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    Esercizi di discernimento /4

    «Discernenti digitali.

    Nuova consapevolezza

    giovanile»

    Giacomo Ruggeri


    Discernimento: per tutti, non più per pochi

    Discernimento. Ciò che era relegato per gli addetti ai lavori, ora non lo è più. Non può più esserlo nemmeno nella pastorale giovanile parrocchia, diocesana, in Oratorio. Discernimento è uno di quei termini che ha trovato esercizio in chi, sino a oggi, ne vive la profondità, la saggezza, la ricchezza, la necessità. Nella vita ordinaria di una parrocchia, di un gruppo giovanile, di un Oratorio (e della pastorale in genere di una diocesi), il termine discernimento è stato relegato alla sfera vocazionale. Cammino e percorso di discernimento è il linguaggio usato per chi desidera capire e vagliare una potenziale chiamata vocazionale da parte di Dio. Tutto qui? Troppo poco.
    Il termine discernimento, complice anche la formazione ignaziana di Bergoglio, da puro termine di concetto sta diventando criterio esigente e necessità per il tempo attuale. La complessità è il clima che respiriamo ogni giorno e in tale contesto sapersi muovere con passi intelligenti e scelte sagge, richiede l’esercizio costante di discernere. Lo scenario umano globalizzato e globalizzante all’interno del quale la persona si situa, e cerca di situarsi, facilita e nel contempo, accelera il mutamento delle dinamiche relazionali. Sta cambiando il concetto stesso di relazione, di comunità ecclesiale, di parrocchia e, all’interno di tali contesti, la visione di persona. Il mutamento antropologico non è più un orizzonte verso il quale stiamo camminando, ma è divenuto il terreno sul quale le nostre vite si animano, crescono, credono, maturano, muoiono.

    Viviamo di frammenti accelerati

    La società è in velocissimo mutamento, rimodulando stili di vita, modelli etici, criteri culturali sui quali si erano finora costruite la realtà sociale e le corrispettive – per quanto differenziate – identità sociali, religiose e di genere. È sempre più evidente, soprattutto nel mondo giovanile, una frammentazione sociale generata dai processi di individualismo da un lato e di localismo centrifugo sull’io dall’altro. Frammentato è l’individuo e frammentata è la persona in contemporaneità temporale su più piattaforme digitali (motori di ricerca, social network come Facebook, Twitter, WhatsApp, Instagram, Linkedin, Myspace, Viadeo, Netlog per citarne alcuni) in perpetuo movimento.
    La prima conseguenza derivante dalla complessità è lo spezzettamento del tempo in tanti frammenti, ognuno autosufficiente in sé. Ne scaturisce uno scenario umano nuovo nel quale imparare a muoversi. L’idea del tempo vissuto come un’unica storia è oramai labile; di fatto, la persona si ritrova a vivere più storie di vita. Si è come alla presenza di infiniti tasselli nel mosaico quotidiano, la persona avverte la pesantezza e la fatica di accostarli l’uno accanto all’altro cercandone una connessione che ne abbia senso. Accostamento alquanto difficile. Questa frammentazione del tempo porta con sé, inoltre, il rischio di azzerare da un lato la memoria e dall’altro il desiderio di futuro. È come se le parole “ieri, oggi, domani” oppure “passato, presente, futuro” ridotte a una formulazione moderna dell’hic et nunc: qui e ora, adesso. L’accelerazione della socialità digitalizzata moltiplica un pullulare di momenti presenti, di istantanee vissute come assolute, eterne, atomi infiniti e slegati di emozioni da ciò che precede e da ciò che segue.
    Il tempo attuale vive una realtà radicalmente mutata, perché tutte le opportunità e le novità che sono approdate sul mercato si sono trasformate in sfide senza ritorno, in modo particolare per la Chiesa. Una di queste è Internet e i social network. Dove c’è la persona, lì vi è un’esistenza in relazione, in interazione, sempre e comunque. Per questo sono convinto che Internet e le reti social-media siano un mondo totalmente nuovo per la Chiesa e ciò che significa, comporta porre in atto in esso l’agire ecclesiale. Prima ancora della pastorale è il concetto stesso di fede e di credere nel tempo attuale che pone seri interrogativi alla Chiesa. L’uomo e la donna di oggi non vivono in un mondo parallelo come quello di Internet, ma si sentono profondamente a casa nella socialità digitalizzata. Se la persona si sente se stessa quando è social-on e mancante, invece, quando è social-off, questo tipo di sentire social-on è il terreno del nuovo apostolato e della nuova pastorale per la Chiesa.

