Giovani: vocazione laici /7
Paola Bignardi
(NPG 2017-03-76)
L’esperienza della famiglia è una delle più intense e decisive che ogni persona possa vivere. Ognuno ha alle spalle un padre e una madre che lo hanno generato, si sono presi cura di lui, l’hanno aiutato a crescere e a trovare il proprio posto nella vita. Quanti non hanno dietro di sé questo amore e questa sollecitudine, ne portano per sempre i segni, nella sofferenza, nel disagio, in una particolare fatica di vivere. Crescere significa potersi staccare dalla famiglia di origine, ma custodendo dentro di sé la gioia, la forza, la luce sulla vita che quelle relazioni originarie hanno generato.
Quanti scelgono la strada della vocazione laicale, hanno nel progetto di una propria famiglia l’esperienza più comune e più naturale. Con il rischio che si viva questa scelta senza troppe domande, a volte senza avere consapevolezza fino in fondo del valore e delle responsabilità che tale scelta comporta, soprattutto in una prospettiva di vita cristiana.
Anche oggi, in questo tempo che sembra essersi emancipato da ogni legame, la famiglia resta un punto di riferimento fondamentale. L’indagine realizzata dall’Istituto Toniolo conferma che le figure familiari sono i punti di riferimento che i giovani hanno scelto per la propria vita: a tutte le figure familiari viene riconosciuto un valore superiore a quello di ogni legame esterno; la mamma è la persona che supera tutte le altre, anche quella del padre, sia per i giovani che per le giovani. Si potrà dire che non è tutto oro quello che luccica, che il fatto che i giovani facciano tanta fatica a uscire di casa e a costruirsi una vita autonoma è frutto di convenienza e segno di immaturità, ma solo fino ad un certo punto. Se si riflette sul significato che i giovani intervistati attribuiscono alla famiglia non si può non concludere che essa resta un punto di forza nella loro formazione e una straordinaria risorsa per la nostra società: da custodire, da proteggere, da valorizzare.
L’amore umano è una delle più grandi esperienze che una persona possa vivere. Il Vangelo ha voluto porre l’accento sul valore dell’amore tra un uomo e una donna, raccontando un miracolo compiuto da Gesù per rendere più bella una festa di nozze e non consentire che nessuna ombra si posasse su di essa.
La possibilità che un uomo e una donna possano realizzarsi nel dono totale di sé è una fonte di felicità, così come lo è il vedere il proprio amore prendere forma al di fuori di sé, in un nuova creatura generata dall’amore: “L’amore è irradiante, contagioso, origine prima e sempre nuova della vita. Per amore siamo nati. Per amore viviamo. Essere amati è gioia. Senza amore la vita resta triste e vuota.”
Il legame tra la gioia e l’amore è il filo rosso che percorre l’esortazione apostolica di Papa Francesco: Amoris Laetitia.
L’esperienza della famiglia è quella di un piccolo mondo reso grande dall’amore che lega le persone; nella sua piccolezza, specchio del mondo di cui è parte e di cui riflette, nel bene e nel male, le dinamiche. Così, nella famiglia si riflette l’esperienza del lavoro, quella della scuola dei figli, quella della politica: in essa tutte le tensioni sociali che caratterizzano il contesto vi si specchiano, provocando disagi o sollievo e trovando in essa spesso una forza riequilibratrice a vantaggio di tutti.
Ma anche le esperienze più grandi conoscono il limite, l’ora della prova, dello scacco, del dolore: è l’esperienza dell’incomprensione tra i due; è quella di un figlio disabile, o quella del desiderio di un figlio che non viene; la malattia grave, una morte precoce; l’invecchiamento, la solitudine, il declino…
E poi, in un contesto complesso come quello di oggi, come conservare la fedeltà all’amore –non solo a quello del coniuge, ma all’amore come stile di vita- quando di esso ci vengono di continuo presentate le caricature? Quando di esso ci vengono mostrati i costi, quasi come un furto alla nostra felicità? Quando per voler bene è chiesto di rinunciare a qualcosa di se stessi, della propria comodità, sicurezza, tornaconto?
