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    Problemi di identità e di ruolo dei giovani animatori



    Franco Garelli

    (NPG 1980-1/2-34)


    Questo contributo tratta dei concreti problemi che i giovani animatori incontrano nello svolgere la propria azione educativa. Per giovani animatori si intendono quei soggetti che non hanno ancora raggiunto l'autonomia di vita e che stanno ancora orientandosi in termini di maturità affettiva, ideologica, sociale... Non si accenna qui pertanto agli animatori adulti, a quanti cioè da una condizione di vita familiare o religiosa scelgono a livello di «professione» o di volontariato di svolgere l'attività di animazione.
    Una premessa di metodo. Occorre che il discorso dei giovani animatori, come quello più in generale sull'animazione, eviti con cura un rischio che in questi anni non sempre si è evitato, di scindere tra «momento teorico» dell'animazione e «momento pratico». Contenuti, motivazioni di fondo, fondazione anche scientifica dell'animazione possono andare bene, solo tuttavia se fanno continuamente i conti con i «problemi dal basso». A patto cioè che si consideri l'animazione non come un'identità naturale e immutabile, data una volta per tutte, ma come una realtà da costruire, soggetta a modificarsi, ad essere influenzata dai processi di cambiamento socio-culturale, al centro delle tensioni che caratterizzano l'ambiente in cui viene esercitata.
    Nel presente contributo poi si prescinde dall'affrontare il tema di fondo della plausibilità che un giovane animatore svolga un impegno di animazione con i giovani sia per limiti di spazio e di competenza, sia perché il problema in molti casi non si pone: di fatto le strutture ecclesiali utilizzano giovani per animare altri giovani.

    L'accentuazione di alcuni aspetti problematici

    La prospettiva che muove il mio lavoro è quella di individuare alcuni aspetti problematici nella vita del giovane animatore, per offrire un contributo alla soluzione di tali contraddizioni, cercando di salvaguardare - come obiettivi di fondo - sia la maturazione dell'animatore sia la funzione educativa nella comunità ecclesiale.
    Questa prospettiva impedisce di mettere in risalto tutta una serie di aspetti positivi che l'animazione fatta da giovani porta sia alla comunità ecclesiale, sia ai destinatari, sia agli stessi animatori.
    La non considerazione di questi aspetti positivi non è pertanto imputabile al metodo di un'analisi sociologica tacciata di inforcare abitudinariamente gli occhiali negativi nel guardare alla realtà, ma significa soltanto che in una scelta di priorità s'è cercato di soffermarci su quegli aspetti che più sono problematici per offrire un aiuto alla soluzione delle contraddizioni e dei limiti che un giovane animatore incontra nel suo impegno.

    PROBLEMI POSTI DALLA CONDIZIONE GIOVANILE

    Una prima serie di problemi si pongono all'animatore proprio per il fatto che egli è giovane, vive in prima persona i problemi della condizione giovanile. Nel momento stesso in cui si propone quale animatore di giovani di età inferiore (in genere di poco) alla sua, egli affronta problematicamente, tensioni, istanze proprie della condizione giovanile, non risulta cioè ancora uscito da quella fase di formazione intensiva che caratterizza la realtà dei giovani.

    I giovani animatori si dibattono in molti dei problemi dei giovani animati

    Un primo tipo di problemi, a questo proposito, consiste nel fatto che mentre a livello di animazione si cerca di avviare a soluzione i problemi dei ragazzi con cui si è in relazione, gli animatori stessi vivono un periodo in cui sono costitutivamente non orientati alla soluzione dei propri problemi, in cui presentano una condizione di non definitività, di provvisorietà, di incertezza. Inoltre sovente i giovani animatori sentono come propri gli stessi problemi evidenziati dai giovani animati, anche se ovviamente a livelli di complessità e di presa di coscienza maggiori. In altri termini una parte di problemi provengono agli animatori dal vivere una condizione di vita troppo a ridosso di quella dei ragazzi del loro gruppo, per cui essi affrontano a livello di ruolo e di impegno educativo tematiche che non sono ancora state adeguatamente avviate a soluzione nella propria condizione di vita.

