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    I «chiodi» del campo-scuola



    Franco Garelli

    (NPG 1977-05-44)

    L'introduzione ha messo l'accento su un camposcuola centrato sull'impegno e l'approfondimento.
    In questo tipo di camposcuola è essenziale proporre e sottolineare alcuni punti che si giudicano irrinunciabili per la corretta riuscita dell'esperienza. «I chiodi del campo» corrispondono appunto a quella funzione. Si tratta di alcuni fattori che hanno la capacità di far coagulare i partecipanti al campo in modo da evitare la dispersione o il fraintendimento. Si tratta ancora di alcune cartine di tornasole in grado di verificare se si è tutti in sintonia a livello di attese e speranze nei confronti di questa specifica esperienza chiamata camposcuola.

    SINTONIZZARE LE ATTESE E LE RISPOSTE

    Il tentare di uniformare le attese dei partecipanti è un'operazione essenziale per la riuscita del camposcuola. E ciò perché i giovani che aderiscono all'iniziativa possono avere diverse prospettive o attendersi diversi risultati dal campo stesso. Sia i campi organizzati per giovani provenienti da uno stesso ambiente (oratorio/ parrocchia), sia quelli organizzati per giovani appartenenti a diverse realtà associative ed esperienziali, possono denotare situazioni in cui c'è diversa aspettativa da parte di chi ha aderito all'iniziativa. Alcuni, nonostante i filtri che hanno caratterizzato il lancio e la propaganda del campo, possono essere approdati a questa esperienza con intenti diversi da quelli enunciati dai promotori, sia perché a volte gli animatori considerando opportune vaste adesioni all'iniziativa contattano persone con metri ampi, sia perché le diverse esperienze e i diversi bisogni vissuti dai singoli gruppi o dagli individui, possono provocare una disomogeneità di aspettative e di prospettive nei confronti di una stessa iniziativa. In particolare il comune coagulo su una esperienza può non essere omogeneo per la diversità di livello di interiorizzazione di problemi e valori di fondo legati con quella esperienza.
    Per colmare queste diversità occorre quindi evidenziare sia gli obiettivi del camposcuola, sia lo stile che lo caratterizza.
    Certo non tutto può essere demandato al momento del campo. Se non si sono già messi in azione alcuni filtri (a cui s'è accennato) la disomogeneità dei partecipanti al campo può essere tale da impedire una adeguata opera di chiarificazione con l'intento di far coagulare tutti sulla condivisione di obiettivi e metodi caratterizzanti il camposcuola.

    PROPONIAMO PUNTI DI VERIFICA

    I chiodi del campo sono pertanto alcuni punti, relativi agli obiettivi del campo stesso e al modo di raggiungerli, di cui tutti i partecipanti debbono essere coscienti. Sono cioè i valori del campo, le cose in cui si crede, ciò che deve «valere» per ognuno, pena la non riuscita del campo, il fallimento della esperienza, l'aver buttato un pugno di giorni e una possibilità che ci veniva offerta. Si possono enunciare alcuni chiodi per tutte le stagioni? Ci sono cioè dei chiodi per tutti i campi?
    Crediamo si possa affermare di sì. Essi riguardano quei valori di fondo comuni ai gruppi giovanili che per lo più fanno riferimento ad ambiti ecclesiali, e che si caratterizzano per l'impegno o nel sociale o nel politico, nell'educativo, o nell'evangelizzazione in senso specifico.

