Franco Garelli
(NPG 1977-03-8)
Da alcuni mesi i giornali e i settimanali di tutta Italia affrontano un tema che sembra riguardare la maggioranza dei giovani, evidenziando la sempre più accentuata marginalità del giovane rispetto alle istituzioni esistenti, il crescente disinteresse rispetto alla partecipazione sociale e politica, l'emergere di una «moda» o di una «scelta chiara» di disimpegno e di rifugio in un'ottica individuale. E il fenomeno appare di una entità così rilevante da «preoccupare» le forze sociali e politiche più vive del paese e gli stessi ambiti giovanili dei partiti e delle organizzazioni impegnati per un mutamento sociale più egualitario e democratico.
I fatti sono noti a tutti: le ultime elezioni ('76) a livello scolastico (per i decreti delegati) hanno denotato percentuali assai basse di votanti tra gli stessi allievi (nonché tra gli insegnanti e i genitori degli allievi); la presenza assai rilevante dei giovani nel momento rivendicativo non si traduce in genere in una partecipazione costante e prolungata nel tempo, ma si ferma a forme di denuncia e di continua ricerca di nuove mete da conseguire (in genere senza iniziare ad applicarsi sulle conquiste già ottenute) che forniscono a molti il pretesto per il disimpegno; a livello di orientamento ideologico e politico sembra emergere un certo grado di conformismo verso dichiarate scelte a sinistra a cui non appare come conseguente, di fatto, una partecipazione effettiva.
Pur avendo presente che una ampia fascia di giovani è impegnata dentro e fuori le istituzioni in una partecipazione attiva e responsabile, in questo contributo cercheremo di valutare il fenomeno della regressione a livello di partecipazione e interesse che sembra aver investito la maggioranza dei giovani d'oggi. In questa linea pertanto non ci soffermeremo nemmeno sulla considerazione dell'attuale modo di porsi di una frangia di giovani che ricorrono alla violenza per manifestare il loro dissenso e la loro contestazione. In altri termini, nel presente contributo vogliamo riflettere sulla condizione giovanile così come si presenta oggi nella maggioranza dei casi dei giovani.
In generale qualsiasi operatore sociale che si interessa dell'ambito giovanile ha la percezione della regressione di partecipazione nei giovani, e individua a questo livello una certa apatia, individualismo, insofferenza alle proposte, indifferenza, menefreghismo. Si tratta ovviamente di una conoscenza immediata, che occorre corroborare con una osservazione più sistematica, e che comunque non deve sconfinare in una trattazione «moralistica» del fenomeno.
PIÙ SOLDI PER UN TEMPO LIBERO MIGLIORE
Analizziamo qualche dato. La ricerca ISVET (indagine nazionale effettuata all'inizio degli anni '70 su un campione di oltre 7000 giovani), nel trattare delle attività di tempo libero dei giovani presenta una tabella in cui si evidenzia una comparazione delle attività di tempo libero in base alle percentuali di preferenze attribuite ad esse dai giovani.
Valutando complessivamente tale tabella risulta evidente come le attività più sottolineate dai giovani risultino quelle di divertimento-distensione e di relazione amicale, e come in particolare i mass-media siano il tipo di «loisir» più praticato a livello giovanile e pertanto il veicolo principale di integrazione/socializzazione (nel tempo libero) al sistema sociale.
Inoltre mentre assai singolare appare l'indice del 30,6% di giovani che dichiara di praticare «sport» (un dato che richiederebbe un ulteriore approfondimento e verifica), la partecipazione ad attività politiche non riguarda che il 9,5% dei giovani, percentuale che pur non essendo indifferente fa risaltare come la maggioranza dei giovani anteponga ad essa molte altre attività dal momento che si colloca sul fondo del quadro comparativo.
