Campagna 
    abbonamenti

    QuartinoNPG2024


    Letti 
    & apprezzati

    articoli


    Il numero di NPG
    dicembre 2023
    NL DICEMBRE 23


    Il numero di NPG
    novembre 2023
    NL NOVEMBRE 23


    Newsletter
    dicembre 2023
    NL dicembre 23


    Newsletter
    novembre 2023
    NOVEMBRE 23


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Post it

    • On line il numero di DICEMBRE sulla PG degli ultimi 10 anni, e quello di NOVEMBRE, sull'educazione alla pace.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: dicembre e  novembre .
    • Attivate nel sito (colonna di destra) varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2019 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2019: 94 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2023 

    annateNPG


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 

    165 dossier


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     

    165 rubriche


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi

    165 autori


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2023 

    165 editoriali


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 

    165 voci npg 2


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

    165 libri 


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 

    165 vintage


    Animazione,
    animatori, sussidi

    animatori


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV

    webtvpic


    NPG Facebook

    facebook


    NPG Twitter

    twitter


    sitica1


    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    Una generazione di «normali disadattati»



    Claudio Bucciarelli

    (NPG 1997-08-21)


    Sottolineo innanzitutto il fatto che, con L’età incompiuta, finalmente si tratta di una ricerca mirata esclusivamente all’età adolescenziale. Di solito le indagini Iard, Eurisko, Censis sono incentrate sui giovani la cui classe di età va dai 14 ai 29 anni, per cui l’interpretazione può scivolare in una certa indeterminatezza.

    Premessa: la complessità come chiave di lettura

    La chiave di lettura che attraversa tutta la ricerca è la categoria della complessità. È assai importante «leggere» il fenomeno giovani nel contesto della complessità perché tale fenomeno ci fa meglio cogliere le dissolvenze della realtà giovanile attuale.
    La società complessa è caratterizzata infatti da una inarrestabile differenziazione strutturale e culturale che porta alla frammentazione crescente delle relazioni sociali e dei sistemi di significativo. Della complessità sociale i giovani in genere esprimono spesso un vissuto che naviga tra la «socializzazione dell’incertezza» e la «eccedenza di possibilità», per cui ci si trova di fronte ad una pluralità di condizioni esistenziali: non esiste la adolescenza ma le adolescenze, un puzzle cioè di vissuti adolescenziali di non facile interpretazione.
    Questo frantumarsi del vissuto individuale provoca negli adolescenti di oggi un certo disorientamento, una carenza di progettualità che tende ad essere surrogata da un lato da un «presentismo» che va dall’evasione consumistica all’utilitarismo pragmatico, e dall’altro dalla affannosa ricerca ad identità individuale e collettiva all’esperienza di un bricolage quotidiano incapace di coniugare presente-passato-futuro.
    Si tratta di una generazione «sospesa», con tratti di insicurezza e sintomi di insoddisfazione esistenziale che genera disagio e disadattamento.
    Un fatto comunque appare certo e deve trovare risposte adeguate da parte di chi ha responsabilità educative:
    – gli adolescenti hanno dinanzi a loro un problema di «rappresentanza» e un problema di «identità», ma gli adolescenti di oggi non vanno più con entusiasmo verso chi li rappresenta o chi gli rappresenta interessi, ma vanno volentieri verso chi offre loro identità;
    – quando si parla di adolescenti non bisogna cadere nell’indistinto, ma occorre segmentare le varie soggettività sempre in relazione ad altri soggetti nel contesto della società complessa. Quando si allude agli adolescenti di oggi occorre, perciò, abbandonare la logica del soggetto a sé stante e occorre parlarne in relazione ad altri soggetti, perché è educativamente strategico interrelazionarsi nella complessità sociale.
    Un’altra annotazione di carattere generale. So per esperienza che ai giovani non piace affatto essere etichettati, ma leggendo l’indagine mi sono lasciato tentare dal significato di una figura letteraria, l’ossimoro, che consiste nel mettere insieme due parole dal significato contrastante. Ebbene, gli adolescenti che emergono dalla ricerca mi appaiono come individui normali-disadattati; a loro si addice l’aggettivo «abbastanza» (= ne ho a sufficienza) o l’avverbio «abbastanza» (= sono abbastanza contento), appunto perché si presentano come il frutto di una generazione un po’ sospesa e un po’ molteplice. Infatti essi vanno abbastanza d’accordo con i genitori, che concedono loro abbastanza libertà e spazi vitali.
    Adolescenti che hanno abbastanza voglia di crescere, di fare, di sperimentare, ma non con troppa fretta perché si rivelano abbastanza abili al rinvio e abbastanza disorientati. Si dimostrano abbastanza realisti e disincantati per vivere in modo dicotomico insoddisfazione esistenziale e adattamento alla precarietà. Adolescenti che realisticamente non hanno abbastanza progetti per il futuro, anche perché non ci sono abbastanza opportunità praticabili; non manifestano abbastanza tensione a grandi ideali, anche perché non ne intravedono di abbastanza coinvolgenti.

