A cura di Giuseppe Morante
(NPG 1998-09-46)
Per la traduzione pastorale della riflessione sulla festa del Natale, che possiamo sintetizzare in una duplice verità (la compagnia di Dio e l’annuncio della pace), gli animatori si possono ispirare alle seguenti indicazioni.
Per la riflessione in gruppo
Si approfondirà negli incontri di gruppo il senso di novità del Natale. Molti aspetti della festa sono presenti nella prassi sociale, ma spesso dissociati e attuati in forma alienante, per cui questa festa spesso si identifica in vacanza che annoia, stanca e deprime. La riflessione deve andare in una triplice dimensione:
- che cosa comporta la festa di Natale in una presa di coscienza della situazione in cui si svolge; quali devono essere i segni che manifestano la presenza del Signore nel nostro mondo; quali ne sono le forme comunitarie di comunicazione;
- s’impone una critica socio-culturale alle forme culturali delle feste natalizie: che cosa è espressivo della realtà cristiana; che cosa è controproducente e tradisce il vero significato del Natale; che incidenza ha la festa di Natale sul modo di concepire gli atteggiamenti cristiani della fede in un Dio fatto-uomo; quali sono le forme familiari, di gruppo, di società in cui si manifestano gli elementi festivi;
- Gesù annuncia la prossimità del Regno come la prossimità della pace come suo dono: la pace di Dio sulla terra. Le funzioni di una tale «prossimità» sono: la coscienza dell’incompatibilità della vita sociale fondata sulla pace di Cristo con quella fondata sulla violenza; l’annuncio della non umanità di ogni forma di violenza contro l’uomo; lo sforzo di abolire le tante violenze...; l’impegno politico per superare oggettivi stati di sperequazione fra classi e popoli, come forme di anticipazione della pace.
Per la celebrazione liturgica
La festa cristiana può diventare segno nel mondo ed essere annuncio della novità evangelica vissuta nella Chiesa. Cristo è venuto per offrire una grande gioia, per dare compimento a tutto ciò che i profeti avevano predetto per i tempi messianici.
È necessario chiedersi fino a che punto le nostre celebrazioni sono delle vere feste, e talvolta se c’è speranza che possano diventarlo:
– il clima di festa richiede la necessità di creare momenti di avanti-messe che favoriscano vincoli di comunione, di intimità, e di post-messe in cui la gioia esploda in tutte le sue dimensioni umane;
– la festa ha bisogno di spontaneità, creatività, imprevedibilità, gratuità anche nelle strutture e nelle parole della celebrazione (le monizioni ai passaggi rituali);
– il canto e la musica sono mezzi indispensabili per far festa e vanno preparati con cura, per sviluppare la dimensione affettiva della partecipazione alla liturgia;
– la festa si prolunga in un atteggiamento di serenità e di longanimità che porta ad un amore paziente, benigno, che tutto crede e tutto spera.
La pastorale si preoccuperà di facilitare la partecipazione alla liturgia della festa, trovando le modalità per:
– coinvolgere nel rito, facendo diventare compartecipi e protagonisti, insieme allo Spirito, dell’evento celebrato;
– facilitare l’esecuzione dei vari servizi da espletare, facendo insieme una preparazione prossima al rito con momenti di condivisione, con canti e con preghiere più personalizzate;
– coinvolgere adulti e ragazzi nella preparazione, accompagnamento e condivisione dei riti della festa...
Per la testimonianza nella vita quotidiana
La festa cristiana non rimane chiusa all’interno della comunità cristiana e dell’assemblea liturgica. Perciò il Natale deve dare un tono a tutto il tempo liturgico ad esso collegato (fino al battesimo del Signore) e si riflette nelle forme di vita, vissute con uno spirito nuovo:
– la libertà dal lavoro usuale come affermazione della Signoria dell’uomo sull’universo e sul tempo e come anticipo della liberazione totale dai condizionamenti presenti;
– l’incontro con persone sulla base di una libera scelta, come attuazione e segno di una comunità di libera accettazione nell’amore;
– la manifestazione della gioia, nata da questa esperienza di libertà e di amore, in forme comuni (il gioco, lo sport, lo spettacolo, il turismo...) di «ri-creazione» per un contatto rinnovato con se stesso, con il mondo, con le persone;
– il riconoscimento concreto dell’amore di Dio all’umanità, andando oltre le banalità pubblicistiche e le superficialità folkloristiche della cultura, oltre le vecchie tradizioni e le nuove convenzioni;
– la preparazione a vivere coi ragazzi qualche momento di festa comunitaria e sociale (compleanno, anniversario) in cui imparare a celebrare insieme la gioia e l’esuberanza della vita, la certezza di un futuro diverso che si offre a noi come dono e come impegno;
– l’educazione a cogliere nella vita di ogni giorno i segni della novità, della festa e della speranza; è necessario imparare a valutare le cose col realismo ottimista del Natale (presenza di Cristo nella storia dell’uomo) che coglie la verità anche dolorosa delle situazioni, ma sempre con la certezza della vittoria della vita;
– l’allenamento alla disciplina, al dovere, alla costanza, al coraggio, alla responsabilità. La festa della vita è vera solo se affonda le sue radici nella speranza di chi costruisce, pagando di persona;
– la proclamazione del significato profondo e originario della festa cristiana, annunciando che Gesù Cristo è il Signore della vita, il vero senso della storia; con lui possiamo fare festa, perché possiamo vincere le paure dell’esistenza.