Queste osservazioni si pongono nel quadro della generale insoddisfazione dei giovani nel tempo libero. Pur praticando attività prevalentemente ludiche o di relazione, i giovani si dichiarano insoddisfatti additando come motivi di tale scontentezza la scarsità del tempo libero a disposizione, la mancanza di attrezzature, la penuria dei mezzi finanziari, il controllo della famiglia. Pertanto si tratta di una insoddisfazione che non sembra prefigurare né rilevanti cambiamenti di rotta nell'impiego nel tempo libero dei giovani né importanti apporti socio-culturali che potrebbero emergere dal tempo libero dei giovani.
In altri termini si vorrebbe avere più tempo, più soldi, più attrezzature, meno controllo... per poter essere più liberi, divertirsi di più, autodeterminarsi meglio, esprimersi in modo singolare, ma senza prefigurare una maggior partecipazione a livello sociale, senza uscire da uno schema da «loisir».
Può darsi che a delineare tale quadro negativo abbia contribuito la carenza nel rilevare quante attività sociali vengono effettuate dai giovani a livello di tempo libero. Ancora poi occorrerebbe specificare meglio il significato della voce «conversare/uscire con gli amici». Tutto ciò però non toglie l'interpretazione in chiave individualistica e ludica emergente da tale quadro, in quanto gli indicatori di essa sono più che evidenti nella tabella considerata e danno un preciso colore anche alle voci che possono risultare ambivalenti.
COME OCCUPARE IL TEMPO LIBERO?
Un'altra ricerca cui possiamo fare riferimento per analizzare il problema dell'impegno/disimpegno dei giovani è quella condotta da R. Moscati nel 1973 su un campione di 600 giovani che fossero già diplomati da 4-5 anni e appartenenti a grandi centri urbani del Mezzogiorno. L'intento dell'indagine era di evidenziare il livello dell'occupazione, l'uso del tempo libero, il tipo di partecipazione politica, dei giovani considerati.
Da tale rilevazione il quadro dell'ambito giovanile risulta assai chiaro. «La grande maggioranza dei giovani si dedica ad attività di «loisir» tipiche nel mondo giovanile e cosiddette disimpegnate, come il ballo, l'ascolto di dischi, il cinema (64,7% nel totale, con una punta del 76% a Catania), nessuna altra attività possibile coinvolge almeno il 10% degli intervistati.
Le attività sportive sono largamente trascurate e interessano solo il 9,2%; le attività politico-culturali coinvolgono l'8,2% cioè 49 soggetti su 600. La militanza politica attiva tocca valori ancora più modesti (2,8%) e riproduce in scala le tendenze già viste per l'attività politico-culturale.
L'interesse per i libri e lo studio in genere coinvolge solo 24 soggetti (4,0%), metà dei quali concentrati nella sola Bari, a conferma di una propensione culturale che si accorda con l'interesse politico, peraltro su livelli anche qui modesti. Se osserviamo ora la ripartizione delle spese, cioè l'utilizzazione del denaro da parte dei soggetti, registriamo il prevalere di voci in accordo con le propensioni di uso del tempo libero appena viste. (...) Dall'insieme (...) emerge un quadro che sembra caratterizzato da propensioni al disimpegno e al «loisir» goliardico che contagiano in qualche modo anche i non-studenti, nella misura in cui i legami con il mondo della scuola sono ancora in molti casi presenti e per contro l'ambiente di lavoro non propone vere alternative di carattere associativo-ricreativo che possano stimolare ad una maturazione dei problemi socio-politici (che la scuola dal canto suo non ha fornito)» (R. MOSCATI, Istruzione tecnica e mercato del lavoro nel Mezzogiorno, in «Inchiesta», V, gennaio-marzo 1975, n. 17, p. 19).
