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    Il giovane nell'attuale situazione religiosa italiana



    Giancarlo Milanesi

    (NPG 1970-01-18)

    Gli esercizi spirituali, per essere educativi, non possono venire dissociati dalla vita concreta: il giovane «proviene» e «ritorna» nel clima arroventato del suo quotidiano. Gli esercizi nascono dal «prima» e sono per il «dopo». La sociologia ha lo scopo di delineare il contesto situazionale in cui ciascuno vive inserito. Evidentemente, molto dovrà essere studiato in loco, da colui che inizia un corso di esercizi spirituali. Perché ogni persona è un assoluto, irrepetibile.
    Ma esistono delle componenti abbastanza comuni: Milanesi, con la competenza che gli è propria, le individua in questo articolo.
    • La situazione religiosa in un contesto sociale tecnico nasce dal raffronto (ricco di suggestioni operative) con quella pre-tecnica:
    — la diminuzione della pratica religiosa
    — l'impoverimento del senso di appartenenza religiosa
    — una notevole confusione nel quadro dei valori
    — una maggior autenticità nella religiosità
    — i germi profondi di rinnovamento.
    • Una panoramica della situazione religiosa italiana, in base a statistiche e ad affermazioni documentate, apre ad
    • Alcune conclusioni pratiche, di intervento immediato.
    Forse, dopo aver letto queste pagine, qualcuno potrà meravigliarsi che si sia parlato poco di giovani e meno di esercizi spirituali. Anche se l'osservazione è vera, lo studio rimane centratissimo, per quanto è stato indicato in apertura di queste righe: chi programma gli esercizi deve conoscere a fondo la situazione in cui vivono gli esercitandi, per non fare discorso a vuoto.
    I giovani poi, sono (a detta dei sociologi) i figli più vivi del nostro tempo. Sulla loro pelle si ripercuotono, moltiplicate, le connotazioni che interessano l'italiano medio.

    Il contributo del sociologo allo studio delle cause e componenti dell'attuale situazione religiosa italiana deve essere inquadrato in un'analisi più vasta delle trasformazioni che si verificano nell'ambito della religiosità, in seguito al passaggio da una società pretecnica a una società tecnica.
    Cercherò pertanto di descrivere, in forma contrapposta, le diverse situazioni della religione nei due diversi contesti sociali.

    SITUAZIONE RELIGIOSA
    IN UN CONTESTO SOCIALE PRE-TECNICO

    ♦ La religiosità è fondata su motivazioni cosmo-biologiche. Essa cioè è condizionata da un'esperienza religiosa intesa a risolvere i numerosi interrogativi posti dal cosmo e dal mistero della vita e che non ricevono una risposta sufficiente dall'uomo, privo di strumenti adeguati di indagine e d'interpretazione. Questa religiosità, scandita sui ritmi della natura, trova il suo ambiente più congeniale in una cultura rurale, relativamente primitiva e semplice.

    L'appartenenza al gruppo religioso è spontanea, in quanto la religione istituzionalizzata è parte integrante della società civile, oppure è ad essa strettamente collegata fino al punto che gli stessi organismi intermedi (famiglia, scuola, corporazione, vicinato, ecc.) proposti alla socializzazione umana ne assumono anche quella religiosa. In questa condizione non appare chiaro se l'appartenenza alla Chiesa è fondata su un motivo sociologico o su un motivo religioso; generalmente l'appartenenza religiosa è subordinata all'appartenenza civile e profana.

