Cesare Bissoli
(NPG 1973-11-66)
Continuiamo la rubrica sulla educazione dei giovani a pregare i salmi.
Lentamente stiamo planando al concreto, verso quelle preoccupazioni tipicamente pastorali che stanno a cuore agli operatori.
L'articolo che pubblichiamo e redatto da uno specialista (secondo la scelta fatta a monte di tutto, per offrire un certo fondale di sicurezza «tecnica»), autore di uno studio assai apprezzato sul rapporto tra Bibbia e pastorale (La Bibbia nella catechesi, LDC, 1973).
Oggetto della proposta e uno dei problemi che più angustia chi vuol mettere i salmi nelle mani dei giovani: una traduzione fedele materialmente al testo biblico ma incomprensibile per l'universo simbolico così diverso oppure una traduzione più libera, più attualizzante, fedele alla sensibilità di chi prega il salmo?
È evidente che la risposta non può essere data a colpi di «buon senso».
L'autore ci offre suggestioni stimolanti, preoccupate di «fondare» teologicamente le scelte operate e largamente documentate sui modelli correnti.
Il popolo di Dio non «respira» i Salmi, ma li «sopporta»! Frase assiomatica, quindi discutibile, ma capace di coinvolgere nel dubbio la battuta altrettanto assiomatica: i Salmi sono veramente preghiera per l'uomo di oggi. Penso che su ciò siamo più o meno tutti d'accordo, che la contemporaneità del Salterio al pubblico (giovanile) sta sovente più nelle buone intenzioni che nella effettiva esecuzione. Oppure - come nota argutamente A. Pronzato - conserviamo «l'intuizione che quelle 150 preghiere (contengono) delle informazioni preziose sul mio conto e sul conto del mondo in cui vivo e sul conto dei miei contemporanei. Ma quali siano precisamente queste informazioni, non ho mai avuto il tempo e la forza di accertare». Se ne può venir fuori? In quale maniera? Poniamo qui alcune riflessioni suggerite dall'esperienza, in particolare dal confronto con alcune concrete realizzazioni sull'argomento.
UN DUPLICE MODO Dl ESSERE INFEDELI ALLA BIBBIA
Si può essere infedeli alla Bibbia in vari modi:
* A livello esegetico, con un tipo di lettura «selvaggia» che strumentalizza e quindi più o meno falsifica il senso letterale, indiscutibile punto di riferimento per un'autentica comprensione della Parola di Dio.
* Ma si può essere infedeli anche ad un altro livello, che chiameremo, modernamente, ermeneutico o antropologico, allorché, quasi credendo ad una specie di magica efficacia, ci si limita a presentare i risultati dell'esegesi in una traduzione (e non sempre italianamente valida) e qualche nota di commento, ma non si pone altrettanta cura - almeno nell'ambito pastorale - nel rilevare la portata «esistenziale», l'incidenza sulla mentalità del lettore, non riflettendo a fondo sulle analogie di situazione e su un linguaggio espressivo veramente adeguato. Si fa insomma deplorevole confusione tra esegesi e catechesi, o meglio si fa esegesi della Parola di Dio cristallizzata nel testo, ma non abbastanza esegesi dell'uomo cui la stessa Parola è destinata, anzi in cui - specie se credente - la Parola di Dio è già operante.
Anche per i Salmi vi è il rischio della duplice infedeltà, magari resa ancor più grave dal largo uso di essi e quindi da quella routine di recitazione che diventa muro impermeabile ad ogni approfondimento.
Buone raccomandazioni per superare la prima infedeltà, quella esegetica, le ha offerte su questa rivista M. Galizzi, Salmi: la preghiera di ogni uomo (Aprile, 1973, 72-81). Urge superare la seconda, quella ermeneutica, andando ben oltre certe asettiche traduzioni, contornate da qualche chiarificazione prevalentemente dogmatica o morale o ascetica, rigorosa nella resa testuale. Da questo punto di vista non riteniamo sufficiente, pedagogicamente, l'uso sic et simpliciter del lezionario liturgico italiano entrato recentemente in vigore.
