Franco Garelli
(NPG 1982-08-4)
L'ESPERIENZA DELLA DIFFERENZIAZIONE SOCIALE
Per poter comprendere l'esperienza morale che i giovani fanno nella società contemporanea occorre anzitutto affrontare il problema della differenziazione sociale. I giovani oggi esprimono nelle loro esperienze, istanze, sensibilità, scelte, la caratteristica di estrema differenziazione del nostro sistema sociale. Essi, in altri termini, non sono più figli di una società unitaria nei suoi presupposti culturali e sociali, ma differenziata, articolata, varia, eccentrica.
Il carattere della differenziazione sociale si può cogliere in molti momenti, aspetti della vita dei giovani, e in particolare nel campo delle appartenenze, dei riferimenti culturali, delle posizioni sociali, degli atteggiamenti.
La pluralità delle appartenenze
Relativamente al primo aspetto, quello delle appartenenze, risulta evidente che i giovani non confinano la loro vita prevalentemente all'interno di istituzioni alle quali era ufficialmente demandata nel passato la funzione formativa (come potevano essere la famiglia o la scuola), né attribuiscono a tutte le loro esperienze ed appartenenze un significato prevalentemente unitario.
Analizzando infatti un giovane medio si osserva che egli scandisce la sua vita tra molteplici realtà ed appartenenze...
Un giovane medio oggi è inserito oltre che nella scuola o nel lavoro, nella famiglia, nel gruppo dei pari, degli amici; in alcuni casi fa parte di un gruppo di interesse e/o di un gruppo organizzato; pratica uno o più sport; frequenta un corso di lingue... Tra gli studenti poi non sono rari i casi di soggetti che lavorano, pur in una prospettiva non definitiva, per garantirsi un'autonomia di vita o in termini di apprendistato; così una parte degli apprendisti, dei giovani già inseriti nel mercato del lavoro, studia...
Questa situazione di molteplicità di appartenenze sembra avere una ragione interna ai soggetti, ai giovani, e una esterna, relativa al livello attuale del sistema sociale. I soggetti tendono a differenziare le appartenenze, a realizzarsi in ambienti e gruppi diversificati, a moltiplicare i rapporti sociali, in quanto ritengono indispensabile per la propria realizzazione personale il fare molte esperienze. Oggi, in altri termini, si riconosce più importante, più valido soggettivamente, fare molte esperienze, realizzarsi in ambiti diversificati, più che operare scelte in un'unica direzione, più che dare alla propria vita il carattere di univocità.
L'univocità di appartenenza viene infatti considerata dal giovane come intrinsecamente povera di quegli stimoli culturali ed esperienziali che egli considera arricchenti per la personalità. Ciò significa che per un giovane sarebbe oggi impensabile realizzarsi in modo totalizzante o univoco in un ambiente, in una sola appartenenza.
La conseguenza di tutto ciò è che il giovane, in una realizzazione differenziata, tende a rivalutare appartenenze considerate arcaiche o sorpassate. Oggi, in altri termini, il giovane può rivalutare, ad esempio, l'appartenenza alla famiglia, a patto che questa non si proponga come totalizzante e proprio perché ha molteplici altri campi di appartenenza. L'ambito familiare diventa così un'appartenenza tra le tante, che risponde a funzioni che altri ambienti non assolvono. Ma senza la permanenza in altri ambienti, in altre appartenenze, quella familiare verrebbe percepita dal giovane come ristretta, come non rispondente a far fronte alle sue esigenze, alle sue istanze.
C'è poi una ragione esterna alla base del pluralismo di appartenenze, di ambienti, di spazi di realizzazione. In una società dove non ci sono mete largamente condivise, dove non c'è un'identità collettiva, dove è allargato il senso di precarietà circa gli obiettivi e gli indirizzi comunitari, la possibilità di fare molte esperienze, di moltiplicare le appartenenze, diventa un modo in cui si determina il consenso sociale. Nelle diverse opportunità, nella molteplicità delle chanches, nella vasta gamma di possibilità... i soggetti possono trovare occasioni di appagamento, momenti in cui si sentono protagonisti, risposte a problemi di realizzazione immediata delle proprie esigenze e della propria ricerca di senso.
La situazione di differenziazione sociale può così diventare un momento di incontro tra sistema sociale e individui che ad esso appartengono. La molteplice possibilità di realizzazione invischia i soggetti in un'ottica di appagamento immediato e li distoglie dal porsi problemi di senso ultimo.
