Pietro Gianola
(NPG 1968-08/09-50)
LA «RAPPRESENTANZA» DEGLI ALUNNI
NELLA COMUNITÀ EDUCATIVA
DELLA SCUOLA E DELL'ISTITUTO
Nell'ambito e nell'organismo della C.E. uno dei vertici di rinnovamento è costituito dall'ammissione e dal funzionamento di veri e propri organi di «rappresentanza» giovanile.
In senso stretto, e perciò proprio, si può parlare di «rappresentanza» giovanile solo quando nella C.E. (a livello di giovani d'età di scuola media superiore), si riconosce e attribuisce ai giovani una funzione di partecipazione attiva alla gestione della Comunità.
Evidentemente in questo caso l'ordinamento della Comunità prevede per
i giovani funzioni che non sono più puramente marginali, ma tenta di portare al più alto livello la loro responsabile, o corresponsabile partecipazione all'azione comune alle sue radici.
Forse allo stato attuale delle cose solo una parte esigua dei soggetti la reclama o vi si sente disposta. Ma non è che un segno delle conseguenze debilitanti del costume che vede da sempre i giovani in posizione di dipendenza e passività sproporzionata alle effettive capacità. Non è certo un punto a vantaggio dei vecchi metodi l'impreparazione dei giovani a pensare e aspirare a più alti impegni.
Ma è possibile, è opportuno accedere a questa aspirazione dei pochi, e per di più stimolarvi gli altri come a un fatto di positiva validità formativa?
È un discorso nuovo, perciò di difficile formulazione.
SI PUÒ PROCEDERE SOLO PER IPOTESI, indicando settori e forme di assunzione di ruoli responsabili, che si sono visti realizzati in vari esperimenti, o che si possono prevedere come realizzabili in questo ordine di idee.
1. Un corpo rappresentativo o individui eletti e incaricati ufficialmente a titolo rappresentativo giovanile possono assumere la gestione di attività minori e di attrezzature e compiti della Comunità di diretto interesse giovanile: attività ricreative, sportive, biblioteca, mensa, rivendite e servizi, e simili.
2. Più significativo sarebbe il riconoscimento di un sistema di contatti con la direzione, con il corpo insegnante, con la comunità educatrice; ciò potrebbe includere e riguardare:
– il diritto di essere tenuti pienamente al corrente di tutto quanto riguarda i criteri di direzione della comunità, di programmazione e di scelta della modalità di attuazione;
– il diritto di rappresentare i compagni nei casi in cui superiori e educatori vogliano consultarli;
– il diritto di chiedere ai superiori ed educatori le ragioni del loro modo di operare, di presentare le eventuali riserve e proposte.
NB. Abbiamo usato l'espressione massima: «diritto».
Crediamo che la si possa difendere in senso stretto, entro precisi limiti di applicazione e di modalità, in base al diritto nativo dei giovani alla educazione e ai modi che la favoriscono. Però si può convenire almeno in un senso più largo di diritto conseguente al riconoscimento ufficiale del corpo rappresentante e all'intesa dei suoi ambiti e modi.
O almeno si può convenire nell'ammettere una prassi che si può formare nell'ambito di un'istituzione, per intesa diretta, per consequenzialità con il metodo instaurato per i rapporti e gli incarichi.
3. L'efficienza maggiore la si ha quando la rappresentanza giovanile è chiamata alla collaborazione quasi abituale con la direzione e con la comunità educatrice e i suoi organi, in sede di programmazione, di giudizio, di verifica, di sviluppo dell'attività e dei metodi.
Comunque si possano giudicare oggi queste ipotesi, è la strada che la storia si incaricherà di aprire e di far percorrere alle istituzioni educative, maturando le condizioni necessarie da parte degli educatori e dei giovani.
La cosa può far qualche meraviglia negli ambienti di scuola o d'istituto.
S'avvia a diventare pacifica e abituale nei Centri Giovanili, nelle Associazioni autonome, creando ponti di contatto e continuità metodologica-strutturale sempre più stretta fra le Opere e i Movimenti Giovanili. Un effettivo inserimento dei giovani nella struttura direzionale della scuola e degli istituti, rappresenterebbe un passo importante nella loro democratizzazione.
