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    Educare al tempo libero



    Carlo Nanni

    (NPG 1996-01-39)


    Nella nostra civiltà il tempo libero è diventato insieme una realtà, un bisogno, un desiderio, fors'anche un lusso per chi non ha problemi di sussistenza (come ad esempio li hanno le fasce dei nuovi poveri nei paesi cosiddetti sviluppati o come li hanno le masse di popolazione dei paesi del sottosviluppo). Da tempo per ritemprarsi e da tempo dell'alternativa alla occupazione alienante, esso può arrivare ad essere vissuto anche come espressione del desiderio di vivere senza impegni, liberati dal disagio della civiltà (quasi dando corpo a quella infinita aspirazione a vivere senza costrinzione che chi afferma il principio della realtà bolla come senso di onnipotenza infantile).
    Ma la noia non si può togliere dal tempo libero. E neppure quel senso di «horror vacui», di paura del non avere niente da fare, come un vuoto, come un buco nell'esistenza (che insorge angosciosamente e che non sempre coscientemente pone la questione del «e ora cosa si fa?»).
    Tenere le persone occupate è una preoccupazione sociale di sempre. Il «panem et circenses» romano o le leggi elisabettiane contro il vagabondaggio o le lamentele medioevali contro i «clerici vagantes» o quelle contro i «vitelloni» nostrani dicono un aspetto sempre presente nella vita comunitaria storica.
    In questo contesto si può inserire anche la preoccupazione educativa che l'organizzazione sociale ha nel timore che la gente, le persone, i giovani, i ragazzi non sappiano occupare il tempo che «irreparabile fugit», magari nella coscienza che l'«ozio è il padre di tutti i vizi».
    Questa pur degna preoccupazione sociale può bastare per motivare una educazione al tempo libero? o occorrerà analizzare un po' più approfonditamente il fenomeno del tempo libero per vedere le implicanze di educabilità e le possibilità effettive di una buona educazione?
    O peggio, volere educare al tempo libero, non sarà un sottile modo di colonizzare tutti i frammenti-attimi della vita delle persone, e dei giovani in particolare, da parte di chi vuol tenere tutto sotto controllo, anche ciò che per definizione è libero, momento e dimensione vitale proprio della spontaneità?

    C'era una volta il tempo libero

    Il tempo libero caratterizza la scansione temporale delle società moderne e post-moderne, segnate dai modi di produzione industriale e post-industriale. Esso aumenta quantitativamente non solo per motivi contingenti (mancanza di lavoro, procrastinazione dell'immissione nel mondo del lavoro, saturazione dei posti di lavoro o esubero di manodopera), ma anche per il modello globale di sviluppo (in collegamento con le innovazioni tecnologiche e in rapporto con i modi nuovi di organizzazione della produzione, della suddivisione del lavoro, dell'introduzione della robotica e dei servizi computerizzati, della gestione della piena occupazione, sotto-occupazione, disoccupazione), e per i modelli culturali secondo cui oggi impostiamo la vita personale e quella comunitaria (e che danno ampio credito all'autorealizzazione, alla libera espansione vitale ed imprenditoriale, all'enfasi sui diritti umani soggettivi, ecc.).
    Nelle società premoderne il tempo era qualcosa di precostituito in cui ciascuno era chiamato ad inserirsi, ad occuparlo non «perdendo tempo» ed invece a farlo laboriosamente fruttificare con opere che seguivano la scansione dei giorni, delle settimane, dei mesi, delle stagioni, degli anni, del nascere, del crescere, del sorgere, del tramontare, del morire, del ciclico rinnovarsi della vita (e che si interrompeva o da cui ci si asteneva o da cui ci si riposava con il sopravvenire del buio della notte, delle piogge e delle tempeste, della festa, dei periodi morti quando la vita sembrava andare in letargo).
    La vita umana comunitaria era scandita secondo questi ritmi temporali di lavoro e di riposo.
    Con la suddivisione industriale del lavoro si sono avuti i turni di lavoro. In tal modo la vita umana, individuale e sociale, è stata modulata più sulle merci da produrre, sui processi di produzione, sulle esigenze di mercato e di consumo (non sulla natura) e sul singolo (non sulla collettività).
    Il tempo libero è diventato parte rilevante della quotidianità e della vita di tutti. Per i giovani in particolare il tempo libero è stato visto come lo spazio in cui vengono giocate le dimensioni fondamentali della conquista dell'identità, della creazione della rete relazionale e del tirocinio alla vita sociale da parte dei giovani stessi.