Questa situazione di molteplicità delle appartenenze abilita i giovani ad una realizzazione differenziata. Considerando che ogni ambito di realizzazione, ogni momento della vita quotidiana, ha una sua plausibilità, appare interessante per la propria realizzazione, reca un apporto positivo al proprio modo di vivere, il giovane sembra più incline a realizzarsi in termini differenziati che unitari.
La pluralità delle condizioni
Un altro aspetto della differenziazione è dato dalle diverse condizioni che il giovane assume nella società.
La letteratura classica considera in genere la gioventù come una condizione univoca, caratterizzata da un tratto prevalente. Il giovane sarebbe in attesa dell'ingresso nella società, la giovinezza un momento preparatorio, in cui i soggetti acquisiscono gli atteggiamenti di fondo e i contenuti adeguati al loro inserimento sociale. L'educazione avrebbe in questo caso una funzione propedeutica ai valori sociali.
Quest'immagine di unitarietà, di tensione univoca verso lo status adulto, verso l'autonomia di vita, verso l'emancipazione... appare per certi versi contraddetta dai fatti attuali. Ciò non significa che gli attuali giovani non mirino all'inserimento sociale o che non finiranno - di fatto - con l'inserirsi nella società. Ma che mentre sono in questa condizione di attesa, nel momento in cui acquisiscono capacità e atteggiamenti, essi possono vivere altre condizioni già all'insegna della stabilità.
La casistica in questo caso appare assai varia.
Lo studente - soprattutto degli istituti tecnici - che compone il suo studio con alcuni impegni lavorativi (e il fenomeno è più ampio di quanto si pensi); il giovane iscritto alle liste di disoccupazione che svolge due-tre lavoretti part-time; il giovane che dipende economicamente dalla famiglia e che risulta invece autonomo nel gruppo di amici, nella concezione della realtà, nel campo dei consumi; il giovane che non ha una piena autonomia di vita, ma che è del tutto autonomo nel gestire la propria sessualità; il giovane apprendista che è dipendente nel suo inserimento lavorativo, ma che è autonomo nel consumo... questi sono soltanto alcuni esempi di come il giovane, nel momento in cui tende all'autonomia (a superare la condizione della dipendenza), faccia già esperienza della stabilità.
Anche in questo caso il modello di realizzazione della condizione giovanile appare differenziato.
Nel momento stesso in cui il giovane risulta dipendente, non appare autonomo a tutti gli effetti, egli già sperimenta in molti campi l'autonomia di vita. La condizione giovanile attuale non sembra pertanto definirsi solo in rapporto all'inserimento nella società adulta. Essa, in altri termini, non fa dipendere la sua identità dalla tensione univoca verso lo status adulto, verso l'autonomia di vita a tutti gli effetti, verso l'emancipazione totale.
L'affacciarsi al mondo adulto non è per il giovane una ragione del vivere. Nella molteplicità di opportunità che ha a disposizione il giovane ricerca e sperimenta la sua identità, prova le sue capacità, cumula capacità differenziate.
Chi sta inserendosi nel mondo adulto, chi sta raggiungendo l'autonomia di vita è pertanto un soggetto abituato alla sperimentazione, che ha già maturato l'autonomia in vari campi anche quando la sua condizione «ufficiale» era di dipendenza, anche nel momento in cui non poteva godere di un'autonomia a tutti gli effetti.
La pluralità dei modelli culturali
Un altro campo in cui il giovane fa esperienza della differenziazione sociale è quello dei punti di riferimento, dei sistemi di valore e di significato.
L'attuale sistema sociale esprime un largo ventaglio di agenzie di significato che si propongono come totalizzanti, che si presentano cioè ai soggetti in grado di rispondere al problema del senso, di avviare a soluzione le proprie contraddizioni.
Nella sua vita quotidiana il giovane incontra molteplici proposte culturali a seconda dei diversi ambienti in cui egli è inserito, a seconda delle diverse appartenenze, a seconda delle diverse relazioni e interazioni che instaura.
