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    Prendere la parola nella liturgia /1


    Sale e pepe nella liturgia

    Elena Massimi

    (NPG 2020-02-73)

    Le “chiacchiere inutili” nella liturgia

    Nella nostra vita quotidiana non sempre è semplice capire quando parlare e quando tacere, se abbiamo detto troppe parole, o troppo poche, se le nostre parole sono state opportune o inopportune… Forse ci sarà capitato di pensare: “Se avessi contato fino a dieci prima di parlare…”.
    Potremmo dire, senza fare paragoni inopportuni, che nella liturgia accade qualcosa di simile. Spesso le nostre celebrazioni sono piene di parole e prive di tutto il resto. La liturgia si trasforma in una “grande catechesi” (nel migliore dei casi); non è più la celebrazione del Mistero pasquale, la “riattualizzazione dell’opera della nostra redenzione” (cf. SC 2), ma viene ridotta a semplice spiegazione del mistero.
    Monizioni all’inizio della messa, introduzioni alle letture – come se non bastassero le interminabili omelie – preghiere dei fedeli delle quali, per l’eccessiva lunghezza, non si ricorda l’intenzione per cui si prega… Lunghissime preghiere di ringraziamento dopo la comunione, quando invece si desidera solo un po’ di silenzio per vivere l’intimità dell’incontro con il Signore, o interminabili avvisi prima del congedo.
    Se quindi le nostre liturgie sembrano affollate di parole, è bene considerare la qualità delle parole stesse. La situazione è infatti ancora più complessa perché spesso il linguaggio utilizzato non si dimostra opportuno. Capita che per avvicinare la liturgia ai fedeli e sostenere la loro partecipazione, si introducano nella celebrazione espressioni che stonano con la dignità della celebrazione, che rendono tutto troppo quotidiano perdendo così la necessaria “differenza simbolica”.
    In questa rubrica prenderemo in esame due “parole” nella liturgia che si è soliti comporre per la celebrazione eucaristica: in questa puntata le monizioni, nella prossima la preghiera universale.

    Le monizioni nella liturgia

    La liturgia rappresenta l’occasione per una vera e propria catechesi liturgica?
    Spesso siamo convinti che una spiegazione liturgica prima dei diversi riti possa aiutare i fedeli, in modo particolare i giovani, a partecipare consapevolmente:
    comprensione intellettuale = partecipazione attiva.
    In realtà leggiamo in Sacrosanctum Concilium n. 35:

    […] Si cerchi anche di inculcare in tutti i modi una catechesi più direttamente liturgica; negli stessi riti siano previste, quando necessario, brevi didascalie composte con formule prestabilite o con parole equivalenti e destinate a essere recitate dal sacerdote o dal ministro competente nei momenti più opportuni.

    È evidente come la Costituzione Conciliare sulla Liturgia, oltre 50 anni fa, metteva già in luce che le didascalie nella liturgia dovevano essere brevi, in momenti opportuni e solo se necessarie.
    Prima di introdurre qualsiasi spiegazione, monizione, commento… dovremmo allora porci le seguenti domande: una tale spiegazione, presa di parola o commento è realmente necessario? È di supporto alla partecipazione attiva dei fedeli? Il linguaggio utilizzato è sobrio, semplice, o eccessivamente ridondante e troppo “quotidiano”? Tale intervento interrompe il ritmo della celebrazione, la appesantisce? Qual è il genere letterario di un tale intervento?
    Scopo di tali didascalie, o monizioni, è quello di illustrare il significato del rito e di invitare il popolo alla preghiera; sono in vista di una più proficua partecipazione liturgica dei fedeli, riguardano l’assemblea (si tralasciano, infatti, nel Rito della Messa senza il popolo). È necessario comunque tener presente che la migliore catechesi sull'Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata (cf. Sacramentum caritatis 64)
    Prenderemo ora in esame i diversi momenti del rito della messa nei quali sono previste le monizioni; alcune spettano a chi presiede, altre possono essere lette dal diacono o dal ministro laico.

    Monizioni che spettano al presidente della celebrazione

    Leggiamo nell’Ordinamento Generale del Messale Romano al n. 31:

    Spetta ugualmente al sacerdote, per il suo ufficio di presidente dell’assemblea radunata, formulare alcune monizioni previste nel rito medesimo. Quando è previsto dalle rubriche, al celebrante è permesso adattarle in parte affinché rispondano alla comprensione dei partecipanti. Tuttavia il sacerdote faccia in modo di conservare sempre il senso della monizione proposta nel Messale e la esprima con poche parole.

