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    Natale '94



    Mario Pollo

    (NPG 1994-09-3)


    Il Santo Natale. Una frattura nello spazio tempo. La memoria del tempo in cui il volto di Dio si fa carne e la speranza diventa storia attraverso la rivelazione dell'amore di Dio per l'uomo nel dono dell'incarnazione di suo figlio Gesù il Cristo.
    Un evento quello del Natale che avviene all'interno dei quieti ritmi umani della vita di una famiglia e che non si sottrae alla normalità della condizione umana, alle sue gioie ed ai suoi dolori.
    E questo nonostante il cosmo, divenuto simbolo, segnali l'incommensurabilità di questo evento.
    Un evento a lungo atteso, preannunciato sin dall'inizio della storia della salvezza, ma talmente umano da non essere percepito quando avviene, nonostante la sua epifania, che da un piccolo numero di sapienti, da un gruppo di persone ai margini della società: i pastori e dalla furia omicida di un Re schiavo della follia del potere.
    Eppure negli strati profondi dell'anima umana, e non solo all'interno del popolo di Dio nutrito dalle visioni dei profeti, la nascita del figlio di una vergine era attesa come la manifestazione della salvezza nell'orizzonte della finitudine della storia umana.
    Proprio per questa particolarità che accompagna la sua nascita l'incarnazione di Gesù si rivela sin dall'inizio segno di contraddizione, essendo nello stesso istante straordinaria e normalmente umana.
    Essa è visibile sotto gli occhi di tutti, ricca di segni che la rivelano ma di fronte alla quale molti sono ciechi perché la vista è oscurata dall'umiltà, troppo umana, del modo in cui essa avviene.
    Non è un caso che Gesù nella sua storia umana sia riconosciuto più facilmente dagli umili, dai veri sapienti la cui ragione è nutrita dall'amore, dai sofferenti, dai poveri e dagli emarginati, da un lato, e da chi, dall'altro lato ha fatto di se il luogo di manifestazione della distruttività generata dalla ricerca del potere e del dominio assoluto su di sé e sul mondo.
    Non è ugualmente a caso che i vangeli segnalano il riconoscimento, pronto e privo di dubbi, della divinità di Gesù da parte dei demoni che egli scaccia.
    Gesù invece è riconosciuto con più difficoltà da chi sta in quella zona della condizione umana segnata dal benessere, dalla sicurezza in sé, nelle proprie capacità e nei propri mezzi nella ricerca della propria realizzazione personale, che ha perso la consapevolezza dell'essere creatura generata da un dono gratuito di un amore che è oltre la comprensione umana.
    Il Natale ripropone ogni anno la contraddizione della manifestazione di Gesù, il Cristo, nella storia umana.
    Infatti molte volte pur celebrando la sua nascita non lo riconosciamo perché non sappiamo spogliarci del nostro benessere, delle nostre sicurezze, del nostro orgoglio, della nostra autosufficienza e delle presunzioni associate inestricabilmente al nostro sapere. Non sappiamo cioè né farci umili, né farci veramente sapienti e, soprattutto non riusciamo ad aprirci all'amore che Gesù morendo in croce ci ha lasciato.
    Il Natale diventa allora, in troppi casi, una festa hollywoodiana, dell'esibizione di buoni sentimenti, un po' zuccherosi, che muoiono all'alba, seppure sono mai nati, ma in cui soprattutto non vi è quella conversione, quella nuova nascita che la venuta di Gesù nel tempo ha proposto e che continua a proporre agli uomini che ha incontrato e continua ad incontrare nel suo cammino.
    Celebrare un Natale autentico significa, invece, rinascere con Gesù. Ma questa rinascita è possibile solo se abbiamo avuto il coraggio di morire con lui sulla croce, se abbiamo avuto il coraggio di farci umili e poveri condividendo il cammino della nostra vita con chi non ha bisogno di farsi umile e povero, perché la vita lo ha relegato nelle periferie della condizione umana e della storia.
    Nella celebrazione di questo Natale l'esigenza di riconoscere veramente Gesù si fa particolarmente urgente perché in una parte cospicua del nostro paese sembra affermarsi ancora di più quella cultura, ovvero quel modello di vita, che impedisce di riconoscere Gesù e la via della salvezza che la sua vita ed il suo insegnamento ci hanno proposto e ci propongono.
    La cultura che tende a non dare dignità all'esperienza della debolezza, della sconfitta e della sofferenza che segna la vita di molte persone, ma che punta tutto solo su chi ha la forza di perseguire con forza ed efficacia la sua affermazione nello spazio economico ed in quello sociale.
    Accanto a questa cultura, che vela lo sguardo di chi al suo interno si rivolge al Natale di Gesù, è ricomparsa quella che individua nell'odio o nel disprezzo dei più deboli, dei diversi e dei nemici la tutela e la difesa della propria condizione umana.
    Questa cultura che, al contrario dell'altra, proprio perché riconosce Gesù come il Cristo combatte il suo insegnamento ed la presenza del suo amore, ha già dato orrende prove di sé in questi ultimi anni tenta oggi di insinuarsi anche nella quotidianità della vita come gli episodi di razzismo, di violenza sugli emarginati e sulle persone più deboli testimoniano.
    Occorre combattere con la non violenza queste due culture, per restituire al Natale la sua autenticità, per riscoprire quella frattura nello spazio tempo che ha permesso all'Amore di irrompere nella storia umana.
    Uno dei modi per condurre questa battaglia è quello di promuovere processi di educazione e di socializzazione che, da un lato, consentano, attraverso rapporti autentici di comunicazione interpersonale, di scoprire l'Altro e, dall'altro lato, di scoprire nel riconoscimento della propria debolezza, della propria finitudine e della propria creaturalità la via umana, sostenuta dall'amore di Gesù, della propria autorealizzazione.
    Il Santo Natale è un dono che per essere compreso deve essere educato e, soprattutto, testimoniato nella sua radicale verità.


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