    L'ideologia del tempo libero

    Come tutte le costruzioni sociali rilevanti, anche il tempo libero è stato ben presto caricato di valenze ideologiche molteplici, spesso vicine alla contraddizione. Pensato nella società industriale essenzialmente come momento-periodo di recupero della forza-lavoro, oggi presenta elementi qualificanti abbastanza nuovi.
    Il tempo libero è stato conclamato, ad esempio, come lo spazio-tempo non necessitato, liberato dalle necessità della sussistenza e dei bisogni primari; o come spazio-tempo della possibilità da riempire con altri lavori non inquadrati ufficialmente, con «secondi lavori», con lavori privati retribuiti o non retribuiti (ma di cui l'organizzazione pubblica del lavoro non si interessa quasi per nulla o comunque non regolamenta); o come spazio-tempo da qualificare soggettivamente personalizzandolo, dandogli i ritmi e i significati che si vogliono e come si vogliono; o come tempo della gratuità, della festa, dell'incontro amicale e gioioso, della celebrazione e dello stare insieme comunitariamente o collettivamente in manifestazioni di massa.
    Ma si sono pure rese evidenti le «ombre» del tempo libero. Per molti esso è quasi diventato una costrizione, il tempo della noia e del non senso, in quanto costretti a non essere occupati (perché il lavoro nero è considerato illegale, moralmente e socialmente riprovevole, antisolidaristico o semplicemente perché non c'è): e perciò costretti al tempo libero, non potendo lavorare, essendo in-occupati, parcheggiati.
    Il tempo libero è stato visto come il tempo del padrone e del potere dominante che attraverso esso mantiene in situazione di proletariato le masse occupate e non occupate, senza possibilità di innalzamento o di cambio sociale. Il tempo libero ha mostrato quindi la faccia della dominazione, della sottomissione e dell'alienazione programmata dall'organizzazione del potere economico-politico.
    Come tempo della possibilità e della libertà, il tempo libero è stato proclamato anche tempo disponibile per la costruzione della propria identità e come spazio privilegiato per la ricerca della buona qualità della vita deteriorata nel tempo della occupazione lavorativa industriale (per eccellenza tempo della fatica, dello stress, della disumanità, come il film «Tempi moderni» simpaticamente ma drammaticamente mette in evidenza).
    Ma a sua volta il tempo libero è stato talmente organizzato che ci si chiede veramente se sia ancora libero. L'organizzazione sociale del tempo libero è diventata a sua volta una forma di industria e di mercificazione dei bisogni secondari o, come si dice, «post-materialistici».
    In tal senso anch'esso è stato ricacciato nel vortice dei dinamismi della società produttiva. Le forme di persuasione e di insinuazione propagandistica mass-mediatica, inducono tale forma di suggestione che sembrano togliere quasi del tutto quella libertà che pure si proclama.
    È vero che nessuno è fisicamente e materialmente costretto. Alle occupazioni del tempo libero non ci si va per forza.
    Ma si potrà ad esempio far a meno, sempre e totalmente, delle vacanze, di andare al mare o in montagna o in crociera o all'estero, dello sport, dello shopping, del turismo, della musica, dell'andare a teatro o al concerto, di partecipare ai grandi happening collettivi, di andare allo stadio, ecc.?
    C'è solo la libertà (o il desiderio inappagato) di non andare!
    I bisogni indotti non sono meno forti di quelli che diciamo spontanei.
    Al limite il tempo libero può diventare il tempo della fuga dagli impegni, quasi per la necessità di ritagliarsi uno spazio di de-responsabilità, di non oppressione dalla fatica dell'essere all'altezza dei tempi e dalle preoccupazioni, dal «disagio della civiltà».
    Allora il tempo libero è il tempo de-responsabilizzato, tempo non occupato da compiti obbligatori, tempo della fuga dagli impegni di ruoli e dai comportamenti prescritti e dovuti socialmente o per status sociale.
    Rispetto alla concezione marxista ed ebraico-cristiana del lavoro come espressione della libertà e del dovere umano di significare (e di santificare) il mondo, oggi prevale piuttosto l'aspirazione a liberarsi dal lavoro. In questo orizzonte di senso il tempo libero diventa predominante rispetto al tempo dell'impegno per soppesare il valore del tempo.

    Che tempo libero dal punto di vista educativo?

