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    Per un ripensamento dell'azione educativa



    Carlo Nanni

    (NPG 1991-3/4-108)


    La ricerca di un quadro di riferimento più ampio è sommamente rilevante ai fini di una progettazione educativa socio-politica adeguata ai problemi, alle novità e alle tendenze di sviluppo del nostro tempo.
    L'educazione è sempre costituzionalmente un'opera contestualizzata e in relazione stretta con l'ambiente e il momento storico. Ma forse, quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi invita a ripensare anche l'educazione socio-politica nel suo insieme.

    UN RIPENSAMENTO GLOBALE E IN POSITIVO

    Negli anni trascorsi, di fronte alle difficoltà e agli effetti perversi dello sviluppo democratico, si è fatta strada nell'opinione pubblica e nelle forze sociali e politiche del Paese l'esigenza di correttivi e di «comportamenti controbilanciati», vale a dire di leggi e di procedure intese ad impedire che elementi o tendenze del sistema sociale soverchino o soffochino altri aspetti, materiali e ideali, legittimi e validi.
    Una tale mentalità politica è ancora oggi presente in parte dell'opinione pubblica e delle forze politiche organizzate. Peraltro molti oggi sono sensibili al fatto che correttivi legislativi e interventi procedurali, soprattutto se sono solo repressivi e punitivi, si dimostrano abbondantemente inefficaci, se non sono accompagnati, ed anzi preceduti, da un «lavoro» che spinga a mutamenti nelle persone e nei gruppi che formano il corpo sociale.
    Ma oggi il discorso va ben oltre il livello della repressività/preventività rispetto a comportamenti devianti o ad effetti perversi dello sviluppo sociale e democratico.
    Le novità e le istanze positive dei processi storici in atto richiedono un'azione più ampia. Infatti esse stimolano non solo le strutture e l'organizzazione produttiva e sociale, ma anche ed in specie la crescita e il divenire personale degli individui-cittadini e del vivere comunitario nel suo insieme.
    In più, rispetto ad un recente passato, anche a livello propriamente sociopolitico sembra di costatare che il «cittadino» e la sua coscienza riemergono come centro o perlomeno come fattore fondamentale della realtà sociale.
    La qualità umana della convivenza sociale si viene a proporre come interesse generale di prim'ordine.
    La prospettiva di uno sviluppo planetario e integrale diventa un'indicazione di marcia storica di civiltà per tutti ed ognuno, per le nazioni e per le organizzazioni internazionali.
    In questa linea si comprende l'importanza ed anzi la necessità di un'azione sociale di formazione che possa aiutare tutti ed ognuno, sotto ogni cielo, a conseguire quella creatività, quella libertà, quel senso di responsabilità e di partecipazione attiva, quel senso del bene comune nella diversità e nel pluralismo, che sono indispensabili per un andamento ed uno sviluppo democratico della vita e dello sviluppo individuale e comunitario.

    IN UNA PROSPETTIVA DI EDUCAZIONE INTEGRALE E PERMANENTE

    C'è da chiedersi come si dovrebbe configurare questa azione educativa che assume la situazione socio-politica attuale nelle sue novità, nei suoi problemi, nelle sue prospettive quale campo d'azione e quale punto di partenza.

    Come «coeducazione»

    A me pare che essa trovi la sua specificità anzitutto nel porsi come azione di «coeducazione», cioè di aiuto e di stimolazione interattiva alla crescita comune e differenziata di ragazzi e ragazze, donne e uomini che, come cittadine e cittadini, in modo proprio e in modo comune, vivono l'esperienza della vita associata e politicamente organizzata; e considerano la partecipazione alla vita politica come un momento essenziale della vicenda personale e comunitaria.

    Come «correlazione»

    L'educazione entra in questo gioco interattivo facendo opera di mediazione e correlazione riflessa, critica e prospettica, tra diversità personale e comunanza di vita, tra esperienza personale e vissuto sociale, tra vita soggettiva e pratiche, istituzioni, procedure sociali, tra diversità individuale e comunanza di vita sociale; e più specificamente tra dimensione sociale e dimensione politica, tra politicità diffusa e politicità specialistica, tra politica come insieme di tecniche/procedure politiche e politica come valore/ impegno etico.
    Si può in qualche modo configurare come una costruzione piramidale che dal comunitario va al personale, dal generico allo specifico, dal diffuso allo specialistico, dal fatto va al valore, dal pratico all'ideale e viceversa.
    L'educazione cerca di far correre e ricorrere nelle due direzioni la vita personale e indirettamente quella di gruppo e quella collettiva.
    A livello personale tale correlazione è da stabilire tra l'educazione della personalità in generale, l'educazione della socialità personale e l'educazione della personalità politica.