    Quindi le monizioni:
    - possono essere adattate solo se previsto dalle rubriche;
    - devono essere comprensibili ai partecipanti;
    - non devono allontanarsi dal senso della monizione proposta dal Messale Romano;
    - devono essere brevi.
    Le monizioni che spettano a chi presiede sono la monizione all’Atto penitenziale, alla Preghiera universale, alla Preghiera eucaristica, al Padre nostro.
    È necessario tenere bene a mente come le monizioni richiedano una lettura che ne rispetti il genere letterario: il tono leggermente più basso delle orazioni, più confidenziale, appunto per distinguersi dagli altri testi propri della liturgia (R. Barile).
    - Monizione all’atto penitenziale: può essere adattata, utilizzando poche parole, per favorire la partecipazione dei fedeli, senza snaturarne il senso.
    - Monizione alla preghiera universale: La preghiera universale viene introdotta dal sacerdote celebrante con una breve monizione (cf. OGMR 71, 138).
    Precisa l’OLM 43 come "
    Nel dirigere la preghiera universale, colui che presiede sappia collegare possibilmente la monizione iniziale e l'orazione conclusiva con le letture e con l'omelia, e guidare i fedeli alla liturgia eucaristica".
    - Monizione alla Preghiera eucaristica: viene detta prima di iniziare il prefazio, solo se necessaria, e mai naturalmente mai nel corso della Preghiera stessa (cf. OGMR 31).
    - Monizione al Padre Nostro: leggiamo nell’OGMR n. 152 (cf. OGMR 237) come
    conclusa la Preghiera eucaristica, il sacerdote, a mani giunte, dice la monizione che precede l’orazione del Signore e recita poi il Padre nostro, con le braccia allargate, insieme con il popolo.
    - Monizione prima del congedo, per concludere l’intera azione sacra (cf. OGMR 31).

    Monizioni che possono essere lette anche da altri ministri

    È bene ricordare come colui che presiede una celebrazione ha sempre il compito di dirigere le monizioni lette da altri ministri.
    - Monizione dopo il saluto iniziale del sacerdote e prima dell’atto penitenziale:
    Salutato il popolo, il sacerdote, o il diacono o un ministro laico, può fare una brevissima introduzione alla Messa del giorno (OGMR 50, cf. 124).
    Questa brevissima monizione ha la funzione di introdurre alla celebrazione; può sottolineare il carattere particolare della celebrazione stessa, tenendo anche conto del tempo liturgico, o eventualmente del santo del giorno.
    È possibile anche adattare l’antifona di ingresso a modo di monizione iniziale (cf. n. 31).
    - Monizione alla liturgia della Parola:

    Colui che presiede la Liturgia della Parola […] dopo aver curato che la parola di Dio sia proclamata nel debito modo o da lui personalmente o da altri, riserva di norma a se stesso sia alcune monizioni, per ravvivare l'attenzione dei fedeli, sia specialmente l'omelia, per favorire nei fedeli stessi una più feconda recezione della parola di Dio (OGMR 38).

    L’Ordinamento delle letture della Messa a sua volta precisa:

    Spetta a colui che presiede introdurre talvolta i fedeli alla liturgia della Parola con opportune monizioni prima che vengano proclamate le letture.
    Queste monizioni possono aiutare l'assemblea a un migliore ascolto della parola di Dio, suscitando in essa un atteggiamento di fede e di recettività volenterosa. Il compito delle monizioni può essere però affidato anche ad altri, per esempio al diacono o al commentatore (Ordinamento delle letture della Messa 42).

    Quindi la monizione alla Liturgia della Parola deve:
    - aiutare i fedeli ad ascoltare la Parola di Dio;
    - essere breve e preparata con cura;
    - coerente con le letture proclamate.
    Può essere letta sia dal presidente che da diacono o dal un ministro laico. È preferibile fare un’unica monizione, letta da un ministro diverso di colui che proclama le letture.
    La monizione alla Parola di norma devono essere scritte e approvate dal celebrante (cf. OLM 57).
    Si deve porre attenzione al genere letterario di queste monizioni: devono essere semplici, fedeli al testo, brevi, ben preparate e variamente intonate al testo a cui devono servire come introduzione (OLM 15).
    Anche per il salmo responsoriale sono previste brevi monizioni “che illustrino la scelta del salmo e del ritornello e la loro concordanza tematica con le letture” (OLM 19).
    Notiamo come più volte i documenti citati insistano sulla brevità delle monizioni e sulla loro pertinenza. Se la monizione diventa eccessivamente lunga perde la sua funzione di introduzione, ma diviene un elemento a sé, per questo motivo rischia di interrompere il rito.


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