UN PRESUPPOSTO INDISPENSABILE: DARE «CARNE» ALLA PAROLA
Nella comune opinione quasi istintivamente si finisce col contrapporre quelli che dovrebbero essere i due momenti uniti nella comprensione della Parola di Dio: l'esegetico e l'«esistenziale». Tensione sì, ma non antitesi, o peggio, reciproca indifferenza. Senza richiamarci ad idee sottili, bisognerebbe però porre in circolazione una maniera più corretta di pensare il rapporto tra Dio e l'uomo nel farsi storico (biblico) della Rivelazione o Parola di Dio. L'uomo, partner ineliminabile del dialogo di Alleanza, non è pura passività su cui verrebbero a posarsi le espressioni della divina volontà già belle e confezionate, chiare come in un codice costituzionale, da ripetere pigramente e trasmettere ai posteri nei frigoriferi di una puntigliosa ortodossia libresca. Una cognizione anche sommaria della genesi del Credo del popolo di Dio nel VT e NT e la conseguente formazione dei libri sacri rivelano un imponente dinamismo della Tradizione, la quale fa opera di rilettura, di approfondimento, di attualizzazione degli interventi di Dio nella storia del popolo. È il caso del Pentateuco, della letteratura profetica, di quella evangelica, e - per il nostro argomento - anche del Salterio che rappresenta il Credo sotto forma di preghiera della comunità di Israele. Basti pensare alla stratificazione di senso che avvolge il tema del giusto sofferente, di cui il Sal 21 (22) («Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?...») è emblema per eccellenza.
Ciò porta ad intendere la Parola di Dio come una realtà trascendente che tocca costantemente il problema della salvezza (e non altri argomenti!) ma con un'ampiezza infinita di virtualità di cui l'uomo biblico ha dato un tipo di realizzazione. Realizzazione privilegiata, senza dubbio, normativa, ma non in una forma talmente esclusiva da occupare quello spazio di ri-traduzione, di rifacimento, di riattuazione che tocca ad altri uomini posti in altre situazioni di vita. È destino della Parola di Dio diventare non libro scritto, ricordo di un passato irrecuperabile, ma - attraverso la luce orientatrice del passato - ridiventare «carne viva», differenziata, come nel profeta, nel Cristo, nel corpo ecclesiale e via via nelle molteplici imprevedibili situazioni di esistenza dell'uomo nella sua storica avventura. Con ardita ma giusta espressione lo Schillebeeckx, trattando proprio della Parola di Dio biblica, annota: «Rivelazione non è dunque "azione salvifica di Dio nella storia" in sé, bensì tale azione salvifica in quanto sperimentata ed enunciata da credenti, in risposta alla domanda circa la definizione o il senso definitivo della vita umana».[1]
Ecco toccato il presupposto dogmatico che giustifica, anzi obbliga un accostamento al Salterio che non sia pura ripetizione meccanica di concetti e vocaboli di altri tempi da trasferire faticosamente all'epoca nostra, ma piuttosto una nuova edizione del Salterio in chiave contemporanea di cui non si potrà mai dare a priori lo stampo, ma solo delle indicazioni di marcia, alla cui luce tante potranno essere le interpretazioni vitali quante le situazioni di chi il Salterio prega. L'importante è che ogni nuova situazione dell'orante sia caratterizzata dall'impegno serio di uomini che non fanno «dannunzianesimo» sui Salmi, ma siano scossi da qualche interrogativo sul problema della vita, e il loro interrogativo sappiano metterlo a confronto con la voce dell'orante biblico, uomo antico, eppur uomo vicino a noi, uno di noi, come noi - direbbe il Moltmann - sotto lo stimolo della Promessa e l'impegno della missione. Senza una precomprensione di questo tipo è illusorio far entrare questo Libro nel circuito delle nostre esperienze umane, cristiane. Per questo giustissimamente è stato detto che «comprende e fa comprendere i Salmi chi è esperto in umanità», chi sa cioè ritrovare l'uomo di sempre con gli eterni problemi della vita e della morte, del dolore, della speranza, della salvezza, nella Bibbia ed oggi.
Alcune realizzazioni pratiche ci aiuteranno ora come esemplificazione.
ALCUNI MODELLI CONCRETI
Si possono raccogliere in tre categorie che permettono di riassumere grosso modo tutta l'infinita pubblicistica sui Salmi.[2]
Una forma tradizionale
La forma tradizionale è quella espressa dai commentari per la scuola di esegesi o comunque di tono scientifico e poi dagli abituali sussidi nell'azione pastorale, liturgica in particolare. Viene offerta una traduzione del Salmo, con note esegetiche, teologiche, liturgiche, spirituali, ecc., con estensione, prospettiva e valore diversi, a seconda degli obiettivi e della capacità dello scrivente. Due ci sembrano essere le note caratterizzanti.
