Pietro Gianola
(NPG 1977-02-32)
EDUCAZIONE E VALORI
Esistono molti modi di intendere la persona «educata» e perciò l'educazione.
Qualcuno si ferma all'allevamento sano e funzionale, fisico e psichico, o all'adattamento socioculturale e magari produttivo a vantaggio sia della collettività, sia della persona, sia di qualche sistema controllato e manipolato dal privilegio di qualcuno.
Un modo certamente giusto e carico di dinamica metodologica è la richiesta di un rapporto strettissimo tra educazione e valori.
Non è necessario sviluppare qui una teoria dei valori a livello filosofico, psicologico, culturale, pedagogico.
Veniamo invece subito a indicare i tre momenti che si presentano per un programma educativo.
Liberazione della vitalità interiore «valida»
Ognuno di noi nascendo riceve un patrimonio genetico di vitalità fisica, psichica, spirituale che per primo chiede all'educazione e agli educatori sviluppo e maturazione.
Chiamiamo liberazione il processo realizzato pro- gressivamente nel soggetto attraverso gli stadi di crescita per cui egli avvia e perfeziona le proprie capacità di operazione fisiologica interiore, fisica esterna, mentale, affettiva, fattiva nelle diverse direzioni di attività.
Ogni soggetto è un valore. Prima, potenziale. L'educazione ha il compito di portare le possibilità all'atto. Dalla validità essenziale alla validità esistenziale. Teoricamente, per ognuno, verso il «suo» livello massimo.
Conquista di un universo personale di realtà «valide»
La prima realtà da incontrare, esplorare, riconoscere nei suoi valori reali e ideali è ancora il soggetto medesimo nella propria identità corporea, psichica, spirituale. Poi la realtà del mondo e in esso della natura e degli uomini (gli «altri»), di nuovo nella pluralità e complessità di valori ora reali (già in atto) ora ideali (al di dentro, al di là dell'attuazione attuale, eppure trasparenti come veri e provocanti per un progresso di sviluppo, di innovazione, di alternativa liberante). Per i credenti, la realtà di Dio, sulla traccia della coscienza personale, di qualche religione positiva, della rivelazione-evangelizzazione cristiana.
Sviluppo di rapporti vitali «validi» tra la vitalità interiore e la realtà oggettiva
È il momento concreto del divenire della personalità, della condotta, della vita. Nascono e si organizzano atteggiamenti, relazioni, espressioni, esperienze, comunicazioni, impegni, condotte, virtù. Ora l'educazione è completa (anche se sempre protesa a maggiori sviluppi, a maggiore perfezione). L'uomo è educato, è valido, la vita è valida, i valori sono vissuti. Dall'individuo il risultato passa nel gruppo, nella società, nella storia.
EDUCAZIONE E COMUNICAZIONE
Esiste una spinta naturale a una crescita valida, a una ricerca vasta di realtà valide, a stabilire relazioni valide con essa, in tutte le sue componenti. Ma l'uomo è l'essere meno dotato di direzione istintiva nella propria maturazione esistenziale. Altri soggetti umani già cresciuti in maniera valida, già in contatto con realtà valide, già esperti e ricchi di valori, lo devono accogliere, accompagnare, stimolare, rifornire, guidare, sostenere, magari correggere, vivendo insieme appunto l'esperienza dell'educazione.
Per educare non basta la spontaneità di sviluppo, legata alla natura. Si richiedono interventi espliciti e diretti, da parte di persone, gruppi, istituzioni.
L'educazione è comunicazione di valori. La comunicazione è educativa, se è ben preparata e ben condotta nei fini, vale a dire in tutto ciò che occorre perché le possibilità naturali trovino compimento «valido», trovino le «condizioni» di cui hanno bisogno per attuarsi validamente. Il modello della comunicazione è complesso.
Si sviluppa collegando, ( in sistema dinamico «transazionale») vitalità interna, realtà esterna naturale-umana-divina, educatori.
Notiamo, poiché è rilevante, che la «realtà» educante non si presenta in uno stato di crudezza nascente. L'umanità ha già manifestato molti suoi valori nelle culture, nelle civiltà, nella storia, nei prodotti e documenti, nei modelli di condotta e convivenza.
La realtà religiosa si presenta rivelata, incarnata, vissuta in nozioni e gesti vari di comunione Dio-uomo-Dio.
