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    Sale e pepe nella liturgia

    Elena Massimi

    (NPG 2020-06-63)

    Quante volte, entrati in chiesa per partecipare alla celebrazione eucaristica, ci siamo trovati davanti a gruppi di cantori e strumentisti che, invece di sostenere l'assemblea nel canto, davano sfogo ai loro "gorgheggi"? Oppure ci sarà capitato anche di cantare dei canti i cui testi non avevano nulla a che fare con il mistero celebrato, perché la loro scelta forse era stata guidata dal criterio del "mi piace" o del "non mi piace". Le situazioni, i casi a riguardo potrebbero essere veramente tanti... quello che è certo è che la questione della musica e del canto nella liturgia oggi appare fortemente problematica. Eppure, come viene ben evidenziato nella Christus vivit, "Il linguaggio musicale rappresenta anche una risorsa pastorale, che interpella in particolare la liturgia e il suo rinnovamento" (n. 226). Dobbiamo forse chiederci se abbiamo realmente riconosciuto alla musica nella liturgia il suo valore per la pastorale, oppure l'abbiamo semplicemente utilizzata come mezzo per "attrarre" i giovani, lasciandogli cantare quello che più li emozionava, nella speranza di farli "rimanere" in chiesa... Ma come ben sappiamo, quando sostituiamo i lunghi e faticosi cammini di iniziazione liturgica (e quindi musicale) con le "vie brevi", otteniamo solo risultati dal "respiro corto".
    Andare incontro alla sensibilità musicale e artistica dei giovani non significa utilizzare acriticamente gli stili musicali della musica leggera; la musica e il canto nella liturgia devono necessariamente mantenere una differenza simbolica, cioè far vivere un tempo e uno spazio diversi dal quotidiano: la musica nella liturgia è epifania del Mistero. Questo non significa, però, che non possa intercettare la sensibilità musicale dei fedeli, in modo particolare dei giovani.

    Prima di offrire una serie di elementi che possono orientare nella scelta dei canti nella liturgia, precisiamo come la musica (o il canto) sia parte integrante e necessaria della liturgia (cf. Sacrosanctum Concilium 112); questo significa che, come tutti gli altri gesti, parole, elementi della liturgia, contribuisce alla realizzazione/attualizzazione del Mistero della nostra salvezza. La musica (o il canto), quindi, non è una aggiunta esterna alla celebrazione, non è un elemento ad solemnitatem, ma, come la liturgia, ha per fine "la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli" (SC 112). Per questo motivo in Sacrosanctum Concilium leggiamo che "la musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all'azione liturgica, sia dando alla preghiera un'espressione più soave e favorendo l'unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri" (SC 112).

    Per poter scegliere i canti nella celebrazione eucaristica è necessario considerare:

    La qualità della melodia
    Sacrosanctum Concilium 112 sottolinea come “la Chiesa poi approvi e ammetta nel culto divino tutte le forme della vera arte, purché dotate delle qualità necessarie”. Questo non significa che dobbiamo suonare o cantare nella liturgia brani di Mozart o Beethoven, ma che i canti utilizzati nella liturgia devono essere di qualità, cioè che almeno rispettino le regole della "buona composizione". Anche chi non ha alle spalle studi musicali si accorge quando un canto è "scombinato"....

    La relazione tra la Parola e la musica
    Nella liturgia la musica è a servizio del testo, e non viceversa: non è il testo che deve essere piegato alla musica! Quante volte ad una melodia allegra vengono associati testi penitenziali, o peggio, capita anche di cantare Alleluia "tristi". Oppure ci troviamo ad eseguire canti i cui testi non hanno alcun riferimento cristiano esplicito (pensiamo al canto "Te al centro del mio cuore", all'interno del quale non ci sono riferimenti espliciti a Cristo, e che teoricamente potrebbe essere rivolto a qualsiasi persona) o anche con imprecisioni teologiche (ad esempio Verbum panis, il ritornello del quale canta Verbum panis factum est, quando in realtà il Verbo si è fatto carne...).
    Per questo motivo:
    • la musica deve aderire strettamente al testo ed esprimere (anche a livello emotivo) il senso delle parole;
    • è preferibile che il testo del canto sia biblico (o di ispirazione biblica) o liturgico;
    • il testo dovrebbe tener conto sia dell’espressione personale che comunitaria. Testi eccessivamente individuali non aiutano la coesione della comunità; ma anche testi distanti dalla realtà e sensibilità di coloro che li cantano, difficilmente possono essere portatori di senso;
    • i contenuti del testo devono essere conformi con la fede della Chiesa;
    • il testo nella sua espressione linguistica deve essere di qualità.