    Primo: l'impegno

    Uno di questi chiodi può essere costituito dall'impegno stesso. Ciò che caratterizza l'esperienza non è soprattutto l'amicizia, lo stare bene insieme, il creare un clima di sorrisi e pacche sulle spalle... Questa dimensione è importante a patto che non si perda di vista la necessità del qualificarsi, dell'utilizzare questa esperienza per crescere, per confrontare i diversi ambiti nei quali si è impegnati per migliorare la propria azione. Se l'obiettivo della qualificazione, dell'impegno, non è preponderante, si rischia di ritenere riuscito un campo che ci ha gratificati soltanto perché ha avuto prevalenti momenti di integrazione attraverso i rapporti primari. Il campo può anche aver la funzione di abituare a mettere al primo posto la serietà e la qualificazione, in modo che i giovani avvertano che questi sono i primi valori del gruppo o dell'esperienza in cui sono inseriti e che essi sono in diretta funzione con il quotidiano che è il vero campo di realizzazione dell'uomo.

    Secondo: la comunità

    Il secondo chiodo può essere la vita di comunità. Non si viene al campo per starsene isolati sul proprio aventino o per spartire con pochi intimi le proprie risorse, problemi e ricchezze. Non si viene neanche al campo per risolvere i problemi strettamente personali. Tutto ciò non per svalutare la rilevanza personale dei problemi, ma per immettere i giovani in una attenzione e considerazione più ampia della realtà nella quale anche la problematica personale trova riscontro.

    Terzo: la qualificazione

    Un altro chiodo può essere rappresentato dalla qualificazione in senso specifico. Si tratta di un «camposcuola», in cui si studia, si analizzano i problemi, ci si immette con un atteggiamento di recettività e di apprendimento, per riuscire a cogliere tutto quanto (attraverso gli esperti o il confronto delle varie esperienze) può essere utile ad un approfondimento dei contenuti e dei metodi che interessano.
    È ovvio che poi questo chiodo deve essere tradotto in iniziative che permettano di realizzare il carattere di studio del campo. In altri termini occorrono relazioni scritte delle varie comunicazioni, documentazione, possibilità di prendere appunti, materiale da distribuire, ... momenti specifici di studio e di silenzio, ... pena il «rimangiarsi» nella pratica tutte le buone intenzioni espresse da questo «chiodo».

    Per concludere l'elenco...

    La lista dei chiodi potrebbe allungarsi... Crediamo però di aver già a sufficienza spiegato la natura e la funzione di tali punti da sottolineare, in modo che i responsabili delle singole iniziative siano in grado di stilare loro stessi i «chiodi» più importanti dei vari campi.
    Aldilà dei chiodi generali sopra ricordati vi possono essere chiodi specifici a seconda di campi effettuati con particolari finalità o frequentati da gruppi specifici. Se per esempio, la preghiera è un valore per quanti partecipano al campo, essa può diventare un elemento su cui insistere perché informi in modo adeguato il campo stesso.
    Ancora, se il campo ad esempio viene organizzato per quanti si interessano alla problematica del terzo mondo, sarà opportuno presentare i chiodi del campo in chiave specifica per giovani che sono impegnati in questo settore.
    Le attenzioni possono essere molteplici, e suggerire dí volta in volta sia i vari chiodi del campo, sia l'ordine di priorità e importanza con cui presentarli.

    PER NON RESTARE A LIVELLO DI PAROLE 

    In sintesi pertanto possiamo affermare che:
    – I chiodi del campo sono un tentativo di non affidarsi allo spontaneismo, al pressapochismo, cercando di evitare a priori i pericoli del fallimento di una esperienza che si ritiene importante per la maturazione e la qualificazione dei giovani; pretendere che il camposcuola debba riuscire perché come iniziativa contiene in sé già tutte le prospettive per la migliore realizzazione è non tanto una utopia, quanto una sprovvedutezza da parte dell'animatore; il camposcuola è informato da tali componenti che è difficile prevedere quale sarà la sua risultante.