    La società tradizionale esercita sulla religiosità individuale un controllo molto stretto, affidato oltre che alle autorità religiose anche a tutta la comunità, che sollecita con forte pressione l'adesione ai valori di gruppo. Il controllo è agevolato dall'accentramento dei poteri decisionali della Chiesa. La forte disciplina interna dell'istituzione religiosa porta all'immediata emarginazione dei devianti.
    Vi è così una stasi nello sviluppo dei valori; la tradizione infatti rappresenta un fatto indiscutibile. Per questo, le norme del gruppo religioso tendono a istituzionalizzarsi, a cristallizzarsi cioè in una serie piuttosto rigida di modelli di condotta che valgono non tanto per la loro consistenza interiore e per il grado di libera adesione da parte degli individui, quanto per la loro funzione di guida sicura e semplice per l'azione.
    Di qui traggono origine personalità relativamente prive di atteggiamenti critici verso i modelli di condotta proposti dalla tradizione culturale. Si tratta di personalità scarsamente integrate anche da un punto di vista religioso, appunto perché la loro religiosità è piuttosto in posizione difensiva, priva del senso del rischio e della novità. La fedeltà alle appartenenze è apparentemente solida, ma è invece puramente formale ed è perciò destinata a sfaldarsi al primo urto (emigrazione, urbanizzazione, industrializzazione...).

    ♦ In questo contesto la Chiesa viene considerata come una istituzione della società; anzi essa gode di molti privilegi perché sembra assicurare un certo grado d'integrazione socio-culturale. Sacro e profano tendono a costituire un ordine sociale concentrico e unitario, autarchico e gerarchico. Al limite, si può parlare di cultura sacrale, quando il sacro e il profano non sono adeguatamente distinti, ma fondati su un sistema unico di valori a cui gruppi e individui sono solidamente integrati.
    Non si può tuttavia dare un giudizio esclusivamente negativo della religiosità espressa dalle civiltà pre-tecniche; essa, oltre che a riuscire altamente funzionale al tipo di personalità umana emergente da quella società, non è chiusa ad autentiche esperienze religiose, che godono dei caratteri della dedizione generosa e della coerenza morale.

    SITUAZIONE RELIGIOSA
    IN UN CONTESTO SOCIALE TECNICO

    Le caratteristiche

    Quali sono invece le caratteristiche di una religiosità situata in un contesto sociale caratterizzato dai processi dell'industrializzazione, dell'urbanizzazione e dai relativi fenomeni della emigrazione, della specializzazione dei ruoli, del pluralismo sociale e culturale?

    La religiosità non è più prevalentemente radicata in motivazioni cosmo-biologiche, ma piuttosto ispirata dalla ricerca di una speranza e di una salvezza. L'uomo, dopo aver risolto molti dei problemi postigli dalla natura, si interroga sul proprio destino, sulla propria libertà, sul proprio significato globale, condizionato com'è dai prodotti della sua stessa attività di ricerca e di dominio del mondo. La religione gli può apparire ormai come risposta ultima al suo bisogno di autenticità e di salvezza piuttosto che come chiave di interpretazione del cosmo. Demitizzata la natura, la ricerca religiosa si orienta alla interpretazione dell'uomo, compromesso nel suo rapporto con il nuovo tipo di società e di civiltà che egli stesso si è creato. Non dovrebbe essere precluso a questa ricerca anche uno sbocco verso una religiosità più motivata anche teologicamente.

    Le appartenenze non sono più così chiare e univoche. La società tecnologica è caratterizzata dal pluralismo strutturale e culturale. La divisione del lavoro e la specializzazione dei ruoli impongono infatti la creazione di nuovi gruppi (associazioni), con compiti specifici di tipo operativo, che sono generalmente estranei alle problematiche religiose. L'individuo partecipa così a più gruppi contemporaneamente e viene perciò inserito nel gioco di più appartenenze. La lealtà verso i valori di gruppo provoca molti conflitti che si risolvono ovviamente a vantaggio della appartenenza più influente. Di conseguenza l'appartenenza religiosa spesso perderà il confronto, anche per la diversa collocazione e per il diminuito prestigio del gruppo religioso nell'ambito di questa nuova società, non più unitaria, sacra, gerarchica.