    Come «convergenza» e «coerenza» formativa

    In altro senso la correlazione è ancora da ricercare tra l'azione educativa delle diverse agenzie e situazioni educative.
    Occorrerà cioè pensare a quale potrà e dovrà essere, in sede di educazione socio-politica, la specificità, ma anche l'apporto al lavoro formativo d'insieme da parte di un'educazione familiare, di un'educazione scolastica, di una educazione dei gruppi formativi, ecclesiali e non, delle stimolazioni educative provenienti dai mass-media, dall'organizzazione e dalla pratica dello sport, del tempo libero, dei loisirs.
    Convergenza e coerenza sono due aspetti qualificanti di una società che vuole dirsi educante.

    Come formazione «continua»

    Infine la correlazione è da trovare anche tra le diverse stagioni educative che accompagnano le diverse età della vita, dalla prima infanzia, in cui si gettano le basi della personalità e si fanno le prime esperienze di autorità e incontri sociali e di gruppo, alla fanciullezza, in cui si impara a conoscere il largo mondo adulto, alla adolescenza e alla giovinezza, in cui si acquista in pieno la valenza personale dell'inserimento nella vita comune sociale e ecclesiale, alla complessità ed articolazione della vita adulta, alla distesa lentezza della terza età, che si apre a possibilità di tempi e modi di essere più ampi di quelli storici e civili.
    In questo caso la correlazione va nel senso di ricerca della continuità vitale e della differenziazione di ogni specifica età e stagione di essa.

    INTERAZIONE DELL'EDUCAZIONE DI BASE CON L'EDUCAZIONE SOCIALE

    Dopo l'ubriacatura politica degli anni della contestazione, la riscoperta del personale e del cosiddetto pre-politico, la coscienza della complessità delle forme dell'esistenza sociale e individuale, hanno permesso di cogliere esperienzialmente oltre che concettualmente che la politica non è tutto, pur essendo, come oggi rivediamo meglio, assolutamente necessaria per una piena espansione delle libertà personali, civili, dei popoli, dell'umanità intera.
    Peraltro la diffusività della dimensione politica nelle diverse sfere dell'esistenza richiama ad una seria attenzione ad essa qualunque cosa si faccia.
    Altrettanto va detto a livello educativo.
    Abbiamo già detto della correlazione necessaria tra educazione, educazione sociale e educazione politica.
    Qui si vorrebbe approfondire e specificare un po' il discorso considerando l'educazione e l'educazione sociale come premessa, base e rimando dell'educazione politica.

    Sulla base dell'educazione generale della persona

    La promozione della personalità in generale e nelle sue dimensioni specifiche trova la sua «naturale» espansione nell'educazione politica.
    Una personalità matura nelle sue potenzialità di interiorità, di relazionalità, di capacità di lavoro professionale e di impegno sociale, è non soltanto l'esito di una buona educazione, ma anche la piattaforma su cui si costruiscono e fioriscono possibilità di azione politica personale.
    La sanità fisica e psichica permette una vita, qual è quella politica, che richiede fortezza, prudenza, impegno.
    Una solida formazione culturale ed intellettuale permette quella capacità di giudizio e di fantasia creativa che stanno all'origine dell'impegno e della partecipazione alla convivenza democratica.
    La capacità consolidata e strutturata di libertà e di responsabilità, che può essere vista come fine supremo educativo, diventa il centro propulsore per qualsiasi capacità decisionale ed impegnativa nel sociale e nel politico.
    Una profonda e personalizzata educazione religiosa (o comunque tale che fa i conti con il problema della trascendenza) può fare da riserva critica e da avamposto utopico per l'esperienza politica sia come cittadini sia come politici di professione.

