La modernità
interroga la fede
Introduzione al dossier
A cura del gruppo di Feeria
Talvolta è in riflessioni e contributi apparentemente minori o, addirittura, secondari che si nascondono intuizioni e piste di ricerca che aprono prospettive inattese e singolarmente feconde. È quanto ci è accaduto di constatare, tra le tante proposte editoriali apparse nel corso di questo Anno della Fede ormai giunto alla sua conclusione, scorrendo e studiando insieme il piccolo libro del gesuita Jean-Paul Hernández dal titolo Ciò che rende la fede difficile (AdP, Roma 2013). Poche pagine, nelle quali l'autore riflette su una serie di temi e sfide che possono costituire una difficoltà per l'esperienza della fede: dalle false immagini di Dio allo scandalo del male, particolarmente quel "dolore innocente" già preso in esame da Dostoevskij, dal sentimento della paura alle difficoltà rappresentate dai "tradimenti" che segnano la vita della Chiesa, dalle crisi esistenziali che colgono all'improvviso senza lasciare alcuno spazio a Dio al pluralismo religioso che sembra mettere in discussione il primato del cristianesimo e alla trappola del pensiero ideologico che chiude la strada a una libera e feconda riflessione sul mistero dell'assoluto.
È nata qui l'idea di questi approfondimenti, nostro secondo contributo collettivo alla riflessione nel contesto dell'Anno della Fede, dopo il dossier dedicato al concilio Vaticano II: analizzare più in profondità alcune delle difficoltà della fede proposte da Hernández, necessariamente e più volte citato nei vari contributi, provando a coglierne meglio la portata e la pericolosità, ma anche il loro carattere di crisi salutare per una possibile crescita della qualità della fede. Da qui anche il titolo che abbiamo scelto, La modernità interroga la fede, che dice la nostra convinzione che il pur complesso confronto della fede cristiana con le esigenze della modernità potrà condurre a una maggiore consapevolezza che la proposta evangelica non ha nulla da temere dall'emersione del primato della libertà di ogni persona umana. E che, anzi, i semi della rivoluzione copernicana in atto erano stati gettati proprio dalla predicazione stessa di Gesù.
Per arricchire i vari approfondimenti si è inoltre pensato di presentare il profilo di un testimone la cui esperienza umana e spirituale potesse contribuire a illuminare le singole "difficoltà" prese in esame. Ne è nata una carrellata di figure, dal card. Carlo Maria Martini a Dietrich Bonhoeffer, da Teresa di Lisieux a Edith Stein, da Lorenzo Milani a Charles de Foucauld e Antonio Rosmini, che crediamo potrà aiutare a restituire un volto più concreto della sfida della fede così come donne e uomini a noi molto vicini hanno cercato di vivere e di annunciare. Dopo tutto, come scrive Hernndez riguardo alla difficoltà della desolazione spirituale, si tratta di provare a compiere un salto di qualità nel nostro rapporto con Dio, imparando ad amarlo al di là di tutti i benefici che egli ci offre, al di là di quello che Dio ci dona o non ci dona (cfr. p. 37).