    Ci sono per te, qui e ora. Pastorale con i giovani

    Apostolato è sinonimo di presenza, di esserci per condividere, senza mire di proselitismo o chissà di quali azioni fini e sottili per sottrarre la persona a Internet. La realtà di Internet è reale per l’uomo nel tempo attuale e ogni tipo di discernimento muove i suoi passi da ciò che è reale e concreto. Accettare Internet nella struttura dell’azione ecclesiale come qualcosa che si aggiunge e con il quale fare i conti significa non capire la logica dell’incarnazione. L’incarnazione non è stata solo un evento mirabile circoscritto nel tempo e nello spazio, ma è lo stile dell’agire stesso di Dio. È più che maturo il tempo perché la rete digitale entri nella prassi giovanile ecclesiale italiana e, in essa, l’agire della Chiesa, un agire che non ripete – né potrebbe – l’azione di Gesù, ma che si realizza hic et nunc al fine di edificare la Chiesa, annunciare il Vangelo e il Regno agli uomini del tempo attuale, esercitare la carità pastorale nella forma del formare, dell’educare, del prendersi cura della persona.
    Il colpo di reni che la Chiesa – specie la pastorale giovanile nel tempo attuale – riceve in consegna, da Internet, è molto profondo: non si tratta solo di riconoscere la presenza di Dio nella rete digitale (perché in essa le persone sono presenti), e nemmeno la necessità di esserci pastoralmente per intercettare le persone, ma la capacità di renderle consapevoli del bene, del male, dell’agire della grazia di Dio e dell’agire del male che corre nelle vie social. Più che una sfida è la base per avviare una nuova prassi ecclesiale nel digitale. I cosiddetti nativi digitali vivono una trasformazione e una mutazione interna perché in essi vedo una migrazione: da nativi digitali a digitali discernenti. Se i primi rappresentano le generazioni nate e cresciute nella proliferazione e capillarizzazione delle nuove tecnologie, i secondi sono la generazione attuale alla quale affiancarsi perché sia aiutata e accompagnata nell’esercitare il discernimento nel digitale. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo» (Lc 24,15-16).

    Compagni come discernenti digitali

    Credo che sia l’icona biblica che meglio rappresenti cosa significhi esercitare il discernimento con me stesso e al fianco dei digitali discernenti. Tutti, allora, siamo digitali di- scernenti: giovani e adulti, bambini e anziani, credenti e in ricerca. Ciò che compie Gesù con i due discepoli incamminati a Emmaus è quanto spetta alla Chiesa nel nuovo ministero di accompagnamento nel digitale: è il servizio della consapevolezza profonda, quell’invito ad aprire gli occhi nel flusso delle connessioni digitali su ciò che scrivo, nella foto che posto, nel commento che lascio, nel profilo che apro perché imparo a decifrare, riconoscere, distinguere, capire, riflettere, accettare, accogliere, scegliere, decidere e agire con digitale intelligenza.
    I contenuti della fede si trovano in rete e per bambini e adolescenti la questione non è né di libro, né di sussidio; non è nemmeno di catechisti perché la voragine tra genitori analfabeti nella fede e catechisti frustrati per i risultati scarsi, e l’inadeguatezza di sentirsi tali, è sempre più abissale. Non è questione neppure di sdoganare la tecnologia nell’iniziazione cristiana, perché i ragazzi sono diventati docenti e i catechisti, loro malgrado, semi ignoranti in materia. Quella che è chiamata l’educazione alla fede e la preparazione ai sacramenti è racchiusa nel recinto di cinquanta minuti scarsi tra grida, minacce, urla, confusione e ansia di concludere da ambo le parti (per assistere poi a genitori chiacchieranti tra loro che attendono fuori della canonica ad attendere i fi- gli come se uscissero dalla piscina, dalla palestra, dal rientro pomeridiano scolastico). Dentro la ‘classe di catechismo’ il catechista lotta a far passare il messaggio del Vangelo, fuori il genitore si rilassa nel passare il tempo ad inviare messaggi sul gruppo di WhatsApp. Il vaso è rotto, la crepa è ampia, l’acqua si perde.

    Il vissuto vero corre nei social

    L’esercizio del discernimento nel digitale è un paradigma per come ripensare e rifondare l’esperienza della fede in Gesù di Nazareth, morto e risorto, alle generazioni dei digitali discernenti. Quindi, di tutti. Dovrò pur interrogarmi profondamente se, come parroco, la vita interiore delle persone della parrocchia attraversa sempre meno il sacramento della riconciliazione, l’accompagnamento spirituale tradizionale, la partecipazione attiva alle liturgie, gli incontri di formazione per gli adulti sulla Bibbia! Questo fiume di vita interiore e intima, estatica, estetica ed esposta scorre altrove, nei fiumi carsici dei profili social, nelle cascate dei blog d’opinione per andare a tuffarsi nel mare della rete. Gridare dall’altare battaglie contro Internet significa essere fuori dal mondo. Dal quel nuovo mondo dove la gente, la tua gente come parroco, c’è e si tuffa nella rete portando vita, speranza, dolore, rabbia, ansia, fede, violenza e tutto quel bailamme che è dentro di sé.
    Se la persona si tuffa, la Chiesa non può starsene a riva, e nemmeno navigare con una barca gettando salvagenti per invitare a uscire dalla rete e vivere nella vita reale. La persona nella rete si sente a casa più di quanto non lo sia nelle mura domestiche. È qui che si incarna l’esercizio del discernimento: l’esercitarsi nella consapevolezza di vincere se stesso, mettere ordine nella propria vita senza prendere decisioni in base ad alcuna affezione che sia disordinata. L’istinto, l’impulso, la reazione, la risposta, lo stimolo: sono tutte dinamiche attive e reattive nella vita social-digitale. Soprattutto i profili social hanno la capacità di tenere costantemente attivo negli altri il prurito urticante, al fine di suscitare la reazione immediata, sanguigna, viscerale, di pancia e di dita roventi. In questo mondo digital-relazionale dove la persona si trova a suo agio, senza distinguere tra confusione e trasparenza, verità e menzogna, va esercitato il dono prezioso del discernimento.


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