* Vi è un accentuato interesse eucologico (far pregare il Salmo), più che rivelativo, cioè come documento di «umanità» credente, di cui il Salmo annota il misterioso ed imprevedibile insorgere del fatto religioso della preghiera, ora come lamento, ora come lode, ora come fiducia o ringraziamento, ed ancora - per rimbalzo - la concezione di Dio, di uomo, di mondo, di storia, di vita... che vi si sottende. La preoccupazione principale dei suddetti commentari è piuttosto quella di far pregare le cose dei Salmi, ma non pregare come i Salmi maneggiando cose, situazioni diverse.
* La linea tradizionale poi ci dona sovente una miniera di utili informazioni, ma non fuse in unità da uno il quale scrive sui Salmi avendone fatto lui stesso una forte esperienza personale. Non appare la mediazione di un altro orante,[3] ma il rimasticamento di eruditi, mossi da intendimenti scientifici od anche da ragioni pastorali. Anche qui vi possono essere delle lodevoli eccezioni. Ad es. le brevi note di U. Gallizia sui Salmi nella Bibbia Marietti (volume II) manifestano una lievitazione interiore assai interessante, specchio della ricchezza d'anima di questo esegeta ora defunto, che non si ritrova in commentari più prestigiosi ma anche ben più aridi. Così Les Psaumes di A. Chouraqui, PUF, Paris, riescono indubbiamente suggestivi...
Agli effetti pastorali, la linea tradizionale ha sempre anzitutto ragion d'essere nella misura in cui aiuta ad afferrare il senso letterale; può inoltre avere una certa efficacia a seconda della capacità degli scriventi di esprimere una lettura «su misura d'uomo». Chiameremmo questa pubblicistica «letteratura penultima», valida quindi, ma non di immediata utilizzazione, almeno non sempre e non dovunque. Siamo convinti che per tutti, in particolare per i giovani, si possa e sia lecito fare di più, facendo anche diversamente, soprattutto nella linea di una attualizzazione più esplicita, naturalmente ben azzeccata, che stia in piedi, incisiva.
Una attualizzazione estrinseca
La forma attualizzante estrinseca si ritrova in quelle pubblicazioni che presentano una traduzione del Salmo come nella linea tradizionale, ma se ne discostano o la prolungano perché propongono un tipo di commento decisamente sintonizzato con la problematica, la sensibilità e il linguaggio della nostra vita di moderni. Ricordiamo qui alcuni tipi di realizzazione.
* In questa direzione vanno le riflessioni degli «spirituali impegnati» come quelle espresse da E. Bianchi, I Salmi pedagogia alla preghiera e alla fede, in «Note di Pastorale Giovanile», marzo 1973, 67-74, ed anche da A. Gelin, I Salmi preghiera dell'uomo, Queriniana, 1962...
* Un altro modo è reso da M. Mandras, Il tuo volto io cerco. Salmi per adolescenti e giovani, LDC, 1972. Vengono toccati i primi 25 Salmi: breve, ma efficace introduzione «esistenziale» (a cui giovano gli schizzi di G. Pera), testo del Salmo con titolo e sottotitoli incorporati (ma questi avrebbero guadagnato in efficacia se espressi con linguaggio meno convenzionale), ed infine breve nota finale di tono cristologico ed ascetico. Anche le mini introduzioni ai Salmi in Pregare giovane cercano una espressione meno prosastica possibile, anche se ci sembrano ancora troppo legate alle concettuose ed alquanto impersonali didascalie liturgiche.
* Un posto a sé spetta al libro del noto A. Pronzato, Coraggio gridiamo. Esplorazioni nell'attualità dei Salmi, Gribaudi, 1970 (primi 25 Salmi). Una gustosa prefazione che evidenzia molto bene la problematica dell'uomo comune circa i Salmi ci inserisce nel circuito ermeneutico dell'A., bene espresso per altro dal titolo dell'opera (Coraggio gridiamo) con cui si evoca un'inflessione dialogico-personalistica tra l'uomo e Dio su contenuti vitali, per i quali l'orante lancia un «grido» sofferto di invocazione ed attende fiduciosa risposta. Viene poi il testo del Salmo in buon italiano con note dotte ove occorrano, cui segue un commento ampio a mo' di parafrasi, con stile originale, vivace e con felice aderenza alla mentalità e problemi del nostro tempo, in ciò aiutato sia dai titoli e sottotitoli, mai neutrali, che da frequenti citazioni di autori contemporanei.