La pedagogia ha constatato nella prassi d'ogni tempo e ha definito e modellato a livello più rigoroso quattro «vie» principali di «comunicazione educativa dei valori»: l'informazione, la motivazione, la direzione, l'esperienza:
La via dell'informazione
La via dell'informazione valorizza le capacità comunicative dell'esempio, della parola, della comunicazione culturale, della lettura, della riflessione razionale, dell'osservazione e della ricerca. Mira a coltivare i valori introducendone conoscenze esatte, vere, certe, per l'assimilazione attraverso i poteri cognitivi.
La via della motivazione
La via della motivazione si preoccupa direttamente di comunicare a livello di decisione. Utilizza perciò mezzi di persuasione sia negativa che positiva. Persuade, ammonisce, incita, comanda e proibisce, premia e castiga, promette. Usa della stessa conoscenza dei valori per evidenziarne appunto l'aspetto dinamico attraente oggettivo (dovere) e soggettivo (interesse, gratificazione, perfezione).
La via della direzione
La via della direzione si preoccupa di guidare individualmente ogni soggetto sulla via della conoscenza e della motivazione. Usa perciò il colloquio personale, il consiglio, la ricerca individualizzata, la considerazione analitica degli elementi di giudizio sia teorico che decisionale e operativo.
La via dell'esperienza
La via dell'esperienza (educativa, perché intenzionale rispetto all'incontro e alla attuazione dei valori) impegna il soggetto (o i soggetti) nella globalità delle funzioni conoscitive, affettivo-motivazionali, elettive, operative, in rapporto ai valori concretamente vissuti in situazioni «reali» cariche di potenza «comunicativa», comunque questa si manifesti e si attualizzi.
Come vanno oggi le cose?
Ora in pedagogia troviamo squilibri e equilibri, livellamenti e accentuazioni. Abbiamo educazioni intellettualistico-culturali, volontaristiche, direttive, attivistiche. Abbiamo educatori-maestri, educatori-persuasori, educatori-pastori, educatori-animatori.
Che la società e l'educazione oggi siano in crisi, nessun dubbio. Si tratta di crisi oggettiva: cioè crisi di valori (modelli di maturazione, tagli d'accostamento della realtà, atteggiamenti e condotte di vita). Ma anche di crisi pedagogica: cioè crisi dei mezzi e metodi della «comunicazione educativa» anche da parte di chi crede di possedere qualche valore o di fatto li possiede. Gli educatori però oggi si dividono soprattutto su questo punto critico: educare significa possedere esperienze valide da trasmettere o invece coinvolgere nella partecipazione, ampia e dinamica, ad esperienze vissute assieme? Una cosa, comunque, è pacifica: vale la pena di dare più forte rilievo alla via dell'esperienza.
ESPERIENZA EDUCATIVA
La realtà della vita dell'uomo e dei giovani (in modo ancor più accentuato) è un'esperienza di sé, dell'altro, degli altri, di Dio, frantumata in un susseguirsi d'esperienze molteplici, diverse, complesse, successive, progressive.
Il fine ultimo cui tende la formazione non è un quadro di conoscenze, un ordine di affettività emotiva e razionale, un sistema di scelte. È la maturità dell'esperienza globale; è cioè la convergenza unitaria di conoscenza, sentimenti e volontà, scelte, atteggiamenti e condotte: della vita intera vissuta in un rapporto valido con realtà valide.
Perciò l'esperienza è insieme oggetto, soggetto, luogo, scopo dell'educazione, perciò anche mezzo privilegiato di essa ogni volta che è vissuta in «condizioni educative».
L'esperienza come viene intesa qui coincide solo inizialmente con gli accadimenti della vita vissuti dentro di sé o in relazione a realtà e vicende esterne. Già questi ha un peso «educativo» (in senso largo) che oggi si tende a considerare e perfino a valorizzare sempre con maggiore impegno, quanto più rappresentano un avvenimento vissuto dal soggetto con profondo e globale coinvolgimento psicologico-spirituale.
L'esperienza però diventa «educativa» in senso stretto e positivo quando alla globalità e all'intensità vitale aggiunge queste tre note:
a) è nei suoi contenuti carica di valori formativi,
b) è in grado di esprimerli con validità formativa,
c) è effettivamente vissuta con modalità formative.
