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    La «rete» dell'animazione. Voci per un Dizionario /9

    Mario Pollo

    (NPG 1991-01-46)


    Sino a non molto tempo fa le civiltà industriali dell'occidente esprimevano in modo quasi esclusivo la solidarietà tra i cittadini attraverso quelle che erano, e sono, definite le politiche del Welfare State. Queste politiche, in molti paesi, si fondavano sulla premessa che fosse possibile assicurare uno stato di benessere alla quasi totalità dei cittadini.

    WELFARE STATE, BENESSERE, SOLIDARIETÀ

    All'interno dell'ideologia del Welfare State l'imperativo della solidarietà trovava, quindi, la sua espressione nel lavoro per il progresso dell'economia, della scienza e della tecnica e dell'organizzazione sociale.
    Il benessere per tutti i cittadini era considerato, perciò, un figlio del progresso e dello sviluppo economico unito ad una azione di riforma della vita dello stato, nelle sue varie articolazioni ed espressioni, ispirata ai principi della giustizia sociale.
    All'interno di questo quadro il pagamento delle tasse, l'impegno professionale e lavorativo, la creazione di nuove fonti di ricchezza, lo sviluppo tecnologico e scientifico, unitamente all'attività politico istituzionale potevano essere considerati le espressioni concrete di questa concezione della solidarietà umana e, quindi, anche dell'amore per il prossimo.
    Lo stato, come sintesi dell'organizzazione della convivenza sociale poteva essere considerato, era considerato il luogo dell'amore dell'uomo per il fratello. L'essere buoni cittadini era ritenuto sufficiente all'esercizio della solidarietà , senza peraltro l'onere di un personale coinvolgimento.
    Secondo questa ideologia del Welfare State la ricchezza, gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica dovevano garantire agli uomini una sorta di riparo, non importa se preventivo o curativo, dal dolore, dalla sofferenza e forse anche l'allontanamento il più possibile dall'accadimento della morte.

    La crisi del sistema

    Passata la breve onda della floridità economica facile i paesi industrializzati, una profonda crisi dei loro sistemi di Welfare, ovvero dei sistemi di protezione sociale che riguardano, oltre alla popolazione in generale, in modo particolare i cittadini più deboli e meno protetti.
    Questa crisi si accompagna al riemergere in tutti questi paesi della povertà che si credeva sconfitta, o perlomeno ridotta, a quantità frizionali, creando situazioni sociali di forte tensione e squilibrio che rimettono prepotentemente al centro il problema del rapporto tra sviluppo economico, distribuzione della ricchezza e modelli di convivenza sociale.
    Quasi tutte le società industriali stanno divenendo società duali, dette anche società dei due terzi e del terzo, in cui si sta creando una biforcazione tra coloro la cui vita e la stessa identità personale e radicata in un lavoro stabile e soddisfacente ed i gruppi, assai eterogenei (giovani, donne, anziani, disoccupati, stranieri, inabili, tossicodipendenti e altri marginali, ecc.) la cui caratteristica comune è la emarginazione da forme di lavoro regolari e spesso dall'abitazione, e quindi, da una soddisfacente integrazione sociale.
    La tendenza in atto, e questo spiega la distinzione tra i due terzi ed il terzo, è quella che sta consolidando la quota dei cittadini "non protetti" intorno al terzo dei componenti della popolazione attiva.
    Questa tendenza, già completamente in atto in alcuni paesi e ancora in gestazione in altri, appare per ora scarsamente irreversibile in quanto non sono all'orizzonte politiche sociali adeguate al suo affrontamento mentre, al contrario, si assiste ad una tendenza alla riduzione della spesa sociale.
    Il dato più interessante e preoccupante allo stesso tempo è che questa crisi dei sistemi di Welfare compare ugualmente in quasi tutti i paesi, nonostante la diversità dei modelli culturali ed ideologici che li ispirano.
    L'attuale crisi del Welfare State ha comunque evidenziato una realtà che comunque era già presente nel suo momento di maggior fulgore, ovvero che lo scandalo del dolore, magari sotto forme nuove, continuava a dirsi anche all'interno delle società industriali. Per non parlare di quei milioni di uomini, che non abitano le società industriali, per i quali lo spettro della morte per fame si accompagna ancora a quello dell'ingiustizia.
    La crisi del Welfare ha portato alla luce anche la consapevolezza che il benessere, più o meno relativo, delle società industriali si alimenta, in gran parte, sulla povertà della stragrande maggioranza dell'umanità.
    Molte persone hanno, cioè, scoperto che il loro modello di vita che credevano sufficientemente altruistico e solidale altro non era che una moderna forma di egoismo e che forme di assistenza che si credevano espressione della solidarietà sociale erano segnate da una profonda carica di alienazione.
    Chi ha sperimentato come protagonista o spettatore certe forme di assistenza istituzionale, non importa se pubblica o privata, ha potuto rendersi conto della loro carica alienante.
    Nuove solitudini sono nate all'ombra della pubblica assistenza, nuove disperazioni si sono rivelate nel tessuto disegnato dalla solidarietà espressa attraverso una mercede economica. Il denaro, e non c'era che da aspettarselo, ha prodotto nuovo dolore nel momento in cui gli si è affidata al lotta al dolore.