    La pertinenza rituale del canto
    Il criterio della pertinenza musicale è determinante nella scelta dei canti e riguarda la relazione tra musica, testi, gesti, tempo liturgico, grado della celebrazione... Proviamo ad immaginare se l'ingresso solenne fosse accompagnato da un canto lento e meditativo, oppure se alla comunione dovessimo cantare un inno, con trombe e altri ottoni, che avesse il sapore di una marcia; o ancora se nel tempo pasquale, dove è un risuonare di alleluia, dovessimo trovare melodie tristi e meste... è evidente come nei casi citati non vi è armonia tra i diversi elementi liturgici. Ogni intervento musicale "deve divenire elemento integrante e autentico dell'azione liturgica in corso" (Premesse al Repertorio Nazionale, 6).

    "La musica liturgica deve infatti rispondere a suoi specifici requisiti: la piena aderenza ai testi che presenta, la consonanza con il tempo e il momento liturgico a cui è destinata, l’adeguata corrispondenza ai gesti che il rito propone. I vari momenti liturgici esigono, infatti, una propria espressione musicale, atta di volta in volta a far emergere la natura propria di un determinato rito, ora proclamando le meraviglie di Dio, ora manifestando sentimenti di lode, di supplica o anche di mestizia per l'esperienza dell'umano dolore, un'esperienza tuttavia che la fede apre alla prospettiva della speranza cristiana” (Giovanni Paolo II, Chirografo sulla musica sacra, 5).

    L'adattamento alle reali possibilità dell’assemblea
    Quando si scelgono i canti bisogna porre attenzione sia alle capacità dell'assemblea sia del coro che degli strumentisti. Meglio un canto semplice, ma eseguito con arte, e che permette all'assemblea di partecipare, che un canto difficile ed elaborato, ma eseguito in modo maldestro. Bisogna sempre tener conto anche della composizione dell'assemblea, se è formata da bambini, adulti, anziani...

    Il criterio della solennizzazione progressiva
    Dobbiamo proprio cantare tutto nella liturgia? Alcune volte capita di partecipare a celebrazioni nelle quali tutto viene cantato... e nemmeno con arte.
    In realtà, come ben evidenzia l'istruzione Musicam sacram al n. 7, “Tra la forma solenne più completa delle celebrazioni liturgiche, nella quale tutto ciò che richiede il canto viene di fatto cantato, e la forma più semplice, nella quale non si usa il canto, si possono avere diversi gradi, a seconda della maggiore o minore ampiezza che si attribuisce al canto". Inoltre nello scegliere le parti da cantare bisognerebbe iniziare da quelle che "per loro natura sono di maggiore importanza" (MS 7), e cioè i dialoghi tra il celebrante e il popolo, le acclamazioni, fino a quelle parti proprie dei soli fedeli o del coro.

    La variazione delle parti da cantare rispettando i gradi della celebrazione (feria/memoria, festa, solennità)
    È opportuno che "le forme di celebrazione e i gradi di partecipazione siano opportunamente variati, per quanto è possibile, secondo la solennità dei giorni e delle assemblee” (MS 10). Questo permette ai fedeli di comprendere subito se ci si trova a celebrare una solennità, o un rito particolarmente importante... Bisogna poi ricordare come per alcuni tempi dell'anno liturgico, l'Avvento o la Quaresima, la Chiesa chieda un utilizzo particolare degli strumenti musicali. Le motivazioni vengono ben evidenziate dall'Ordinamento Generale del Messale Romano:

    “In tempo d’Avvento l’organo e altri strumenti musicali siano usati con quella moderazione che conviene alla natura di questo tempo, evitando di anticipare la gioia piena della Natività del Signore.
    In tempo di Quaresima è permesso il suono dell’organo e di altri strumenti musicali soltanto per sostenere il canto. Fanno eccezione tuttavia la domenica Laetare (IV di Quaresima), le solennità e le feste” (OGMR 313).

    Ma, come si suona in chiesa? È di fondamentale importanza saper suonare "con arte": non basta conoscere pochi accordi alla chitarra per accompagnare i canti nella liturgia. La "famosa" differenza simbolica dipende anche dal modo di suonare, che non può essere uguale al modo con cui suoniamo ad un concerto rock. Stessa cosa dicasi per l'utilizzo della voce: nella liturgia non si canta né come se fossimo all'Opera né ad un concerto di musica leggera!


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