    In rapporto all'educazione sociale

    L'educazione politica richiede previamente o in concomitanza che sia educata, cioè sia aiutata e promossa, la crescita e lo sviluppo della dimensione dell'intersoggettività e socialità personale, in modo tale che sia possibile ricostruire, sul piano della decisione libera e responsabile, la socialità «naturale»: arrivando in tal modo ad una socialità «personalizzata», voluta, ricercata e commisurata con le tendenze e spinte individuali e collettive in contrario.
    Per questo si richiede una formazione apposita, sostanziata di contenuti conoscitivi, di atteggiamenti personali, di abilità comportamentali.
    Quella che in termini tradizionali si configurava come educazione alla virtù della giustizia (quella generale e sociale, per distinguerla da quella particolare, commutativa e distributiva attinente i rapporti interpersonali di natura economica), oggi si potrebbe configurare come educazione allo sviluppo, alla mondialità, alla solidarietà, ai diritti umani e civili, all'ecologia, alla pace.
    Ma rimane sempre lo stesso il termine ultimo: quello di qualificare la persona alla capacità di coordinare il proprio agire al bene sociale, comune e generale, oltre o perlomeno in dialettica con la ricerca di una migliore qualità della vita personale, dei propri interessi individuali o quelli del gruppo di appartenenza o di riferimento.
    D'altra parte questa formazione alla giustizia, pur cercando la propria radicazione nell'interiorità personale, ha il suo tirocinio pratico e la sua pietra di paragone nel vissuto della convivenza sociale istituzionalizzata, sia nelle sue forme collettive sia nelle sue diverse formazioni e istituzioni.
    In tal senso diventerà educazione alla partecipazione alla vita sociale e alla vita di gruppo, formazione alla vita professionale, educazione agli strumenti della comunicazione sociale, al buon uso del tempo libero e dello sport; ma anche educazione familiare, educazione scolastica, educazione ecclesiale, educazione in associazioni, educazione sindacale, cioè, in una parola, educazione alle istituzioni che spesso costituiscono lo zoccolo duro della crescita giovanile.
    Ovviamente anche a questo livello viene a evidenziarsi la rilevanza della mediazione culturale che aiuta il formarsi di fondate e motivate concezioni del mondo e della vita, di possibili e valide prospettive di sviluppo, di capacità, in cui inquadrare la vita e l'azione sociale individuale e collettiva; oltre che l'aiuto per il formarsi di solide capacità di analisi, di discernimento critico e di progettazione operativa per commisurare e rapportare ideale e reale, utopia e storia, individualità e alterità.

    LA CURA PER IL PROPRIAMENTE POLITICO

    L'attenzione per il sociale negli anni trascorsi è stata - come si è detto - un antidoto terapeutico contro l'onnivora politicizzazione e prassificazione della vita individuale e collettiva, così come dell'educazione e dell'istruzione scolastica.
    Ma il personale e il prepolitico presto o tardi hanno da fare i conti con la dimensione politica che li attraversa o che reclama una sua particolare attenzione.
    Una coesistenza senza politica è impensabile.
    Altrettanto lo è la convivenza sociale.
    Istituzioni, autorità, poteri per sé non politici (famiglia, scuola, chiesa, mondo economico, organizzazioni del lavoro, del tempo libero e dello sport, amministrazione della giustizia; autorità parentale, gerarchia ecclesiastica, dirigenza scolastica, management socio-economico, imprenditorialità, dirigenza sportiva, industria culturale; potere economico, culturale, etico, religioso, affettivo, ludico, ecc.) richiedono comportamenti politici per la loro effettuazione ed hanno una notevole incidenza sulla prassi e la conduzione politica.
    In tal senso non si può pensare un'educazione generale o un'educazione sociale senza un loro prolungamento di educazione politica.
    Esigenze di chiarezza ci invitano a distinguere; esigenze di concretezza e di completezza ci invitano a saper riunire.
    Peraltro, come è distinguibile una dimensione propriamente politica (intesa nel suo senso più largo di azione ed organizzazione volta al mantenimento e alla promozione degli interessi generali del corpo sociale e del bene comune della società civile), così mi pare importante evidenziare una specifica educazione politica.
    E se è possibile individuare nell'insieme del sistema politico soggetti, teorie, quadri di valore, ideologie, istituzioni, organi di governo, gruppi, leaders, relazioni, procedure, tecniche, si comprende quanto vasto è l'orizzonte di riferimento da tener presente, anche senza scendere alla particolarità delle problematiche storiche di cui non si potrà non tener conto (partitocrazia, questione morale, questione istituzionale, governabilità e ingovernabilità, stato e società civile, trasformazioni e novità nazionali e internazionali).
    A sua volta credo sia necessario distinguere una formazione politica per ogni persona in quanto cittadino, da una formazione politica per coloro che faranno i politici di professione.
    Nel primo caso si può pensare ad una specificazione e dimensione della educazione sociale, mentre nel secondo caso si deve immaginare una formazione di un centro unificatore della personalità e d'irradiazione delle iniziative di essa.