    La forma di controllo esercitata dalla società tecnologica sugli individui è quella propria della cultura di massa. I nuovi potenti mezzi di diffusione dei modelli di condotta provocano il livellamento dei valori, la loro progressiva semplificazione, standardizzazione e neutralizzazione, ed esercitano una forte spinta al conformismo. Solo se il comportamento religioso subisce una profonda trasformazione da prassi di costume a condotta motivata può sottrarsi alla dinamica della cultura di massa. Ciò è tanto più urgente in quanto la cultura di massa sembra provocare delle modifiche relativamente permanenti nella psicologia individuale, che si rivelano negative per la formazione di atteggiamenti religiosi interiori e solidi.

    Il moltiplicarsi di nuovi gruppi che hanno il potere di mettere in comunicazione individuo e società globale, svuota di significato alcuni gruppi preposti alla socializzazione dell'individuo (specie la famiglia) e priva così la Chiesa del sistema di micro-strutture di cui essa si serviva per tramandare i tradizionali valori religiosi.

    La Chiesa inoltre diventa semplicemente una società di culto, che si specifica e si contrappone per cultura propria in rapporto alla società globale. Non è più una istituzione della società vigente, ma struttura relativamente autonoma in seno alla società stessa, con compiti non solamente subordinati alla conservazione di un ordine prestabilito, ma anche più veramente creatori e rivoluzionari.
    L'appartenenza può così fondarsi sulla considerazione delle vere dimensioni ontologico-teologiche della Chiesa e non derivare principalmente dall'appartenenza civile.
    Inoltre il rapporto tra fedele e Chiesa non può più configurarsi come rapporto tra utente e distributore di cose sacre, ma ha significato solo se matura sempre più come rapporto di partecipazione a un gruppo, in direzione non monovalente (verso l'autorità ecclesiastica), ma aperta a tutte le possibilità di incontro.
    In definitiva, se il credente dell'epoca pre-tecnica è soprattutto un individuo diretto-dalla-tradizione, il nuovo credente ondeggia tra quello che viene chiamato l'uomo diretto-dal-di-fuori (norme di condotta mutuate dalla società o dal gruppo) e l'uomo diretto-dal-di-dentro (valori interiormente e liberamente scelti).
    La massa degli impreparati a riassorbire il disadattamento provocato dalle trasformazioni sociali può cadere facilmente nel conformismo e cedere alla pressione di gruppo, o al contrario mettersi in posizione di protesta contro la società. Ma quest'ultima scelta non di rado evolve verso forme di anomia (mancanza di valori direttivi della condotta) o almeno di confusione culturale. Ci si troverebbe così di fronte a un vuoto pericoloso, tra l'abbandono dei modelli di condotta tradizionali e il rifiuto di adottarne dei nuovi.
    Non di rado ciò si verifica anche per i modelli di condotta religiosi; si assiste infatti alla caduta della religiosità tradizionale, senza che per questo si strutturi una religiosità più adeguata alle nuove esigenze. Il fatto sarebbe dunque connesso con le difficoltà di adattamento alla nuova cultura.

    Le conseguenze

    Quali le conseguenze, sul piano più osservabile, di queste trasformazioni della religiosità in contesto sociale tecnico?

    Diminuzione della pratica religiosa, specialmente nelle grandi città, nelle aree di forte immigrazione, nelle zone industrializzate e nelle classi operaie, nelle persone di età media, nella popolazione attiva.
    Impoverimento del senso di appartenenza religiosa, con tendenza alla formalizzazione di esso e con pericolo di totale separazione tra religiosità ed istituzione. Non a caso, si ipotizza nella società industriale e post-industriale l'eventualità-limite di sopravvivenza della religiosità al puro livello individuale, scomparsa ormai come condotta di significato sociale. La religiosità personale, sganciata da un supporto istituzionale, rischia però di non sopravvivere in una società come quella post-industriale, nella quale non vi è posto per un «progetto trascendente» e in cui si assiste al progressivo logorio delle attitudini psicologiche che rendono possibile l'esperienza del sacro. Una residua capacità di lettura religiosa della realtà umana sarebbe comunque sempre presente, in quanto la funzione simbolica religiosa non è estinta, ma solo cristallizzata in una miriade di nuovi simboli (il simbolo decaduto, secondo M. Eliade).
    Evidente confusione nel quadro di valori, specialmente in quelle aree che nella precedente situazione socio-culturale godevano di un alto grado di sacralità; questo avviene ad esempio per le aree della morale sessuale e familiare e di quella strettamente «personale» (difesa della vita, ecc.), in opposizione alla morale sociale.