LA SENSIBILITÀ POLITICA DEI GIOVANI TORINESI
In tale linea si pone anche la ricerca condotta sempre nel '73 a Torino tendente a rilevare il livello di partecipazione politica e di orientamento ideologico (in riferimento anche alle variabili «religione» e «immagine di chiesa») di un campione di giovani torinesi dai 21 ai 24 anni con un titolo oltre quello della scuola dell'obbligo. Mentre rivela «molto alta» partecipazione politica (cioè partecipazione effettiva) solo il 6,9% del campione e una partecipazione occasionale il 10% dello stesso campione, quasi il 32% dei giovani considerati evidenzia nulle o molto scarse conoscenza e interessi e nessun segno di partecipazione effettiva. Inoltre oltre il 27 % manifesta scarsa conoscenza e interesse e nessuna partecipazione, e quasi 1/4 del campione rivela media conoscenza e medio interesse in assenza di effettiva partecipazione.
Dalla stessa indagine possiamo inoltre valutare il grado di conformismo politico dei giovani, incrociando due modi di rilevare l'orientamento ideologico. Da una parte infatti i giovani venivano invitati a «collocarsi» su una scala di destracentro-sinistra, compiendo una autovalutazione della propria collocazione ideologica. Dall'altra si valutava attraverso indicatori indiretti l'effettivo orientamento ideologico dei giovani (attraverso una scala di autoritarismo-progressivismo), sottoponendoli ad una serie di domande-test. L'incrocio tra i dati ottenuti da questi due modi di rilevazione ha fornito tali risultati percentuali (valutando solamente le voci più importanti e tralasciando di considerare i «non risposto»):
Dai dati appare evidente come oltre il 32% dei giovani che si dichiarano a sinistra denotino di fatto un orientamento «moderato», in presenza solamente del 10% circa di giovani che dichiarando di appartenere al centro risultano «radicali». Se non proprio il 30%, si può comunque affermare che almeno un quinto o un quarto dei giovani tende a dichiararsi o ritenersi «a sinistra» più di quanto effettivamente sia collocato, rivelando in tal modo un grado considerevole di conformismo politico.
E OGGI?
Le indicazioni delle tre ricerche ricordate, anziché perdere di validità nel proseguo degli anni '70, sembrano essere più che attuali all'inizio del '77. Si tratta di indicazioni generali, che avrebbero bisogno di essere integrate con dati specifici riguardanti in modo approfondito alcune categorie di giovani (mondo del lavoro e i giovani con bassa scolarità). Però dalla ricerca ISVET, il cui campione non privilegiava nessuna categoria di giovani, si può dedurre che le indicazioni di fondo qui riportate sono estensibili a tutti i giovani e che pertanto delineano i caratteri della maggioranza dei giovani considerati. Vediamo ora alla luce delle indicazioni delle ricerche citate, di altre ricerche e di indagini in via di elaborazione, di individuare i caratteri della maggioranza dei giovani d'oggi.
Ci riferiamo alle caratteristiche dei giovani dal 16 ai 24 anni, quella fascia di popolazione che così determinata da un punto di vista anagrafico «vive una condizione che da una parte tende verso una relativa autonomia che consegue alla maturazione affettiva, ideologica, sociale e che si rivela sufficiente per fondare la propria posizione e il proprio inserimento a livello sociale, e dall'altra palesa una situazione di emarginazione e di dipendenza sociali. In questo modo di definire i giovani c'è la preoccupazione di non parlare di essi in termini generali, di non interessarci ad essi per mettere in risalto quei tratti che possono caratterizzare in tutti i tempi la condizione giovanile nei confronti del mondo, delle realizzazioni e della cultura degli adulti. In questo contesto i giovani vengono considerati come prodotto di questo tipo di società in cui viviamo, come «figli» (e non per questo passivi e accondiscendenti) di questa società italiana industriale e neocapitalistica» (F. GARELLI, I giovani italiani di fronte al fenomeno religioso, in «Note di Pastorale Giovanile», 1976, n. 3, pp. 73-74).