Indubbiamente si potrà dissentire da qualche interpretazione, tacciarla di allegorismo o accomodazione, financo di stramberia, ma non si può restare insensibile al fascino e alla forza convincente di moltissime intuizioni del Pronzato. In ogni caso costui non ci ha voluto dire: Ecco, i Salmi vogliono comunicarti quanto io qui scrivo; bensì: I Salmi non ti possono parlare veramente se tu, lettore, non fai per te quello che io ho fatto qui per me, una larga rilettura in chiave moderna, con riferimento ai problemi quotidiani, nell'alveo della nostra cultura. Un libro dunque non che spinge a copiare, ma stimola a rifare sulla base della propria esperienza.
In conclusione abbiamo posto in luce una forma nuova, più efficace, di accostamento ai Salmi. Vi è però un inconveniente.
È una presentazione che appare prima o dopo il testo biblico, non dentro di questo. È in fondo un commentario al testo, indubbiamente proficuo, ma che esige tempo di presentazione ed assimilazione, come una specie di equipaggiamento con cui dare poi la... scalata al Salmo. Un certo estrinsecismo per altro fatale circonderà la lettura di questo. Allora sgorga una domanda: non si potrebbe pensare anche una rilettura del Salmo in termini moderni che diventi il testo stesso che poi prego?
Una attualizzazione incarnata
La forma attualizzante incarnata ne è la risposta, quella per cui io non mi imbatto più in una traduzione con un commento, ma il commento è incorporato nel testo, è il Salmo stesso. Uno degli esempi più riusciti e suggestivi a parere dei critici è il libricino di E. Cardenal, Grido. Salmi degli oppressi, Cittadella, 1971 (or. in lingua spagnola: Salmos), con presentazione, qua e là discutibile, di D. Solle. Il Cardenal è un eccellente poeta (è assai importante ricordarlo!), prete, perseguitato politico per la sua lotta a favore degli oppressi nel mondo latino-americano (Nicaragua). L'ottica di lettura del Salterio è data dalla solidarietà che il Cardenal prova per i meno-uomo, quindi radicalmente, da un profondo, caldo, sofferto amore per la persona umana.
Ebbene egli ritrova la stessa sensibilità nell'orante biblico, con in più la pressione amplificante della fede biblica che spessissimo qualifica Dio come il «Dio dei poveri», degli umiliati, degli schiavi, e la cui potenza trascendente il salmista celebra non come peso che schiaccia, bensì come gloria che esalta il piccolo essere umano infinitamente caro a Dio, Signore del cosmo, della storia, e di tutti i tiranni. Sulla piattaforma della comune appartenenza all'unico popolo dell'unico Dio per un interesse sempre emergente, qual è la difesa dell'uomo, vera gloria di Dio, il Cardenal ritiene legittimo non giustapporre un commento nuovo ad un testo antico, ma rieditare il Salmo con una nuova formulazione. E tutto questo beninteso in linguaggio poetico, giacché così si esprimeva quella preghiera salmica che il Cardenal ora prolunga riattualizzandola.
Portiamo qui come esemplificazione il Salmo 1, quello assai noto delle «due vie», o dell'albero piantato lungo il fiume.
Beato l'uomo
Beato l'uomo
che non segue le parole d'ordine del partito,
non assiste ai suoi comizi,
non siede a mensa con i gangster,
o con i generali nel Consiglio di guerra.
Beato l'uomo
che non spia il proprio fratello,
non denuncia il compagno di collegio.
Beato l'uomo
che non legge gli annunci commerciali,
non ascolta le loro radio,
non crede ai loro slogan.
Sarà come un albero piantato presso una sorgente.
A prima vista qualcuno potrà storcere la bocca per più di un verso, ed analogamente allorché leggerà gli altri 25 Salmi attinti qua e là da tutto il Salterio: infedeltà materiale riduttiva dei contenuti, lettura esasperatamente sociologica, quand'anche non sia secolaristica, sensibilità diversa dalla nostra per diversità di problemi (ma fino a quanto?)...