    Una nuova coscienza

    In questa nuova coscienza sociale nata dalla crisi del Welfare State e dall'urlo disperato dell'ingiustizia vestita di sofferenza, hanno ripreso vigore quelle attività dettate dalla solidarietà e sottratte alla logica dello scambio economico, che sono etichettate in modo assai generico come volontariato. Vi è, in altre parole, il tentativo di alcuni uomini di lascirasi interpellare dalla sofferenza umana, al di là di ogni calcolo di utilità, e di dare ad essa una risposta di amore, di vicinanza e di speranza.
    Qualcuno ha scoperto in questa forma di convivenza umana, intrisa di umana e spontanea solidarietà, un nuovo modo di essere cittadino e, quindi, di fare politica.
    L'animazione, che ha tra i suoi tre obiettivi fondamentali quello dell'aiutare il giovane a "scoprire il sociale come luogo della solidarietà in cui riproporre se stessi senza mistificazioni", non può che proporre nel suo cammino l'educazione a questo nuovo modo di essere cittadini, fondato sulla solidarietà espressa nella libertà del gesto volontario e gratuito della condivisione.
    L'animazione, quindi, propone ai giovani uno stile di vita che fa della solidarietà il collante della partecipazione piena alla vita sociale

    LO STILE DI VITA DELLA CONDIVISIONE COME NUOVO MODO DI ESSERE CITTADINI

    La parola condivisione che letteralmente significa:" l'azione di dividere qualcosa con piena partecipazione" mantiene nell'uso che oggi ne viene fatto all'interno del mondo del volontariato sia il significato di partecipazione che quello della divisione comune di un qualcosa. Infatti la parola condivisione viene usata per indicare che chi la pratica è partecipe della vita altrui e mentre partecipa all'altro la propria all'interno di una relazione di pari dignità. In un senso più definito la parola indica il coinvolgersi con chi è emarginato per lottare e rimuovere insieme le logiche dominanti, le cause del disagio, per costruire insieme a chi si trova in difficoltà risposte adeguate ed efficaci, nel rispetto della complessità dei bisogni e dei diritti, nella vicendevole accoglienza.
    Questa concezione della condivisione proviene direttamente dalle riflessioni che hanno sviluppato coloro che da anni operano all'interno di comunità di accoglienza per le presone che vivono le varie forme di disagio che attraversano la vita degli individui e dei gruppi sociali. Infatti la riflessione sulla vita sociale attuale che queste persone hanno condotto dall'osservatorio dell'emarginazione ha messo in luce come ogni lotta alla sofferenza, al disagio ed alla esclusione e, quindi, come ogni promozione del benessere passi necessariamente attraverso uno stile di vita in cui le persone sono solidarmente partecipi alla vita degli altri, assumendo i loro bisogni e i loro problemi esistenziali come parte della propria vita. Nello stesso tempo questo stile di vita postula la disponibilità a che gli altri siano allo stesso modo partecipi della nostra vita, ovvero che le stesse persone oggetto della relazione di aiuto siano a loro volta messe nelle condizione di essere protagoniste di un dono alla nostra vita. La condivisione richiede che la relazione di solidarietà sia sempre reciproca. Che chi dà sia disponibile a ricevere.