    A parte le sortite ideologiche e comunque si voglia denominarlo, il tempo libero resta comunque un territorio privilegiato per la promozione e la tutela della qualità della vita delle persone e per la maturazione dei giovani; un momento e un luogo decisivo per il senso dell'esistenza: e perciò un luogo di verifica e un banco di prova ineludibile anche per l'educazione e per la pastorale.
    L'educazione trova il suo centro nella qualificazione delle capacità fondamentali personali, nel senso che le aiuta e le stimola a trovare un punto di unificazione globale. Per questo diciamo che si fa opera propriamente educativa quando si lavora per la promozione e il suscitamento di consolidate capacità personali di libertà e di responsabilità (individuale, di gruppo, comunitaria, collettiva).
    In riferimento al tempo libero sarà quindi importante, dal punto di vista educativo, anzitutto ricercare - al di là dei vari e molteplici significati espressi o attribuiti al tempo libero - il suo significato globale o, forse, ancora prima, cercare di cogliere la domanda fondamentale che emerge da esso, in quanto parte consistente del vissuto personale contemporaneo di adolescenti, di giovani, di adulti.
    L'educazione inoltre invita a partire non dai principi o dalle indicazioni concettualizzate della ricerca specializzata, ma, per quanto è possibile, dai vissuti concreti, lasciando - per dirla in termini di fenomenologia - «la parola alle cose», all'esperienza vissuta, nella sua complessità e differenziazione, nella sua frammentarietà ed aspirazione di integrazione e di globalità.
    Parimenti, lavorando come tra le pieghe dell'esistente, prima di verificare le risposte offerte, occorrerà scavare dentro l'ambiguità che il fenomeno presenta e fors'anche dentro la incapacità o comunque la difficoltà di adolescenti, giovani, adulti di esprimere domande organiche e sensate a riguardo.
    In questa linea che privilegia il vissuto rispetto alle concettualizzazioni, sarà da accogliere ciò che il tempo libero esprime oggi nella consapevolezza di molti giovani. Come tempo del presente e della ricreazione, come tempo quasi dimentico della irrevocabiltà delle scelte e degli impegni, il tempo libero mostra, anche nell'evasione, un innegabile movimento e aspirazione di libertà.
    Magari si tratta di una libertà-gioco, di una libertà sperimentale, più che una manifestazione di libertà consolidata.
    Ma a suo modo è innegabile una grande voglia di libertà e di liberazione, anche quando si tratta di passare il tempo, anche quando si è presi dall'angoscia del cosa fare o del vuoto da riempire, anche quando si è presi dal sovraccarico emotivo-esistenziale di «cogliere l'attimo fuggente» e le possibilità socialmente collegate al tempo libero.
    Il «non pensare ad altro» si congiunge nel tempo libero di molti con la voglia dell'incontro con gli altri, magari dispersi nel gruppo o nella massa, ma fuori della propria solitudine isolata. E se in alcuni casi si mostra come il tempo dello scontro e del rifiuto del diverso, del nuovo, dell'altro (come avviene per esempio con alcuni gruppi di tifosi «ultras»), in altri casi e per molti il tempo libero apre all'imprevedibile, all'alterità, all'accoglimento della differenza, diventando il tempo della convivialità e del far festa insieme.
    Peraltro l'educazione ammonisce anche a non farsi pigliare da facili generalizzazioni e piuttosto a inseguire le movenze concrete, sempre differenziate ed anzi storicamente situate, individualizzate, collocate nel tempo e nello spazio.
    Da questo punto di vista sarà da pensare ad esempio alle differenze di vissuto e di significato connessi all'esperienza di tempo libero a seconda delle situazioni sociali (ambienti sociali benestanti, luoghi del degrado, situazioni dell'emarginazione e della devianza), degli ambienti vitali territoriali (urbani, provinciali, rurali), delle differenze di genere (il tempo libero dei ragazzi e quello delle ragazze, degli uomini e delle donne).
    In particolare sarà da tener conto del differente modo di vivere il tempo libero, che sembra distinguere gli adolescenti dai giovani: i primi sembrerebbero essere esplosivi nell'esperienza comunicativa sperimentata nel tempo libero; mentre i secondi mostrerebbero di aver perso molta capacità comunicativa. Così pure sarà da verificare concretamente il peso della pressione di conformità del gruppo in cui ci si trova o l'adattamento ai modi organizzati di uso e consumo del tempo libero ed in specie l'incidenza della televisione, dei videoclip, degli spots a riguardo.
    Ma saranno pure da verificare le molte modalità secondo cui viene occupato il tempo libero: sia vedendo quali attività vengono maggiormente intraprese sia come e con chi (da soli, in gruppi amicali, in gruppi organizzati, in movimenti, in manifestazioni collettive) e in quali luoghi (in casa, per strada, in piazza, al bar, in discoteca, in centri giovanili, in centri sociali, allo stadio, ai monti al mare, all'interno o all'estero, ecc.)