    La difficoltà di coniugare esigenze personali e impegno di animazione

    Un secondo tipo di problemi riguarda le difficoltà a coniugare esigenze personali e impegno di animazione. Infatti nel vivere il proprio ruolo il giovane animatore appare sovente combattuto tra l'essere fedele alla scelta di animazione (non ponendo riserva alla disponibilità, qualificandosi...) e la necessità di avere spazi e momenti di realizzazione personale, di coltivare i propri interessi, di condurre una propria vita giovanile articolata e autonoma. Nell'attribuire in genere importanza sia all'impegno di animazione che alla realizzazione personale, il giovane animatore appare in difficoltà a vivere in modo equilibrato e armonico queste due istanze.
    Egli anzitutto le reputa importanti entrambe perché da un lato il ruolo di animazione gli si presenta come uno degli impegni più valutati comunitariamente, grazie al quale è possibile verificare concretamente le proprie intenzioni e orientamenti di vita e perché dall'altro lato la maturazione della personalità gli appare a lungo andare come la condizione senza la quale l'impegno si svuota di significato e si riduce ad attivismo inconcludente.
    La difficoltà a contemperare le due istanze (di impegno di animazione e di crescita personale) è imputabile sia all'orientamento del giovane a vivere in intensità e in modo totalizzante le scelte fatte, sia alla pressione di sempre maggior impegno e coinvolgimento che l'ambiente educativo esercita sull'animatore, senza preoccuparsi dei risvolti - anche negativi - che questo impegno può determinare sulla formazione dell'interessato.

    Esigenze di realizzazione personale e sociale

    L'esigenza di maturazione della personalità viene avvertita in modo sempre più forte man mano che l'esperienza di animazione procede. Infatti se all'inizio il carattere attivo dell'azione educativa, la gratificazione di un impegno «faccia a faccia» con dei giovani, l'assunzione di responsabilità, la posizione privilegiata nella comunità... possono far passare in secondo piano l'esigenza di realizzazione personale, in seguito l'animatore sente l'esigenza non solo di approfondire le motivazioni all'impegno, ma anche di vivere autenticamente e in pienezza i problemi, le tensioni, le istanze della propria condizione di giovani.
    Queste esigenze di realizzazione sono essenzialmente di due tipi, personali e sociali. Rientrano nella prima area la maturazione affettiva; l'esigenza di un gruppo di amici, dei pari con cui interagire ed esprimere una dinamica giovanile; il bisogno del divertimento, della festa; l'esigenza di fare nuove e continue esperienze, di trovarsi in situazioni diverse, di conoscere nuove persone e gruppi; tutti cioè quegli aspetti e quelle dinamiche proprie di chi si apre alla vita, di chi sta orientandosi, di chi sta percorrendo un complesso processo di identificazione.
    Fanno parte della seconda area di esigenze, quelle relative alla realizzazione sociale, la necessità di orientarsi ideologicamente, il partecipare socialmente, l'essere inserito in una dinamica di informazioni e di proposte socio-culturali, il vivere da protagonista la propria appartenenza alla società. Sovente, rispetto a queste istanze, il giovane animatore deve confessare che lo spazio ecclesiale o il suo impegno di animazione assorbono così profondamente il suo tempo e le sue risorse da impedire o soffocare una presenza e un'espressione sociale soddisfacenti.

    PROBLEMI POSTI DAL RUOLO DI ANIMATORE OGGI

    Una seconda area di problemi per il giovane animatore deriva dalla oggettiva difficoltà a interpretare oggi il ruolo di animatore e a fare proposte educative. L'attuale contesto sociale appare dominato da una profonda crisi delle speranze umane, dal venir meno di modelli sociali di riferimento (caduta nel mito dello sviluppo, crisi della partecipazione...), dallo sradicamento sociale a cui le masse sono esposte. Sono infatti venute meno mete sociali in grado di polarizzare l'orientamento delle masse, di dare alla loro esistenza un senso, di rispondere alla petizione generalizzata di significato che caratterizza l'attuale periodo.
    Questo contesto non appare comunque carente di proposte socio-culturali, di modelli di riferimento, di istanze che vengono presentate come totalizzanti per l'uomo contemporaneo. Esse, però, molteplici, appaiono sempre meno risolutive, o sempre meno condivise da larghi strati di popolazione.
    Nel momento in cui cresce l'esigenza di senso, si produce anche un tentativo individuale o di piccolo gruppo per uscire dalla situazione di crisi di prospettive sociali.