    Vi sono però anche altre componenti, prevalentemente positive, nel processo di trasformazione della società e della religiosità:

    Il processo di secolarizzazione della cultura non può non portare ad una maggiore autenticità della religiosità, sottraendola alla grossa ipoteca dei legami e della confusione con il profano, che ad ogni momento la minacciano di superstizione, di magia, di infantilismo.
    Questo processo di chiarificazione talora può dare l'impressione di essere raggiunto solo a caro prezzo, con la perdita cioè di molti comportamenti religiosi di massa e con la riduzione della religiosità a piccole élites, ma è certamente un fenomeno che si sviluppa nel senso di una maggiore consapevolezza religiosa.

    In particolare, il processo di urbanizzazione porta con sé i germi di un rinnovamento; la città infatti offre migliori condizioni (specie per quello che riguarda la cultura) per il sorgere di movimenti, gruppi, centri di studio a interesse religioso che propiziano il ricambio delle strutture e dei modelli di condotta. Del resto, storicamente si può affermare che proprio nelle città si sono sempre avuti i movimenti di riforma e di ripresa religiosa.

    Inoltre, in molte aree geografiche, le classi sociali medie che sembrano aver assorbito meglio i disagi e le contraddizioni del cambio socio-culturale rivelano sintomi di pronta ripresa religiosa, almeno per quanto si riferisce alla pratica cultuale. In questo senso dovrebbero anche avviarsi lontanamente le nuove generazioni di origine migratoria.
    La ripresa religiosa poi viene interpretata come risposta al bisogno di integrazione al livello psicologico e sociale, che è messa continuamente in crisi dalle carenze strutturali della nuova società e dal vuoto culturale (superficialità di interiorizzazione, livellamento e imposizione conformista dei valori) operato dalla civiltà di massa.
    Ma il ruolo integratore della religione non si svolge più su un piano di supremazia culturale, ma in concorrenza con una enorme varietà di modelli di condotta che proprio la situazione di pluralismo tende a moltiplicare. Di qui la necessità di un profondo rinnovamento interiore della religione, che deve essere portata a livello di queste nuove esigenze.

    LA SITUAZIONE RELIGIOSA ITALIANA
    TRA IL PASSATO E L'AVVENIRE

    Ci si potrà ora chiedere se la situazione religiosa italiana presenti i sintomi di questa trasformazione in atto e se il cambio da un tipo di religiosità all'altro sia ormai generalizzato e avvenga in modo ottimale, evitando cioè i rischi di livellamento e realizzando le possibilità positive connesse con le mutazioni della società italiana.

    Una panoramica

    A questo proposito sembra conveniente dare una breve panoramica della situazione religiosa italiana.