    UN'EDUCAZIONE AD AMPIO RAGGIO

    Pur con le dovute attenzioni e distinzioni, mi pare si intravvedano vari ambiti di «educabilità» del tempo libero. Ed in tal senso sembra necessario pensare ad un'azione educativa a più fronti e a diversi livelli.

    L'educazione indiretta puntata sulle pratiche del tempo libero

    Un primo ambito, forse quello indiretto ma piuttosto ampio, è dell'educare al buon uso e alle forme secondo cui si vive e viene goduto il tempo libero.
    Si è detto che in concreto il tempo libero viene occupato a vedere televisione, a giocare videogame, a fare sport, ad andare a manifestazioni artistiche o culturali, a visitare mostre, musei, a frequentare centri ricreativi sociali, a partecipare a manifestazioni canore o sportive di gruppo e di massa, ecc.
    Allora educare al tempo libero si tradurrà concretamente o richiederà previamente di educare (o di educarsi) all'uso dei mass-media o di educare allo sport; o più largamente si configurerà, almeno parzialmente, anche come educazione artistica, musicale, espressiva, ambientale, ecc.
    Ma se il tempo libero vorrà essere tempo non alienato, sarà necessario pure previamente educare le potenzialità e le capacità di creatività personale. Ed in particolare sarà da stimolare la coltivazione delle propensioni e delle attitudini personali, come pure degli «hobbies» verso cui ci si sente portati o che si intende praticare. Parimenti per una integrale educazione al tempo libero, gioverà molto l'impegno per una buona formazione culturale. Infatti la qualità e l'uso del tempo libero dipende certamente dalla cultura che uno ha e che dà la capacità di inquadrare il tempo libero in un quadro di riferimento di idee e di valori sostanzioso ed ampio.
    In particolare, nel vivere e nel godere il tempo libero, si pone in atto implicitamente una forte provocazione critica alla cultura e al modello di sviluppo prevalente oggi nella nostra cultura occidentale, al suo fondamentale economicismo, materialismo, positivismo, utilitarismo ed efficientismo: una provocazione che non è senza significato per l'educazione e la qualità umana della vita individuale e collettiva, per il nostro presente e per il nostro futuro. Da questo punto di vista saranno da mostrare i limiti e il tasso di «cattiva» umanità contenuta nell'attuale modello di sviluppo neocapitalistico e consumistico, che ha fatto del tempo libero un importante «business» e un supporto ideologico di tale modello di sviluppo. In tal senso educare al tempo libero vorrà dire educare al senso critico e alla capacità di prendere le distanze e saper valutare saggiamente possibilità e limiti dei modelli di sviluppo secondo cui pensiamo e viviamo la nostra condizione temporale.

    Educazione alla dimensione «oziosa» della vita

    A suo modo il tempo libero evidenzia la non riducibilità della vita e dell'azione alla sola utilità ed efficacia. In fondo nella vita c'è l'inutile, il porre in atto qualcosa in sé e per sé (a prescindere dal riferimento al passato e senza preoccupazione di futuro). La gratuità e la creatività sono dimensioni fondamentali dell'esistenza non meno che quelli della fedeltà e dell'impegno: il riposo e la festa non meno che l'occupazione e la ferialità; il gioco, lo scherzo, l'umorismo non meno che la produzione, la serietà, la preoccupazione di ciò che si deve fare. Parimenti il tempo libero mostra spesse volte l'apertura all'imprevedibilità, all'oltrepassamento dell'istituito e del socialmente organizzato ed in tal senso al nuovo e all'ulteriore, al diverso e all'alterità oggettuale, personale e temporale; al ciò che è anzitutto da riconoscere, da accogliere, da provare, da prendere in considerazione, da sperimentare, da vivere e caso mai da organizzare.
    Per quanto possa suonare un po' ostico ai nostri orecchi di occidentali, quasi ossessionati dalla voglia di produttività e di efficienza, educare al tempo libero vuol dire educare agli «otia» e all'«otium», cioè a vivere serenamente quegli aspetti e forme di vita che non sono direttamente ed espressamente sotto il segno dell'utilità e dell'efficienza e che rispetto alle necessità e agli impegni mettono in evidenza una dimensione più «distaccata» e «leggera» della vita.