LE CARATTERISTICHE DELL'ATTUALE CONDIZIONE GIOVANILE
Occorre subito evidenziare come i giovani rivelino alcuni caratteri la cui radice è nella stessa condizione giovanile considerata in rapporto a quella adulta o anziana. In quanto personalità e gruppi che si affacciano alla realtà con aspettative ed energie intatte, in quanto individui ancora carenti di esperienza a livello sociale, in quanto persone che rivelano considerevoli bisogni di socializzazione e di relazione, i giovani evidenziano i caratteri propri di chi non ha una storia alle spalle che condiziona e in qualche modo guida i propri approcci e le proprie attese e di chi è impaziente di cimentarsi con la realtà e di inserirsi a livello sociale. Con ciò non entriamo in contraddizione con quanto delineato in precedenza dal momento che nel modo di esprimere questi caratteri i giovani di oggi si distinguono sensibilmente dalle generazioni di giovani che li hanno preceduti. In che cosa si rivela la singolarità dei giovani di oggi nel confronto della realtà sociale e degli adulti, rispetto ai giovani degli anni '60 e '50? I giovani risultano diversi proprio perché è diverso il contesto sociale nel quale essi sono inseriti.
Nel presente contesto storico che si caratterizza per il mutamento sociale, sono molto più forti le istanze e le spinte al cambiamento rispetto a quelle della conservazione di strutture e di modelli culturali tradizionali. Inoltre negli anni '70 è venuto meno il consenso sociale che ha caratterizzato in generale il ventennio del dopo guerra in Italia. Pertanto mentre i giovani degli anni '60 e '50 si ponevano in linea con gli intenti e le realizzazioni del mondo degli adulti, in una società relativamente stabile nelle norme e nei valori che risultavano largamente condivisi, i giovani degli anni '70 risultano immersi in un contesto socio-culturale che più che guardare al passato nell'enucleare l'organizzazione del sociale e i valori che devono informarla, è proteso verso il futuro, in un tentativo di definizione aperto, discusso, contraddittorio. Pertanto tutta una serie di caratteristiche proprie dei giovani di tutti i tempi, vengono vissute in modo particolare dai giovani degli anni '70.
Istanza di partecipazione
Le conquiste e le lotte iniziate alla fine degli anni '60 e gli spazi di partecipazione che si sono aperti o si stanno aprendo a livello locale (decreti delegati, distretti scolastici, comprensori, quartieri, unità locale dei servizi...) hanno favorito un clima di rifiuto del principio della delega da parte dei soggetti collettivi e un processo di partecipazione diretta nella gestione del sociale. A livello giovanile tutto ciò ha significato da un lato l'aprirsi di molte possibilità di intervento e di partecipazione per i giovani stessi e dall'altro ha favorito un atteggiamento di fondo che cerca di introdurre una presenza attiva e attenta a tutti i livelli della vita quotidiana. I giovani cioè sembrano denotare l'esigenza di una maggior informazione, sembrano maggiormente attenti agli avvenimenti che caratterizzano il sociale, più desiderosi di gestire in prima persona le decisioni, meno a rimorchio delle indicazioni degli adulti e degli «addetti ai lavori».
Urgenza di modificare la realtà
L'istanza di partecipazione si delinea a livello giovanile per lo più come desiderio di cambiare le strutture sociali, di contribuire alla costruzione di una società orientata da valori e modelli di comportamento diversi da quelli dominanti attualmente.
A livello giovanile l'obiettivo dell'incidenza nella realtà è molto sentito e sovente esso viene considerato come l'indicatore della validità dell'azione intrapresa.
A questo livello si comprendono anche l'urgenza di trovare un senso alla propria esistenza ed azione, la necessità di intravedere i risultati, l'importanza di trovare la conferma del cammino intrapreso: tutti stimoli che servono per il proseguo dell'impegno e per la ricarica delle energie.