    PERCORSI OBBLIGATI

    In ogni caso credo che l'azione educativa abbia in proposito da intraprendere alcuni «percorsi obbligati», che si potrebbero così individuare in funzione delle mete cui si intende arrivare.

    Un primo percorso è riferibile al consenso/dissenso

    Il consenso - vale a dire il complesso di opinioni, atteggiamenti e comportamenti, che di fatto i cittadini e i politici di professione adottano, in maniera più o meno critica, nella loro condotta politica in corrispondenza alla linea politica di una leadership partitica, movimentistica o dell'opinione pubblica generale - è un problema per le forze politiche organizzate e per ogni forma di governo che non voglia ridursi a maniere dispotiche al fine di avere l'adesione della popolazione o della maggioranza del corpo sociale.
    Come suo controcanto si ha un dissenso più o meno aperto e pieno o addirittura la contestazione e l'opposizione più o meno dura e totale.
    Se questo è vero in genere, lo è in particolare per l'azione politica in regime democratico, fondato sulla sovranità popolare, sul gioco pluralistico dei movimenti, gruppi e forze politiche, su regole procedurali ispirate al rispetto dei diritti civili e delle libertà democratiche, sulla scelta ragionata e critica personale.
    La storia dei moderni mezzi di comunicazione di massa, con la loro forza attrattiva di persuasione e di stimolazione, dice a chiare note quanto essi siano stati utilizzati in forme spesso discutibili, per conseguire l'obiettivo del consenso politico.
    Mezzo sociale per eccellenza rimane tuttavia pur sempre l'educazione scolastica, familiare, ecclesiale, o entro gruppi a valenza formativa.
    Al centro è il problema di una valida, vera, corretta e chiara informazione. E dal punto di vista formativo è questione di una solida opera di istruzione politica, sia nel senso di una acquisizione di conoscenze relative a idee, valori, tecniche, modelli operativi, sia nel senso del consolidamento delle capacità di apprendimento critico e personalizzato di ciò che attiene la vita politica.
    In questo contesto finalizzato acquistano tutta la loro valenza formativa le attuali iniziative di «scuole di politica», ma anche la vecchia educazione civica scolastica, o gli studi sociali presenti come disciplina nelle scuole elementari o l'area delle discipline storiche, geografiche, filosofiche o delle scienze umane e sociali delle scuole superiori o l'area culturale della formazione professionale.
    E più in generale acquista il suo senso la «mediazione culturale» che le diverse agenzie educative (famiglia, chiesa, scuola, gruppi, associazioni, movimenti, mass-media) a loro modo mettono in atto, in quanto e nella misura in cui permettono il formarsi del senso della concretezza storica, prospettano criticamente modelli, additano possibilità di valore e di impegno; ed ancor prima in quanto abituano a pensare, ad essere riflessi, ad uscire dai pregiudizi, ad aprirsi alle novità del presente e alle possibilità alternative di futuro.
    Si potrebbe parlare di educazione alla criticità, se l'esperienza del passato non ci avesse fatti accorti alle «deviazioni» cui tale termine può indurre e alla scarsa prospettiva progettuale ed utopica che esso comporta (o, meglio, che di per sé non comporta).
    Ma indubbiamente l'educazione al senso critico resta importante più che mai per vincere le spinte all'omologazione e quelle del conformismo o per stimolare la creatività personale e la partecipazione responsabile.