    Di quale proposta educativa farsi animatori oggi?

    Una prima difficoltà all'animatore nell'interpretare il proprio ruolo deriva proprio dalla caduta delle speranze collettive, dall'assenza di prospettive sociali, dal ripiegamento da obiettivi a grande respiro a mete sociali intermedie o di piccolo raggio. Nella difficoltà ad individuare mete sociali e culturali in grado di orientare la propria azione in termini dinamici; di fronte al pluralismo di proposte culturali che più che esprimere le varie possibilità di scelta sta ad indicare un modo individuale o di piccolo gruppo di uscire da una situazione socialmente statica; di fronte a una società complessa in cui non si intravvedono prospettive risolutive e in cui le varie scelte risultano valide per chi le compie senza la pretesa di essere estensibili ad altri... il giovane animatore si pone l'interrogativo del senso di un impegno e di una proposta educativa oggi.
    Nasce quindi il problema del senso dell'essere propositivi in uni società la cui complessità non lascia intravedere sbocchi e alternative significative, del senso e dell'efficacia di una proposta educativa in un contesto caratterizzato da crisi di prospettive socio-culturali.

    L'animatore e i problemi dell'integrazione personale e sociale degli animatori

    Il ruolo di animatori presenta oggi una seconda difficoltà, propria di chi ha a che fare con soggetti (gli animati) la cui condizione di vita appare sempre più complessa. In molti casi il gruppo ecclesiale deve ricostruire una personalità giovanile che non trova nella famiglia o nella scuola ambienti in grado di comporre le diverse esperienze che essi vivono, gli stimoli e le situazioni di vita che li caratterizzavano... Questi giovani, questi ragazzi che vivono in modo frammentario, che non sono identificati positivamente con nessun gruppo sociale o con nessuna istituzione, che esprimono atteggiamenti conflittuali rispetto ad altri gruppi di coetanei o rispetto alla società adulta... richiedono un'azione educativa in grado di ricostruire le condizioni base del vivere sociale, gli elementi di fondo dell'esperienza sociale e collettiva.
    I giovani animatori pertanto si trovano a dover affrontare i difficili problemi di integrazione personale e sociale dei soggetti a cui indirizzano il loro impegno di animazione. Certo il loro compito, alla fine degli anni '70, appare più disagevole e difficile rispetto a quello degli animatori di periodi precedenti al nostro, dal momento che allora si registrava un maggior consenso sociale tra adulti e giovani, una minor conflittualità sociale, e dal momento che in quei tempi il potere formativo di alcune istituzioni tradizionali (scuola e famiglia, ad esempio) aveva ancora un peso rilevante.

    La domanda di fondo: ha senso fare animazione?

    Di fronte a questi e ad altri problemi il giovane animatore appare investito da problemi di identità di ruolo che lo portano ad interrogarsi sul senso di fare animazione oggi, sulla legittimità di incanalare le esperienze dei ragazzi e dei giovani con cui è in contatto verso alcune direzioni precise, sulla pertinenza di un ruolo che lo fa essere responsabile di scelte che possono risultare fondamentali e vincolanti per gli animati... Di fronte a questi interrogativi egli è portato a constatare che la validità della proposta educativa sulla quale si impernia la sua azione può essere ridimensionata dalla ristrettezza e dai limiti dell'esperienza che si fa nel gruppo giovanile rispetto a molte altre proposte ed esperienze presenti nel contesto nazionale; a mettere in risalto lo scarso peso dell'azione educativa nel determinare i modelli di comportamento e gli stili di vita dei ragazzi a fronte del forte condizionamento sociale a cui questi sono sottoposti e che è in grado di scompaginare ed annientare qualsiasi sforzo costruttivo che opera in senso contrario; a ritenere che forse più che un periodo intensivo di formazione (che rischia con l'aumentare dell'età di essere ridimensionato da scelte successive) sia meglio lasciar spazio a quell'equilibrio che l'esperienza di vita e le dinamiche sociali fanno maturare in un soggetto.