    – I chiodi non sono un enunciato, un cartello di richieste dell'animatore o dei responsabili del campo a cui i partecipanti devono bene o male sottomettersi pena la loro estromissione; i chiodi sono i valori, i punti-forza del gruppo, ciò in cui il gruppo crede; l'esperienza si sfascia se non si focalizza intorno a questi valori.
    – Il campo è una esperienza; in una situazione in cui la comunicazione verbale rileva grandi limiti, in una società in cui i mezzi di comunicazione di massa invadono la sfera degli individui e dei gruppi per proporre modelli di comportamento e di vita, in una realtà ín cui al pluralismo di idee e esperienze consegue un elevato tasso di relativismo da parte dell'individuo e dei gruppi come difesa di fronte ad una realtà così diversificata: in questo contesto ciò che conta, ciò che può essere preso in considerazione è una proposta vissuta in una esperienza che appare agli individui piena di significato per la loro vita; il camposcuola è una di queste «esperienze» in cui il giovane può essere immerso; esperienza di lavoro e dí impegno ad un certo livello di qualificazione; esperienza dí essere in tanti (e magari di ambienti e provenienza diversi) impegnati sullo stesso cammino; esperienza di poter unire lo studio, la serietà, con la serenità, la gioia, l'incontro, l'amicizia; esperienza di un momento di lontananza dal quotidiano per prendere misure adeguate e ritornarvi con maggior grinta e strumenti; esperienza che lascia liberi e che spinge a decidere; l'importante è che tale esperienza venga sfruttata 'in tutta la sua possibilità formativa (e in ciò i chiodi sono essenziali, così come è essenziale tutta l'opera di preparazione – il filtro – al camposcuola).
    – I chiodi del campo non devono rimanere enunciati; occorre tradurli in momenti, strumenti, spazi organizzativi che permettano di concretizzare íl clima e i valori che si vogliono sottolineare in questa esperienza; senza questa opera di «traduzione», di concretezza, l'esperienza rischia di essere nominale.
    – Il campo è una esperienza che deve essere prolungata (ovviamente con opportune modifiche dettate dalla necessità di modellare sul quotidiano una serie di valori vissuti in un clima singolare e forte) nella vita di tutti i giorni in modo che non rimanga un fatto isolato ma possa far parte di quel mondo della scuola e del lavoro che costituisce il campo di impegno e di verifica del giovane; l'attenzione a questo «prolungamento», a questa verifica nel quotidiano, deve essere assai presente in tutto il camposcuola, in modo da non far diventare questa esperienza come un'oasi felice staccata dal contesto in cui il giovane di fatto è immerso; anche i chiodi del campo passano per questa avvertenza; ciò significa che occorre informare tutto il campo di questo clima e attenzione alla verifica.

    PERCHÉ I CHIODI DIVENTINO «VITA»

