di verifiche e di scelte ulteriori in età e condizioni di maggiore maturità e competenza.

    EDUCAZIONE PERMANENTE

    Il termine oggi tanto di moda ha due significati carichi di conseguenze programmmatiche e metodologiche.
    Un primo significato dell'educazione permanente sta nella volontà politica e nell'opportunità effettiva strumentale e organizzativa di permettere d ognuno di poter continuare lo sviluppo maturativo e operativo personale lungo l'intero arco della vita, in relazione alla volontà, ai bisogni alle disponibilità di forze, alle offerte e alle esigenze sociali, di lavoro, di partecipazione comunitaria.
    Il secondo significato dell'educazione permanente sta in una qualità dell'educazione immediata giovanile, nella scuola e fuori di essa, adatta per fornire ad ognuno coscienza, stima, volontà, capacità, metodi e mezzi in relazione a quella continuazione.
    Vi sono altri significati, anche rilevanti, ma questi due ci riguardano e ci impegnano in modo diretto, strettamente connessi uno con l'altro.

    A. Esigenze personali
    Educare significa liberare dall'interno dell'uomo il turgore evolutivo delle capacità native: autorealizzazione verso la pienezza di padronanza di sé, verso la disponibilità operazionale delle proprie forze corporee, psichiche e spirituali, mentali, affettive, valutative, relazionali, operative, verso la loro traduzione in vissuto esistenziale. Non basta la giovinezza, non basta l'intera vita per «liberare» tutto l'uomo. Almeno bisogna insistere e proseguire, dare larghe condizioni d'opportunità e mezzi, dare presto la giusta spinta, il giusto orientamento iniziale. Non basta andare innanzi sempre uguali. Bisogna trovare impegno e aiuto per crescere sempre, per migliorare, per cambiare, per correggersi, per ottenere nuove abilità e nuove competenze.

    B. Esigenze culturali e morali
    Educare significa socializzare il soggetto applicando le capacità maturate (liberate) dentro agli universi della realtà cosmica naturale, della realtà culturale prodotta e in via di produzione da parte delle scienze, delle arti, dei costumi e degli usi, delle realtà sociali della convivenza umana domestica, parentale, civica, politica, morale, religiosa. Dentro questi universi reali e oggettivi ogni uomo deve dilatare sempre più i propri universi personali soggettivi, conoscendo, comprendendo, valutando; scegliendo, partecipando con responsabilità sia consùmativa che creativa di nuove o di migliori forme.

    C. Esigenze professionali
    Educare significa qualificare per un lavoro. Ma la qualificazione professionale della scuola resta remota e insufficiente, bisognosa di addestramento, di specializzazione, di aggiornamento, di reciclaggio, di spostamento verso aree di maggiore bisogno o disponibilità di posti di lavoro, di migliore rispondenza a nuove aspirazioni o competenze, a esigenze di salute, di età, di vita personale. Se rispetto agli inizi molti lavori risultano piuttosto esecutivi, ripetitivi, sembrano in aumento anche le attività di creazione, di innovazione, di progetto, di ricerca, le carriere aperte e ascendenti direttive, amministrative, le determinazioni sul posto e nella mansione di qualifiche polivalenti di base, magari già altamente specializzate, ma ulteriormente definibili nei lavori individuali o d'équipe. Nascono perfino scienze nuove o nuovi rami di sapere precedente.

    D. Esigenze di libertà per alte scelte
    Educare significa liberare un massimo di libertà. Vi sono momenti nella vita dei ragazzi, dei giovani, degli adulti, perfino degli anziani in cui la possibilità remota e oggettiva di scelte di alto valore umano, morale, sociale, religioso chiede all'educazione l'aiuto per diventare possibilità prossima soggettiva, cioè libertà. Sono le scelte che globalmente si possono dire vocazionali: scelte di quadri e livelli di valori personali nella loro esigente e impegnativa purezza ed estensione operativa; scelte di ruoli responsabili per gli altri a livello di dedizione, di amore e di servizio, al di là del calcolo d'interesse; scelte di promozione dei valori fondamentali; scelte di linee di condotta onesta, coraggiosa, fedele, sacrificata fmo alla testimonianza suprema.
    È il caso delle vocazioni di sacerdoti, religiosi, missionari, laici collaboratori, ma anche delle scelte di alti modelli di vita personale, familiare, professionale, sociale, politica, economica, delle scelte scientifiche e tecniche a misura d'uomo. È il caso delle scelte di stato, ma anche delle scelte di condotta quotidiana coerente a validi principi. È il caso di scelte valide di fronte al dolore, alle prove, alla morte.

