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    Le trasformazioni culturali nella seconda modernità e l’esperienza religiosa



    Mario Pollo

    (NPG 2004-04-5)



    Prima di affrontare l’analisi della religiosità giovanile è opportuno dare una rapida occhiata alle trasformazioni dell’esperienza religiosa che sono state prodotte dalla seconda modernità. Infatti queste trasformazioni costituiscono l’ambiente in cui si è formata e si sta formando l’esperienza religiosa giovanile.

    Queste trasformazioni sono state raggruppate in quattro classi: l’individualismo, la centralità del corpo, la negazione delle distinzioni tra l’uomo e Dio e il tradizionalismo.

    La seconda modernità

    L’espressione seconda modernità, coniata dal sociologo tedesco Ulrich Beck, indica che nel mondo contemporaneo è attivo un vero e proprio crogiolo di trasformazioni sociali e culturali che stanno producendo una frattura nei confronti del passato, e anche del futuro, priva di qualsiasi riscontro in altre epoche della storia umana.
    Se la prima modernità in nome della razionalità strumentale e/o dell’economia ha perseguito l’obiettivo di eliminare dalla cultura sociale tutto ciò che ostacolava un razionale calcolo dei risultati, liberando lo spirito di iniziativa imprenditoriale dalle pastoie dei doveri familiari, dal tessuto degli obblighi etici, ecc., la seconda modernità sta operando un processo di individualizzazione della società liquefacendo i legami comunitari. Ma non solo.
    Essa propone anche una radicale trasformazione delle concezione del tempo e dello spazio che hanno caratterizzato le epoche precedenti e un ruolo di primo piano all’immaginazione.
    Questa trasformazione, secondo le letture più aggiornate, sarebbe il prodotto di due fenomeni congiunti – l’avvento dei media elettronici e le migrazioni – sull’opera dell’immaginazione, che, come è noto, è un tratto caratteristico della soggettività moderna.
    Le migrazioni di massa, pur essendo un evento che costella la storia umana fin dalla preistoria, hanno assunto nel mondo contemporaneo un carattere assolutamente nuovo, perché esse interagiscono con il flusso mondiale delle immagini-mass-mediatiche. Ciò produce la situazione inedita di immagini e spettatori che sono entrambi in movimento. In questo fenomeno, secondo alcuni studiosi, risiederebbe, ad esempio, il nucleo della relazione tra globalizzazione e modernità.
    L’avvento dei media elettronici ha anche modificato profondamente il vissuto dello spazio-tempo. Infatti la prima modernità ha disgiunto lo spazio e il tempo nell’esperienza della vita quotidiana, in quanto il tempo si è separato dallo spazio perché la velocità di movimento non è più stata legata alla velocità di organismi o elementi naturali ma è diventata una questione di ingegno. In altre parole la velocità non dipendeva più dalla capacità di locomozione degli esseri umani o degli animali, come ad esempio il cavallo, ma dall’invenzione di mezzi di locomozione come il treno, l’automobile, l’aereo o di comunicazione come il telegrafo, la radio e il telefono.
    La velocità è emersa come elemento importante nella definizione dello spazio perché ha fatto si che le distanze perdessero la loro consistenza oggettiva per assumere quella soggettiva, fortemente dipendente dalla stessa velocità. Lo spazio-tempo sin da questa prima fase della modernità si è avviato sulla strada che lo ha condotto a divenire uno spazio-velocità.
    Il compimento della trasformazione dello spazio-tempo in spazio-velocità è pienamente in atto in questa seconda fase della modernità per effetto dell’evoluzione degli strumenti di comunicazione, sia di quelli del trasporto delle merci e delle persone che di quelli della trasmissione delle informazioni e dei comandi dell’azione. Per questi ultimi la velocità di trasmissione è quasi prossima al limite (la velocità della luce).
    A questo proposito Virilio afferma: “Viviamo in un mondo fondato non più sull’estensione geografica, ma su una distanza temporale che viene costantemente ridotta dalle nostre capacità di trasporto, trasmissione e azione telematica… il nuovo spazio-velocità non è più uno spazio-tempo”1.
    Per questo studioso “la velocità non è più un mezzo, ma un milieu; si potrebbe dire che la velocità è una sorta di sostanza eterea che satura il mondo e nel quale viene trasferita sempre più azione, acquisendo in questo processo nuove qualità che solo tale sostanza rende possibili- e ineluttabili”2.
    I fenomeni sociali, economici e tecnologici che sono alla base della formazione dello spazio-velocità hanno avuto dei profondi effetti anche sul tempo, in particolare ha trasformato il tempo noetico in tempo spazializzato.

    1) Armitage J.(a cura di), Virilio Live: Selected Interviews, London 2001, pp. 84,71.
    2) Bauman Z., La società sotto assedio, Bari 2003.