In una stessa giornata, al mattino a scuola può aver a che fare con un insegnante libertario, che pretende poco in virtù di una strana concezione di democrazia; in famiglia può invece respirare un clima di autoritarismo, nel quale la riaffermata centralità del ruolo dei genitori può coprire la scarsa capacità dei membri della famiglia di ridefinirsi alla luce delle mutate circostanze; al pomeriggio invece può far parte di un gruppo di amici in cui prevale una tensione solidaristica e comunitaria...
Anche all'interno di una stessa istituzione egli viene in contatto con modelli di riferimento culturali diversi e antagonisti. La scuola, il mondo del lavoro, la stessa famiglia, Io stesso gruppo dei pari... rappresentano ambienti in cui si può trovare -da un punto di vista di riferimenti culturali, dei modelli etici - di tutto e il contrario di tutto, in un paniere di diversi orizzonti culturali e di significato che danno ragione della complessità e della differenziazione normativa della società.
Modelli di autorealizzazione sperimentati dai giovani
Così, a fianco di chi organizza la propria vita in termini tradizionali, attorno ai valori tradizionali della famiglia e del lavoro, i giovani da un lato incontrano modelli di vita -prevalentemente negli adulti, nei genitori - organizzati intorno ad ideali tradizionali considerati validi per se stessa, indipendentemente dal riscontro che possono avere nelle concrete situazioni di vita: la fedeltà per la fedeltà; il lavoro per il lavoro; la famiglia per la famiglia. È il modello dei padri.
In questi casi i princìpi sembrano valere per se stessi; vengono messi al primo posto; appaiono irriducibili alle circostanze, alle singole situazioni.
In opposto a questo modello essi inoltre intravvedono quello di chi ha messo se stesso, la propria persona e realizzazione, al di sopra delle norme, di chi cioè valuta la bontà di un'idea, di una norma, della possibilità che essa ha di rispondere immediatamente ai problemi personali, alla propria situazione. È il modello libertario che pone l'uomo al centro della realtà e dei criteri di riferimento.
Sul mercato dei significati i giovani posson poi incontrare il modello dell'apparenza, proprio di chi più che porre una ricerca di senso alla base della propria vita non fa altro che riproporre il modello del successo, della soddisfazione formale, della realizzazione apparente.
Ancora, i giovani possono incontrare sulla propria strada modelli a forte tensione etica, indipendentemente dal tipo di ispirazione - o politica, o religiosa o sociale - che li informa. Si tratta del modello che considera la realizzazione di sé non disgiunta da una realizzazione comunitaria; un orientamento questo che spinge i soggetti ad impegni concreti per realizzare condizioni unitariamente significative anche al di fuori del gruppo primario della propria famiglia.
Non sono questi che alcuni dei modelli -prevalenti- di realizzazione personale di cui i giovani fanno esperienza nelle loro relazioni, contatti, esposizioni nel sociale, appartenenze.
L'atteggiamento verso i modelli
Qual è l'atteggiamento dei giovani nei confronti di questi diversi modelli culturali?
Questi modelli appaiono al giovane plausibili per quelli che li incarnano, li vivono. Essi infatti sono espressione di diversi contesti sociali, di diversi stadi di evoluzione della società, di diversa sensibilità in rapporto a particolari condizioni di formazione della personalità.
Inoltre da alcuni modelli essi hanno tratto vantaggi, mentre nei confronti di altri possono sentirsi attratti. Però nonostante che essi giustifichino la loro plausibilità sociale, nonostante che scoprano delle affinità verso alcuni, nonostante abbiano tratto vantaggi da altri, i giovani avvertono una situazione di diversità della loro condizione rispetto a questi modelli.
Nel caso del modello dei padri la diversità è evidente. Pur potendo godere dei vantaggi derivati dal modello realizzato dai padri centrato sui valori tradizionali del lavoro e della famiglia, sulla fedeltà ai valori e alle norme come dati assoluti, i giovani non fanno più esperienza di quella consequenzialità fini-risultati che ha portato i padri a identificarsi con la società, a difendere la stabilità del sistema sociale proprio perché in tal modo essi difendevano anche la posizione sociale acquisita, lo status raggiunto per sé e per la famiglia.
Rispetto al modello caratterizzato da una tensione etica comunitaria, collettiva, i giovani possono avvertire affinità ideali ma non rispondenza alle condizioni attuali. I giovani, in altri termini, non fanno esperienza nel momento attuale di quelle condizioni che hanno prodotto - nel recente passato - la tensione sociale, politica e religiosa.