    EDUCARE OGGI PER DOMANI

    L'asserto non vuol dire educare oggi per vivere di rendita domani. S'è già detto che questo non corrisponderebbe alla realtà. Vuol dire educare oggi in modo da mettere le premesse per un domani di continua educazione, magari in gran parte in forma di autoeducazione.
    Vale per l'educazione maturativa funzionale, per l'educazione scientifica, culturale, sociale, per l'educazione religiosa, per l'abilitazione professionale.
    Ogni educazione non fa altro che immettere su un cammino di formazione, di ricerca, di crescita, di scelta, di sempre più avanzata e più adeguata corrispondenza alle susseguenti condizioni interne e esterne.
    Perciò è orientamento: esplorazione delle possibilità attuali, creazione di nuove possibilità molteplici, valutazione dei fattori interferenti, giudizio, scelta prima ipotetica poi sempre più decisiva, preparazione remota e prossima, entrata «orientata» nei cammini presenti, verso livelli, traguardi, conferme, correzioni, integrazioni attuali nel futuro.

    Sistemi educativi che non orientano

    È sbagliato, è mortificante e ingiusto, è dannoso per gli individui e per la società un sistema educativo che chiude con l'assolvimento dell'obbligo scolastico, con il diploma abilitante professionale, con le qualifiche superiori utili per il lavoro, ma chiuse a ulteriori sviluppi.
    Non è né onesto né produttivo un sistem,a educativo basato sul principio della selezione, che pretenda di orientare solo sulla base delle possibilità di fatto, dei doni di natura o delle circostanze privilegiate, senza una politica, una pedagogia, una didattica di ricupero e di apertura di uguali possibilità per i meno fortunati, almeno entro i limiti delle oggettive possibilità e rispondenze.
    Non è valido un sistema di orientamento tardivo, applicato solo al termine dei cicli d'educazione, assente nei momenti decisivi precedenti della coltivazione e dello sviluppo degli interessi, delle capacità, delle valutazioni soggettive e oggettive, delle esplorazioni dei campi culturali, morali, professionali connessi.
    Né è valido un sistema di orientamento ristretto alle scelte scolastiche e professionali: livelli e indirizzi di studio, qualificazioni di lavoro e impegno. Un progetto di pieno orientamento educa scelte nel campo totale della personalità e della vita. Cioè educa scelte per la vita (interpretazioni, valori, motivi, modelli di condotta morale, di partecipazione sociale, di appartenenza e collocazione vocazionale e comunitaria religiosa), educa scelte per lo studio (premesse per il lavoro, ma anche cultura umanistica, scientifica, socio-politica, vitale, artistica), scelte per il lavoro (però come fatto-valore integrale, cioè personale, sociale, morale, politico, tecnico, economico, perfmo religioso).

    Grossi problemi dell'orientamento

    Che tipo d'uomo? Per che tipo di società? Per che tipo di cultura? Per che tipo di lavoro? Per che tipo di vita morale? Per quali scelte, per quali modi, per quali coltivazioni vocazionali religiose e cristiane? Questi sono i grossi problemi dell'orientamento educativo.
    È un impegno complesso, un processo lungo e articolato. Ha una attuazione legata a molti fattori interferenti. È chiaramente progressivo. I ragazzi preadolescenti hanno alle spalle l'infanzia e la fanciullezza. L'arco dai 10 ai 14 anni è psicologicamente lungo, segna forti incrementi. Però può già decidere se avranno luogo mortificazioni fissazioni o regressioni infantili d'immaturità, se vi sarà un futuro vicino d'adolescenza in cui i problemi si prolungheranno, si allargheranno nelle prospettive, si approfondiranno nei motivi, si definiranno in direzione di qualche obiettivo privilegiato.
    Ha valore e efficacia l'ambiente ricco di affetto, di cura, di preservazione da incontri dannosi. È tempo di esplorazione sempre più sistematica dell'identità personale nell'appartenenza e partecipazione al mondo della natura, alla società degli uomini, alla storia con Dio in Cristo e nella Chiesa. Già si può affacciare qualche preferenza per modi di vivere, per impegni dell'esistenza, per identificazioni con personalità (personaggi, eroi) ammirati e amati. Fantasia e sentimento lasciano già un po' di posto alla ragione e alla volontà.
    Sono ancora possibili in seguito crolli d'idealità o aperture di orizzonti più validi. Comunque è fase evolutiva da non sprecare.
    La realtà è complessa e difficile. Gli aiuti e i buoni esempi sono scarsi, ancor più delle buone parole. Le controtestimonianze avvolgono ogni giorno, d'adulti o di maggiori falliti, disperati, violenti, balordi incompetenti, disonesti, captatori interessati o irresponsabili verso futuri ora violenti, ora facili, ora mitici, ora alienati.
    Che fa la scuola? Che fa l'educazione generale?
    Non mancano i «profeti di sventura» (come il sociologo Raymond Aron) inclini a ritenere che ci stiamo avviando verso un futuro in cui un'élite dominante fruirà dei benefici culturali dell'educazione permanente, condannando le masse a condurre una vita da termiti.