Mantenere la situazione attuale, significa mantenere come ideali o essenziali e assolute strutture transitorie, e lesive di una più reale libertà di espressione, di partecipazione, di una delle più significative ed efficaci vie di maturazione personale e sociale.
GLI AMBITI DI LIBERTÀ DELLE ASSOCIAZIONI
E DEI GRUPPI GIOVANILI
Nessuna espressione umana può esimersi dal dovere di incanalarsi in ambiti delimitati dalla realtà del concerto universale cosmico, umano e divino di verità, bontà, bellezza, felicità.
Le espressioni spontanee dei movimenti giovanili hanno anch'esse i loro ambiti di libertà, in parte lasciati alla loro avvertenza e al loro responsabile giudizio, in parte enunciati e definiti, o richiamati, dall'intervento superiormente responsabile degli educatori adulti.
Nel nostro caso richiamiamo:
1. I diritti e i doveri generali di ogni uomo e di ogni cristiano.
2. La struttura generale dell'Istituto, i suoi regolamenti, i suoi programmi (anche se il dialogo può essere indirizzato a migliorarli).
3. Il giudizio onesto e prudente di chi ha la responsabilità ultima dell'educazione e di tutto ciò che in ordine ad essa si svolge nell'ambito dell'Istituto. Tuttavia è meglio che tale giudizio sia assunto e condiviso dalla comunità degli educatori in accordo anche a quella dei genitori; è meglio che anche questo giudizio abbia il coraggio del dialogo con la comunità dei giovani o con i suoi organi rappresentanti.
4. Il diritto di partecipazione «sindacale» e di rivendicazione deve essere regolato ma non può non essere accettato. L'associazionismo giovanile di Istituto non deve intendersi come una contrapposizione antagonista della massa studentesca al corpo educativo e insegnante. Ordinariamente secondo i principi sopra esposti, sempre e dovunque sarà possibile e accetto, esso deve considerarsi la base concreta per l'istaurazione del dialogo tra i due gruppi, sul triplice piano ambientale, didattico, educativo.
Anche gli aspetti «sindacali» di tutela e promozione, vanno intesi per sé sul piano del contributo, non del contrasto (significato completivo, non competitivo). Analogamente all'evolvere del più generale sindacalismo moderno, i progetti «sindacali» dell'associazionismo di Istituto mirano meno a rivendicare torti o a migliori trattamenti o amministrazioni, problemi importanti e tuttavia marginali, quanto a chiedere diritto di ascolto e partecipazione nello sforzo comune per migliorare (o anche per trasformare profondamente) la sostanza delle strutture, degli obbiettivi, dei metodi degli Istituti moderni di scuola e educazione.
Comunque l'argomento dei limiti della libertà «sindacale» è molto delicato. Lo si può trascurare solo nelle ipotesi (irreali) che il giovane alunno non patisca torti e violazioni di dignità e di diritti nell'ambito della scuola e dell'istituto; che esistano altre vie facili per chiarificare le situazioni e risolvere; che comunque valgano sempre meglio vie private, individuali o autoritarie.
QUALCHE PROBLEMA
1. OBBLIGATORIETÀ DI APPARTENERE ALLE ASSOCIAZIONI DI ISTITUTO.
Oggi è evidente che non si può imporre nessun obbligo. «A nostro avviso un tale obbligo sarebbe una grave violazione della libertà di associazione, che si concreta nella libertà di organizzazione, di adesione o di non adesione a forme di vita associata».
2. DIRITTO DI RAPPRESENTANZA DELLA TOTALITÀ degli alunni da parte di una maggioranza o di una minoranza. Vale il principio di libertà richiamato sopra. Inoltre c'è il rischio che gruppi minoritari possano prendere la direzione delle associazioni per scopi di parte.
3. RISPETTO DELLE LEGGI DELLA SCUOLA E DELL'EDUCAZIONE.
In queste associazioni, che debbono costituirsi per iniziativa degli stessi allievi si può fare una ampia esperienza di autogoverno, però senza reclamare quella piena autonomia che è possibile solo fuori della scuola e degli Istituti.