    L'attenzione degli animatori non deve esaurirsi nell'enucleare i chiodi-valori del campo, ma deve estendersi anche al modo di presentarli e di renderli costantemente presenti al campo.
    Anzitutto occorre sottolineare i «chiodi» come un dato di fatto, come obiettivi in cui ci si riconosce, come punti che si ricordano ma sui quali c'è già un'ampia convergenza. Ovviamente in questa operazione non si deve far ricorso alla manipolazione o dare l'impressione di strumentalizzare i partecipanti al campo. Non si può però disconoscere che i giovani approdano all'esperienza dopo il lancio di una proposta e dopo aver attentamente esaminato le finalità dell'esperienza stessa. Se ci si indirizza ad un camposcuola piuttosto che a un periodo di ferie al mare o in centri turistici, è logico che si possano mettere i giovani di fronte alla responsabilità e alla specificità di tale scelta e pertanto richiamare i punti salienti che la contraddistinguono. Occorre inoltre presentare i chiodi del campo come un dato di fatto, perché non si possono mettere in discussione i valori che informano una esperienza che si caratterizza comunque per la brevità. Il porre all'inizio troppi interrogativi, lasciando magari decidere ai giovani se coagulare sul relax o sull'impegno e con che priorità far emergere i due aspetti nell'esperienza che ci si appresta a vivere, non deve essere scambiato per «democraticità», quanto per non individuazione e focalizzazione su obiettivi precisi a cui facilmente consegue una dispersione. I chiodi presentati come dato dí fatto sono pertanto un requisito della buona impostazione del campo e della corretta informazione e lancio dell'iniziativa che ha preceduto il campo stesso.
    Nessuno è obbligato a partecipare ad una iniziativa che si caratterizza per contenuti o per modi ritenuti poco significativi o sui quali non c'è condivisione. Certo però che l'affermare certi valori non significa non darne le motivazioni. Occorre adeguatamente offrire ai partecipanti le motivazioni di certe scelte operative che traducono l'importanza di certi valori. Occorre inoltre specificare e ricordare l'importanza di certi valori piuttosto di altri, assurti a simbolo, guida, rullino di marcia del campo stesso.
    Presentare i chiodi del campo non significa poi accompagnarli con un pacchetto di decisioni tutte prese in alta sede, senza possibilità alcuna da parte dei partecipanti di costruire la propria esperienza e partecipare al momento decisionale. Pur nella difficoltà di conciliare aspetti che si sono dovuti organizzare con molto anticipo (per garantirsi la presenza degli esperti, l'utilizzo di certi locali, il reperimento di certi strumenti) con l'analisi delle esigenze specifiche dei partecipanti e con i contributi decisionali che questi possono arrecare alla costituzione dell'esperienza, è possibile aprire un breve dibattito (breve sia per la brevità della esperienza, sia perché deve essere caratterizzato dall'operatività) in cui i partecipanti operano alcune scelte – soprattutto sul modo con cui vivere l'esperienza (alternanza tra intervento degli esperti e lavoro di gruppo, definizione dell'orario, sollecitazioni conseguenti a esigenze particolari, modi per concretizzare i chiodi stessi, ecc.) – che permettono da un lato l'appropriamento da parte loro di questa esperienza, e dall'altro una verifica di istanze generali alla luce di esigenze specifiche.
    È importante poi presentare i chiodi del campo come una alternativa che segna uno stile di vita al campo che può poi essere esteso al quotidiano o alla appartenenza dell'individuo al gruppo da cui proviene. Molti giovani possono approdare all'esperienza del camposcuola in atteggiamento di ricerca, di tentennamento, di valutazione di fronte alle molte sollecitazioni e proposte di cui la società è piena. Il porgere i chiodi in modo da favorire una scelta può costituire un elemento importante che richiama l'individuo alla necessità di situarsi, di assumere certe posizioni, di decidere; di dare un orientamento non solo al modo di vivere il camposcuola ma anche alla propria vita.
    Certo, come già ricordavamo, i chiodi devono essere presentati con chiarezza e in modo da favorire alcune scelte ma sempre nel pieno rispetto della libertà dell'individuo e con l'attenzione alle problematiche e condizioni concrete in cui ognuno vive. Essi infatti devono favorire la maturazione della persona (come del resto tutta l'esperienza del campo) e non immettere sulle spalle dei partecipanti un fardello (magari preziosissimo) che essi non riescono a portare perché non rispetta i loro interessi o i loro tempi di maturazione. Trattandosi di un campo-scuola di giovani, occorre presentare i chiodi con una certa grinta e freschezza (oltreché positività) in modo da dare subito alla esperienza un clima di vivacità e di dinamicità che fughi quasiasi immagine stantia di studio che può essere sedimentata nella esperienza dei giovani.
    Ancora l'idea stessa del «chiodo» può suggerire l'importanza di alcuni punti sui quali occorre impegnarsi, sudare, sacrificarsi, per ottenere qualcosa di positivo. Come qualsiasi conquista, meta, obiettivo, comporta una serie di sacrifici, così anche l'applicazione dei chiodi del campo è una esercitazione, un sacrificio, che crea le premesse per la riuscita dell'esperienza. Anche a questo livello c'è l'esperienza e il valore della croce.
    Da tutto quanto detto appare scontato che i «chiodi» siano da presentare all'inizio del camposcuola, proprio per offrire una carta di identità del campo che venga percepita da tutti in modo omogeneo.
    Si tratta pertanto di dedicare ad essi la prima serata, insieme con le notizie organizzative, le decisioni da prendere in comune e il calendario delle giornate del campo. In questo modo oltre che filtrare le attese, si crea una intercapedine salutare tra i momenti vissuti dal giovane prima del campo e il campo stesso. L'inizio del campo deve pertanto coincidere con la presentazione degli impegni e la assunzione delle responsabilità da parte dei giovani partecipanti.