    CONDIZIONI DI UN VALIDO «OGGI PER DOMANI»

    Le esigenze di cui sopra sono sempre più largamente sentite e consentite. Le ricerche sia teoriche che pratiche si intensificano e si diffondono. Siamo ancora molto lontani dall'aver risolto il problema.
    Non risolve il problema la previsione di un sistema di periodico «ricliclaggio» scuolalavoro-scuola.
    Per la massa non si sarà fatto nulla fin quando non si sarà riusciti a «porre rimedio a una pratica educativa che lascia molti giovani in condizioni di avversione per gli studi scolastici» (K.W. Richmond).
    Suggestioni esterne di una società consumistica, edonistica, permissiva, massificata, passiva, manipolata da intellettuali, da politici, da commercianti, ricattata per un lavoro puramente utilitario, si uniscono alla prassi diffusa di una scuola dai programmi statici, sempre in arretrato, volti a un passato che raggiunge raramente il presente e non si proietta mai verso l'avvenire, priva di progetti e di avvio alla progettazione, luogo di meccanismi d'apprendimento invece che di metodologie di ricerca e lavoro. I casi contrari appartengono all'eccezione.
    Nessuna meraviglia se solo i migliori si salvano. Ma spesso proprio questi diventano gli oppressori e i difensori d'un loro privilegio.
    Ecco perciò alcune tracce di azione contraria, valida, efficace.

    A. Rafforzamento dell'«IO» come soggetto protagonista
    Una volta si diceva: formazione del carattere. Oggi si preferiscono altri termini. Intendiamoci sulla sostanza.
    Ogni ragazzo diverrà nella sua vita un soggetto protagonista se nell'educazione alla sua attiva e libera personalità saranno dati costantemente i giusti spazi, ruoli attivi, impegnati, partecipanti, se gli sarà chiesto un consenso motivato e permesso un conflitto ragionevole.
    Diverrà una personalità ben definita se saranno ben definite le percezioni degli educatori a suo riguardo, le richieste, i progetti. Sarà una personalità forte se verrà per tempo dotata di idee chiare, di motivi profondi, di criteri saldi, di volontà d'aspirazione alta, di competenze interiori e relazionali, di competenze operative.
    Se oltre alla libertà gli sarà fatto il dono della grazia, sarà valido della validità che viene da Cristo.