    Un secondo percorso: la formazione alla competenza politica

    Una consolidata competenza politica è necessaria in qualunque forma di governo, ma soprattutto lo è in una convivenza sociale organizzata secondo stili democratici, vale a dire secondo regole procedurali ispirate al principio di un tendenziale suffragio universale.
    Come suggerisce J. Dewey, in forme di governo oligarchiche o autarchiche basterebbe al limite formare solo la classe dirigente e al più persuadere i sudditi o catturare il loro consenso.
    Invece, per dirla in termini semplici, in democrazia «tutti contano» (o per meglio dire tutti dovrebbero contare), in quanto è riconosciuta loro la capacità di essere cittadini, vale a dire una radicale capacità di soggettività politica, direttamente espressa e direttamente o indirettamente esercitata.
    L'efficienza democratica richiede che questa radicale capacità sia formata, cioè portata al meglio delle sue possibilità e delle sue condizioni di esercizio politico. Occorre in concreto sapere per chi e per che cosa, ad esempio, si vota e poi saper agire di conseguenza (nella fattispecie, saper votare, esercitando democraticamente il proprio diritto di voto).
    L'efficienza politica richiede allora l'educazione che avvii alla comprensione politica delle situazioni secondo competenza, andando oltre l'emotività, la passionalità, gli schematismi preconcetti, le chiusure ideologiche e gli stessi buoni sentimenti di approvazione o disapprovazione di fatti e posizioni politiche.
    Un'adeguata formazione politica democratica richiede infatti libertà mentale e morale; capacità di applicare, a fatti e documenti, strumenti e strategie di analisi rigorose, per interpretarli, vagliarli, coglierne lo spessore politico, prospettarne sbocchi, strategie risolutive, ipotesi, progetti.
    Di conseguenza occorre capacità di analisi politica sorretta da informazione valida, capacità di critica, lucidità di giudizio, capacità di prospettazione, capacità di programmazione, di progettazione e di metodologia operativa. Si richiede quindi di saper leggere la domanda politica concreta, aver chiari gli obiettivi che si intendono raggiungere, saper indicare, reperire, o perlomeno valutare, mezzi, strumenti,strategie, ecc.
    E siccome tali competenze non si formano nel vuoto, l'educazione dovrà interessarsi dell'apprendimento di queste idee e valori che danno spessore all'azione politica democratica, e prima ancora all'educazione ad essa.
    Ma oltre a ciò l'educazione dovrà preoccuparsi anche di una graduale iniziazione a comportamenti politici democratici, vale a dire capaci di operare nel rispetto della diversità e del bene comune secondo le forme di democrazia organizzata.

    Una terza pista: la formazione della personalità politica

    Con il discorso sui comportamenti ci si allarga a quello che potremmo dire la terza pista da percorrere: quello dell'educazione alla «validità» del comportamento politico democratico, oltre l'efficienza politica per se stessa.
    Se per validità politica democratica intendiamo l'arte di rendere possibile, nel complesso e concreto gioco delle situazioni e delle congiunture storico- sociali, il maggior grado di libertà, giustizia, realizzazione vitale, produttività ed efficacia storica per tutti, allora si fa evidente che non basta la competenza politica.
    Occorre che essa sia radicata in persone libere e responsabili, capaci di iniziativa e di creatività, di partecipazione e collaborazione.
    Alla competenza nella politica si aggiunge l'impegno per la formazione della personalità politica secondo stili di vita democratici, in modo tale che competenza ed onestà si vengano a coniugare nella condotta politica.
    L'attuale dibattito sulla moralità pubblica e la spinta pastorale verso un impegno serio dei cristiani per lo sviluppo, la solidarietà e la pace, permette di evidenziare alcuni tratti caratteristici di una personalità politica validamente formata ( = le virtù politiche):
    - la capacità di essere in consonanza con le attese, i bisogni e le speranze di tutti gli uomini singolarmente e della società in generale. Ciò suppone stili cognitivi e comunicativi di ricerca, di progettualità, di operatività, di riflessione, di discussione, di dialogo che non si inventano e non vengono da sé. Richiedono studio, tirocinio pratico ed esperienza. È una capacità che si nutre di cultura, di scienza, di tecnologia, ma anche dell'ispirazione che nasce dal contatto vivo con il «mistero dell'essere» ed in particolare da una rivelazione religiosa;
    - la capacità di decisione, forte e saggia, tempestiva e lungimirante, concreta e carica di intenzionalità di futuro, capace di discernimento e di scelta tra percorsi diversi possibili, secondo un quadro di valori di riferimento ed in rispondenza ai bisogni e alle attese reali delle persone e della convivenza comune, cercando convergenze e alleanze, «compromettendosi», ma senza abdicare supinamente ad interessi corporativi o di parte e a trasformismi pragmatistici.
    Il rigore morale interiore, pur senza fissazione e con flessibilità, rimane la base per scelte relative a progetti riferibili al bene comune.
    Infatti non si tratta di dedurre o di applicare meccanicamente norme, decaloghi o princìpi, per quanto belli e grandi essi possano essere; ma occorre riferirsi alla differenziazione storica concreta e alle pluralistiche impostazioni globali della vita personale e sociale di tutti ed ognuno, in situazioni storicamente date nelle loro possibilità e incompatibilità;
    - la capacità operativa politica che coniuga competenza tecnica e personalità morale, efficacia storica e ulteriorità ideale, che si mostra nello spirito di dedizione, servizio e «comunanza», che lo fa solidale e amico con chi come lui è cittadino, al di là delle differenziazioni di appartenenza ideologica o partitica o delle convergenze strategiche per cui si opta, in una fondamentale «partigianeria» per il bene generale e comune.