    L’individualismo

    L’individualizzazione che caratterizza la seconda modernità è alla base di alcune caratteristiche tipiche della attuale esperienza religiosa.
    La prima è costituita dalla fluidità e dalla mobilità dell’appartenenza religiosa. Le persone tendono a impegnarsi in modo limitato o da una scadenza o dall’entità dei benefici che pensano di ottenere dall’appartenenza.
    Quando si vive una delusione si tende ad andare a ricercare una nuova adesione altrove.
    La seconda caratteristica è data dal legame tra impegno e crescita e autorealizzazione personale. Non vale la pena impegnarsi in qualcosa che non produce felicità e che sia svolto senza gioia. La disaffezione nei confronti della pratica religiosa è una manifestazione concreta di questa caratteristica e può essere sintetizzata dalla frase: “la messa domenicale mi annoia e non ne ricavo niente”.
    La terza caratteristica è la scomparsa dello spirito di sacrificio. Per la stragrande maggioranza delle persone e dei cristiani “perdere la propria vita in nome della fede e della vita futura” è assolutamente impensabile.
    La quarta caratteristica è costituita dall’emergere di un individuo olistico, che ha preso il posto della società olistica.
    Questo significa che la persona percepisce in modo completo e integrato ciò che sino a poco tempo fa considerava in modo separato e settoriale. Ecco quindi la necessità, nella sua esperienza religiosa, di prendere in considerazione tutte le dimensioni di cui si sente formata: razionale ed emotiva, spirituale e materiale, psichica e corporea.
    L’insieme di queste quattro caratteristiche spiega la comparsa di una religione alla carta: “scelgo di andare là perché ….”, oppure ci si costruisce con il proprio gruppo una esperienza religiosa su misura.
    Una scelta alla carta che vale anche per le prescrizioni morali, nel senso che si accettano quelle più gradite e si rifiutano le altre. Un esempio tipico riguarda la morale sessuale.
    Anche per quanto riguarda gli articoli di fede si assiste a una scelta soggettiva. Ad esempio, nella fase storica attuale i cattolici privilegiano l’umanità di Gesù, il Dio Amore rispetto al Dio del giudizio, al Cristo maestoso e lontano, così come, spesso, escludono l’esistenza dell’inferno e del diavolo.
    Nella esperienza religiosa della maggioranza delle persone non vi è più la distinzione tra il bene e il male, ma tra il gradevole e il penoso o tra ciò che può essere creduto o non creduto.
    Una variante estrema della religione alla carta è costituita dalla religione “fai da te” che quasi sempre è un bricolage sincretistico.
    Esempi di questo tipo di esperienza religiosa sono rintracciabili nei comportamenti delle persone che seppur sedotte dal buddismo tibetano si recano in pellegrinaggio a Compostela, oppure di quei cattolici che visitando Benares non si limitano a fare i turisti ma cercano di sperimentare l’esperienza religiosa che gli indiani fanno in quel luogo.
    La globalizzazione e la comunicazione di massa rendono disponibile nel mercato dell’immaginazione un numero ampio di soggetti e di materiali con cui costruire la propria sceneggiatura religiosa.

    La centralità del corpo

    L’esperienza religiosa in questa seconda modernità è caratterizzata dal ruolo assolutamente dominante che in essa ha acquisito la dimensione emozionale. Infatti in essa vi è il primato delle relazioni interpersonali e quello del sentimento sulla ragione.
    Questo comporta una accentuazione del valore dell’esperienza personale soggettiva, dell’autenticità affettiva, della dipendenza da leader carismatici e della ricerca del coinvolgimento del corpo e dei sensi nell’esperienza religiosa.
    Una esperienza religiosa viene sperimentata come autentica e vera solo se lascia una qualche impronta nel corpo della persona che la vive.
    La verità dell’esperienza religiosa, infatti, non può essere detta dai discorsi razionali o dogmatici, ma solo dall’intensità e dall’autenticità dei sentimenti sperimentati.
    Ecco il successo di quei riti, di quelle posture, di quei gesti ed espressioni corporee capaci di suscitare emozioni all’interno di contesti di preghiera o di riunione.
    Tutto questo fa anche sì che le esperienze religiose di tipo “iniziatico” acquisiscano un fascino affatto particolare.
    La religione dell’esperienza sostituisce la religione della fede.
    Un’altra prova del legame tra verità e corpo presente nell’attuale esperienza religiosa è fornito dalle esperienze taumaturgiche di tipo religioso.
    In molte esperienze religiose contemporanee la ricerca della guarigione occupa un posto centrale.
    Questo a differenza della tradizione cristiana, in cui la guarigione era considerata secondaria rispetto alla fede, nel senso che essa non era ricercata per se stessa ma come possibile dono supplementare.
    Questo è spiegabile con la centralità che il corpo e il suo benessere, la forma fisica hanno assunto nell’attuale cultura sociale.
    La religione diviene per molte persone una via della ricerca del benessere psico-fisico, e non è un caso perciò che mentre un tempo a ricercare la guarigione fossero persone sfortunate e disgraziate, oggi invece la ricerchino persone benedette dalla vita eppure deluse e insoddisfatte da essa perché non hanno ancora ottenuto la felicità e la libertà a cui aspirano.
    Questo persone manifestano spesso anche un certo risentimento nei confronti della Chiesa, accusata di non valorizzare a sufficienza le qualità emotive e terapeutiche della religione, e di insistere invece, troppo, sugli aspetti morali ed etici, e di gestire quindi il patrimonio spirituale in modo burocratico.
    In questo è leggibile l’effetto dissolutorio della modernità nei confronti della tradizione. Modernità che, invece, chiede alle persone di cambiare e innovare per diventare se stesse.
    Per molte persone la religione è anche una sorta di compensazione della delusione per le promesse non mantenute dalla scienza e dalla tecnica in ordine alla ricerca della felicità, della perenne giovinezza e dell’immortalità.