    Il riscatto di una soggettività allo specchio

    Ho definito gli adolescenti «normali-disadattati» per mettere in evidenza sia il loro equilibrio sia il loro disagio, ma nonostante questo vissuto ambivalente e bipolare, essi si presentano chiaramente come «portatori sani» di una marcata cultura del soggetto. Il loro narcisismo non è solo un fatto biologico, ma esistenziale. Sono più autoreferenti, perché più disincantati e realisti.
    La loro soggettività appare quasi senza dimora stabile. Vivono una specie di dinamica del provvisorio, per cui sembrano fare del proprio «io» una specie di vacanza che si ha paura che finisca. Per alcuni questa specie di provvisorietà esistenziale sancisce l’evidente estraneità rispetto al mondo adulto, alla società; per altri è adesione a ciò che è effimero e che si barcamena tra il reale e il virtuale. Soggettività che segmenta i loro vissuti individuali; non hanno memoria storica: il passato è il passato di altri, il futuro è il futuro di altri, perché loro sono il presente. Il loro tempo psichico è frammentato, per cui sono incapaci di mettere insieme passato-presente-futuro; come pure frammentato è il loro tempo quotidiano, per cui spesso sono incapaci di unificare le loro molteplici esperienze di vita.
    Si tratta di adolescenti la cui soggettività si presenta immersa nella società dell’immagine e dell’apparire. Il dramma per loro non è quello dell’essere o non-essere, ma piuttosto dell’apparire o dello scomparire. La loro soggettività è dominata dall’esperienza sensoriale (grande importanza hanno le «sensazioni», le «emozioni»!). È una generazione adolescente più propensa a «sentire» che a «capire»: il loro linguaggio top, infatti, a livello subliminale, è il linguaggio musicale. Incomincia a prendere corpo in loro la forte attrazione di quel... campo di concentramento che si chiama «discoteca», tempio sacro dell’evasione. Sono fans di Eros Ramazzotti che afferma «dove c’è musica c’è ancora prateria» (cioè libertà!).
    La soggettività di questi adolescenti si dimostra di conseguenza più «vergine» intellettualmente delle generazioni precedenti: hanno meno «pregiudizi» forse perché formulano pochi «giudizi». Pur dando l’impressione di vivere in una specie di autismo sociale, si presentano con una soggettività supportata da un concreto realismo-pragmatico, anche se è di corto respiro. Sono adolescenti realisti, disincantati, risucchiati dal quotidiano, e se decidono di progettare una cosa sono molto più attenti al «cammino» da fare che alla «meta» da raggiungere. Emblematicamente definirei questa loro soggettività alla stregua di un turismo esperienziale.

    L’emergenza di una identità fragile

    Partendo allora da una verificata fenomenologia sociale che ci documenta come gli adolescenti di oggi sono alimentati culturalmente più con i suoni, le immagini e i colori delle «antenne» che non con la linfa e l’humus delle «radici», possiamo affermare che l’attuale identità adolescenziale si presenta in termini di fragilità. Si tratta di una identità fragile che non va però intesa come una identità in crisi, ma una identità immersa in un tempo di crisi. Nel passato gli adolescenti si presentavano con meno bagaglio culturale ma strutturalmente più solidi, oggi si presentano invece con più bagaglio culturale ma con maggiore fragilità interiore. È una generazione piena più di punti interrogativi che di punti esclamativi.
    Intendiamoci, non si tratta tanto di una identità fragile perché disattenta di sé, ché anzi gli adolescenti di oggi esprimono con forza il diritto di essere così come sono, ma la fragilità che emerge è dovuta al fatto che la loro realtà si presenta spesso come un arcipelago di «isole autarchiche», non eccessivamente interessate a giocarsi in una comunicazione più allargata. Il gruppo dei pari, di cui tanto si parla, diventa il loro branco: si sta insieme più per il bisogno di stare con l’altro che per l’altro. Hanno bisogno di un punto di riferimento certo, di qualcuno che, come dicevo prima, conferisca loro identità, e siccome non trovano molti adulti con cui entrare in sintonia, ecco allora che il gruppo diventa per loro un sostituto-di-valore che dà riferimento e sostegno alla loro fragile identità. Dimostrano così un certo sentimento di paura: paura di non piacere o di non piacersi, paura della solitudine, del silenzio, della noia, per cui sembrano non sopportare la mancanza di stimoli sensoriali e apprezzano il branco, il rumore, i decibel del linguaggio musicale.
    Aggiungerei un’ulteriore osservazione: dalla ricerca, emerge chiaramente la differenziazione di una adolescenza al «maschile» e una adolescenza al «femminile».
    La fragilità che gli adolescenti intervistati denotano, a mio parere dipende dall’emergenza di una sensibilità nuova che deriva loro più dall’esperienza culturale ed educativa delle loro madri che dei loro padri. I ragazzi e le ragazze intervistati coprono l’arco degli anni ’73-’78, quindi possono essere definiti figli di chi ha fatto l’esperienza del ’68.
    Si tratta di adolescenti che non si muovono quindi, in un vuoto culturale, si tratta invece di una generazione che sembra sperimentare modi di essere e di agire più filtrati dalla esperienza delle madri che dei padri. È abbastanza verificata una certa rinuncia dei padri a trasmettere una memoria politica, mentre risulta abbastanza evidente la capacità delle madri di trasmettere una mentalità, una sensibilità, un certo clima culturale e morale.
    Infatti è proprio della «donna» manifestare un certo pragmatismo, una maggiore concretezza, una sensibilità refrattaria alle grandi ideologie, una riscoperta della relazionalità intersoggettiva e della solidarietà. Tratti questi più tipici solitamente della donna che dell’uomo e che, per molti versi, anche gli adolescenti di oggi dimostrano. Quindi si può parlare degli adolescenti di oggi come una generazione «femmina», nel significato più positivo del termine: siamo di fronte ad adolescenti che, pur nella loro fragilità interiore, dimostrano una più incisiva sensibilità di quella che avevano gli adolescenti degli anni ’60, perché femminili più che maschili sono le sorgenti dei loro modelli culturali e dei loro modi di agire.