    L'educazione al tempo libero come educazione e qualificazione della vita personale

    In continuità con quanto si è detto, si comprende come l'educazione al tempo libero vada portata, come a suo centro, sul terreno di una educazione della domanda di libertà e di buona qualità della vita che più o meno coscientemente sembra collegarsi con l'esperienza del tempo libero.
    In qualche modo si tratterà di lavorare nella ambiguità stessa dei modi e delle forme secondo cui viene vissuto e pensato al tempo libero. A costo di far esplodere la noia, la paura, l'ossessione, l'isolamento, la incomunicabilità, l'irresponsabilità, il non senso che talora presso alcuni (o presso molti) accompagna l'esperienza del tempo libero.
    In tal senso sarà da ridare la parola, riportare ad una qualche globalità vitale, personale e sociale, quando viene vissuto. In altre parole sarà da aiutare a superare un fare esperienza del tutto atomizzato, scollato dal resto della vita, senza alcun minimo riferimento e senza una benché minima progettualità. Positivamente sarà da aiutare la presa di coscienza e la verbalizzazione di significati presenti nel tempo libero, così come viene spesso vissuto da ciascuno o da ciascuna, da adolescenti, da giovani e da adulti. Sarà ad esempio da evidenziare la positività di vivere il tempo presente, fino a relativizzare almeno un poco il collegamento con il passato, con la tradizione, con le norme e le prescrizioni sociali approvate; e d'altra parte senza troppe e sole preoccupazioni di utilità future o delle conseguenze di quanto si pone in atto. Potendolo fare, senza l'ossessione del «cogli l'attimo fuggente» (il «carpe diem» tradizionale), sarà da vivere bene e godere sufficientemente quello che si sta vivendo (il pure tradizionale «age quod agis»). Un po' di spensieratezza non fa male! Ed anche il «bel rischio», almeno entro certi limiti!
    Per altro verso sarà da educare a saper vivere da soli, a saper abitare nella propria solitudine, non come un luogo di isolamento, lontano da tutti, ma come una casa propria in cui si vivono momenti di intimità con se stessi e momenti in cui si accolgono e si ospitano gli altri. L'educazione della personale interiorità e della personale ed irrepetibile alterità è certamente un punto centrale per un'educazione al tempo libero, in quanto si tratta di educare il più profondo di ciascuno, che permette di non perdersi, di non alienarsi nell'esteriorità, nell'azione, nel fare, nello stare con gli altri.

    La ricerca dell'integrazione

    Peraltro l'educazione spinge la vita personale a ricercare l'integrazione delle dimensioni e degli aspetti che pure vanno promossi e aiutati a strutturarsi nella loro specificità.
    Tale lavoro di integrazione per un verso va nel senso del buon rapporto tra i vari aspetti compresenti nell'esistenza personale in ogni suo momento vitale e per altro verso spinge a ricercare la continuità e la progettualità dell'esistenza personale stessa.

    L'educazione ai molti tempi della vita

    In questo senso educare al tempo libero diventa anche un po' educare alla temporalità, alla dimensione temporale della vita e - nell'attuale coscienza della complessità in cui versa l'esistenza individuale e collettiva contemporanea - l'educazione al tempo libero viene ultimamente a porsi come un educare ai molti e differenti tempi della vita individuale e comunitaria, a saperli vivere nella loro specificità ed insieme a saperli vivere come tempi della medesima propria soggettività ed esistenza: in concreto vorrà dire ad esempio saper lavorare e godere del lavoro ben fatto nel tempo dell'occupazione professionale, ma al contempo saper riposare, sapersi concedere, come si dice, «un istante di riposo» nel tempo del «relax»; vorrà dire aiutare i ragazzi a sapersi impegnare nel tempo scolastico e a sapersi applicare nel tempo dello studio, ma insieme a sapersi esprimere nel tempo dello sport o a crescere nell'amicizia e nel saper far festa.