    La negazione delle distinzioni tra Dio e uomo

    Uno degli effetti della seconda modernità sull’esperienza religiosa si manifesta nella negazione delle distinzioni classiche che nel fenomeno religioso esistono tra Dio e uomo, Dio e natura, tra uomo e natura e tra religione e religione, che alla fine sarebbero identiche.
    Alla radice di questo sincretismo vi è la credenza nell’esistenza di una realtà comune a tutte le realtà che di solito viene chiamata energia o con altri nomi. Questa credenza, più che verso il panteismo, sembra orientata verso un naturalismo animistico.
    A questa credenza appartiene l’attuale moda nei confronti del mondo degli angeli che sarebbe un mondo parallelo invisibile e reale.
    Il Dio personale del cristianesimo trascolora verso un Dio impersonale o, addirittura, delle forze e delle energie impersonali.
    In questo contesto sparisce anche ogni forma di Alterità, non esiste più il dialogo tra Io e Tu ma solo la ricerca interiore del proprio sé, unico luogo in cui si manifesta la verità e lo stesso Dio.
    A questo proposito un settimanale francese intitolava un suo articolo: “come buttare via Dio e tenere la religione”.
    In questa concezione religiosa la spiritualità riguarda esclusivamente l’interiorità della persona, sia che riguardi il superamento dell’io sia che, al contrario, riguardi il suo rafforzamento.
    Tutte le religioni appaiono identiche perché ognuna di esse, con le proprie tradizioni mistiche, garantirebbe questa via all’interiorità.
    La conseguenza di questo atteggiamento è la relativizzazione delle forme storiche concrete in cui si sono manifestate le religioni a favore dei loro aspetti esoterici e mistici.
    Basti pensare al tentativo di rivalutazione del vangelo di Tommaso rispetto ai canonici.

    Il tradizionalismo

    Accanto a queste caratteristiche dell’esperienza religiosa contemporanea prodotte dalla seconda modernità, ne è presente una che sembra andare in direzione contraria.
    Si tratta di quelle esperienze religiose fondate su una reazione fortissima nei confronti della modernità e della secolarizzazione, e della tendenza del cristianesimo di venire a patti, a scendere a compromessi con queste ultime.
    A volte questa reazione si manifesta solo in modo parziale perché i movimenti che la manifestano possiedono anche alcuni tratti identitari moderni.
    C’è nei movimenti che manifestano questa reazione l’orgoglio di esibire e di manifestare la differenza che contraddistingue la propria religione dalle altre, soprattutto attraverso segni esteriori, come il vestiario, le grandi assemblee unitarie che superano le divisioni ideologiche, politiche, sociali ed economiche delle persone, le processioni nel cuore della città, la pubblicizzazione delle conversioni e, infine, l’uso massiccio della comunicazione mediatica.
    La reazione identitaria può essere promossa sia dal vertice che dalla base della Chiesa.

    Una nota

    L’aspetto consolante è che le caratteristiche dell’esperienza religiosa descritte sono, da un lato, strettamente relate alla seconda modernità e, dall’altro lato, strettamente individuali. Appaiono dunque legate alla mutevolezza e alla fragilità delle persone e, quindi, prive dei requisiti necessari alla loro trasmissione verso le nuove generazioni.
    Questo significa che il futuro non è compromesso, ed è possibile prevedere un ritorno verso l’Alterità, di una Trascendenza non immanente.
    Forse le reazioni integraliste, con la loro inaudita violenza, sono il sintomo paradossale dell’esistenza di questa possibilità.
    È interessante vedere se i segni di questo ritorno sono già presenti nell’attuale esperienza religiosa giovanile.
    Per questa esplorazione ci si avvarrà dei risultati della ricerca, condotta con il metodo delle storie di vita, tra gli adolescenti e i giovani romani dal Vicariato di Roma nell’anno 2002 e pubblicata dall’Editrice Piemme con il titolo: Il volto giovane della ricerca di Dio.


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