    Un modo nuovo di ricercare il «senso» delle cose e della vita

    Un altro «filo rosso» dell’adolescenza mi pare sia attinente ad un nuovo modo di dare «senso» alle cose e alla vita che questi adolescenti dimostrano. Si diceva dinanzi che siamo di fronte ad adolescenti che ricercano di essere «attestati», «confermati», «identificati», in un clima però che si presenta piuttosto pesante: la famiglia fatica a svolgere correttamente la sua funzione; la società non offre richiami interessanti; la scuola stenta ad essere piacevole; il tempo rischia di diventare vuoto; la ricerca di una solida identità non trova apprezzabili riscontri; l’autostima tende al deperimento causato dalla complessità; il concetto e il senso di sé tende a fluidificarsi e a smarrirsi... Di qui l’immagine di adolescenti che si presentano come soggetti frammentati, la cui vita spesso può essere valutata come uno «zapping esistenziale» che palesa un vuoto interiore, visto che si sfugge da ciò che è sistematico e progettuale, dalla storia e dalle rappresentanze.
    Pur dimostrando di voler essere artigiani della propria vita, questi adolescenti si accorgono di vivere tra afasia e anomia (difficoltà di esprimersi e di scegliere) e palesano, direttamente e indirettamente, un certo vuoto esistenziale, che però manifestano con pudore e un po’ di vergogna: hanno quasi un po’ di paura a parlare di questa «speranza sommersa».
    Come riempiono questo vuoto? C’è chi lo riempie con la ricerca di autorevolezza identificata in testimoni o modelli da seguire; c’è chi lo riempie con sostituti-di-valore come la musica, l’abbigliamento, il gruppo, i luoghi d’incontro, lo sport, il gergo; c’è chi lo riempie con la ricerca di una affettività improntata non tanto ad un libero-amore ma ad un amore-libero; c’è, infine, chi lo riempie con l’esperienza religiosa ammantata spesso di un alto tasso di soggettività, perché i giovani dimostrano di essere più attenti alla visione che la «fede» ha del mondo (senza troppe mediazioni istituzionali), piuttosto che al mondo della fede religiosa con il suo elenco di cose da fare o non fare.
    In questi tentativi di dare una qualche risposta al loro disagio interiore, appare abbastanza evidente che la modalità di dare «senso» a ciò che si fa e a ciò che si vive da parte degli adolescenti di oggi cambia di segno. Il «senso» non è qualcosa di oggettivo da comprendere, ma è qualcosa di soggettivo da sperimentare, momento per momento, nei frammenti di vita del proprio quotidiano: è in atto in definitiva il passaggio dal tradizionale confronto con i cosiddetti valori oggettivi, alle soggettive valorizzazioni di ciò che si valuta importante per sé. Problematica questa che deve essere saggiamente interpretata da ogni educatore, per evitare che l’arco dell’esistenza diventi una «moratoria prolungata» a ruota libera e un po’ irresponsabile.