Una comunicazione esclusivamente o eccessivamente conoscitiva rivela presto i suoi limiti. Per lo sviluppo d'una vita e d'una condotta umana il momento della conoscenza è indispensabile. Rivela però la sua inefficienza quando non supera il puro gioco trasmissorio concettuale e non traduce la consapevolezza razionale della realtà e dei suoi valori in una condizione di «presenza» personale ed esperienziale della realtà e dei valori.
I limiti della comunicazione conoscitiva concettuale si manifestano in modo evidente quando la «comunicazione educativa» riguarda realtà e valori esistenziali, conoscibili e assumibili nella loro più vera autenticità e pienezza solo vivendoli. Si pensi alla coscienza di sé, alla coscienza di vivere, ai sentimenti e atteggiamenti riguardanti stati d'animo, alle relazioni con gli altri come l'amore o l'amicizia, la stima, la fiducia, alle espressioni della vita religiosa, come i rapporti di fede con Dio, con Cristo, con lo Spirito, con i fratelli, i processi vocazionali, ecc.
In genere si pensa al valore educativo delle esperienze positive. Non è detto però che in determinate condizioni anche esperienze negative, riassorbite entro un più complesso giuoco conflittuale e dialettico interiore, non possano tradursi in preziose fonti formative.
Alcune esperienze sono ben determinate nel tempo e nei modi. Ma è notevole e realistico anche il significato e il valore di esperienze più complesse, più prolungate, più articolate, magari anche attraverso contrasti, lotta, discontinuità, tentativi, prove, crolli, riprese, vissute a lungo in stato di conflitto interiore.
Spesso inducono al cambio anche profondo specialmente esperienze nuove, urtanti, aperte, interpellanti per una presa di posizione responsabile, problematiche, situazioni limite, situazioni «critiche» tali cioè da costituire per il soggetto in crescita momenti di decisiva scelta e d'impegno.
CONDIZIONI DI VALIDITÀ EDUCATIVA
Le condizioni per fare di una esperienza un fatto educativo valido risultano da almeno tre ordini di condizioni: nei contenuti dell'esperienza, nel soggetto che vive l'esperienza, nella mediazione educativa dell'esperienza.
I contenuti dell'esperienza
Qualcuno ha detto che non esiste un grande pensiero se non a condizione di essere pensiero di una cosa grande.
Evidentemente non si tratta di grandezza quantitativa. Si intende alludere alla grandezza qualitativa consistente nella carica di bene, di perfezione, di pienezza naturale, umana, divina. %simile grandezza della natura sta tanto nell'atomo che nell'universo, nella cellula come nell'organismo e nell'insieme della storia della vita, nella vita d'un uomo come nel flusso delle generazioni.
La grandezzadell'uomo .che s'incontra in sé o negli altri affonda dalla superficie verso le misteriose profondità infinite già nella vita corporea, più ancora nella vita mentale e spirituale, attorno al valore della coscienza libera e responsabile, degli atti e degli stati della vita affettiva e volitiva, delle abilità operative d'ogni genere. È grandezza che si può esprimere nei problemi e nelle soluzioni, nella ricerca e nei prodotti espressivi della cultura e della civiltà, della vita e della convivenza. È grandezza che si ritrova nel dolore e nella gioia, nella oppressione non subita e nella libertà, nella pace e nella lotta, nella scienza, nella tecnica, nel lavoro, nell'amore, nella società e nella storia. È grandezza di «dignità» umana, presente perciò tanto negli atti, nei gesti, nei ruoli rilevanti per gli altri come nei limiti dell'interiorità, del quotidiano, del personale.
La grandezza di Dio per lo più a noi sfugge e resta nascosta nel mistero intimo della sua vita. Però Dio ha parlato agli uomini e s'è in certo modo fatto conoscere e riconoscere nella coscienza, nella natura, nella storia. La grandezza di Dio (vita, pensiero, amore, potenza, bontà, comunione intima e protesa all'esterno) si è rivelata e ha preso carne in Cristo, nell'insieme dell'evento di Cristo, in ciò che Lui è stato, ha iniziato, ha comunicato a noi per l'attuazione nella storia. Uomo-Dio, anche la sua grandezza, il suo dono, il suo progetto sono insieme umani e divini. La realtà è piena di bene e di valore, anche negli stati germinali e perfino conflittuali.