Inoltre, pur apparendo affini al modello libertario, essi hanno la coscienza dei limiti intersoggettivi e di piccolo gruppo insiti in tale stile di vita.
L'esposizione a questi modelli culturali diversi, l'esperienza della differenziazione culturale nella società, spinge il giovane al relativismo culturale. Infatti egli avverte che non esiste un modello di vita migliore di tutti, ma che esistono nella società modelli di riferimento molteplici e per certi versi opposti.
Pur indirizzandosi prevalentemente verso il modello della realizzazione libertaria, il giovane sembra imboccare questa strada all'insegna del meno peggio o della costrittività più che della libera scelta. Il modello della realizzazione libertaria quindi come impossibilità di altre scelte.
CONDIZIONI SOGGETTIVE PER GESTIRE LA DIFFERENZIAZIONE SOCIALE
A quali condizioni «soggettive» è possibile gestire la differenziazione sociale? Quali conseguenze sugli orientamenti e sulle scelte del giovane ha questa pratica di differenziazione sociale?
Un'identità di basso profilo
L'esposizione a molteplici appartenenze, riferimenti, posizioni sociali, è sopportabile solo a condizione che il giovane non maturi una forte identità, non sia attraversato da forti idealità. Ciò significa che una condizione importante per poter vivere una realizzazione differenziata è il produrre deboli investimenti affettivi nelle varie circostanze, ambienti, situazioni in
cui è inserito, con i soggetti con cui viene a contatto.
Da questo punto di vista si potrebbe affermare che il giovane, proprio nel vivere la differenziazione, nello stare in un ambiente estremamente vario e articolato, assume un'identità a debole intensità, che gli permette di sopportare una situazione di differenziazione. Se infatti egli avesse un'idea forte alla base della sua esistenza, una elevata progettualità, un forte senso etico... si precluderebbe la possibilità di passare da un'appartenenza all'altra, da una posizione all'altra, da una condizione all'altra, dal momento che la sua progettualità funzionerebbe da filtro selettivo delle circostanze, dei rapporti, delle interazioni...
In questo caso saremmo di fronte ad un giovane in grado di contrapporsi alla complessità, in grado di dar senso unitario alla sua esposizione nel sociale. L'ipotesi è invece che il giovane non sia in grado di far fronte con le proprie risorse, o con gli aiuti - invero modesti - che gli derivano dalla famiglia e dalla scuola, a far unità nel suo sistema di relazioni sociali.
In assenza di filtri, in assenza di aiuti significativi, saremmo pertanto di fronte ad un giovane che si adegua alla situazione di differenziazione sociale, che individua una sorta di adattamento alla realtà differenziata, proprio in virtù di quel basso profilo che permette di solcare molteplici esperienze senza ridursi ad una sola, di stare in molte situazioni, senza confinare la propria vita in orizzonti parziali e ristretti, nella pratica quindi di un pluralismo di appartenenza e di riferimenti.
Flessibilità
Un'altra condizione che rende possibile da parte del giovane l'esperienza della differenziazione sociale è il carattere della flessibilità.
La rigidità è propria di chi fa esperienze fortemente significative, di chi si espone a forti convinzioni, di chi nella propria vita ha incontrato persone, ha avuto occasione, è stato in circostanze... che gli hanno posto degli aut-aut, di chi cioè è cresciuto nell'ottica delle opposizioni.
La flessibilità invece è propria di chi è costretto nel corso della stessa giornata, in un particolare periodo, all'interno di un determinato ambiente, a cambiare atteggiamenti, posizioni, condizioni, in rapporto alle diverse opportunità che ha a disposizione, ai diversi soggetti con cui ha a che fare, di chi cioè ricerca realizzazioni differenziate.
Un atteggiamento strumentale più che di identificazione affettiva
Il discorso sull'identità necessaria per sopravvivere in una situazione di forte complessità e differenziazione richiama un altro aspetto con questo correlato: che una vita differenziata sia possibile solo a condizione che i soggetti assumano prevalentemente un atteggiamento strumentale nei confronti delle varie opportunità, più che identificarsi in senso forte, di volta in volta, in ognuna di esse.