Anzitutto va notato che il Cardenal non ha scritto per farci scuola di Salmi, ma per esprimere il suo modo di intenderli in quella data situazione. Ad essa noi ci accostiamo non per ripeterli materialmente, quasi si trattasse di letteratura ispirata sostitutiva del testo originale sacro, bensì per imparare a fare altrettanto in altre situazioni. Se poi si vede bene, si potrà notare quanto siano approssimative, superficiali le obiezioni sopra ricordate. Tanto per stare al Salmo 1, è vero che l'A. si interessa soltanto della figura del giusto e tralascia quella dell'empio. Ma è evidente che questi vi entra efficacemente per il fatto che il giusto è beatificato con procedimento antitetico in cui quindi anche la via del malvagio è fatta presente, col vantaggio che la polarizzazione dell'attenzione sull'uomo giusto fa emergere l'obiettivo centrale o kerigma del salmista: beatificare colui che segue la Legge di Dio. Quanto poi ai contenuti espressivi della «giustizia» dell'uomo, la modernità di linguaggio del Cardenal non può far dimenticare la convergenza interna con quelli del salmista: in ambo i casi si tratta di peccato realizzato con mezzi «mafiosi», concordati, a danno del povero uomo innocente. Il Cardenal vi ha indubbiamente insistito con energia.
Quanto alla ricompensa del giusto che il Salmo rimarca assai con l'immagine elementare della pianta presso l'acqua, l'A. con sensibilità poetica ne riconosce il valore permanente di simbolo e quindi la trascrive tal quale nel versetto finale. E Dio dov'è? Nel Salmo biblico si identifica con la Legge.
Il Cardenal, richiamando al rispetto della dignità dell'uomo, evoca implicitamente l'omaggio a Dio, anche se di fatto non lo nomina. In ogni caso basterà la lettura degli altri Salmi per rendersi conto dell'imponente, esplicita presenza del Signore, del Signore amico e difensore dell'uomo insidiato.
Va riconosciuta l'arditezza del lavoro di Cardenal, ed anche la non imitabilità o comunque il non consenso su certi modi interpretativi. Né pensiamo che tale lavoro o analoghe ri-creazioni dei Salmi[4] possano sostituire il testo biblico, specialmente nell'uso liturgico. Piuttosto ancora una volta viene indicata in maniera energica e suggestiva una via di riscoperta del Salmo, magari utilizzabile in momenti di incontro spirituale, di riflessione sulla Parola di Dio, in celebrazioni della Parola...
Però per arrivare a tanto bisogna saper compartecipare allo spirito religioso e artistico del Cardenal, non limitandosi a ripetere i rifacimenti di costui, così come si farebbe per il Salmo biblico!
ALCUNI SUGGERIMENTI OPERATIVI
A questo punto facciamo il punto a tutto il discorso con pratiche indicazioni.
Le vie per una lettura del Salmo «su misura d'uomo» - questo è un obiettivo che ci vede tutti d'accordo - sono diverse e non tutte pedagogicamente efficaci se rimangono nella forma classica di una buona traduzione letterale con note esplicative dotte od edificanti. Vi sono di fatto parecchi tentativi che vanno oltre, in uno sforzo di coinvolgere come attivo protagonista l'uomo che il Salmo è chiamato a pregare.
La via che abbiamo chiamata attualizzante e che riteniamo la più consona per il pubblico giovanile, va portata più coraggiosamente avanti, sia nella forma estrinseca con note che scavano nella vita personale e nella società del nostro tempo, sia alla maniera del Cardenal rieditando il Salmo di nuovo.
Ma per arrivare a tale attualizzazione in maniera legittima, per cui non vi sia né uno svuotamento della Bibbia (come messaggio e come linguaggio) né uno estraneamente dell'orante attuale, occorre ben più che una tecnica o un certo prurito spirituale edificante. Si richiede l'anima di un uomo che crede in Dio e nell'uomo (a Dio nell'uomo) e col senso di sofferto inserimento ai problemi del nostro tempo si pone in dialogo di comunione con uomini (quelli della Bibbia) altrettanto credenti e solidali al loro tempo. E ciò che sente lo esprime non nell'arida esattezza del concetto, ma col linguaggio misterioso, divinatore e penetrante della poesia, del simbolo.
- Se ne ricavano alcune linee di lavoro:
* Ricerca di analogie di situazione su problemi umani vitali con apertura religiosa di interpellazione e fede in Dio, mediante una lettura «umanizzante» degli avvenimenti del nostro tempo e dei Salmi biblici, il cui mondo perciò deve essere meditato in profondità.
Lamento personale e collettivo, sentimento di grazie, fiducia, inno... come nascono, quando, perché... nel nostro mondo umano e in quello biblico? Non si tratta di trasporre il passato (il Salmo) nel presente per poter divenire comprensibile e gustabile. Il movimento è piuttosto quello contrario: esprimere il presente servendosi del linguaggio e del mondo immaginifico della Bibbia, perché questo porta in sé la forza convincente della sincerità e della vera poesia, ed insieme aiuta la nostra povera espressione a saldamente ancorarsi nel pellegrinaggio dell'umanità alla ricerca della salvezza, di cui appunto i Salmi biblici pregati ormai lungo trenta secoli sono come la «voce», il coagulo, lo specchio universale.