    Lo stile di vita della condivisione è il punto di partenza per una riformulazione del proprio modo di essere cittadini, di vivere il proprio ruolo sociale.
    Questa riformulazione, in chiave di condivisione, conduce ad affermare che l'essere cittadini significa sentire di appartenere a una storia concreta fatta di persone e, quindi, di tante storie che si intrecciano e, quindi, l'essere consapevoli che la propria storia ha un senso solo se si apre alla responsabilità verso le altre storie e che tale apertura ha la sua espressione compiuta nel sociale, ovvero in quel luogo in cui l'economia e la politica intrecciano i loro destini costruendo l'ambito delle possibilità della vita in un determinato luogo dello spazio-tempo.

    Una concretizzazione «quotidiana»

    Questo modo di essere cittadini che condividono comporta necessariamente:
    - la messa in discussione, con una costante verifica, le proprie certezze e sicurezze;
    - la ridefinizione dei rapporti familiari, amicali, economici, culturali, politici e religiosi nel senso dell'accoglienza e della solidarietà;
    - l'accettare di vivere il quotidiano come educazione all'essenzialità, nell'uso delle cose, nei rapporti interpersonali, negli affetti.
    La concretizzazione nella vita quotidiana di questi obiettivi comporta come conseguenza lo sviluppo della consapevolezza che la ricerca della propria identità personale passa anche per un più approfondito e completo impegno di cittadinanza.
    Come si è già avuto modo di chiarire nelle altre voci dell'area della partecipazione alla vita sociale, la persona umana matura, quella cioè che ha fondato la sua identità ben oltre i confini del proprio Io, è una persona il cui Io si è aperto al Noi attraverso la condivisione e la partecipazione solidale alla vita sociale. Si è anche detto che questa apertura avviene solo quando trova la sua motivazione. il suo senso e il suo compimento nel piano dei valori trascendenti, religiosi e non.
    L'animazione che ha come obiettivo la conquista di una identità fondata sulla armonia solidale tra l'Io ed il Noi, pone, quindi, l'educazione alla nuova cittadinanza nello stile della condivisione tra i suoi obiettivi primari e propone ai giovani che vivono il suo cammino educativo l'esperienza del volontariato gratuito. Infatti il volontariato, solo però se vissuto nello stile della condivisione, è il luogo della profezia in cui è possibile sperimentare la concreta realtà della nuova cittadinanza.