Di fronte alle molte opportunità, alle diverse condizioni e posizioni, il giovane tende a non vivere pienamente identificato. Infatti l'investimento affettivo in esse comporterebbe un forte trauma nei casi di distacco, una dolorosa lacerazione nel caso di separazione. Lo stare in un contesto differenziato esige da parte del giovane un atteggiamento più pragmatico, proprio di chi nelle varie circostanze è portato più a ricercare lo sfruttamento razionale e sistematico - pur a diversi livelli di coscienza - delle migliori opportunità per costruire la propria identità o per tendere alla propria realizzazione, che non a fare di esse un momento di identificazione affettiva. Questa prospettiva ci spiega in qualche modo perché i giovani non si identifichino pienamente con i vari ambiti, spazi, istituzioni, gruppi in cui sono inseriti, a cui si affacciano. Essi infatti possono stare in famiglia, e per certi versi rivalutarla in termini affettivi ed economici, senza per questo identificarsi con i suoi valori di fondo, senza riconoscersi nei valori dei genitori. Essi possono inoltre rivalutare il lavoro, per necessità economica e per esigenza di realizzarsi umanamente anche attraverso questo aspetto, senza per questo identificarsi nel valore lavoro.
In altri termini, essi possono occupare molte posizioni, stare in molti ambienti, vivere molte condizioni... senza necessariamente identificarsi con alcune di esse, senza fare nei confronti di esse investimenti fortemente affettivi, senza cioè attribuire ad esse un senso totalizzante.
Le opportunità, le occasioni, le possibilità... rappresentano altrettante tappe di un percorso, di un itinerario, di un cammino, che appare esso solo significativo e totalizzante. E il percorso della realizzazione personale, della soddisfazione dei bisogni, della risposta alle proprie esigenze e necessità.
Il principio dell'autorealizzazione
Quanto detto ci porta al cuore del problema di come possa oggi un giovane affacciarsi ad ambienti diversi, fare molte esperienze, praticare la differenziazione... senza entrare in forte crisi di identità, senza perdere un certo qual equilibrio, senza esplodere. Certo abbiamo a che fare con un equilibrio precario; con un'identità a debole intensità, a corto respiro, a piccolo cabotaggio... Però di fatto anche se precario e contingente, anche se fragile e fioco, pur sempre di equilibrio, pur sempre di stabilità, si tratta.
Da questo punto di vista sembra verificarsi una strana corrispondenza tra questi soggetti e l'attuale sistema sociale: sia i giovani che il sistema sociale sembrano poter raggiungere soltanto un'identità di basso profilo, un equilibrio instabile, precario. E forse la sola condizione di stabilità che sembra potersi produrre sia nei soggetti che nel sistema di una società complessa.
L'equilibrio, l'identità, dei giovani si fonda sulla centralità dell'autorealizzazione. Ciò significa che l'obiettivo primario a cui il giovane tende, la sua ricerca, è di condizioni umanamente soddisfacenti per la propria vita, è di soluzione per i propri problemi, è di appagamento dei propri bisogni ed esigenze.
È questo il solo percorso che risulta per lui significativo e totalizzante. Tutto il resto, le appartenenze, le opportunità, le occasioni... passano, ma è questa ricerca di senso, in qualche modo di unitarietà, che rimane.
Per questa ricerca di senso il giovane può anche risultare eclettico, pragmatico, può anche maturare atteggiamenti strumentali, può anche esporsi alla dissociazione o alla contradditorietà...
Di fatto però attraverso le varie esperienze è possibile intravvedere un senso unitario, anche se molto embrionale, anche se la sua unitarietà sembra contraddetta dalle manifestazioni a cui dà adito.
Tutto ciò significa da un lato che il giovane non ha obiettivi, mire, più rilevanti, più impellenti di questa: e dall'altro lato che l'autorealizzazione, come centro unificante, è la condizione che permette al giovane di stare in molti ambienti, di vivere in modo differenziato, di avere molteplici e per certi versi contraddittori punti e modelli di riferimento, di occupare molteplici posizioni sociali.
In altri termini l'autorealizzazione appare congruente con un processo di differenziazione sociale.
CARATTERISTICHE DELLA MORALE NEI GIOVANI
Ho dedicato molta parte di questo contributo all'analisi e all'interpretazione dell'attuale condizione giovanile perché il quadro morale non sembra distaccarsi da questa situazione, non sembra essere estraneo ai tratti sin qui evidenziati.