Istanza di criticità
I giovani per il fatto di non avere alle spalle una storia e una esperienza che attenui attese e progetti, si pongono molte volte in chiave utopica nei confronti della realtà, non accontentandosi dei compromessi e delle mezze misure. Di qui un certo carattere «critico» nei confronti delle realizzazioni esistenti, delle conquiste operate nel passato e proprie di altre generazioni. Di qui ancora una notevole propensione alla analisi e alla critica, in assenza in molti casi di un adeguato confronto pone le proprie possibilità e capacità effettive.
Radicalizzazione delle posizioni che sconfina nella intolleranza
L'istanza di criticità suaccennata molte volte sconfina nel sostegno di posizioni «pure» o «utopiche» con scarsa aderenza alla realtà. Per cui le prese di posizione appaiono molte volte fine a se stesse, isolate in una prospettiva che rifiuta il confronto o che ritiene che l'unica legge di orientamento sia costituita dalla propria esperienza, della propria storia, dal proprio sentire. È ovvio che sovente a tale radicalizzazione rappresenta un meccanismo con cui i giovani tentano di difendersi dalla disapprovazione del mondo degli adulti e che più in generale essa sia una risposta alla situazione di emarginazione sociale che contraddistingue la condizione giovanile oggi.
Esigenza di rapporti interpersonali autentici e di una realizzazione di vita dotata di senso
Tutte le ricerche sugli orientamenti dei giovani evidenziano come essi coltivino tra le proprie aspettative quella di una società diversa dall'attuale, prefigurando un contesto in cui potersi realizzare pienamente sia a livello professionale, sia a livello di relazioni interpersonali. In un contesto in cui emerge una certa disaggregazione sociale (alimentata dalle conseguenze sociali negative del processo di industrializzazione; ad esempio: fenomeni di immigrazione e di urbanizzazione sregolati), i giovani con il loro comportamento notevolmente aperto e disponibile, evidenziano una capacità di aggregazione e immediatezza nei rapporti che lascia presagire un modo di essere a livello sociale che supera barriere e processi selettivi. Purtroppo però il coagulo a livello giovanile avviene, per la maggioranza, più intorno a momenti di «loisir» che a istanze e spazi di partecipazione sociale. In altri termini, sembra prevalere l'integrazione e la socializzazione attraverso i consumi, soprattutto per quelle categorie sociali sottoposte ad un elevato condizionamento socio-culturale e incapaci di ripensare criticamente la propria condizione per prefigurare una nuova presenza nel sociale e una nuova identità.
LE CONTRADDIZIONI DELLA CONDIZIONE GIOVANILE
I caratteri della condizione giovanile attuale (individuati considerando i giovani in rapporto al mondo degli adulti), hanno evidenziato tutta una serie di valenze positive che lasciano però intravedere, come rovescio di medaglia, potenzialità o aspetti negativi.
Tra queste (e sembra l'aspetto di fondo) si può annoverare il fatto che molti giovani vivono gli elementi positivi suaccennati solo a livello del dover essere, cioè solo sul versante delle dichiarazioni. Purtroppo però a slogans, discorsi espliciti e rivendicazioni assai interessanti, non sempre fanno riscontro atteggiamenti e comportamenti coerenti. In altri termini, non sempre i giovani riescono a tradurre nella realtà le valenze positive di cui essi sembrano i portatori nella società, istanze che largamente sembrano differenziarli dal mondo degli adulti.
