Portare il peccato

del mondo

Gv 1,29-34

 

La formula "agnello di Dio" è una formula strana, di per sé. A noi è diventata familiare perché la ripetiamo in ogni liturgia («Agnello di Dio che togli i peccati del mondo»), ma letteralmente risuona in modo strano. Essa ha un significato che deriva dall'orizzonte simbolico ebraico. Non si sa esattamente quale sia il riferimento immediato, perché la figura dell'agnello si prestava a molti richiami simbolici: ogni giorno al tempio veniva sacrificato un agnello per i peccati e per la purificazione; l'agnello pasquale, poi, aveva un valore simbolico straordinario per il richiamo all'esperienza dell'esodo e Gesù è morto nel periodo pasquale. Per i cristiani c'è anche la formula del profeta Isaia, che parlava del Servo come di un agnello mite, «di fronte ai suoi tosatori». A che cosa Giovanni si riferisse noi non siamo in grado di dirlo, ma forse tutte le simbologie possono essere assunte, perché la formula è servita ai cristiani per tradurre la loro fede nella missione di Gesù.
Che cosa implica? Fermiamoci un momento a riflettere su quale aspetto della missione compiuta da Gesù viene tradotto con questa espressione "agnello che porta/toglie i peccati del mondo". Ci servirà per capire in un secondo momento la nostra missione di portare i peccati del mondo, che continua quella di Gesù.
Di per sé la formula "agnello che togli i peccati del mondo" può essere anche tradotta "agnello che porti i peccati del mondo". Il verbo greco "airò" significa "sollevare", "alzare" oltre che portare via e togliere. Anche la formula latina: "agnus Dei qui tollis" ha un significato pregnante, quindi con diverse valenze.
Credo che possiamo applicarli a Gesù in tutti i sensi: porta il peccato del mondo nella storia; toglie, elimina definitivamente il peccato del mondo nel compimento della storia.

Gesù porta il peccato del mondo

Cosa significa che Gesù porta il peccato del mondo? Questo è un aspetto fondamentale della sua missione, e ha costituito un capovolgimento nella religiosità umana.
Nella prima fase della nostra vita, finché non giungiamo a maturità, noi seguiamo la legge della imitazione, la mimesis, attraverso cui si diffondono sia il bene che il male. Quando uno è violento contro di noi, noi sentiamo violenza contro di lui. È una violenza indotta, che struttura meccanismi dentro di noi, che entrano in azione anche quando lo stimolo è minimo. Quante volte a noi capita di compiere atti, di dire parole, fuori posto! Quante volte ci capita di reagire ad un'offesa, ad una parola, ad un gesto di altri, in modo sproporzionato allo stimolo! Andiamo oltre l'imitazione dell'altro, perché entra in azione tutta la violenza che abbiamo accumulato attraverso le violenze che si sono susseguite nella nostra vita, soprattutto nell'infanzia; esse ci hanno segnato ed entrano in azione quando situazioni analoghe si ripetono.
Questo è il nostro modo abituale di comportarci. Noi diamo spazio al nostro passato, in modo che si riproponga, si rinnovi, si perpetui nei gesti che compiamo. Questo vale anche per il male che è attorno a noi. Una persona ci offende? Noi maturiamo dentro la risposta offensiva. Un'altra compie un gesto di egoismo? Noi rispondiamo con un nostro atto di egoismo. E così moltiplichiamo il male.
Ora, la legge dell'imitazione, che vale per la prima fase della nostra vita, ha segnato tutta la religiosità e tutto il comportamento della storia umana.
Dobbiamo ricordare che nel lungo cammino della vita sulla terra, e ancor più nel lungo cammino dell'universo, l'umanità è recentissima. Stiamo forse uscendo adesso dall'infanzia, forse stiamo vivendo l'adolescenza umana. Ci sono ancora qualità straordinarie che devono emergere.
Gesù ha avuto incidenza nella storia umana perché è emerso in un particolare momento in cui stava avvenendo un passaggio della religiosità e della spiritualità umane, potremmo anche dire della psicologia umana. Gesù ha introdotto novità per l'azione dello Spirito. Giovanni dice: «Ho visto lo Spirito sopra di lui».
Lo Spirito introduce novità. Per questo il richiamo di Giovanni allo Spirito è il richiamo alla novità che può emergere nella nostra vita, e può essere introdotta, e può irrompere nella nostra piccola esistenza.
La novità rappresentata da Gesù è stata precisamente la rottura della legge della imitazione. Gesù ha insegnato a portare il male: incontri uno che ti schiaffeggia? offrigli l'altra guancia, non entrare nella dinamica dell'imitazione schiaffeggiandolo a tua volta. Incontri uno che ti odia? investilo d'amore. Incontri uno che fa il male? esercita misericordia nei suoi confronti.
Gesù ha vissuto questa esperienza. Il nucleo centrale della sua azione salvifica è consistito nel portare il male. La croce è l'espressione suprema di questa fedeltà di Gesù alla legge che aveva intuito nella preghiera e nella meditazione. Nella croce tale atteggiamento giunge ad espressione radicale, perché Gesù perdona coloro che l'uccidono, esprime misericordia per i peccatori, si abbandona fiduciosamente al Padre e ne esprime l'amore. Il Servo di cui parla Isaia è diventato il paradigma che Gesù ha seguito per il proprio cammino messianico.
Questo è l'insegnamento centrale del Vangelo. Ma noi non l'abbiamo ancora appreso: chi di noi vive questa legge fondamentale del Vangelo?