    PROBLEMI POSTI DALLA STRUTTURA ECCLESIALE

    Un'altra serie di problemi derivano ai giovani animatori dallo svolgere l'azione educativa all'interno della struttura ecclesiale, dall'operare in un gruppo in raccordo con l'istituzione ecclesiale.
    Molti animatori, nel ripensare la propria azione nella struttura ecclesiale, hanno l'impressione che le loro esigenze formative e di realizzazione personale siano subordinate all'obiettivo di efficienza della struttura educativa ecclesiale. In quàlche modo si sentono strumentalizzati, considerati più per la funzione di animazione che essi possono garantire nel gruppo-movimento che per i problemi, le dinamiche, le esigenze che caratterizzano la loro vita, valutati più per il ruolo che svolgono che per la loro identità. Quando in alcuni casi hanno abbandonato il campo di impegno per fare esperienze di cui avvertivano esigenza (a complemento di un'esperienza ritenuta ridotta o parziale e senza per questo rompere l'azione precedentemente svolta), si sono sentiti per lo più trattati come chi avendo ormai acquisito determinate capacità e fatto un certo iter di maturazione invece di mettersi al servizio degli altri tradisce il proprio campo di impegno e le aspettative che la comunità aveva su di lui, viene meno alla parola data, distoglie la mano dall'aratro...

    L'utilizzo del servizio di animazione per «formare» l'animatore

    Sovente le esigenze organizzative (efficienza in campo educativo e catechistico, necessità di far fronte alla domanda di aggregazione o religiosa...) portano i responsabili ad affidarsi nell'impegno di animazione a giovani che non hanno ancora maturato un chiaro orientamento di vita e di fede. In questi casi si fa ricorso - forse in modo troppo frequente - all'utilizzo della funzione di animazione come terapia formativa per lo stesso animatore, creando quindi i presupposti per scompensi e disorientamenti sia per gli animatori che per i ragazzi a cui è indirizzata l'azione educativa. I giovani animatori si assumono in questo caso impegni che non risultano alla portata della propria condizione di vita.

    Scarsa preparazione sui contenuti e sui metodi

    Sovente poi si verifica a livello ecclesiale una strumentalizzazione per il fatto che i giovani vengono sollecitati a un impegno di animazione senza una preparazione di base (sia a livello di contenuti che di metodi) sufficiente a qualificare la loro azione. Anche se le strutture ecclesiali sono assai prodighe in genere ad offrire motivazioni e contenuti per l'impegno di animazione, occorre riconoscere che in pochi casi i contenuti vengono riattualizzati alla luce della sensibilità dei destinatari e dei processi di mutamento socio-culturale.
    Inoltre l'area ecclesiale appare carente per quanto riguarda i metodi di animazione, le conoscenze di base (non tanto di dinamica di gruppo o di revisione di vita, quanto invece di psicologia dell'età evolutiva, di conoscenze pedagogiche, di tecniche di animazione, di analisi della realtà e di conoscenza del mondo giovanile...) che permettono agli animatori di qualificare il loro intervento.
    Esprimono la carenza qui sottolineata quelle comunità, quei gruppi in cui gli animatori non trovano spazi per riflettere e ripensare - in modo sistematico - l'azione educativa, per analizzare i problemi che l'impegno pone loro, per individuare metodi appropriati alla situazione in cui operano, per elaborare contenuti fedeli si al messaggio educativo ma adeguati ai giovani a cui si indirizzano... In alcuni casi ci si trova di fronte a giovani animatori che vivono il proprio ruolo come semplici esecutori o traduttori di iniziative, linee e progetti educativi già preesistenti, nel senso che in luogo di partecipare a quell'elaborazione di contenuti e di metodi che rende viva e dinamica la funzione di animazione essi sono chiamati a ripetere modelli e contenuti di animazione che risultano consolidati da una lunga tradizione ed esperienza.