Con ciò non si vuole cadere nel moralismo imputando ai giovani l'incapacità di riconoscere i propri limiti, la mancanza del senso della storia, l'incapacità a progettare a un ritmo adeguato ai propri mezzi, la carenza di continuità, l'incapacità a tradurre in strutture e iniziative le intuizioni, la scarsa aderanza alla realtà, la mancanza di concretezza... Ovviamente molti di questi aspetti negativi (o carenze) sono propri della condizione giovanile contemporanea, ma la radice di essi, e, in modo più generale, la radice delle stesse contraddizioni del mondo giovanile (di cui la scollatura tra l'essere e il dover essere fa parte), è da ritrovarsi nelle caratteristiche della cultura e della struttura della società contemporanea. Ci troviamo in una società che mentre da un lato presta attenzione al mondo dei giovani, dall'altro non riesce a risolvere gli effettivi problemi che relegano la condizione giovanile in una posizione di emarginazione rispetto al sistema sociale. In questa linea l'attenzione riservata dalla società dominante ai giovani rivela un sapore tattico, proprio di chi guarda alla condizione giovanile per spremere a tale livello le potenzialità di consumo che essa rappresenta (e così si crea la moda giovane, il gusto giovane, l'emancipazione giovane, l'amore giovane...), e proprio di chi elargisce ai giovani la parvenza di acquisizione di certe mete (maturità e voto a 18 anni) per attenuare con tali riconoscimenti (il cui carattere è più formale che sostanziale) un possibile «ribollìo» (e relativo «scoperchiamento» del sistema) potenzialmente presente a livello giovanile. Però di fatto i grossi problemi sociali che investono il mondo giovanile (elevato tasso di disoccupazione, impossibilità di trovare una occupazione in linea con le attese maturate nel periodo scolastico, difficoltà di partecipazione effettiva a livello sociale, costrizione nell'area del parcheggio scolastico, ritardato raggiungimento di una autonomia effettiva a livello sociale, invecchiamento delle attese, recupero del consenso giovanile attraverso un tirocinio di frustrazioni, illusione di realizzarsi in oasi di integrazione) sembrano di fatto rimanere assai vivi e condizionanti.
COME REAGISCONO I GIOVANI?
Ed è proprio una tale realtà e situazione sociale condizionante che influenza l'atteggiamento e il comportamento dei giovani a livello sociale, sì da farne emergere alcuni caratteri singolari. In altri termini, di fronte a tale situazione sociale i giovani evidenziano alcune caratteristiche che da un lato risultano tentativi di difesa e di ricerca (comunque) di un senso in un contesto che certo non favorisce una chiara e autonoma identità sociale, e che dall'altra rivelano tutto il potere di condizionamento proprio dell'attuale sistema sociale sulla condizione giovanile.
Il rifugio in obiettivi a «piccolo cabotaggio»
Il carattere principale che sembra emergere dal ripiegamento delle attese e degli ideali dei giovani di fronte ai condizionamenti e alle contraddizioni sociali, è il rifugio in obiettivi che da un lato danno un senso alla propria vita e che dall'altro connotino tale senso di quel realismo che permetta un minimo di realizzazione e di continuità di significato. In tale modo non si rinuncia a solcare il mare, alla vita stessa. Ma ci si immerge nell'acqua con la consapevolezza di avere dei mezzi precari ed una scarsa autonomia. La bufera (rappresentata dalle frustrazioni, dalle scottature, dall'impossibilità di raggiungere ideali e mete prefissate), è sempre in agguato a far mantenere le attese sui binari realisti e concreti. Per cui si solca il mare tenendosi vicinissimi alla costa, in modo da potere, in caso di pericolo di difficoltà, «attraccare» prontamente.
«Di qui nasce l'orientamento verso i piccoli obiettivi, verso gli spazi corti di realizzazione.
Così si cercano sbocchi di interesse a livello della propria vita privata, si riducono tendenzialmente i rapporti sociali ai rapporti amicali, si moltiplicano gli hobbies e le esperienze, si coltivano spazi autonomi di realizzazione. Si creano in altri termini ancore di salvezza a cui la maggioranza dei giovani fa riferimento per dare un significato alla vita che essi conducono e alla loro condizione giovanile. I giovani si rifugiano in spazi privati di realizzazione – visibili per altro a livello di rapporti amicali e di tempo libero – e in base a questi cercano di realizzarsi perché non riescono a trovare nel quotidiano scopi che permettano loro un diverso investimento di energie e di ideali. Saremmo pertanto di fronte a giovani ripiegati su di sé, che in questo atteggiamento di impossibilità di tendere ad altre mete, preferiscono trovare una relativa e ridotta realizzazione negli spazi e nei modi suindicati» (F. GARELLI, Educazione alla professione e disoccupazione giovanile, in «Note di Pastorale Giovanile», dicembre 1976, n. 12, p. 16).