La continuazione della missione di Gesù

Portare il male della nostra vita vuol dire riconoscerlo, quando si affaccia. Sappiamo che è una ferita che ci portiamo dentro, che è un meccanismo che s'è insediato in noi, e, avendo questa consapevolezza, immediatamente ci apriamo a un'azione dello Spirito che immette in noi una forza nuova, un atteggiamento inedito, superando una dinamica che è fuori posto e non ha senso, perché appartiene a un altro tempo, a un'altra fase della nostra vita. Lo Spirito introduce una dinamica nuova, per cui riusciamo a portare il male della nostra vita. Esso non incide più: esiste, è presente, si riaffaccia, a volte si riconsolida attraverso ripetizioni, ma può essere portato, senza che noi veniamo schiacciati sotto il suo peso.
Verrà il momento dell'eliminazione, quando giungeremo al compimento della nostra vita e acquisteremo l'identità umana compiuta, ma nel nostro tragitto dobbiamo imparare a portarlo.
Ciò vale anche per il male degli altri. E qui comincia il lavoro più difficile. Quando per esempio uno accanto a noi è egoista, ci offende, rivendica la propria superiorità, noi tendiamo a rispondere con lo stesso meccanismo; ma se siamo consapevoli che per giungere alla nostra maturità dobbiamo portare il male dei fratelli, allora ci rendiamo conto che in quella situazione ci è chiesto di introdurre novità, di consentire allo Spirito di esprimersi. Allora il male diventa occasione di bene: all'offesa rispondiamo con una gentilezza, con un sorriso, all'egoismo rispondiamo con un atto di generosità. Sicché quello che poteva diventare un doppio male, diventa un bene inedito, una novità mai prima espressa.
Anche la vita ha proceduto così: le mutazioni introdotte nei processi evolutivi a volte sono intervenute proprio sotto lo stimolo di situazioni drammatiche, negative, che hanno consentito alla vita di esprimersi come novità. Quando le cose vanno tutte bene, la vita va avanti ripetendosi. Quando invece si presenta una situazione drammatica, inedita, a un certo momento la vita esplode. È questa esplosione di vita che ci è chiesta, nelle situazioni difficili.
Questo vale anche a livello sociale. Se un giorno apprendiamo alla radio o alla televisione la notizia di un delitto: una persona uccisa, una donna stuprata, un bambino violentato e così via, notizie del male che dilaga, tutto questo può suscitare in noi una reazione imitativa: reagiamo con la stessa violenza e diciamo: «l'aggressore deve essere ucciso!». Alimentiamo dentro di noi atteggiamenti di opposizione, di contrasto, di odio, di avversione. Moltiplichiamo il male. Non portiamo il male, ma ne siamo schiavi: non ne veniamo fuori, perché lo subiamo e diventiamo peggiori di prima, col nostro odio, con la nostra avversione, con la volontà di morte che esprimiamo. Quindi il male degli altri si moltiplica in noi e diventa male diffuso. Di un altro tipo, ma è sempre male.
Cosa vuol dire invece portare il peccato del mondo? Vuol dire che la famiglia, consapevole del delitto accaduto nella città, si mobilita, si impegna. Per esempio sarebbe bello che nella preghiera familiare si rinnovasse la volontà di bene, come a volte facciamo qui nella preghiera comune:
c'è bisogno di un amore più grande, amiamoci di più, eliminiamo gli egoismi che esistono tra noi, raggiungiamo un livello più elevato di amore, perdoniamoci. Il male che irrompe nella casa attraverso la televisione e la radio diventa occasione di bene.
Questo è "portare il peccato del mondo". Non sono cose astratte, ma molto concrete. Se per esempio tutti noi in questa settimana agiamo così, un delitto diventa occasione della moltiplicazione del bene nel mondo, di una novità che irrompe. Una novità: prima non c'era questo gesto, questa ricchezza interiore non era ancora arrivata. Irrompe nella storia perché è accaduto un male. Il male non è la causa, è l'occasione. La causa è l'azione di Dio, è la forza della vita, che contiene ricchezze molto più grandi, ma che in noi trova occasione per irrompere ed esprimersi.
Sono cose straordinarie perché non le compiamo ogni giorno, ma non richiedono miracoli, bensì la consapevolezza della legge della salvezza. A lungo andare questo procedimento conduce all'eliminazione del male, "toglie il peccato del mondo".
Nella prima fase della storia umana esistevano solo dinamiche di imitazione. Da poco è cominciato il processo di novità. I santi hanno preso sul serio questa legge e l'hanno vissuta. Oggi c'è la necessità di espandere questa fedeltà. Per questo noi ci raccogliamo a pregare: per imparare anche noi a portare il peccato del mondo. Non in virtù nostra, per nostro merito, ma perché la forza creatrice in noi può giungere a esprimersi in forma Medita.
Gesù ci ha insegnato che ciò accade perché la forza dello Spirito è presente, perché Dio è la ragione di tutto quello che noi siamo.
Una domanda ci accompagni durante la preghiera e possiamo poi portarcela lungo il cammino di questa settimana: noi che atteggiamento abbiamo abitualmente di fronte al male? come reagiamo alle situazioni negative? ci sono circostanze in cui abbiamo continuato la missione di Gesù, abbiamo imparato a portare il male, nostro e degli altri?
In questa settimana tutti i cristiani si riuniscono a pregare per l'unità. L'unità è una delle espressioni chiare del peccato che viene vinto. Oggi la giornata è dedicata al rapporto con gli ebrei. È una divisione che ha prodotto molto male: la Shoà è l'espressione più drammatica del male che diventa struttura e si propaga per imitazione. Chiediamo al Signore di essere noi strumenti della sua potenza che salva, perché la storia degli uomini sia cammino verso la pace e la giustizia.