La cura e la Vita

I piccoli sono la mia casa

Veronica Micalizio *

 veronica


L
a nostra cultura ci insegna a misurare il nostro valore sulla base delle nostre abilità, di come possiamo contribuire alla società ed essere utili. La Bibbia, però, ci insegna che ciascuno di noi ha valore, non per quello che può fare o dare, ma perché è creato ad immagine e somiglianza dell’amore. Nell’immagine di Cristo è stato creato anche il bambino disabile, che diventerà l’adulto disabile.
Chi sceglie di dedicarsi alla cura e all’istruzione di bambini con disabilità lo fa perché si sente chiamato a ricevere un incarico sacro e nobile. Ho sempre sentito di essere stata scelta per dedicarmi alla cura e all'educazione dei più piccoli; sin da bambina riconoscevo di avere il dono e la sensibilità di sapermi relazionare con i più piccoli e i più fragili. Questo dono, nel corso degli anni e dei miei studi, è cresciuto ed è maturato nella passione per la terapia e l’istruzione del bambino con disabilità. Sento che la mia è stata sì una scelta, ma anche e soprattutto un importante incarico. Mi chiamo Veronica. Nata in California, vissuta in Italia, attualmente a Dubai, dove vivo e lavoro. Questa è la mia vita. Stupendamente imperfetta.
La vita ci insegna ad affermare la dignità di ogni persona, di vedere che il bambino con disabilità è “un angelo di Dio, Gesù Cristo.” Lavorando con questi bambini e le loro famiglie ho imparato a vedere riflesso il bene di Dio nella diversità delle loro abilità, e dei loro bisogni speciali. Vedo bambini che hanno grandi difficoltà nella comunicazione verbale, negli studi scolastici, nella relazione sociale con l’altro, e nella cura di sé. Ma in questi bambini vedo anche l’abilità di interagire con il mondo in maniera completamente originale. Vedo la determinazione che mostrano nel conquistare obiettivi che altri bimbi raggiungono con naturalezza. Vedo la loro abilità di mostrare amore, gioia, amicizia, e compassione.
Avrei voluto raccontare di un bimbo o una famiglia che mi ha trasmesso un’emozione speciale; ad un particolare successo con uno dei miei bimbi, o ad una storia particolarmente emozionante. Ma la verità è che ogni piccolo che ha attraversato la mia vita ha portato con sé un piccolo o grande successo. Il bimbo che non parla, se non con le immagini e parole di un computer, ma riesce a comunicare il suo amore, la sua paura, la sua frustrazione attraverso lo sguardo e i gesti. E la sua famiglia, e chi gli sta intorno, che ha imparato ad ascoltare e leggere le sue espressioni, invece delle sue parole. La famiglia che ha volutamente ed espressamente scelto di mettere al mondo altri bimbi, per assicurarsi che la primogenita avrà sempre fratellini e sorelline che si prenderanno cura di lei, quando i genitori non ci saranno più. La famiglia che ha scelto di accettare il proprio figlio nel suo essere differentemente abile, invece di cercare in tutti i modi di insegnargli ad essere “normale.” In ciascuna di queste storie riesco a vedere la vera immagine di Dio; l’immagine di amore incondizionato, amore che non chiede un contributo, amore che vede in tutte le imperfezioni un disegno sempre e comunque perfetto. 

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