L'aver individuato nel primato attribuito alla sperimentazione, nella centralità di una realizzazione differenziata, nella prospettiva immediata e soggettiva dell'auto-realizzazione, il carattere specifico dell'attuale condizione giovanile, ci offre adesso alcuni spunti per evidenziare il modo in cui il giovane si affaccia all'etica e considera il dato etico. In altri termini, sembra ora possibile individuare i criteri che stanno alla base dei comportamenti dei giovani, il nucleo di valori attorno ai quali i giovani costruiscono - di fatto - i loro modelli di comportamento, il loro stile di vita, le loro pratiche quotidiane.
La morale del relativismo. La morale del non assoluto
Il primo dato che emerge, da quanto detto, è che il giovane, nei suoi comportamenti, esprime un atteggiamento di forte relativismo. In altri termini, egli tende a riconoscere che non esiste una morale universalmente valida per un soggetto, in grado di informare tutte le situazioni della propria vita, di dare ad essa coerenza ed unitarietà. Più in generale, accettare il relativismo nel campo morale significa riconoscere che per la propria realizzazione non è necessario tendere all'unitarietà dei comportamenti, delle azioni, delle pratiche di vita.
In discussione il concetto di norma
In questa linea sembra prevalere nel campo morale una situazione di frammentarietà, propria di chi non si preoccupa di individuare nella propria esistenza, un filo conduttore unitario, dal momento che l'obiettivo che si pone è quello dell'autorealizzazione, non quello della congruenza dei comportamenti.
Ciò che quindi oggi viene particolarmente messo in discussione dal giovane è il concetto di dato morale, di norma morale, come di una realtà per certi versi oggettiva, esterna alla coscienza, in grado di dare senso, significato, a tutta l'esperienza.
L'idea di norma implica, richiama al confronto con un dato, con una realtà. Nel dato morale, assegnando un senso alla vita o maturando un'idea di bene come assoluto, norma è la via da seguire per vivere sensatamente, significativamente. Un comportamento allora è buono o cattivo in assoluto, e in rapporto a questo dato, a questa norma, a questo imperativo, si può valutare, confrontare, giudicare, il proprio comportamento.
Da quanto detto emerge che oggi - tra i giovani - è in crisi proprio questo dato normativo, questa definizione della morale come assoluto. Essi, in altri termini, rischiano di far coincidere il dato morale con le libere decisioni che prendono nelle condizioni in cui vivono, nelle varie circostanze.
La morale del significato qui-ora
Con ciò non si intende affermare che i giovani oggi rifiutino i principi morali o che evidenzino - di fatto - un modo istintuale di vivere e di porsi nel sociale. I giovani non rinunciano alla progettualità, ad organizzare la propria esistenza attorno ad alcune idee e valori, a far ordine nella propria vita quotidiana.
Per lo meno come tensione, i giovani sono alla ricerca di rapporti umanamente gratificanti, di spazi e momenti vivibili e significativi per la loro esistenza. Nel presente momento storico essi ricercano nel piccolo gruppo di amici, nelle relazioni interpersonali, nelle piccole pieghe della vita quotidiana, una risposta a quel problema del significato che sembra irrisolvibile a livello dei macro-sistemi, delle ideologie, delle idealità sociali e politiche.
Più che il rifiuto di principi morali, i giovani sembrano prevalentemente negare una morale assoluta, in quanto fanno fronte al problema della realizzazione personale in termini fortemente soggettivi, determinando autonomamente ciò che è bene e ciò che è male.
In tal modo essi rispecchiano una prospettiva propria della cultura radicale, che assume come criterio ultimo di giudizio il soddisfacimento delle aspettative del soggetto a cominciare da quelle sensibili. Il metro di giudizio è l'esperienza, la prassi, la possibilità effettiva di raggiungere il piacere e di fuggire il dolore, la ricerca della soddisfazione e della propria affermazione personale.
Si tratta di un'istanza caratterizzata da forte soggettività, in quanto la prospettiva della soddisfazione individuale più che dipendere da un bene collettivo, viene per lo più considerata come obiettivo valido in se stesso e da ottenere in termini immediati.
In altri termini si considera morale ciò che è significativo qui-ora. Ma non sempre ciò che si percepisce come significativo soggettivamente ha anche valore assoluto.