    L'educazione alla continuità temporale

    L'invito a vivere in pienezza il tempo libero può diventare anche uno stimolo educativo per sostenere le persone (ragazzi, giovani ed adulti) a poter provare il senso che la propria vita si dispiega, si distende per così dire, nella sua successione temporale. È un aiutare a prendere coscienza della propria «lunghezza», del proprio vivente fluire insieme con le cose, con il mondo, con gli altri nel divenire cosmico e nella vicenda storica (e religiosamente nella «peregrinatio» verso la comunione con Dio).
    Viene così ad essere superata l'angosciosa sensazione del bruciarsi del tempo nell'istantaneo, del deludente svegliarsi dal sogno del tutto insieme e subito (innescato nel momento magico del tempo libero vissuto a sé stante), del ridursi a polvere o a cenere delle emozioni e delle relazioni sbocciate negli avventurosi momenti del tempo libero, dell'implosione interna della propria soggettività nella cosciente «impossibilità di essere normali» (che soprattutto i giovani sembrano sperimentare nel vivere il tempo libero).

    L'educazione all'essere insieme con gli altri nella vita e nella storia

    Se si riesce ad arrivare a questi livelli di coscienza e di riflessione, si aiuterà anche a cogliere il nucleo profondo della propria soggettività, a evidenziare le proprie capacità di coscienza e di razionalità (cioè di «vedere le cose in rapporto»). Ma insieme si potrà far fare vivente esperienza della continuità e differenza tra sé, il cosmo, gli altri, la società organizzata, la cultura, il passato presente futuro, i diversi volti della trascendenza: e magari in tutto ciò cogliere il proprio comune rapporto con Dio.
    Allora il tempo libero stesso, tolto dalla propria ambiguità, potrà essere ri-visto e ripensato e in certo senso ri-cordato, ri-visitato e ri-vissuto non solo come tempo della libertà e dell'autonomia soggettiva, ma anche come tempo della responsabilità e dell'impegno e come tempo della comunitarietà, della solidarietà e della gratuità.
    In tal modo, come si dice, il tempo libero diventa insieme il «tempo delle ipotesi» (vale a dire il momento e il luogo in cui si sperimenta e si prova il nuovo, il diverso, l'ulteriore, il di più), ma anche il «tempo delle tesi» (vale a dire il momento e il luogo in cui si affermano e si vogliono attuati i valori antichi e nuovi che la vita umana sente e ricerca vivendo il proprio tempo e la propria irrepetibile vicenda storico-sociale). All'educazione spetterà aiutarne la presa di coscienza e sostenerne l'opportuna e efficace progettazione e realizzazione.

    Nell'orizzonte della trascendenza

    In questa stessa linea, il sentire di essere se stessi con gli altri nel mondo e nella storia potrà suscitare l'impegno socio-politico, ma anche l'invocazione della liberazione e della salvezza, appena si prenda coscienza delle possibilità e dei limiti di ogni tempo e del tempo libero in particolare.
    Ma proprio per questo quadro di «radicale contingenza» del tempo libero (tempo dell'essere ma anche tempo del nulla, modo di essere liberi ma non assolutizzazione della propria ed altrui libertà), si può pervenire a non giudicare del tutto peregrina la possibilità della trascendenza religiosa e la «ragionevolezza» di una rivelazione che parla di un elevamento e di un inserimento del tempo umano nell'eternità divina, di una ricomprensione della storia nella storia di salvezza, di un positivo collegamento tra comunione temporale tra umani e comunione eterna con Dio (quella che nella tradizione biblico-cristiana immaginosamente si dice aver come luogo «il paradiso», vale a dire «i giardini di Dio», che nell'orizzonte cristiano del mistero dell'incarnazione sono «già» e «non ancora» qui ed ora).

    Conclusione

    La pedagogia contemporanea ha una elevata coscienza del fatto che l'educazione è sempre un rischio e che l'intervento educativo non ha iscritto in sé il successo; anzi che non è assicurata nei confronti di eventuali effetti perversi.
    Così pure buona consapevolezza (e una discreta volontà) a cercare che l'intervento educativo vada composto e coerentemente integrato con le altre forme di intervento educativo vada composto e coerentemente integrato con le altre forme di intervento messe in atto dalle diverse agenzie del sistema sociale di formazione.
    Qui si vorrebbe solo ricordare il ruolo che possono avere in proposito la famiglia, la scuola, la televisione, i gruppi formativi, ma pure i centri sociali e una organizzazione sportiva e del divertimento che prendano coscienza della propria valenza formativa.
    Ma è pure evidente, da quanto si è detto, l'importanza dell'educazione religiosa, della catechesi parrocchiale, dell'animazione dei gruppi formativi e in genere della pastorale ecclesiale.
    Un discorso tutto da sviluppare.


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