Il peccato
Carlo Molari
Vorrei completare le riflessioni proposte nei giorni scorsi sulla coscienza e sui criteri delle scelte quotidiane.
Il male più deleterio che possiamo compiere è quello cosciente e volontario. Esso perverte la nostra persona in modo più profondo di altre forme di male perché coinvolge anche le dimensioni più intime della persona: quelle della consapevolezza e della libertà. In termini religiosi viene chiamato peccato.
Alcuni pensano che il peccato esista solamente per coloro che credono in Dio. Al punto che quando cominciano ad avere difficoltà morali o a sentire rimorsi per peccati compiuti, credono di risolvere il problema allontanandosi dalla pratica religiosa o rifiutando la fede in Dio. Ora il peccato esiste non perché si crede in Dio ma perché l'uomo è in cammino.
L'uomo nasce con l'urgenza di crescere, di realizzare la propria identità personale, di giungere a una pienezza di vita che è la ragione profonda di tutte le sue decisioni.
Tale compimento si realizza appunto attraverso gli impegni, i rapporti, le esperienze di ogni giorno. Ma non tutte le azioni arricchiscono la persona, alcune anzi l'impoveriscono impedendone la crescita e isterilendo alla fonte le offerte di vita.
Se odiamo invece di amare, se cerchiamo i nostri interessi opprimendo gli altri e sfruttandoli ingiustamente, se ci lasciamo trascinare in modo disordinato dall'ira o dalla sessualità o dall'avarizia noi facciamo del male a noi stessi e agli altri indipendentemente dalle nostre convinzioni religiose.
Per questo il Concilio Vaticano II ha definito il peccato anche come « una diminuzione per l'uomo stesso, impedendogli di conseguire la propria pienezza » (Gaudium et spes 13).
Chi crede quindi di poter agire come desidera solo abbandonando la pratica religiosa o rifiutando la fede in Dio, commette un grave errore di prospettiva.
Ogni uomo prima o poi si accorge che il rigore morale, l'urgenza di un pieno dominio dei propri istinti, la necessità di un ideale globale nella vita sono necessari per vivere, indipendentemente dalla pratica religiosa.
Evitare il peccato perciò non deve essere solo un impegno dei credenti, ma di tutti gli uomini che vogliono giungere a quella forma di esistenza piena che è nei desideri profondi di ognuno.
Proviamo oggi, amici, a evitare ogni forma di male, in particolare quello volontario e cosciente; forse ci accorgeremo che la felicità conosce anche piccoli sentieri quotidiani, che spesso noi trascuriamo.