Sia la compartecipazione degli alunni all'organizzazione delle attività svolte dall'Istituto, sia le associazioni d'Istituto che possono sorgere nel suo ambito, sono vere forme di associazionismo giovanile, ma si tratta pur sempre di un associazionismo guidato nel primo caso e controllato nel secondo.
L'autentico asssociazionismo, come movimento autonomo di base, esclusivamente giovanile, non è possibile negli ambienti di educazione, e può volgersi solo al di fuori di essi, nei gruppi spontanei o nelle associazioni di piena libertà ideologica e morale. Tutto quanto avviene nell'Istituto di educazione, sia pure ad iniziativa degli alunni, non può avvenire che con la responsabilità educativa dell'Istituto stesso.
Il capo di Istituto e il corpo educativo sono sempre responsabili di tutte le attività che gli allievi organizzano e svolgono in quanto giovani membri di un determinato Istituto. Non si tratta di un controllo burocratico, paternalistico, estrinseco, ma di una presenza viva e attiva degli educatori ed insegnanti nei diversi gruppi.
La soluzione migliore consiste nella compartecipazione di educatori ed allievi nella conduzione di queste associazioni. Liberi gli stessi soggetti di ritrovarsi fuori, per organizzarsi a loro piacimento in qualsivoglia associazione culturale, ideologica, religiosa, politica.
L'ALTO GRUPPO D'ISTITUTO (i cenacoli di riferimento)
Prendiamo l'espressione per analogia da una geniale ed esemplare intuizione dello scautismo: l'Alta Squadriglia dei Capi costituisce un efficace perno di congiunzione tra i gruppi esploratori e i Capi superiori; è gruppo di trasmissione nei due sensi, è gruppo di particolare formazione, è gruppo di prossima programmazione, ma è anche primo gruppo di consenso.
L'Alto Gruppo di Istituto può essere costituito da quegli alunni particolarmente propensi a condividere piani mete e metodi educativi in leale dialogo con la Comunità degli educatori, in modo da assumere funzione mediatrice nel dialogo educativo tra questa e la comunità dei giovani alunni.
DON Bosco INTUÌ GIÀ QUESTA IDEA quando inserì i gruppi delle Compagnie e soprattutto la Compagnia dell'Immacolata, nell'organismo del suo sistema educativo con chiara funzione mediatrice. Perciò di esse disse Don Ziggiotti: «Le compagnie sono il geniale ponte, ideato da Don Bosco, che collega le due sponde opposte, i Superiori e i ragazzi»:
In ogni Istituto ancora oggi, sia per esperienza degli anni passati sia per rapida nuova conoscenza, è abbastanza facile individuare, nell'unità della classe o della sezione, un gruppo di giovani che spiccano per comprensione, consenso, accettazione delle proposte, dei piani e dei metodi della nostra educazione. Dopo un primo accostamento personale e una prima intesa, si può passare a promuovere un incontro di gruppo per un dialogo d'amicizia, di visione comune, e forse poco per volta anche per un piano di lavoro comunitario, formando un gruppo di speciale
coesione.
Condizioni:
a) i giovani di questo gruppo devono farsi portavoce aperti leali responsabili della situazione, dei punti di vista, delle lamentele, delle difficoltà, delle proposte dei loro compagni. Rientra nello stile inaugurato da Don Bosco per le suddette compagnie, che in qualche riunione siano soli. «Queste conferenze tenevansi con licenza dei superiori; ma erano assistite e regolate dagli stessi giovani».
b) In tal modo possono essere chiamati a collaborare intimamente con gli educatori portando il loro contributo nell'esame delle situazioni e delle proposte, nell'elaborare le risposte, nel preparare iniziative, nell'eseguire previsioni ed aggiornamenti.
c) Presso i compagni, individualmente o meglio ancora nei raduni di assemblea o di gruppo, con delicato realismo conscio dei loro stessi limiti, essi costituiscono un prezioso organo per la circolazione e l'assimilazione dei valori.
d) Forse sarebbe opportuno che questo gruppo mediatore si costituisse non solo con i giovani di più alto valore religioso e morale, ma anche con altri sufficientemente qualificati ma particolarmente sensibili ai problemi giovanili, d'Istituto, di formazione e attività, particolarmente dotati di ascendente.