    UNA PROPOSTA CONCRETA

    A titolo esemplificativo alleghiamo una presentazione di «chiodi da camposcuola» da noi stilata due anni fa in un foglio che illustrava l'iniziativa di alcuni campi in Piemonte. Si tratta di uno «scritto» che può dare spunti sia per quanti vogliono presentare anticipatamente i «valori» del campo, sia per quanti sono alla ricerca di un canovaccio da utilizzare dal vivo all'inizio di una esperienza di campo. Il modo con cui tale contributo è stato scritto (lo stile, il linguaggio, l'articolazione del discorso) cerca di far presa sull'attenzione dei giovani, di non far morire l'importanza delle cose da dire nelle secche di una comunicazione penosa e astratta. Anche per questo ci sembra importante proporlo all'attenzione di quanti progettano campi scuola. La diversità delle situazioni, l'inventiva delle persone, l'individuazione di obiettivi particolari, contribuirà a modificare la traccia qui presentata per progettare un intervento particolarmente sentito nelle specifiche circostanze.

    RISERVATO A TUTTI I BOYS AND GIRLS CHE DESIDERANO PRENOTARSI UN POSTO AL SOLE AD UNO DEI CAMPI-SCUOLA SEGNALATI
    Caro ragazzo/a, per venire al campo
    non basta che corazzato di bleu-jeans e zaino
    tu faccia autostop sostituendo il cartello «Parigi» con quello di «campo-scuola»...
    Occorre preparare qualcosa «dentro» che nessun altro ti potrà dare.
    È una condizione necessaria, senza la quale tu potrai anche essere presente ma come soprammobile, baule viaggiante, fuoco di paglia.
    Proprio perché abbiamo a cuore la riuscita dei campi, perché ci crediamo, perché stiamo spendendo le nostre migliori energie per prepararli,
    non possiamo permettere che qualcuno giochi al «dinamitardo».
    Ci sono tante spiagge o prati montani assolati su cui è possibile dirottarci. Chi viene al campo sa che cosa lo aspetta e che cosa viene a fare.
    È vietato nascondersi dietro le sorprese, i non sapevo, non immaginavo. È vietato scaricare le responsabilità.
    Per chiarire il tutto ti uniamo una serie di punti su cui riflettere.
    Sparsi come la fantasia dei giovani.
    Da cogliere con l'intuizione.
    Sono i punti fermi del campo. I chiodi: nati da chi ha fatto esperienza prima di te.

    ALCUNI DEI TANTI MODI PER LEGARE PRESTO CON GLI ALTRI E FAR COLARE IL CAMPO A PICCO
    Lista di bucce di banana su cui il campo può scivolare:
    • gettare sul gruppo uno sguardo veloce per selezionare profili simpatici da profili «feriali», in modo da sapere su quale stoffa attaccare bottone
    • portare al campo salami e «succo d'uva» nostrana per bivaccare fino all'alba alla faccia dei discorsi seri
    • attendere tutto il giorno il momento del falò alla sera per stringersi l'uno accanto all'altra e misurare da questa «pressione» e dalla fusione delle ugole della corale dei «3 pini» la riuscita della giornata
    • stersene rincantucciati nel proprio gruppo, col timore di uscire in avanscoperta, riservando per le facce note le migliori cartucce; tanto in pochi giorni non è possibile comunicare...; per conoscere a fondo le persone, ci vuol altro...
    • stare col proprio bello, la mano nella mano, sfruttando a tappeto uno dei pochi momenti in cui possiamo guardarci negli occhi con libertà, lontani dai radar ficcanaso di parenti piantagrane; se gli altri diventano un contorno non importa.

