Mariachiara Vaccarella (Roma)
(NPG 2019-08-47)
Istituto Salesiano Teresa Gerini: sessanta anni di presenza e lavoro con i giovani drop out sulla formazione professionale come strumento di prevenzione del disagio sociale in un territorio fortemente degradato, San Basilio, Rebibbia e Tor Bella Monaca sono infatti i quartieri limitrofi. La casa salesiana ospita un Centro di Formazione Professionale di circa seicentocinquanta allievi divisi in ventisette corsi durante l’anno formativo 2018/2019 appena concluso. Gli allievi a conclusione del terzo anno, in base al percorso scelto, possono ottenere le seguenti qualifiche professionali: operatore elettrico, operatore elettronico, acconciatore, operatore meccanico (OMU: operatore macchine utensili), operatore alla riparazione dei veicoli a motore (auto, moto e carrozzeria). Inoltre, per chi volesse ottenere un’ulteriore specializzazione post qualifica triennale, da tre anni c’è la possibilità di frequentare il quarto anno per ottenere il diploma tecnico elettrico o riparatore veicoli a motore. Tutti i percorsi formativi prevedono, dal secondo anno in poi, un periodo di formazione direttamente in azienda per facilitare la sperimentazione da parte degli allievi del contesto lavorativo ed il loro successivo inserimento in esso. Questa fase del percorso risulta infatti cruciale sia per il centro che mantiene ed arricchisce di anno in anno la propria rete di contatti con le aziende presenti sul territorio, cercando di restare al passo con la domanda del mercato, sia per gli allievi che, oltre ad usufruire di una fase di apprendimento sul campo, riescono spesso a trasformarla in un rapporto lavorativo contrattualizzato, sia per le aziende stesse che hanno la possibilità di formare il loro futuro personale qualificato.
Il centro lavora in sinergia con gli altri due centri di formazione professionale presenti nel Lazio, il Borgo Ragazzi Don Bosco ed il Pio XI, tutti e tre guidati dall’Associazione Regionale Cnos Fap Lazio che nei diversi centri cerca di proporre qualifiche professionali distinte per rispondere ad un mercato del lavoro sempre più diversificato ed esigente e mantenere uno stile educativo condiviso. L’obiettivo è accompagnare gli allievi ad inserirsi nel contesto lavorativo avendo sviluppato le loro competenze tecniche strettamente connesse allo sviluppo ed alla crescita della persona. Questa è l’educazione che si cerca di costruire nel lavoro quotidiano con loro in aula e nei laboratori: solleticare l’intelligenza delle loro mani senza dimenticarsi del cuore e della mente.
Formare lavoratori onesti, capaci di spirito di sacrificio ed impegno responsabile non può prescindere dal formare l’uomo e la donna che è in loro, nella prospettiva del lavoro vissuto come servizio al bene comune. Coniugare la formazione professionale con un orizzonte alto di vita è la modalità per far sì che le sei ore al giorno che trascorrono con noi formatori per cinque giorni alla settimana non siano tempo perso, ma tempo di costruzione della propria identità personale e professionale.
Contro cosa si lotta? Contro storie familiari difficili, spesso intrise di dolore a tal punto da non rendere possibile la visione di una via d’uscita; contro difficoltà socio-economiche del contesto nel quale viviamo; contro la paura del diverso; contro la diffusa mentalità dell’autodifesa in ogni situazione di vita e l’invisibilità dell’altro.
Con quali strumenti si lotta? Con la presenza quotidiana in mezzo a loro, in aula, nei laboratori, nei momenti di ricreazione per accogliere le loro confidenze e poter dire, come Don Bosco, la «parola all’orecchio»; con una figura dedicata per ogni classe, il tutor, che monitora ogni allievo facendo attenzione alla dispersione scolastica, alle correzioni da attuare, alle situazioni personali più delicate, con riservatezza e al tempo stesso autorevolezza; con una formazione all’avanguardia che stimoli la loro curiosità, li appassioni al loro lavoro e possa rispondere alle esigenze del mercato; con la disponibilità a lavorare in équipe e a non smettere di aggiornarsi.
Una grande non impossibile sfida
La sfida è grande ma non impossibile perché sostenuta dalla Grazia di Dio e perché ogni giovane, nonostante le difficoltà che vive, nasconde sempre grandi potenzialità da portare alla luce ed accompagnare nella crescita.