La morale della non tensione
Molti comportamenti e atteggiamenti dei giovani sembrano già avere un valore per sé, presentano un senso finito, non si inseriscono in un quadro di progettualità ampia, non fanno parte di un disegno di forte tensione, non richiamano a realtà più ampie. I giovani, in altri termini, nel ricercare un appagamento alle proprie esigenze, risultano refrattari nei confronti di prospettive non immediatamente riportabili ai problemi della propria realizzazione personale, presentano un atteggiamento di sufficienza proprio di chi ricerca autonomamente una soluzione ai propri problemi, non si sollevano dalla prospettiva della propria situazione e soddisfazione.
L'esperienza del disincanto e la caduta di tensione
Questa chiusura a riccio dei giovani nella propria condizione e nelle proprie prospettive viene rilevata da molti adulti che hanno rapporti quotidiani con i giovani. I giovani d'oggi risultano difficili da smuovere, da interessare, da mobilitare. Inseriti su una strada autonoma, essi risultano indifferenti nei confronti di molti messaggi che vengono loro inviati, verso molti problemi che li riguardano e che li circondano. Più che di insensibilità si potrebbe parlare di disincanto nei confronti di molte prospettive sociali, di riluttanza ad abbracciare strade e percorsi che possono apparire velleitari, di forte senso del condizionamento sociale e dell'impotenza individuale.
Stiamo disegnando una condizione giovanile non attraversata da forte tensione, o che esprime per lo più una tensione alla realizzazione secondo una prospettiva autonoma e secondo criteri interni.
In altri termini, sembra attenuarsi nei giovani la tensione, la dialettica, l'interazione tra norma e comportamento, tra dover essere ed essere, tra progetto e realtà, tra finitezza e finito, tra mistero e problema, tra l'inesprimibile e ciò che si può esprimere.
Particolari circostanze e condizioni possono da un lato aver favorito nei giovani un atteggiamento fortemente realista, proprio di chi considera velleitario tendere ad obiettivi che superano le proprie possibilità di realizzazione.
Dall'altro lato particolari istanze culturali appaiono affini ad un disegno di microrealizzazione del giovane, dal momento che presentano la forte progettualità e tensione, l'ampia realizzazione, come negative per il soggetto. Queste prospettive renderebbero il soggetto dipendente dall'esterno, lo reimmetterebbero in una dinamica di grandi modelli di vita che possono mortificare il quadro personale.
Un meccanismo di difesa dal rischio di scacco?
In questa linea l'appagamento, la bassa tensione, lo scarso peso dell'idealità e del dover essere sulla vita dei soggetti, possono rappresentare da parte dei giovani un meccanismo di difesa, quasi una soglia che attesta l'impossibilità di mirare ad obiettivi più impegnativi, di far fronte ai problemi della propria condizione con le sole forze personali. In altri termini, l'impossibilità di gestire i problemi che interessano la propria condizione o la propria presenza sociale, può spingere i giovani a ridurre la dialettica tra norme e comportamento, tra essere e dover essere.
Se così fosse la scarsa presenza di tensione significherebbe il riconoscimento - da parte del giovane - di una situazione di scacco. L'impossibilità di far fronte adeguatamente al problema del senso può portare i giovani a non porsi troppi problemi, a vivere aderenti alla vita quotidiana, ad accettare il ritmo del «vivere alla giornata», in una sorta di ridimensionamento delle attese che si produce in conseguenza di una situazione generalizzata di annebbiamento.
Oltre al peso del condizionamento sociale appaiono evidenti anche i rischi a cui vanno incontro i giovani nel palesare una morale caratterizzata da bassa tensione. In
tal modo infatti ci si preclude la prospettiva del rischio, dell'ascolto, non ci si lascia interpellare dagli avvenimenti e dalle circostanze.
La morale come non perfezione
L'ideale della perfezione sembra sempre più allontanarsi dalla prospettiva dei giovani d'oggi, diventare sempre più estraneo alla loro condizione. I giovani infatti fanno esperienza che è velleitario, utopico, improponibile, tendere alla perfezione. Al posto dell'ideale della perfezione prevalgono la coscienza delle «ali spezzate» e atteggiamenti realistici e pragmatici.
Di per sé l'idea della perfezione - nell'accezione di armonia, di essere più che avere, di identità - può essere, per certi versi, affine alla sensibilità giovanile. I giovani infatti risultano particolarmente attenti nel ridefinire la propria identità, nel realizzare una vita armonica, a propria misura, nella quale non vi siano esiti alienanti od obiettivi totalizzanti. Pur nel piccolo, i giovani ricercano nella vita quotidiana una realizzazione «armonica».
