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    Volontariato, obiezione di coscienza, servizio civile: una pagina nuova da scrivere


     

    Domenico Sigalini

    (NPG 01-02-05)


    Ho sempre detto e scritto che nel variegato mondo dell’educazione alla fede dei giovani ci sono dei fenomeni per lo meno sorprendenti per il loro emergere spontaneo, contro ogni previsione e soprattutto nonostante tutte le difficoltà. Uno di questi è il volontariato, che in prima approssimazione volutamente confondo con obiezione di coscienza, servizio civile. Erano gli anni ’68-‘70, quando ancora si andava in galera se proponevi l’obiezione di coscienza. Ricordo le manifestazioni davanti alle carceri di Peschiera, dove erano rinchiusi alcuni obiettori, ricordo l’atmosfera di sospetto nei nostri ambienti nei confronti di queste pazzie, ricordo l’opuscolo galeotto «L’obbedienza non è più una virtù». Ebbene, una generazione di giovani ha lottato in solitudine anche nei riguardi dei progetti di pastorale giovanile illuminati per scavarsi un autentico spazio di libertà e di protagonismo, fatto di visione di pace e di volontà di servire. Dall’obiezione di coscienza è nato il volontariato giovanile senza che fosse previsto nei moduli educativi del tempo, sempre con un po’ di sospetto e di aria di cospirazione. Negli anni ‘80-2000 è diventata una delle esperienze più belle della pastorale giovanile che ha educato non solo alla generosità, all’altruismo, a una coscienza critica, ma anche a una profonda vita di fede, molti giovani vicini e lontani, anzi spesso molto più quelli che con la parrocchia non avevano tanta dimestichezza. Da gruppi di obiettori di coscienza che prestavano servizio civile presso realtà formative cattoliche sono uscite anche tante vocazioni al presbiterato o alla vita religiosa. Come tutte le esperienze ha avuto le sue crisi, i suoi tradimenti sia da parte dei giovani che da parte delle istituzioni, sia da parte dello stato che degli enti convenzionati.  
    Oggi con la nuova legge che abolisce la coscrizione obbligatoria si cambia pagina. Io che ho sempre detto che la naia fa più danni ai giovani che benefici, non sarò di quelli che preferiscono continui a rimanere per poi educare giovani a fare obiezione. E’ un buon passo quello di averne abolita l’obbligatorietà; non è finita però l’educazione all’obiezione di coscienza contro l’uso delle armi e l’educazione a una visione non violenta della realtà, tanto più che oggi si dà troppa enfasi all’esercito, come se fosse stato proprio inventato per seminare e far crescere la pace. Ma di questo potrò parlare qualche altra volta. Resta ora importante prendere coscienza che non si potrà più collegare obiezione di coscienza al servizio militare a volontariato o a servizio civile. Un fiore all’occhiello del mondo giovanile sta per essere strappato. L’esperienza eccezionale di generosità, di coinvolgimento nella vita dei deboli, di servizio concreto e definito, di tempo di riflessione sulla propria impostazione di vita, di rischio per gli altri è troppo importante nell’educazione dei giovani alla vita e alla fede perché non ce ne abbiamo a preoccupare nella nostra progettualità educativa.  Come potremo aiutare i giovani a fare queste esperienze di servizio civile e di volontariato in questa nuova situazione? Occorrono almeno due cose: che lo stato renda possibile ancora a tutti il servizio civile. Rendere possibile non significa rendere obbligatorio, ma almeno porre degli incentivi di carattere sociale e giuridico che permettono ai giovani di offrire un anno della propria vita alla società entro uno stato di diritto e non di privilegio, entro una configurazione giuridica che non li fa passare per disoccupati in cerca di lavoro o studenti stanchi e disorientati in attesa di cambio di facoltà. Dall’altra parte a tutta la pastorale giovanile è chiesta una particolare progettualità nel far conoscere e proporre il servizio civile come una delle mete di una formazione personale alla vita. Le è chiesta una collaborazione nuova con tutti gli uffici e gli enti che hanno a che fare coi giovani, con i mass media, con le realtà caritative, con i progetti di ricupero e di aiuto sia in Italia che all’estero. A questo punto lo svantaggio che fino ad ora hanno avuto le ragazze rispetto al servizio civile può giustamente e finalmente essere annullato, e quindi tutti i giovani, maschi e femmine, possono collocare un anno di servizio civile come esperienza base della propria crescita umana e spirituale.


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