    1. La percentuale di italiani che frequenta abitualmente il culto domenicale oscilla tra il 30% e il 40%. Si hanno però delle forti differenziazioni nella pratica religiosa, se si tiene conto del dimorfismo sessuale (le donne praticanti sono quasi il doppio degli uomini), delle diverse età (da un massimo di partecipazione durante la preadolescenza si va ai minimi dell'età giovanile e della maturità), della diversa ubicazione geografica (massima punte nel Nord-Est e minime al Centro-Nord), della diversa situazione ecologica (migliore la pratica nei centri rurali o misti, rispetto ai centri urbani), della diversa professione (sui livelli minimi si trovano gli operai, i liberi professionisti e i commercianti, sui massimi le classi impiegatizie e tecniche e la popolazione non attiva: studenti, casalinghe, pensionati). Inoltre sembra che le zone di reddito intermedio siano quelle più praticanti.
    A questo proposito si potrebbe concludere con un'osservazione del Burgalassi che afferma: «La media nazionale oscilla sull'1,5% di separati, sul 62,5% di indifferenti e di conformisti (oltre la metà degli italiani è tale), sul 36-37% che va a messa regolarmente e tra questi vi sono il 6% di devoti» (Comportamento religioso degli italiani, p. 27).
    Tutte queste cifre sono evidentemente approssimative, poiché risultano dalla sintesi di ricerche diverse per metodologia e per campionatura; inoltre la maggior parte degli osservatori le considera largamente ottimiste.

    2. Altri indici di religiosità cultuale, come la pratica della comunione pasquale, la frequenza alla catechesi domenicale, la iscrizione alle associazioni cattoliche, la dilazione dei battesimi, la comunione domenicale, ecc. sembrano dimostrare l'esistenza di una situazione non brillante, soprattutto se paragonata alla precedente. Difatti, sebbene non vi siano dati sicuri per un raffronto cronologico, si può affermare con una certa probabilità che la pratica religiosa espressa da questi e da altri indici è in netta diminuzione da qualche anno a questa parte.

    3. Oltre alla pratica cultuale possiamo riferirci anche ad altri indici sociologici che riguardano aspetti della religiosità più autonomi dalle norme fissate dalla istituzione ecclesiale.
    Mancano ricerche globali e vaste sulla credenza in Dio tra gli italiani, ricerche che sono del resto assai difficili a realizzarsi per la pratica impossibilità di rendere univoche le domande e le risposte dei questionari d'inchiesta. Tuttavia numerose indagini, sia pure non ineccepibili, da un punto di vista scientifico, starebbero a dimostrare che gli scettici, gli agnostici, i veri indifferenti e gli atei sono certamente pochi in Italia e quasi tutti da ritrovarsi nelle categorie intellettuali, nei professionisti del nord e negli studenti del sud (eccetto la Romagna, dove il fenomeno riveste carattere di massa). Tra gli studenti alcune ricerche preliminari già ultimate o ancora in corso mettono in evidenza tassi di incredulità variabili da un minimo di 8-10% a un massimo di 25-27%.

    4. Altre indagini dimostrano poi la progressiva desacralizzazione delle motivazioni che sostengono il comportamento morale dell'italiano medio; le ricerche di P. G. Grasso sui valori socio-morali dei giovani, quelle di Milanesi sulle motivazioni dei comportamenti familiari, quelle di Burgalassi e di altri sulle radici profonde del concetto di Dio, quelle di G. E. Rusconi sull'atteggiamento ateo dei giovani documentano questa tendenza.

    Nella situazione religiosa italiana emergono però anche i segni di una vitalità religiosa in ripresa; tentativi ormai non più isolati di riforma delle strutture ecclesiali, movimenti di gruppi d'opinione e di cultura, riorganizzazione del laicato, parziale ripresa della pratica religiosa in alcune classi sociali. Dal che possiamo concludere che:

    1. Vi sono sintomi abbastanza chiari che sembrano provare, in vaste aree e classi sociali, una ormai avvenuta trasformazione della religiosità nella direzione da noi descritta (da una società pre-tecnica a una tecnica). In altre aree più ristrette si può pensare addirittura ad una situazione in cui l'esperienza religiosa è ormai ridotta al livello dell'esperienza strettamente personale; essendosi ormai estinta la pratica religiosa come condotta socialmente significativa.
    In altre aree ancora permangono invece le condizioni per la sopravvivenza di una religiosità tradizionale quale quella da noi descritta all'inizio.