Di fatto però il giovane appare anche refrattario alle opzioni fondamentali, alle grandi prospettive, ad una tensione caratterizzata da forte progettualità. L'idea di programmare avendo presente il massimo raggiungibile, la concezione del progressivo e graduale miglioramento in funzione dell'optimum, l'obiettivo della perfezione... appaiono estranei all'orientamento dei giovani, troppo lontani dalle condizioni di partenza.
Inoltre particolarmente estraneo ai giovani risulta la perfezione come metodo, cioè l'insieme di regole, condizioni, atteggiamenti, in base ai quali soltanto è possibile raggiungere la perfezione o tendere ad essa. Il concetto di perfezione infatti richiama l'idea di progettualità; implica un itinerario progressivo; evoca una sorta di evoluzione (trend evolutivo) dello spirito; rimanda alla funzione di controllo morale delle regole di vita...
Più che una prospettiva della perfezione sembra prevalere nel mondo culturale delle giovani generazioni l'etica del possibile e del realizzabile, nel rispetto delle condizioni di base e delle propensioni personali.
Indeterminatezza della morale religiosa
L'indeterminatezza che sembra caratterizzare in generale la sfera morale riguarda anche la morale che si produce in rapporto ad una concezione religiosa.
In questo campo è stato osservato da molti studiosi e operatori un processo avanzato di desacralizzazione, individuabile nel fatto che i comportamenti e le scelte dei soggetti sembrano sempre più allentare i loro vincoli da un visione religiosa della realtà. Anche in questo settore l'influenza del cosmo sacro sembra attenuarsi. I soggetti ridefiniscono la loro identità, agiscono, operano scelte, si orientano... facendo sempre minor riferimento ai valori religiosi, agendo sempre più in termini autonomi, accentuando i criteri soggettivi.
La «distanza» tra giovani e morale religiosa non sembra oggi imputabile ai guasti della morale negativa, della morale dei precetti, che era parte integrante di una teologia o di un modo di trasmissione dei contenuti religiosi dominanti in un periodo storico precedente al nostro. Oggi per lo più (e le ricerche lo dimostrano) i giovani non sono a conoscenza delle affermazioni della chiesa in campo morale, come del resto della posizione di quest'istituzione su altri importanti aspetti, anche se può rimanere su questi problemi un'immagine negativa della posizione della chiesa o come alone del passato o per influenza dei massa media.
La «distanza» può essere maggiormente spiegata col fatto che oggi c'è estraneità del mondo culturale dei giovani (della loro concezione della realtà, del loro orientamento, dei criteri che informano le loro scelte) dal mondo sacro, dalle prospettive e logiche della morale religiosa, dal fondamento stesso di una morale religiosa.
Il riconoscimento dell'oggettività, il primato della dimensione normativa, la dimensione della progettualità... che appaiono elementi costitutivi della morale religiosa, risultano assai «lontani» dalla sensibilità della maggioranza dei giovani, dal
momento che essi vivono una condizione prevalentemente centrata sull'esperienza, nella quale non si dà risalto all'ordine oggettivo, in cui predomina la ricerca di significatività personale, dove si accettano aspetti che siano verificabili nella propria esistenza.
Normatività, progettualità, oggettività, possono pertanto rappresentare elementi di «estraneità» tra il mondo culturale dei giovani e la morale religiosa, elementi di un linguaggio diverso, per certi versi opposto, che non produce comunicazione e interazione.
Ciò vale non solo per la maggioranza dei giovani, ma anche per i giovani orientati «religiosamente», che vivono parte della loro socializzazione in ambienti religiosi e nei gruppi giovanili ecclesiali. Si tratta in questo caso di giovani interessati sempre più da un processo di ricerca di significatività «soggettiva» dei valori religiosi e che anche in campo morale fanno sempre più ricorso al principio di «significatività» personale per valutare la bontà di un atto, di un'esperienza, di un orientamento. Ancora, tra i soggetti orientati religiosamente appare frequente lo scollamento tra i riferimenti di fede e le scelte pratiche, in quanto queste ultime sembrano sempre meno determinate in rapporto ai valori religiosi e sempre più influenzate dalle istanze culturali emergenti.