Questo processo di accompagnamento viene attuato attraverso delle buone prassi sviluppate ed acquisite negli anni, che sostengono il lavoro di formazione in aula ed in laboratorio: il saluto mattutino quotidiano ad ogni ragazzo che entra nel centro, l’apertura di ogni anno formativo con un momento di gioco e condivisione per favorire la conoscenza tra gli allievi, il buongiorno settimanale su argomenti di attualità per ogni fascia di età, la costruzione di momenti di riflessione dedicati nei tempi forti dell’anno e durante le feste salesiane (Immacolata, Avvento, Natale, San Giovanni Bosco, Quaresima, Pasqua, Santa Maria Ausiliatrice), attività di volontariato pomeridiane per alimentare in ogni la ragazzo la prospettiva della vita come dono, esperienze di vita condivisa costruite e vissute con gli altri due centri (esercizi spirituali, visita sui luoghi di Don Bosco, uscite tecniche), percorsi tematici interdisciplinari.
Tutto questo serve a camminare accanto a loro in modo sano e autentico e a mantenere viva nel cuore questa affermazione di Don Bosco: «In ogni giovane, anche il più disgraziato havvi un punto accessibile al bene; dovere primo dell’educatore è cercare questo punto, questa corda sensibile e trarne profitto». Senza questa ferma speranza perde di significato ogni attività che si possa ideare e nella formazione professionale questa corda, pur rimanendo specifica per ogni giovane, spesso è l’abilità manuale, la loro naturale propensione al lavoro. Dopo tre anni di esperienza come formatrice di matematica mi sento di poter dire che non si può arrivare al cuore di questi giovani se non si passa attraverso le loro mani, addestrandole e valorizzandole. Solo facendo leva su quel pezzetto di bellezza si può riuscire a mostrare loro quella di tutta la persona, a mostrare loro quanto valgono, anche se il mondo fino a quel momento ha cercato di convincerli del contrario. Questo nel mio lavoro quotidiano ha voluto dire reinventarmi come ingegnere a loro servizio, a servizio della loro futura professione e quindi pensare a come la matematica si intersecasse con il loro lavoro e questo è quello che siamo chiamati a fare tutti noi formatori d’aula per essere più incisivi ed efficaci possibile. Soltanto così è possibile riuscire a catalizzare la loro attenzione e costruire quella relazione educativa che passo dopo passo permette di comporre il puzzle della loro crescita professionale, umana e spirituale.
È un cammino lento che prevede un allenamento quotidiano anche e soprattutto per noi formatori: disponibilità ad imparare sempre, anche e soprattutto dagli allievi, capacità di ascoltare e non avere un atteggiamento giudicante, saper dare e applicare le regole con equità e motivandole, essere portatori sani di allegria pur sapendo di soffrire qualche mortificazione perché la libertà di scelta della persona che abbiamo di fronte non verrà mai meno e nostro dovere è facilitare, proporre, guidare, ma mai sostituirsi alla persona. È un cammino che si può percorrere solo attraverso un lavoro di squadra: formatori, allievi e famiglie. L’ufficio orientamento svolge un grande servizio nel tenere le fila di questo lavoro di équipe seguendo ogni allievo dal momento dell’iscrizione al momento del ritiro dell’attestato di qualifica, senza mai perdere di vista il contatto con la famiglia, soggetto educativo primario e imprescindibile nella vita di ogni giovane e nella maggioranza dei casi richiedente supporto e collaborazione per sostenere una crescita sana del figlio.
L’intero ambiente educa ed accompagna ogni allievo e mantenere un clima collaborativo e armonico aiuta a fare in modo che i giovani, come dice Don Bosco, «essendo amati in quelle cose che loro piacciono col partecipare alle loro inclinazioni infantili, imparino a vedere l’amore in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco, quali sono la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi; e queste cose imparino a fare con slancio e amore».
Poter essere parte di questo percorso formativo è una Grazia perché, pur essendo un cammino non privo di difficoltà e insidie, permette di vedere l’opera di Dio compiersi quotidianamente attraverso la bellezza di tante vite che risorgono scoprendo attraverso il lavoro qual è il contributo di Bene che sono chiamate a portare al mondo. Davvero come ci insegna Don Bosco «l’educazione è cosa del cuore, Dio solo ne è il padrone e noi non potremo riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l’arte e non ce ne mette in mano le chiavi».