Senso acuto dei condizionamenti
Dal punto precedente emerge che i giovani sono assai coscienti del peso dei condizionamenti sociali. Hanno capito, e per lo più attraverso la loro esperienza, che non si possono affrontare i problemi isolandone uno dal contesto, ma che i fenomeni sociali sono interconnessi e interdipendenti. E l'accento sulla globalità di tutti i problemi e sul peso dei condizionamenti sociali, talvolta risulta così evidente da far pensare di essere sovente usato come copertura della non iniziativa, come legittimazione dell'accettazione quasi fatalistica di alcune situazioni da essi vissute. Quasi che i giovani stessi, nel loro quotidiano o in una serie di spazi sociali, non fossero in grado di contribuire a determinare le condizioni della propria esistenza ed azione.
Senso acuto del relativismo che sconfina nello scetticismo
Si tratta del riflesso a livello giovanile del clima di pluralismo di culture e di ideologie che è presente attualmente a livello sociale.
In un contesto in cui vi sono diversi modelli di comportamento, valori, atteggiamenti, idee, opinioni; in un assetto sociale in cui non c'è un elevato grado di consenso su che cosa produrre e su come produrre (proprio per le conseguenze sociali negative che un certo tipo di produzione ha lasciato trasparire); in una società in cui vi sono condizioni sociali assai differenti a cui corrispondono diversi modi di analizzare la realtà sociale e di prefigurare strategie di intervento; in un contesto in cui vi sono diversificate e contraddittorie agenzie che emettono valori e che entrano in concorrenza per accattivarsi i clienti sul mercato: i giovani che si affacciano a tale quadro rischiano di risultare sconcertati di fronte al pullulare e alle diversità di vita, di esperienze e di idee. E ciò soprattutto quando essi risultano carenti di un quadro «culturale» adeguato in cui inserire (o attraverso cui setacciare) le varie proposte ed esperienze. Per cui sovente il risultato di questo reagire dei giovani al pluralismo del contesto socio-culturale è l'assunzione da parte loro di un carattere scettico, il sottolineare il relativismo di tutte le proposte, il «non credere più a nulla», dal momento che ogni istanza che risulta valida per alcuni viene giudicata come perniciosa da altri.
Utilitarismo e pragmatismo
Oltre ad un filtro scettico, i giovani sembrano evidenziare un carattere pragmatico (il vivere alla giornata, il considerare solamente la propria esperienza, l'essere concreti nel progettare) come meccanismo di difesa in un contesto contraddittorio e di difficile interpretazione. In altri termini, i giovani debbono comunque trovare un proprio equilibrio e stile di vita, per cui al di là di tutte le frustrazioni e sollecitazioni, essi sembrano optare per un'etica che si fonda sul principio: l'utile è il giusto.
Senso acuto dell'autonomia e del privato
Sempre nella necessità di trovare comunque un senso alla propria esistenza nel presente contesto socio-culturale e nel pluralismo di ideologie e comportamenti, i giovani sembrano sottolineare molto il carattere di autonomia che dovrebbe definire la propria vita. Come sfera personale privilegiata, da conservare lontana da sguardi indiscreti, la vita privata (affettiva, di relazione e di piccoli interessi) diventa l'unico spazio di realizzazione, l'unico ambito in cui poter decidere autonomamente. La scelta dell'autonomia (o della gestione in pochi – ragazza/o, amici stretti) sembra pertanto essere dettata dall'esigenza di sopravvivenza.