    2. Ma oltre a questa variabilità di situazioni il quadro della religiosità italiana è, a nostro giudizio, complicato ulteriormente da una serie di remore o di «ritardi culturali» che ne rendono arduo lo sviluppo verso forme più consone alle esigenze della nuova società.
    Coinvolta in un vasto processo di confusione dei valori (proprio dei periodi di transizione), sollecitata a una profonda rivoluzione culturale (nel senso di un rinnovamento decisivo di strutture e di modelli di condotta), priva peraltro di efficaci strumenti di controllo e di appoggio istituzionali, impoverita dall'indebolirsi delle strutture intermedie (famiglia, scuola, ecc.) che la coadiuvavano nella trasmissione dei valori religiosi, condizionata da una persistente fedeltà a strutture ecclesiali inadeguate (parrocchie, diocesi, gruppi religiosi, quadri dirigenti), la religione in Italia deve interrogarsi seriamente sul suo destino, sospeso tra il passato e l'avvenire.

    CONCLUSIONE

    L'adattamento alla nuova situazione non avviene infatti in modo graduale e positivo se non è agevolato da adeguati interventi da parte di tutte le persone responsabili della vita religiosa.
    Questo impone la presa di coscienza di alcune carenze strutturali della religiosità italiana che rischiano di compromettere il delicato processo di rinnovamento:

    Si sente anzitutto il bisogno di ringiovanimento culturale. La comunità religiosa italiana deve rinnovare le motivazioni della sua pratica cultuale e del suo impegno di testimonianza cristiana, mediante un nuovo soffio di creatività e di criticità che le permetta di inserirsi nella società con sufficiente capacità reattiva, onde non soggiacere alla dinamica mortificante della cultura di massa. Solo dopo questo si potrà ipotizzare che la comunità religiosa italiana possa costituire per propria autonoma capacità una forza di cambio sociale e, se occorre, di rivoluzione.
    Le premesse sono nel Concilio, ma occorre imprimere all'applicazione dello spirito conciliare un ritmo più deciso.

    Occorre rinnovare le motivazioni dell'appartenenza religiosa, favorendo un'ulteriore distinzione del temporale dal religioso in tutti gli aspetti della vita pubblica e privata. La distinzione non pregiudica infatti l'animazione, dal di dentro, del temporale mediante valori religiosi; favorisce anzi una certa purificazione delle motivazioni religiose e permette all'appartenenza di evolvere da puro costume di massa e da usanza formale al livello di convinzione liberamente scelta.
    È a questa condizione che la presenza religiosa nell'ambito della società italiana sempre più pluralista può svolgere un ruolo positivo, nel segno del dialogo culturale.

    È urgente anche creare nuovi organismi intermedi atti a mediare la diffusione e la interiorizzazione dei valori religiosi, dato che attualmente sono pressoché svuotati di importanza e di significato le agenzie tradizionali di socializzazione religiosa (famiglia, scuola, parrocchia). Questo non esclude l'opportunità di rivitalizzare questi gruppi primari, là dove essi sono possibili di sostanziali adattamenti (ci riferiamo soprattutto alla famiglia). Prima però di creare nuovi organismi, vanno valorizzati i germi positivi, presenti ormai dappertutto, e specialmente nei contesti urbani: movimenti di pensiero, gruppi spontanei, centri di studio e di documentazione, agenzie di diffusione della cultura, che costituiscono condizioni utilissime di rinnovamento della religiosità italiana.

    Occorre anche superare le remore frapposte dalla sopravvivenza di strutture inadeguate: assetti territoriali di diocesi e di parrocchie privi di significato sociologico, disorganizzazione nella distribuzione del personale ecclesiastico sia nei quadri dirigenti che in quelli esecutivi, pericolo sempre incombente di una eccessiva istituzionalizzazione, con minaccia di accentramento autoritario a danno della creatività (specialmente dei laici).


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