    La incapacità di ruoli attivi in contesti sociali poco gratificanti

    L'influsso dell'area ecclesiale sull'animatore non si limita solo al momento di impegno educativo, ma si estende anche al modo con cui egli concepisce ed attua il suo inserimento sociale. Da questo punto di vista si possono osservare - e in modo problematico - casi di animatori la cui forte esperienza ecclesiale in impegni di tipo relazionale, basato sulla gratificazione che deriva dal rapporto personale, portato avanti all'interno di una struttura affettivamente rassicurante, con un ambiente emotivamente coinvolgente... impedisce loro di realizzarsi in situazioni sociali e professionali che non rivelino queste caratteristiche, incapaci cioè di essere attivi in contesti conflittuali o in situazioni segnate dall'anonimato o scarsamente gratificanti dal punto di vista dei rapporti primari. In questo caso l'esperienza effettuata all'interno della struttura ecclesiale (e quindi i modelli, le scelte, i valori che informano tale esperienza) può predisporre i soggetti a realizzazioni sociali parziali o in ambiti ristretti, impedendo altri tipi di inserimento sociale e di realizzazione.

    ALCUNE «ATTENZIONI» DA PRIVILEGIARE

    Quali indicazioni si possono trarre dall'analisi dei problemi vissuti dai giovani animatori? Tra le tante, accenniamo solo ad alcune.

    Il primato dell'identità

    Prima di interessarsi del ruolo dell'animatore e della sua efficacia educativa, sembra indispensabile creare i presupposti perché i giovani animatori riescano a maturare un'identità personale e sociale soddisfacente, al fine di costruire la loro identità su alcune opzioni di fondo in grado di dar senso e unitarietà alle varie istanze ed esperienze di vita.
    Si tratta di riconoscere il primato dell'identità del giovane che svolge animazione rispetto al ruolo e all'efficacia della sua azione.

    Animazione non totalizzante

    Per concretizzare quanto detto occorre anzitutto non fare dell'attività di animazione un impegno totalizzante per il giovane animatore, ma garantirgli quegli spazi sociali e personali essenziali per il suo processo di orientamento e di maturazione. Da questo punto di vista lo stesso impegno di animazione dovrebbe arricchirsi di tutte quelle tensioni, istanze, valori... che il giovane animatore vive nella propria condizione e che esprimono la ricerca di significato nella esperienza che conduce.
    Occorre comunque a questo livello evitare il rischio che l'animazione diventi un impegno saltuario, intermittente, che nell'essere fedele alle esigenze dell'animatore tradisce quelle degli «animati», che registra puntualmente tutti gli sbalzi di umore o le difficoltà quotidiane del giovane animatore.

    Comunità degli educatori

    Per venire incontro alle esigenze di identità dei giovani animatori appare importante costituire all'interno della comunità uno spazio privilegiato in cui gli animatori possano interagire con quanti vivono gli stessi problemi personali e di animazione. Tale spazio risponde anche a quella fondamentale esigenza di confronto sui contenuti e sui metodi che può in effetti qualificare l'azione educativa. Questa comunità infatti dovrebbe elaborare le proposte educative, far chiarezza sulle scelte di fondo personali e comunitarie, mettere a punto i metodi, verificare la propria azione, arricchirsi del contributo di esperti, affrontare i problemi organizzativi, studiare tappe e processi di coinvolgimento e di interiorizzazione della proposta, valutare il modo di tradurre nell'esperienza i contenuti, prendere coscienza del gap esistente tra l'essere e il dover essere dell'animazione...
    Certo anche a questo livello occorre impedire che tale comunità diventi fine a se stessa, per cui la tendenza degli animatori a privilegiare il momento di interazione tra di loro e tipi di impegno in cui essi come gruppo abbiano un largo spazio di intervento possono di fatto sconfessare lo stesso obiettivo di animazione che sta alla base della comunità.
    Si presuppone quindi che questa comunità pur non sottovalutando i rapporti primari abbia motivi più solidi a sostegno della propria aggregazione e del proprio impegno. La comunità educativa (il lavoro in équipe) ha poi il vantaggio di togliere ai singoli responsabilità educative che essi non sono in grado di sopportare, e inoltre di armonizzare o attutire le eventuali distorsioni o eccessive accentuazioni che i singoli possono esprimere.
    All'interno della comunità inoltre sono da prevedere specifici momenti di formazione degli animatori stessi, nell'ottica di offrire contributi alla formazione di quell'identità senza la quale il ruolo educativo risulta un'armatura senza cavaliere.


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