    Una quarta pista: la formazione di una cultura democratica

    Ma nel clima attuale di speranza e di problematicità nuova, diventa sommamente importante un quarto livello: quello che potremmo chiamare della formazione di una cultura democratica. Con questa espressione si vuole intendere la capacità, individuale e collettiva, di scegliere e voler realizzare un progetto di vita e un modello di sviluppo sociale ispirato all'ideale democratico. Un modello che sia capace di corrispondere all'allargarsi dell'area degli interessi comuni, alla sempre più vasta e qualificata liberazione delle capacità e delle energie, individuali e/o di gruppo, al pluralismo socio-culturale, alla differenziazione e alla mobilità sociale, ai processi di trasformazione, di cambio e di innovazione che si presentano sulla scena della vicenda storica comunitaria, alla fine del comunismo stalinista ma anche oltre il liberismo capitalista occidentale.
    Costituzione, Dichiarazioni internazionali sui diritti dell'uomo e del cittadino, documenti ecclesiali sulla chiesa e il mondo contemporaneo, possono costituire i «testi» fondamentali da rileggere e ripensare, da approfondire e da oltrepassare, da studiare e da discutere, e in ogni caso da rapportare e far interagire con quel «testo analogo» costituito dall'esperienza socio-politica individuale e collettiva: con l'obiettivo di giungere ad una cultura che coniuga e cerca di rendere effettivi interessi individuali e di gruppo, e bene generale e comune.
    A livello personale credo necessaria anche una ricomprensione concettuale della categoria della libertà in sé e per sé, sciogliendola da legami culturali tendenzialmente individualistici, astorici, spiritualistici (tanto presenti nella nostra cultura europea); cercando invece di darle un chiaro respiro comunitario; inserendola nei processi di liberazione storica dei popoli e dell'umanità intera; sorreggendola con una teologia dell'alleanza e della Chiesa come popolo di Dio in marcia verso il Regno.

    I MODI EDUCATIVI

    Questi obiettivi dell'educazione politica sono frutto di un'azione a più fronti e secondi modi e strategie diversificate e complementari.

    L'insegnamento

    Essa è conseguibile almeno per un po' attraverso l'insegnamento, sia quello formale scolastico sia quello informale ed occasionale, collegato al dialogo familiare, alla discussione di gruppo, alla formazione delle associazioni, alle stimolazioni dei mass-media.
    L'indottrinamento sarà evitato se l'insegnamento sarà veramente tale, cioè offerta di quel tanto di informazioni e di strategie d'apprendimento adeguate alla reale domanda di coloro con cui si è in rapporto educativo, in modo tale che sia loro possibile continuare a riflettere, a ricercare e ad istruirsi da sé in libertà, trovando, in quanto viene loro offerto, lo stimolo e la «voglia» di farlo.
    I pericoli infatti non vengono solo dalla «dottrina», ma anche dall'assenza d'insegnamento, che lascia la gente in balia dei propri pregiudizi o di un falso sapere; oppure viene da un insegnamento troppo rapido o troppo specializzato, che abbandona la formazione dello spirito per limitarsi a selezionare e a fabbricare degli «attrezzi» umani, ricchi magari di abilità per prestazioni meccaniche e tecniche, ma non di competenza personali

    Stili relazionali

    Ma è ovvio che molto passerà anche attraverso la qualità della testimonianza di singoli formatori e di quella delle comunità. L'educazione indiretta attraverso gli stili relazionali individuali e collettivi rimane sempre di grande efficacia. È la non trasparenza e correttezza di tanti politici o partiti o il burocraticismo anonimo dell'amministrazione pubblica ad alienare l'opinione pubblica ed i giovani dalla vita politica. Ma lo è anche il degrado delle relazioni sociali e l'incuranza collettiva per la cosa pubblica.
    All'opposto, la capacità di dialogo dei genitori verso i figli, la correttezza loro verso le persone estranee alla famiglia o già nei riguardi del parentato, lo spirito di servizio, la partecipazione alla vita comunitaria, la conoscenza e l'impegno per i problemi della città e del territorio, il volontariato per le emergenze vicine e lontane, sono spesso apprese per identificazione con i comportamenti di genitori, familiari, educatori, sacerdoti e magari di figure pubbliche esemplari.
    Lo stile di insegnamento, lo stile di vita, la correttezza relazionale e procedurale di docenti e di dirigenti scolasti ci, l'impegno professionale, la passione per la ricerca del vero e per il valore, la «compagnia» vitale con gli studenti, non sono meno importanti dell'insegnamento per la crescita della personalità politica degli studenti.