    CI SONO DEI CHIODI DA BATTERE SE SI VUOLE CHE IL CAMPO FUNZIONI BENE

    Chiodo uno
    Il primo chiodo in cui crediamo è la «comunità».
    Il breve tempo che vivremo insieme, il numero che saremo, non ci permetteranno di creare quella «comunità» a fior di pelle che da tante parti si sbandiera... Per fare comunità non basta pataccarsi sulle spalle, né sfoderare i sorrisi più festivi, da orecchio a orecchio. Non è questione di mandibola o di muscoli.
    Il campo non deve diventare un'oasi felice, un quadretto a colori da ricordare nei momenti di depressione, quando all'altezza della mezza montagna si sostituisce l'afa della pianura.
    D'altra parte è possibile fare cose serie soltanto se saremo «comunità».
    Fare «comunità» è avere la voglia di lavorare, sgomitare per trovare insieme a tutti gli altri quel progetto di vita per cui si viene al campo-scuola.
    La meta, quel che si intende raggiungere, è il nostro coagulo. Ciò che butta all'aria le difficoltà che derivano dal non conoscerci.
    L'obiettivo non è lo stare insieme. Ma soprattutto cercare un progetto che nella società coinvolga la nostra fede e la nostra identità.

    Chiodo due
    Per costruire questa comunità è necessaria la tua, la nostra disponibilità. Andiamo al campo perché ci riconosciamo poveri. Pensiamo di avere tante cose da imparare. Da tutti. Da chi ci fa la proposta. Da quel ragazzo lentiginoso dal profilo simpaticamente «rivoluzionario» e da chi a prima vista risulta banalmente «ordinario». Da quanti incontro.
    Campo-scuola è:
    incontrare gli altri
    gli altri al primo posto
    al centro le dimensioni importanti
    giù la maschera
    fuori il personaggio
    ricercare insieme
    studiare insieme
    verificare insieme
    conoscere e rispettare le esperienze degli altri
    essere talmente vuoto di sé per fare un po' di posto agli altri
    fare il primo passo
    accendere l'inventività
    non mortificare l'immaginazione
    coscienza di vivere
    senso della semplicità.
    Tante cose, dirai! È vero... E non basta nemmeno una vita... Qualche volta però occorre darci una rispolverata. Per ripartire a tutto gas...

    Chiodo tre
    un campo-scuola. Attento a non sbagliare destinazione. A non fermarti alla prima parola. Al campo si studia. Per non rimanere in eterno dei «generici». L'impegno per gli altri, lo sgobbare nel quotidiano, ci hanno fatto capire che il buon senso non basta più. Che è necessario riflettere, qualificarsi. Proprio per non camminare sulla testa degli altri. Per non farci le ossa, l'esperienza alle spalle di quelli per cui diciamo di «impegnarci». Pertanto se su alcuni punti ci riconosciamo ignoranti occorre colmare queste lacune. Anche a costo di consumare qualche tavolino e qualche volume.

    Chiodo quattro
    Le cose dette finora sono tutte importantissime.
    C'è un rapporto più grande di quelli elencati, in cui tutti ci riconosciamo maggiormente: quello con Dio.
    La preghiera è quindi il momento più forte della nostra giornata: al mattino per imparare il lavoro del giorno, in una prospettiva di fedeltà al messaggio di Cristo; e la sera, con la messa, per riassumere e offrire al Padre l'esperienza della giornata.
    Anche se non avremo abbondantissimi momenti di silenzio personale e di preghiera (il campo si propone come «incontro di studio comunitario»), tutta l'esperienza è vissuta in chiave di fede: siamo cristiani che riflettono sulla fede per aiutarci a capire chi siamo e che cosa dobbiamo fare.


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