    Lasciarsi interrogare dal «disadattamento»

    Chi ha responsabilità educative deve chiedersi, allora: «cosa fare per questi adolescenti normali-disadattati?». A mio parere la risposta a questo interrogativo è piuttosto ovvia: occorre che questa «età incompiuta» si incontri non tanto con la «compiutezza» ma con la confessata «incompiutezza» degli adulti.
    Se un adulto in dialogo con questi ragazzi si presenta come uno che è impermeabile a se stesso, incapace di cambiamento, non disposto a rimettersi in discussione, il dialogo non si fa educativo ma... distruttivo. La vulnerabilità e la permeabilità a se stessi sono doti indispensabili agli educatori che hanno a che fare con questi adolescenti che denotano nel contempo normalità, un certo equilibrio e disagio, disadattamento al proprio tempo esistenziale e sociale.
    Essere disadattati non è poi tanto grave. Chi non lo è? Pur comprendendo la pluralità di significati che a livello situazionale la parola «disadattamento» può assumere pensando soprattutto all’adolescenza, si è tentati paradossalmente di fare... l’elogio del disadattamento. Occorre perciò lasciarci interrogare dal disadattamento.
    Spesso, infatti, si ha paura a lasciarci interpellare dal disadattamento, perché noi adulti abbiamo paura di cambiare, vogliamo trincerarci dietro le nostre sicurezze.
    Ci presentiamo più come dei «vissuti» che dei «viventi». Per aprire il dialogo educativo, invece, occorre capire «intus et in cute» che il disadattato è uno che soffre, anche se non lo dimostra. E tale sofferenza va capita, abbandonando ogni atteggiamento paternalistico, ma ponendoci empaticamente sulla stessa lunghezza d’onda di colui che soffre.
    Si è così tentati di affermare che, per fortuna, i disadattati saranno sempre con noi. L’importante è che gli educatori sappiano guardare questo disagio con occhi umani e non con pregiudizi o con tassonomie categoriali: sono rompiscatole, sono cretini, sono irrecuperabili. I disadattati li facciamo noi con la nostra cultura, anche se la natura può aggiungere un cromosoma in più o in meno.
    Lasciamoci perciò interpellare da questa realtà, ne avremo un giovamento sul piano della relazione educativa con gli adolescenti di oggi. Accettiamo questa «età incompiuta», dando una risposta con la confessata incompiutezza di noi adulti, che significa essere capaci di rimetterci in discussione per meglio «mirare» il nostro dialogo educativo.

     

    CENTRATI SUI VALORI AFFETTIVI, MA IN EVOLUZIONE

    Quali i valori degli adolescenti italiani degli anni '90. Dall'indagine COSPES emerge che i valori più importanti sono quelli di tipo affettivo-relazionale (amicizia, volersi bene). Al secondo posto quelli di tipo autorealizzativo, come l'avere un lavoro sicuro o una bella famiglia. Al terzo posto l'impegno sociale, mentre la cultura e lo studio sta al quarto e la fede al quinto. Denaro e benessere al sesto.
    Questa graduatoria non si discosta molto da quelle di altre indagini. L'impressione è che la soddisfazione nelle relazioni interpersonali costituisca il principale criterio di valutazione etica. Questo conferma una tendenza che si va rilevando tra i giovani, e gli adolescenti in particolare, in cui prevalgono valori centrati sul presente, a scapito di quelli che richiedono investimenti sul futuro.
    Ciò che viene messo in evidenza dalla ricerca COSPES che questi valori sono in evoluzione, soprattutto nell'area affettiva. Mentre nei primi anni dell'adolescenza prevale una visione «fruitiva» di questi valori (vivere l'amicizia, stare in una bella famiglia), verso i 19 anni emergono aspetti più «impegnati» dei medesimi valori: amare, volersi bene, formare una bella famiglia, impegnarsi per gli altri. Se quindi l'aspetto affettivo-relazionale rappresenta lo specifico di quest'età, esso rivela una tendenza alla maturazione che porta dall'autocentramento alla apertura verso gli altri e la vita.


    NOVITÀ

    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo
    chiara massimo


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


    Pensieri, parole
    ed emozioni
    articoli


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca
    Rivista "Testimonianze"

    fiori albero


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI
    fiori albero


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi
    lettura


    rubriche

    I sogni dei giovani per
    una Chiesa sinodale
    articoli


    Strumenti e metodi
    per formare ancora
    articoli


    Per una
    "buona" politica
    politica


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù
    articoli


    Dove incontrare
    oggi il Signore
    articoli


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana
    articoli


    Evoluzione della
    pedagogia salesiana
     alt=


    Il filo di Arianna
    della politica
    edu civica


    Europa, giovani, PG
    Interviste ai responsabili
    articoli


    Vescovi e giovani
    Un dialogo "sinodale"
    articoli


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI
    articoli


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte
    articoli


    Maestro di
    vita spirituale
    Francesco di Sales e i giovani
    patto educazione


    Passeggiate nel 
    mondo contemporaneo
    200 citta


    Santi giovani
    e giovinezza dei Santi
    200 cop santi

    Iscriviti alla newsletter

    Powered by BreezingForms

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


     

    Main Menu