    B. Condizioni fondamentali di educazione permanente
    Consistono in alcune qualità che chiedono un immediato impegno.
    - La coscientizzazione dell'esistenza personale proiettata innanzi nel tempo, nella storia. È la coscienza della vita personale come un divenire progressivo, incessante, per il complesso delle esigenze che sopra sono già state esaminate. La coscienza di avere la vita nelle proprie mani. La coscienza dell'inesauribile vastità sia delle riserve interiori vitali, sia degli universi di appartenenza e di partecipazione: natura, cultura, società umana, scienza, arte, lavoro, storia delle classi sociali, dei popoli, della condizione umana, del popolo di Dio.
    - La volontà d'educazione permanente. L'educazione d'oggi ha il compito di fornire motivi e impegni alla volontà di continuare l'educazione per tutta la vita, per amore autentico di sé, per dovere verso gli altri, per bisogno e interesse, per vocazione morale e religiosa davanti a Dio.
    - La capacità di educazione permanente. La scuola, l'educazione degli anni giovanili devono fornirla. Questa capacità consiste nel possesso delle risorse vitali e operative interiori liberate almeno entro i limiti massimi delle disposizioni di natura e di volontà di ognuno: intelligenza, sensibilità, interesse, gusto, impegno. Inoltre consiste nel possesso libero degli strumenti di lavoro autoeducativo personale o di gruppo, nella capacità di accesso e di uso dei mezzi richiesti.
    - La possibilità di educazione permanente. L'effettiva possibilità è legata all'esistenza di condizioni di tempo, di luoghi, di mezzi, di libertà economica, di aiuti necessari, di iniziative sia private che pubbliche, di animatori competenti. Perciò è un fatto fondamentalmente politico: riguarda stati, ministeri, legislazioni, amministrazioni locali, scuole, aziende, sindacati, movimenti e gruppi liberi, la chiesa, ecc.

    C. Condizioni «metodologiche» immediate: pedagogia della domanda
    Sono le più decisive. Meriterebbero ben più profondo esame, perché sono alla portata degli operatori educativi e perché sono le condizioni che direttamente garantiscono un'educazione «aperta» oggi per domani. La prima condizione riguarda il modo di concepire e di condurre la scuola e lo studio, in certo senso tutta l'educazione: come mezzi e non mai come fini. Da una pedagogia della offerta e una pedagogia della domanda, della domanda vitale, esistenziale, quotidiana, futura, storica.
    Solo così matura un atteggiamento di «educazione permanente».
    L'esperienza fondamentale che i ragazzi vivono nella scuola non deve essere quella di chi riceve un programma, accumula o assimila materiali inerti, stabilizzati, detti «cultura, scienza, materie». La scuola e l'intera educazione non dovrebbero fare altro che mediare culturalmente e moralmente, cioè con l'aiuto di opportuni strumenti e riferimenti, l'esistenza, l'esperienza, la realtà vitale interna e circostante, il passato, il presente e il futuro, osservando, riflettendo, problematizzando, interpretando, valutando, assimilando, reagendo, sviluppando reazioni valide e prospettive ulteriori. La scuòla e l'educazione rispondono alle domande che la vita pone. Il modello vale oggi per domani, per sempre nella vita, anche se in altri contesti e con altri modi. S'instaura una spirale prassi-teoria-prassi che resterà permanente.

    D. Metodologia di ricerca
    È l'unica valida per un soggetto che deve maturare come protagonista di un'educazione permanente. La ricerca sul passato e sul presente, se ben condotta, abilita per saper dominare in ogni momento la realtà con gli strumenti adatti per informarsi, per riflettere, per problematizzarla, per comparare le ipotesi di soluzione, per scegliere e decidere.
    Sarà prezioso abilitare a ricercare nei vari universi reali e culturali, con appropriati strumenti e metodi. Preziosa è l'esperienza del lavoro di gruppo, compreso il fatto di farsi aiutare in maniera giusta e promozionale dagli adulti. Nei gruppi si vivono preziose dinamiche, si esperimentano e maturano ruoli operativi e affettivi, maturano i rapporti interpersonali.

    E. Scuola di metodo: di pensiero, di vita, di gestione
    Nella scuola si insegnerà sempre male fintanto che non si darà il giusto spazio al compito di insegnare a pensare. Sarà lo strumento indispensabile per ogni educazione permanente. Purtroppo nelle scuole e in tutta l'educazione non si usa mettere in programma l'arte di pensare, lo sviluppo dell'intelligenza. È tema che viene lasciato agli psicologi. Ogni programma educativo è fatto di contenuti: verità e nozioni, condotte virtuose, diritti e doveri, modelli operazionali. Il soggetto viene ridotto a strumento, a portatore di pesi. Invece dovremmo potenziare un'educazione nella quale il programma sia la crescita, la maturazione corporea, psichica, spirituale, ecc. del soggetto, la sua liberazione operazionale verso e dentro i contenuti.
    Dunque scuola di metodo: come pensare, come vivere e convivere, come incontrare e collaborare, come impegnarsi con altri e come restare indipendenti dalle masse, dalle maggioranze, dal pensiero altrui, dalle suggestioni, dalle manipolazioni, come partecipare attivi e corresponsabili in sistemi di autogestione o di cogestione.
    Al centro sta l'avvio all'uso di un'intelligenza problematizzante, esperta in «problem solving», capace di convergenze interdisciplinari, di trasferimento da un campo all'altro di modelli dotati di validità transdisciplinari.