Il primo ordine di condizioni che fa l'esperienza educativa, consiste nel fatto che sia esperienza valida, ricca, potente, provocante per i suoi contenuti. Non in senso nominalistico, ma in senso effettivo, autentico, cioè proprio evidenziando gli aspetti di validità, ricchezza, potenza comunicativa.
Di che è fatta l'esperienza di troppi uomini d'oggi? Che cosa incontrano di sé, degli altri, di Dio? Com'è costruito il loro universo personale di appartenenza, attenzione, intenzione, attrattiva, assorbimento? Che si legge? Che si vive?
I soggetti dell'esperienza
La realtà valida deve essere vissuta in modo valido. Qui entra in giuoco il soggetto che può condizionare l'efficacia educativa. Anzitutto proprio da lui spesso dipende la selezione degli stessi contenuti. Non tanto la selezione materiale, quanto la selezione di ciò che viene percepito, evidenziato, veramente vissuto, apprezzato, scelto, interiorizzato. Il soggetto fa da griglia all'andamento della propria esperienza. In pratica esiste una scala di situazioni soggettive di apertura, di sensibilità, di partecipazione affettiva, di disponibilità alle provocazioni, di volontà di dialogo.
L'apertura ai valori richiede una intelligenza disponibile a percezioni vaste e profonde, tesa alla verità autentica e totale, essenziale, sospinta da motivazioni affettive e razionali ben definite e soprattutto esigenti (quasi incontentabili, insaziabili di auto-realizzazione e di incontro e comunione con le realtà e le loro vicende).
Decisiva è anche la profondità e la totalità di risonanza interiore, l'intensità della partecipazione. La nuova esperienza deve originare una vasta e profonda evocazione di bisogni vitali, di interessi esistenziali, di attese e domande, di disponibilità e espressioni, spesso fino a provocare rimesse in gioco estensivo e riorganizzativo degli universi conoscitivi, dei quadri e degli orientamenti affettivi, morali, sociali, religiosi, dei progetti e dei piani di vita, dei modelli di condotta, delle reti relazionali.
Alla validità oggettiva dei contenuti deve corrispondere nel soggetto vastità e profondità di valorizzazione soggettiva.
La mediazione dell'esperienza
La comunicazione educativa soggetto-valori ha luogo con la mediazione dell'educatore (società educante, istituzioni, gruppi, singoli), informando, persuadendo, dirigendo, garantendo esperienze educative, dando il proprio contributo alla validità ed efficienza educativa delle esperienze.
L'educatore opera in tre fasi.
1. In fase preparatoria la sua funzione consiste nel predisporre interventi e condizioni per cui il fatto esperienziale risulti quanto più possibile carico di contenuti e messaggi provocanti, comunicanti beni e valori veri, stimoli, processi di crescita, di arricchimento, di maturazione, risulti quanto meglio possibile adatto per essere «vissuto» dal soggetto (dai soggetti) con giusta dinamica; il soggetto sperimentante sia quanto più e meglio possibile disponibile all'esperienza in condizioni educative; i diversi operatori agenti, gli strumenti, i mezzi, i procedimenti svolgano le diverse fuzioni che sono da loro richieste.
2. In fase esecutiva dipende molto dall'educatore che l'esperienza abbia luogo in modo corretto, sia secondo il programma stabilito, sia con gli adattamenti e gli interventi dinamici che sono richiesti.
3. In fase successiva (esiste quasi sempre) deve curare che l'esperienza venga valorizzata al di là della sua attuazione immediata e spesso carica di globalità, di densità, di possibilità e validità non chiaramente percepite, giudicate, assunte, perciò non sfruttata in tutta la sua effettiva carica educante.
La funzione mediatrice dell'educatore non è sempre uguale in intensità, qualificazione, funzione direttiva, stile metodologico.
Essa dipende dalla maturità dei soggetti (oggi si afferma 'l'istanza del massimo spazio all'autoeducazione personale o di gruppo), dalla difficoltà di preparazione e conduzione educativa dell'esperienza, dalla natura medesima di essa e dai ruoli che ne conseguono per giovani e adulti, per i diversi partecipanti con funzioni complementari, ma differenti. Ogni volta che è possibile l'animazione è preferibile alla direzione.
Pur riconoscendo ai giovani una grande capacità inventiva di nuove esperienze in tutti i campi, di conduzione valida e formativa di esse, rimane alle comunità adulte il compito di fornire da parte loro, per meglio svilupparle insieme, esperienze umanamente e cristianamente valide in ogni settore della vita, apportandovi contributi di diversa qualità, ma appunto per questo con sicuro mutuo arricchimento.