La grandezza dell’esperienza familiare conosce le sue tentazioni, a partire da quella di chiudersi su se stessa, nel godimento egoistico del proprio benessere: quello di coppia o quello della famiglia tutta, nel suo insieme; quella di subire senza criticità l’impatto con la cultura e il costume corrente, con le sue ambiguità, le sue mode, le sue confusioni.
Non si può riflettere sulla famiglia senza tener conto anche delle profonde trasformazioni che essa ha subito negli ultimi decenni e ancor più negli ultimi anni. Ci si sposa sempre di meno, dando vita a convivenze che, prive di un legame istituzionale, nascono più fragili e precarie delle unioni consacrate da un sacramento o almeno da un atto pubblico quale il matrimonio civile.
Le famiglie sono sempre più povere di figli in molti paesi occidentali, venendo a mancare nella presenza dei figli di quell’elemento dinamico che contribuisce a rigenerare la vita stessa della coppia.
Le politiche familiari sono ancora troppo deboli e le donne sono costrette a vivere una faticosa vita di corsa o a subire l’alternativa: o lavoro o famiglia e figli.
Anche la Chiesa, pur così attenta alla famiglia con una riflessione ricca e aperta, fa fatica nella prassi pastorale e a rendere la famiglia veramente soggetto e protagonista.
L’attenzione della Chiesa per la famiglia
Il Concilio ha detto con chiara evidenza che la condizione della famiglia è importante per far sì che la Chiesa viva in pieno la sua missione; ne ha parlato nella costituzione sulla Chiesa sia nel delineare l’identità ecclesiale sia nel descrivere i percorsi spirituali dei laici: tra essi quello familiare ha un posto speciale, tipicamente laicale. La riflessione sulla famiglia torna nella costituzione su La Chiesa nel mondo contemporaneo e nel decreto sull’apostolato dei laici, e in molti altri passaggi meno rilevanti. Un’attenzione così ampia fa comprendere come l’esperienza familiare sia ritenuta dalla Chiesa un luogo esistenziale importante per vivere il battesimo, per contribuire alla vita della comunità cristiana, per dare il proprio contributo alla società, per vivere compiutamente un cammino di santificazione che non è di serie B rispetto a quello di monaci e preti.
Il Concilio ci ha consegnato un’immagine che ora non ci stupisce più ma che con grande efficacia raccoglie in sintesi la novità conciliare sulla famiglia, che viene definita Chiesa domestica. Chiesa dentro le case, che nella loro normale e quotidiana laicità accolgono e custodiscono le esperienze umane fondamentali: la sacralità dell’amore, della vita che sboccia e che cresce, delle gioie, dei dolori, delle preoccupazioni di ogni giorno, la sofferenza del declino, della malattia e della morte: tutto si sviluppa dentro la casa, tutto acquista valore e intensità dalla forza dei legami che fanno famiglia. Dunque non è solo la chiesa, luogo del sacro, a consentire l’incontro con Dio e una vita sotto il suo sguardo, ma anche la casa: in essa la preghiera, la comunione, il perdono, il sacrificio, la gioia, l’amore, la cura… costituiscono la trama entro cui si snoda una storia d’amore con Dio, che benedice, che guarisce, che dà forza. La storia della santità si svolge anche dentro le case e ha per protagoniste le famiglie.
Sulla spinta del magistero conciliare si è sviluppata la successiva riflessione magisteriale, in particolare quella di Giovanni Paolo II e di Papa Francesco. Entrambi hanno dedicato un esteso documento alla famiglia come esperienza umana, ecclesiale, spirituale e pastorale di grande rilievo: la Familiaris Consortio il primo, l’Amoris Laetitia il secondo.