* Tutto ciò richiede come matrice una intensa esperienza religiosa di «lotta e di contemplazione», di solidale impegno ed insieme di preghiera per il problema che si dibatte; e come espressione all'esterno, il lasciarsi portare dall'afflato poetico presente in tutti noi.
* Ne deriva un criterio di selezione dei Salmi, che non è soltanto quello, per sé buono, di saper cogliere nel Salterio i filoni centrali e meglio espressi, ma anche di scegliere, secondo la sensibilità e le necessità spirituali del momento.
* Vi è un luogo per eccellenza in cui questo lavoro di attualizzazione è chiamato a farsi: il gruppo. Non tanto da intendersi come mettersi materialmente insieme a lavorare, ma come ambiente vitale entro cui cadono le proprie riflessioni, ci si ascolta, ci si apre, si prega e ci si impegna su ciò che si è pregato.
- Due ultime osservazioni:
* Bisogna ammettere che vi è dell'ineffabile in questo sforzo attualizzante, per cui il lavoro di uno non è tutto accettabile da un altro (ma nessuno a questo livello pensa di dover fare delle composizioni perché gli altri le ripetano tali e quali, bensì per stimolare ciascuno a fare la propria via, a dare alla Parola la sua carne) ed anche riesce fedele al Salmo biblico più nella sostanza che nella lettera. Ma è forse più fedele - dal punto di vista globale della salvezza - recitare scrupolosamente i Salmi come abracadabra? Non è destino della Parola una continua incarnazione e quindi il calore nell'ambito di una appropriazione soggettiva?
* Certamente tutto ciò esige un via vai continuo, una sintonizzazione sempre più approfondita col mondo biblico, una apertura sempre più larga all'esperienza di fede. Anzi sarà scopo dell'educatore non di far deviare dai Salmi biblici per le moderne interpretazioni ed attualizzazioni ma attraverso di queste far meglio penetrare nella stupefacente ricchezza e modernità di quelle preghiere, sicché poi uno aprendo la Bibbia sa leggere quasi spontaneamente il Salmo nell'oggi e l'oggi dell'uomo nel Salmo. Ma per arrivare a questo occorre ben più che affermare che i Salmi sono preghiera per l'uomo di oggi: bisogna farne l'esperienza attraverso un itinerario - per altro esigito dalla stessa Bibbia - che tenga più sul serio l'occhio e il cuore sull'uomo e sui suoi problemi, qui ora. Ciò che appare un allontanamente in realtà si rivela come l'unica possibilità di presa efficace.
NOTE
[1] E. Schillebeeckx, L'approccio a Gesù di Nazaret, Queriniana, 1972, 20.
[2] In una eventuale carrellata bibliografica per l'uso pastorale sarà bene presentare e valutare le pubblicazioni sui Salmi non solo tastando il polso cosiddetto scientifico con il contorno di qualche ammennicolo chiamato frettolosamente «applicazione pratica», bensì rilevando la realizzazione più o meno felice del progetto ermeneutico che siam venuti sopra descrivendo e che ora vediamo in alcuni modelli.
[3] Salvo il caso della liturgia, ove l'orante si trova per sé immerso nella esperienza plurisecolare della Chiesa che prega, esperienza quanto mai suggestiva e cattivante, sia perché si evoca la preghiera e quindi l'umanità di generazioni e generazioni, sia perché la Chiesa ha introdotto i Salmi in tutte le principali situazioni dell'esistenza (per quando si va in viaggio, in ricorrenze luttuose, in benedizioni di cose, persone, manufatti...).
Peccato che all'orante attuale tale precomprensione sia pressoché ignorata, né lo aiuti molto una seminagione di citazioni patristiche che trova qua e là nei libri. Un certo aiuto lo può dare S. Rinaudo, I Salmi preghiera di Cristo e della Chiesa, LDC, 1973.
[4] Al momento ci sfuggono altre realizzazioni valide tra di noi in Italia.
I noti «Salmi» del Giombini valgono meno per il testo chiaramente troppo deviante dal passo biblico, quanto per la loro musicalizzazione nuova, moderna, sia nel ritmo che nell'orchestrazione, tale da avere presa nel pubblico giovanile se eseguita con fedeltà. Lo stesso dicasi dei testi e dischi del gruppo Gen ed altri....