Superare il male

Carlo Molari

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Ieri ho parlato della capacità di portare il male sociale come espressione della maturità personale.
Oggi vorrei continuare la considerazione per esaminare le condizioni di superamento del male, o, per usare un termine religioso, le condizioni della salvezza.
Occorre in merito ricordare che quando i cristiani parlano di salvezza non vogliono affatto affermare che Cristo ci ha liberati dal male, ma solo che ci ha indicato e offerto la possibilità di emergerne come persone nuove, di crescere cioè come figli di Dio in qualsiasi situazione ci veniamo a trovare.
Per chiarire il problema, possiamo distinguere tre tipi di male: quello invincibile, almeno per il momento; quello che l'umanità è ora in grado di sconfiggere, e quello che dipende esclusivamente dalla cattiva volontà degli uomini. L'annuncio della salvezza e quindi l'impegno dell'uomo ha carattere diverso secondo i vari aspetti del male.
Per il male invincibile, come la morte, o la precarietà della nostra condizione, o certi limiti connessi necessariamente alle conquiste sociali, superamento del male o salvezza significa poter vivere tutte queste situazioni in modo umano, rendendole luoghi di crescita personale ed esercizio di solidarietà. Quando Madre Teresa di Calcutta lasciò l'insegnamento in un grande collegio della sua città di adozione per mettersi a raccogliere i moribondi lungo i marciapiedi, non lo fece certo per sconfiggere la morte, ma per renderla umana a una moltitudine di persone abbandonate.
Per i mali, invece, la cui sconfitta appare possibile, salvezza significa individuazione delle cause e messa in opera di tutte le energie necessarie per raggiungere il traguardo che si delinea all'orizzonte.
Per il male infine che dipende dalla cattiva volontà degli uomini salvezza è denuncia e lotta per eliminare le strutture di oppressione e di ingiustizia, è una forte carica di amore per la conversione degli uomini ancora soggetti ai meccanismi del male, e per la solidarietà con chi ne soffre le conseguenze.
C'è sempre un periodo però in cui il male deve essere portato con dignità e rigore, accogliendo le possibilità di crescita umana che la situazione offre.
È il periodo della facile impazienza e dei pasticci improvvisati, è il periodo della presunzione.
Ma può essere anche il periodo delle speranze vive e delle attese stimolanti, il periodo della creatività.
La storia umana registra numerose fasi di questo tipo. Ma forse mai a generazione umana è stata offerta possibilità più grande di essere persone autentiche come nel nostro tempo.
A noi sta decidere se essere degni di questa chiamata o cadere in un baratro senza ritorno. E la nostra decisione non vale solo per noi ma per i secoli che verranno.
Ricordiamolo oggi quando ci imbatteremo in qualche forma di male da portare dignitosamente e da superare.