    Clima di partecipazione

    Una terza via di educazione proviene da ambienti impregnati di attenzione e partecipazione alla convivenza civile e alla cosa pubblica.
    Il clima che si respira diventa fattore educativo di crescita e robustezza civile e politica o all'opposto di precoci e durature chiusure nel privato e nell'interesse di gruppo.
    Ciò può succedere nell'ambiente familiare, ecclesiale, scolastico, dei gruppi, delle associazioni.
    Una famiglia può essere chiusa o aperta all'accoglienza e all'ospitalità; può avere modi e rapporti ispirati a servizio e ricerca del bene comune familiare e sociale, o può essere un nido di autoritarismo e di mondi chiusi nel loro egoismo.
    La scuola è spesso burocratica e poco democratica nelle sue procedure e norme comportamentali.
    Ma è possibile attuare nella scuola forme di cooperazione e di partecipazione degli allievi nella gestione della scuola e della didattica. La Chiesa è tradizionalmente restia a lasciarsi compenetrare da modi democratici, ma può diventare anche comunità che cerca di realizzare la fede del popolo di Dio, come un corpo che dà spazio ai carismi di tutti ed ognuno, che non spegne i doni e le capacità dei singoli, ma sa indirizzarli al bene di tutti.
    I gruppi e le associazioni, anche contro i loro ordinamenti, spesso riproducono e realizzano rapporti autoritari nella vita di gruppo; ma possono far respirare un clima che fa sentire tutti liberi e corresponsabili sia all'interno che all'esterno del gruppo.
    È evidente che occorrono a questo scopo non solo la proclamazione delle buone intenzioni, ma la volontà politica ed operativa di attuare e di mantenere in vigore o migliorare procedure e modelli comportamentali improntati ad una libertà responsabile, sulla base di strutture e norme da tutti consentite, ciascuno secondo le sue spettanze.

    Spazi di esperienza concreta

    Ma l'essere politico fa parte di quel mestiere d'essere uomo che è un fatto estremamente pratico, che non si può apprendere solo per insegnamento o per identificazione o per impregnazione. Chiede anche esercizio, esperienza concreta e, di conseguenza, spazi e luoghi in cui esercitare e provare a sperimentare quanto si è appreso, o ad inventare e realizzare quanto si è sognato.
    Si dovranno quindi ricercare forme concrete di «pratica di libertà», nella scuola, nella Chiesa, nei gruppi, nelle associazioni, nei movimenti e in genere nel territorio, nel cui contesto si opera la formazione: altrimenti verrà a mancare quel «necessario» tirocinio che fa toccar con mano, che fa provare, che media, che spinge all'impegno, che incoraggia ad osare, che non fa illudere o fuggire per la tangente dell'intolleranza o per quella dello scoraggiamento subitaneo.
    Da questo punto di vista credo sia da valorizzare di più l'esperienza scolastica nel suo insieme.
    Essa concorre, magari senza proclamarlo e forse senza troppo averne coscienza, a veicolare modelli di comportamento locali, nazionali, internazionali, in quanto luogo, tempo ed occasione di socializzazione. A scuola non si va e non si sta invano. Gli anni della scolarizzazione sono tanti e non senza incidenza, nel bene e nel male. Ma la scuola e la prassi scolastica possono evitare di ridursi a cinghie di trasmissione del potere, della cultura dominante, dei valori di moda; e non sono votate necessariamente ad essere il luogo ed il tempo della noia intellettuale e la fabbrica del disagio e del malvezzo sociale.
    Può invece aiutare a controllare l'impregnazione di modelli ideali e comportamentali democratici, diventando luogo in cui ci si abilita alla critica, all'autocritica, alle responsabilità comuni. Altrettanto penso possa essere anche l'esperienza del tempo libero, dello sport, della musica, del cinema, della festa.
    Esse non sono necessariamente «destinate» ad essere occasioni di svago, di distensione o di «distrazione», ma anche tempi, spazi, palestre di ricreazione e crescita sociale, civile e politica, sia a livello di singole persone, che di vita associata o collettiva.