I due documenti sono accomunati dal riferimento alla Scrittura e al Concilio, da una riflessione che vuole mostrare la grandezza spirituale e la dignità ecclesiale della condizione familiare e dallo sforzo di interpretare i cambiamenti in atto che si riflettono sulla famiglia con un esito di disorientamento e di estraneazione di tanti dalla vita della comunità cristiana.
Nel poco spazio a disposizione cito solo alcuni aspetti del più recente di questi documenti, l’Amoris Laetitia, che può essere considerato il punto più avanzato della riflessione cui è giunta la Chiesa, anche in considerazione del fatto che esso nasce da un Sinodo dei vescovi e da una duplice consultazione che ha raccolto la ricchezza di esperienze, di inquietudini, di difficoltà a vivere da cristiani l’esperienza familiare nell’attuale contesto.
Papa Francesco insiste sulla concretezza dell’attenzione che la Chiesa deve mostrare per la famiglia. Esiste certo un modo ideale di pensare la famiglia, ma come meta cui tendere, senza la pretesa che la storia delle famiglie concrete rispecchi questa visione in modo perfetto. Anche la Scrittura racconta storie di coppie in crisi e vicende di famiglie segnate dal peccato: La Bibbia «è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari» (AL 8) da famiglie che si sono confrontate anche con il peccato, quando la relazione d’amore si è trasformata in dominio (cfr AL 19).
La famiglia secondo il Vangelo, così come è stata recepita dalla Chiesa nel tempo, vive la sacramentalità del matrimonio e la fedeltà indissolubile di un amore reso forte dalla benedizione di Dio, è aperta alla trasmissione della vita e impegnata nella educazione dei figli. Questa vocazione, presentata come ideale dinamico verso cui tendere, deve costituire la piena realizzazione dell’amore coniugale ma non un giogo che mortifica e soffoca la gioia dell’amore. L’attenzione alle situazioni imperfette e alle famiglie ferite è molto forte e carica di comprensione, fino ad affermare che «non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa” (AL 122).
La famiglia deve essere riconosciuta come protagonista di evangelizzazione; con la sensibilità che deriva dalla loro esperienza, le coppie cristiane possono dare alla pastorale un apporto decisivo, sia nella preparazione dei fidanzati al matrimonio, nel sostenere coloro che attraversano un tempo di crisi o per le coppie separate e divorziate.
Il documento è percorso dalla consapevolezza che oggi fare famiglia secondo la prospettiva del Vangelo è difficile. Del resto lo ha espresso con una battuta lo stesso Papa Francesco in un’udienza in cui, parlando dei giovani sposi ha riconosciuto il coraggio che oggi è necessario per promettersi e impegnarsi ad un amore per sempre. Per questo la Chiesa oggi si fa molto attenta alle situazioni cosiddette irregolari: i termini che ricorrono più frequentemente sono accompagnamento, discernimento, integrazione. Per aiutare ciascuno, nella sua situazione concreta, a ritrovare un proprio posto nella comunità, il Papa afferma che “sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione” (AL 296). Attenzione alle persone e alla loro condizione: questa è la chiave per interpretare l’orientamento pastorale della Chiesa anche a proposito della famiglia.
Se un tempo il magistero è apparso giudice fin troppo severo ed esigente aggiungendo alla sofferenza delle incomprensione, del dramma, quando non anche delle violenze subite il peso di sentirsi esclusi e incompresi dalla comunità, oggi la Chiesa, nel suo essere ospedale da campo, sente la vocazione e la responsabilità della misericordia che non è un atteggiamento facile – afferma Papa Francesco che poniamo “tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale”– e tuttavia l’unico che può far trasparire l’amore di Dio che salva (cfr AL 311).
La convinzione con cui la Chiesa saprà avvolgere la famiglia nella misericordia – nelle forme del sostegno, dell’aiuto concreto, della comprensione, della solidarietà… – la renderà capace non solo di parlare di Dio alle persone di oggi ma anche di conservare a questa grande esperienza umana la sua forza di riferimento per tutti, a partire dalle nuove generazioni.