    F. Vita come progetto sempre aperto su basi solide
    Il problema e la sua soluzione diventano morali, impegnano la personalità e chi la educa in profondità di valori e di atteggiamenti.
    I ragazzi devono essere avviati decisamente a conoscere bene se stessi. I bisogni profondi che sospingono a vivere e a crescere; i desideri che decidono le riuscite e i fallimenti; gli stili e i temperamenti originali d'ognuno; gli interessi emergenti che definiscono le inclinazioni insieme alle attitudini preferenziali; le proprie capacità già liberate o ancora latenti e potenziali; le aspirazioni a livelli
    d'impegno e riuscita; i «segni» di personale vocazione, ecc.
    Devono essere aiutati e guidati ad esplorare comprendendo e valutando criticamente le realtà circostanti, le possibilità d'orientamento e di scelta, i motivi di impegno. Ma il quadro deve essere completo, senza nulla escludere nelle prospettive culturali, sociali, professionali, neppure nelle prospettive religiose cristiane (vocazioni cristiane).
    Il punto decisivo per un orientamento valido verso il futuro è la liberazione della libertà di scelta, di decisione, di impegno. È libero solo chi conosce e comprende, chi sa valutare e apprezzare, chi ha la possibilità soggettiva almeno radicale di qualsiasi scelta. Purtroppo la maggior parte dei giovani non ha liberato alcuna libertà di scelte eccellenti: per ignoranza, per impotenza, per captazione precoce dei motivi piacevoli, utili. È incapace riguardo ai valori.
    Ma soprattutto si educa oggi per domani se l'immediato ha caratteristiche di fondamento sul quale bisogna e si può continuare a costruire, di germe destinato a crescere e svilupparsi maturando, di progetto di vita in espansione quasi spontanea.
    È orientante l'educazione dei preadolescenti che si sforza di maturare presto almeno germinalmente alcuni nuclei stabili di valori assoluti programmatici per l'intera vita: priorità e bisogno di verità, bontà fondamentale, volontà di giustizia, promozione e difesa della vita, amore oblativo e creativo, solidarietà, spirito di comunione, collaborazione, disponibilità a consacrarsi al progresso e alla innovazione di tutto, anche quando costa sacrificio, primato dei valori sull'utilità privata e sul piacere personale...
    La vita viene vista come progetto permanente e progressivo di autorealizzazione, di trascendenza solidale e impegnata.
    La prima definizione del progetto personale di vita deve essere immediata, già nell'arco degli anni della preadolescenza, anche se avrà bisogno di sviluppi e rifondazioni più solide nell'adolescenza, di espansioni e di inserimenti effettivi nella giovinezza.
    Per ottenere ciò deve essere tempestivo l'aiuto a scoprire, a esplorare, a valutare e capire nei propri confronti, cioè a percepire come campi della propria originaria appartenenza e la propria personale vocazione partecipativa corresponsabile, specializzata, più globali «progetti»: il progetto-Uomo in corso nella propria vicenda vitale nei gruppi sociali, nelle tensioni generazionali, nell'intero arco storico dell'umanità; il progetto sociale, culturale, scientifico, artistico, economico, politico; il progetto morale entro le diverse visioni totalizzanti delle persone e dei valori; il progetto cristiano che esprime il disegno in atto attorno a Cristo entro la Chiesa e verso l'intera umanità.
    È decisiva per la testimonianza degli educatori (genitori, insegnanti, animatori, guide spirituali). Essi devono a loro volta mostrarsi immersi ed emergenti, coinvolti e coinvolgenti entro quelle realtà progettuali, protesi dal presente verso un futuro impegnativo, quasi lanciando innanzi le giovani generazioni che dovranno sviluppare il loro ruolo e. poi rilanciare a loro volta altri dopo di loro.
    Forse non è questione di azione educativa, ma di un movimento educativo permanente vissuto dagli adulti e coinvolgente inevitabilmente i giovani. I momenti forti specifici e intenzionali hanno, bisogno inderogabile di immergersi in risonanze di più vasta esperienza.


    T e r z a
    p a g i n A


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