    IL VOLONTARIATO COME RICERCA CONCRETA DELLA NUOVA CITTADINANZA

    Per avere concretamente il luogo della profezia della nuova cittadinanza il volontariato deve sempre di meno essere il luogo della compensazione, il luogo cioè in cui la persona cerca di realizzare quell'amore per l'altro che non riesce ad esprimere nella vita quotidiana, per divenire, invece, l'impegno quotidiano che attraversa ogni istante della sua vita.
    Infatti, l'unità della persona esige che la condivisione e la cittadinanza solidale siano esercitate anche nei luoghi dello scambio economico, dello scambio affettivo oltre che in quelli del dono e della gratuità. Non si può, infatti, aderire passivamente ed acriticamente alle regole della competitività più sfrenata nella vita "normale" e riservarsi momenti di donatività attraverso il volontariato.
    La schizofrenia non ha mai fatto bene alla crescita della persona umana.
    Essere volontari significa esserlo nel lavoro, nel tempo libero, nella vita famigliare, nella vita politica, nella vita associata, ecc., portando, per quanto possibile, in ognuno di questi luoghi lo stile della condivisione
    Essere volontari, oggi, coincide, di fatto, con la ricerca di un modo più vero di essere cittadini, non solo del proprio paese ma del mondo.
    Essere volontari significa, infine, ed è questo il suo significato fondante, lasciarsi provocare dallo scandalo della sofferenza e dell'ingiustizia rispondendo ad esso con quella follia che ha nella croce il suo modello radicale.
    È necessario a questo proposito ricordare che il volontariato non è ricerca del successo, non è delirio di potenza, in quanto sa che per quanto generosa ed efficace possa essere la sua azione i problemi della sofferenza e dell'ingiustizia saranno appena sfiorati. Il volontario sa perciò che la sua può essere solo una condivisione che egli realizza nonostante conosca a priori la sua limitata efficacia pratica immediata.

    IL VOLONTARIATO: SCOPERTA DEL TEMPO COME LUOGO DELLA SALVEZZA

    Il volontariato, come nuovo modo di vivere il quotidiano, è l'espressione più evidente della sequela attraverso cui l'uomo cerca nel dominio del tempo la sua salvezza.
    Gesù annunciava la salvezza risanando e consolando chi soffriva e trasformando alla radice il modello della convivenza umana attraverso la radicale giustizia dell'amore.
    Gesù ha reso possibile per gli uomini vivere il tempo come storia di salvezza a condizione che imbocchino il sentiero da Lui non solo aperto ma già interamente tracciato.
    Vivere il tempo però significa anche governare il tempo, scandirlo secondo ritmi che siano funzionali alla realizzazione di un livello più alto di vita umana. La condivisione può essere, se illuminata dall'umiltà che si esprime nella preghiera, il metronomo che dà il giusto ritmo allo scorrere del tempo nella vita umana.
    Questo significa che il tempo deve produrre storia di salvezza, ovvero che deve generare la fedeltà al sogno, rendendo il passato ed il presente la coerenza del futuro. Tra le molte virtù di grandi santi vi era quella dell'essere coerenti con i propri sogni. Di essere cioè coerenti al progetto che Dio esprime sempre nella storia degli uomini e che a loro si manifestava nelle loro visioni diurne e notturne.
    Proprio in questo modo di dare senso al tempo della storia umana, la condivisione solidale della nuova cittadinanza fa parte integrale del progetto di animazione, entrando nella struttura stessa del progetto d'uomo che essa propone alle nuove generazioni.
    Infatti la solidarietà, che si manifesta sia nei momenti forti del volontariato sia nella vita quotidiana, è il motore di quel ciclo vitale che conduce la persona umana alla conquista del difficile, ma necessario, equilibrio tra l'Io ed il Noi. La conquista dell'identità personale, della dimensione dell'Io, rischierebbe di produrre un narcisistico egoismo, come del resto produce purtroppo nell'attuale vita sociale, se non fosse tessuta all'interno dell'ordito della solidarietà.
    Proprio per questo, come già accennato, la solidarietà non può essere solo un gesto eccezionale, ma un gesto quotidiano.
    Questo significa che se la solidarietà non sfugge alla facile tentazione di essere il luogo dove la falsa coscienza delle persone ricerca la sua catarsi e non diviene uno stile di vita in grado di rifondare, in un processo difficile, irto di ostacoli e pieno di sconfitte, la vita personale e sociale, essa non potrà generare l'uomo nuovo a cui l'animazione mira.
    Forse questa è un'utopia, ma come dimostra la vita di Gesù è solo l'utopia che può fare della storia il già del Regno.


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