Spesso gli adulti giuocano nell'esperienza dei giovani ruoli direttamente attivi: insegnanti di scuola, genitori in famiglia, animatori di gruppo, responsabili di esperienze di fede, organizzatori della vita di comunità, ecc. In questi casi la responsabilità è grande e spesso decisiva. Molto si può attribuire alla spontaneità, alla fedeltà alle migliori norme. Molto segue solo la personale maturità, la grande duttilità d'adattamento dinamico, la capacità di gestire insieme sia i contenuti vissuti, sia gli strumenti tecnici e metodologici della comunicazione, sia il giuoco sempre fluido dei ritmi, degli accenti, delle sfumature, delle effettive risonanze, delle stanchezze, dei dubbi, degli esiti educativi che si avviano e che si sviluppano, che seguono l'esperienza.
VANTAGGI E LIMITI
L'esperienza vissuta ha un grande valore di comprensione vera quando la «cosa» da comprendere non è più solo un concetto, un'idea, ma è una realtà, un atteggiamento esistenziale, un sentimento spirituale, una relazione interpersonale, un impegno personale.
Ha valore motivazionale per l'adesione profonda, affettiva e volitiva, perché è già un entrare dentro la realtà vissuta sperimentandone con pienezza e profondità di risonanza e impegno la validità oggettiva e soggettiva.
Ha valore associante quando è vissuta in gruppo, quando è preparata, attuata, sviluppata in collaborazione articolata, con conseguenze di «rinforzo», di «moltiplicazione», di «conferma». Ha valore attivizzante perché impegna largamente la vitalità nei suoi diversi aspetti dinamici, perché costituisce un precedente che carica i soggetti di tensioni contenutistiche, problematiche, operative, consequenziali adatte a sviluppare successivi atti di riflessione, comprensione, indagine, crescita.
Proposte per un intervento educante
Come «lavorare» educativamente con le esperienze? Ci sono due ipotesi.
Si può partire da una esperienza, interessante e facilmente comprensibile. Su questa esperienza incomincia un processo di interiorizzazione, per comprenderla e maturarla nella pienezza dei suoi valori.
Oppure si può partire da una comunicazione verbale, di tipo concettuale-culturale. Questa comunicazione viene poi verificata in una esperienza vissuta. Si ritorna poi alla riflessione, in una spirale crescente di riflessione-azione.
I limiti dell'educazione mediante esperienze
I pericoli della via dell'esperienza, e quindi quasi sempre i suoi limiti, sono la facilità della,captazione emotiva momentanea, dell'adesione emotiva superficiale, con scarsa penetrazione comprensiva della oggettiva realtà, della vastità, dell'esigenza dei valori contenuti nell'esperienza vissuta. Al pericolo di una carenza «esperienziale» si contrappone in alcuni metodi e in alcune prassi educative una carenza non meno grave di carenza «culturale».
Esiste il pericolo di ricadere nella dispersione abitudinaria, quando l'esperienza manca di forza «tematica», non possiede la tensione per essere e restare sempre solo un primo o successivo approccio a realtà dotate d'immensa ricchezza, perciò invitanti allo sviluppo, alla creatività, alla variazione, ma ancor più all'approfondimento, alla liberazione di sempre ulteriori validità d'ogni genere (di contenuto, di dono, di coerenza consequenziale).
È reale il pericolo dell'attivismo, dell'impressionismo, della esteriorità, della teatralità, dell'«illusione collettiva» troppo bramosa di gratificazione e di autocompiacimento.
Si può riscontrare qualche volta una prevalenza delle mozioni affettive emotive e suggestive, sproporzionate rispetto alla povertà dei contenuti effettivi.
C'è il pericolo dell'atomizzazione delle esperienze, con il risultato di mancanza di unificazione costruttiva, cioè di vera educazione del soggetto e del gruppo. Ciò accade quando si accentua un genere di esperienza connaturale senza un giusto equilibrio generale, o quando non si rispetta la giusta gerarchia.
Si notano anche casi di discontinuità: esperienze forti sono seguite da sciatterie, magari con periodiche riprese più fortunate. Ci si può chiudere nell'isolamento di esperienze singole legate a luoghi, persone, tempi, circostanze, senza creare un vero progetto valido reale globale.