    L'APPORTO DELLA FEDE ALL'EDUCAZIONE POLITICA

    Da sempre il cristianesimo ha affermato la sua transculturalità. In tal senso la fede è «impolitica». I vangeli hanno dato risalto alla critica contro il mito della divinità della politica.
    Pur compiendo ogni giustizia, a Cesare viene dato il tributo, ma non l'appellativo di «divus». Peraltro i credenti sono chiamati ad essere «il sale della terra e la luce del mondo». Come dice l'antica anonima Lettera a Diogneto, al capitolo VI, i cristiani, non avendo città proprie operano il bene nelle città di tutti.
    Semmai hanno da essere come l'anima del corpo sociale, nel senso che con la loro vita vissuta e con la predicazione del Vangelo ricercano la promozione umana e il bene del paese in cui si trovano, aprendosi alla prospettiva trascendente dei cieli nuovi e della terra nuova in cui abiterà completamente giustizia e verità.
    Tale funzione rimane, nonostante tutti i limiti, guasti e prevaricazioni, che cristiani singoli, comunità cristiane e gerarchia ecclesiastica hanno spesso commesso e perpetrato nel corso dei secoli e da cui non sono ancora oggi del tutto liberi ed esenti.
    Condivisione, critica e profezia sono i tre movimenti dell'azione dei cristiani come cittadini.
    Dal punto di vista dell'educazione politica, mi pare che tale azione si venga a specificare in più sensi.
    - La tradizionale e costante indicazione di valori e di princìpi, di largo spessore umanistico, a cui ispirare e su cui confrontare la vita e l'azione politica, così come l'impegno di difesa e di promozione dei diritti umani, della giustizia sociale, dello sviluppo mondiale e della pace, possono stimolare le prospettive e ispirare il quadro di riferimento finalistico della educazione politica.
    - Un altro tipo di apporto formativo è stato ed è quello rivolto alla formazione della coscienza dei credenti (e di tutti gli uomini di buona volontà) circa la necessità dell'impegno politico; la partecipazione alla promozione del bene comune del proprio paese e dello sviluppo umano in generale; la correttezza e l'onestà civile.
    - In questi ultimi temi sono cresciuti i Centri e le scuole per una formazione socio-politica specifica per tutti ed in particolare in funzione della preparazione di una nuova classe dirigente, dove all'insegnamento della politica viene costantemente affiancata la preoccupazione per la formazione della personalità politica di ognuno e dei politici di professione, secondo una fondamentale ispirazione cristiana, ma concepito come servizio reso all'intero paese e aperto a chiunque intende prepararsi alla vita politica.
    - Le comunità, i centri, i gruppi, le associazioni, i movimenti ecclesiali sono per molti giovani luogo, occasioni, palestra di formazione e di pratica politica, per lo più nell'ambito tradizionalmente detto dell'impegno sociale o del prepolitico e nella forma del volontariato; ma spesso si arriva direttamente o si avvia a forme propriamente politiche di partecipazione alla soluzione dei problemi cittadini, del quartiere, del territorio, della cooperazione internazionale, del partitico, della politica nazionale.
    Infine, come afferma il documento della CEI, La chiesa e le prospettive del paese (n. 34), per giovani che iniziano la vita politica e per professionisti di essa, la comunità ecclesiale offre un altro servizio pedagogico, quello dell'accompagnamento, sia nella forma di direzione spirituale, sia nella forma del sostegno fraterno, sia nell'offerta dei mezzi di crescita della vita di fede (parola di Dio, preghiera, sacramenti, liturgia, comunione, servizi), che permettono di lavorare nella condizione «secolare» della vita politica, realizzando quella integrazione tra vita e fede, che è l'obiettivo ultimo di maturità personale cristiana dei «christifideles laici».

    Nota bibliografica

    F. Casavola e al., Pensare politicamente. Linee di una ipotesi educativa, La Scuola, Brescia, 1988.
    L. Corradini, La scuola e i giovani verso il duemila, Lisciani & Giunti, Teramo, 1986.
    L. Corradini e al., L'educazione alla convivenza democratica nella scuola elementare, SEI, Torino, 1989.
    C. Nanni, L'educazione alla convivenza democratica e gli studi sociali, SEI, Torino, 1987.
    C. Nanni, La formazione socio-politica: perché? come? in «Scuola Viva», 1990, n. 2/3 (numero monografico dedicato a: «L'educazione civica come obiettivo di tutti»), pp. 41-44.
    L. Pazzaglia, Il contributo della scuola pubblica all'educazione politica dei giovani, in N. Galli (Ed.), Quali valori nella scuola di stato, La Scuola, Brescia, 1989.
    E. Pintacuda, Breve corso di politica. Prefazione di padre B. Sorge, Rizzoli, Milano, 1988.


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