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    Colonia 2005. Appunti per non disperdersi



    Paolo Giulietti

    (NPG 2005-07-80)


    La Giornata Mondiale della Gioventù sta diventando, di edizione in edizione, un evento sempre più complesso e articolato. A questa logica – che ha prodotto ad esempio novità quali i «centri di spiritualità» e i «punti di incontro» nell’ambito dello youth festival – non è sfuggito quest’anno neppure il programma papale, che ha compreso, oltre ai tradizionali appuntamenti, una serie di inediti incontri, i quali hanno ulteriormente arricchito di contenuti e di stimoli le giornate colonesi. Proporne una sintesi è quindi oltremodo difficile, anche perché essa dipende in misura rilevante dal punto di vista dal quale si osserva (o si vive) l’esperienza. Questo è sempre vero, ma, applicandosi ad un evento talmente multiforme, rischia di influenza in maniera determinante la riflessione. In altre parole: non è detto che il quadro che tenterò di delineare coincida con le narrazioni un po’ mitizzanti, insieme serie e facete, che i giovani «reduci» da Colonia proprio in questi giorni dispensano a coetanei e familiari, con l’immagine veicolata dai media, oppure (e la cosa sarebbe più grave) con le valutazioni dei numerosi operatori pastorali italiani (sacerdoti e laici) presenti a Colonia. Si tratta di «appunti», che ciascuno potrà utilmente integrare con i propri.

    Un punto di arrivo

    La GMG non è mai stata, nelle intenzioni di Giovanni Paolo II, e neppure nella prassi delle Chiese italiane, un evento estemporaneo. Sin dalle prime edizioni, ma soprattutto a partire da Denver ’93, si è curata la preparazione dei giovani pellegrini all’esperienza dell’incontro mondiale. Da questo punto di vista, Roma 2000 rimane un punto di riferimento, anche grazie alla coincidenza con il Giubileo e all’inserimento della preparazione alla Gmg nel cammino triennale vissuto da tutta la Chiesa.
    Il cammino verso Colonia è stato vissuto, in quasi tutte le diocesi e le aggregazioni laicali italiane, in maniera molto seria, attraverso la proposta ai partecipanti di incontri, itinerari e sussidi qualitativamente e quantitativamente apprezzabili. In tale processo hanno svolto un ruolo – anche solo di mera ispirazione – i materiali offerti dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile, elaborati con l’apporto di una apposita Consulta nazionale. Altro elemento di successo è stata la possibilità di ancorare il cammino alla figura dei Magi, il che ha conferito al percorso uno spessore, biblico, culturale e simbolico d’eccezione.
    La peculiarità della proposta pastorale per la preparazione a Colonia 2005 è stata la decisa finalizzazione al «dopo», nell’ambito di una visione processuale della Gmg. Soprattutto nel «quadernone», destinato ai responsabili della pastorale giovanile, si sono moltiplicati le indicazioni e i suggerimenti per impostare in tal senso la progettualità della propria partecipazione alla XX Gmg. In particolare, si è insistito su tre «strategie» sulle quali impostare i percorsi di preparazione (e di rientro): il protagonismo dei giovani nella Chiesa; una spiritualità della vita quotidiana; la prospettiva della civiltà dell’amore.
    I frutti maturi di tale impostazione saranno – ovviamente – valutabili in tempi medi, ma una loro iniziale ricaduta la si è potuta percepire già a Colonia: nonostante la bassa età media dei partecipanti italiani, è stata unanime la sensazione di una grande motivazione e preparazione nel vivere l’esperienza. La qualità (e la fedeltà) della partecipazione alle catechesi; l’intensità della presenza a Marienfeld; la pazienza e l’intelligenza nel sopportare disagi un po’ sopra le aspettative… sono tutti sintomi di un buon cammino di preparazione, che ha condotto alla Gmg adolescenti e giovani in grado di vivere bene un’esperienza intensa, ma anche «a rischio dispersione» come quella di Colonia 2005.
    Ciò non significa, a mio parere, che le analisi condotte da Franco Garelli nella sua ricerca Una spiritualità in movimento non siano più valide: il popolo delle Gmg continua ad essere composito per quanto riguarda l’adesione di fede e l’appartenenza ecclesiale; il serio itinerario di avvicinamento ha creato però per tutti i «tipi» di giovani presenti il clima e le condizioni per vivere al meglio le giornate tedesche.
    D’altra parte, il record di presenze di preti registrato a Colonia (ben 10.000 alla messa finale, ai fronte degli 8.000 di Tor Vergata), fa pensare anche ad un forte investimento in quanto a presenze educative, non solo in loco, ma anche nella fase preparatoria.
    Inutile dire che la crescente attenzione alla preparazione dei giovani partecipanti alla Gmg è fenomeno di grande positività, realizzatosi anche grazie a quell’intervallo triennale che sembra, con la convocazione del prossimo incontro mondiale nel 2008, essere diventato prassi, e che fa ben sperare anche per le prossime edizioni.
    In questo contesto, va rilevata con dispiacere l’assenza di molti giovani del terzo e quarto mondo, i quali, pur preparatisi con impegno ed entusiasmo ad un evento per loro forse ancor più eccezionale, sono dovuti rimanere a casa per la non concessione del visto di ingresso in Germania. Il problema, manifestatosi nel 2002 a Toronto e ulteriormente acutizzatosi nel 2005, è assai grave, tale da mettere in discussione questa formula di incontro mondiale, che rischia di coinvolgere massivamente solo i giovani dei paesi ricchi.

    Un’esperienza coinvolgente

    Centro e obiettivo di ogni Giornata Mondiale è l’incontro con Cristo, nella Chiesa. Benedetto XVI non ha mancato di ricordarlo, nel saluto iniziale lungo il Reno, invitando i giovani a vivere la Gmg proprio in questa prospettiva: Concedete [a Cristo] il «diritto di parlarvi» durante questi giorni! Aprite le porte della vostra libertà al suo amore misericordioso! Esponete le vostre gioie e le vostre pene a Cristo, lasciando che Egli illumini con la sua luce la vostra mente e tocchi con la sua grazia il vostro cuore.
    Ciascuna edizione, però, si caratterizza per una propria dinamica e particolari contenuti. Colonia non ha certo fatto eccezione; anzi, ha offerto una varietà di temi e di esperienze forse più ampia che in altre circostanze. La rassegna che segue è solo un tentativo di coglierne le più evidenti e stimolanti

    Le figure dei Magi

    Il riferimento ai Magi e al loro «itinerario spirituale», già ispiratore del messaggio preparatorio alla Giornata, ha caratterizzato in maniera rilevante l’esperienza dei partecipanti a Colonia 2005. Al di là della scelta, pure impegnativa, di far svolgere una «catechesi itinerante» attorno al duomo, centrata sulla venerazione delle reliquie dei Tre Re, il confronto con i Magi ha ispirato tutti i discorsi di Benedetto XVI, che ha riproposto il loro cammino di ricerca, scoperta, adorazione e «missione», come percorso delle giornate colonesi, realizzando, tra l’altro, un articolato midrash sullo scarno racconto matteano. Proponendo la propria riflessione sulla vicenda dei Saggi d’oriente, il Papa ha cercato costantemente il parallelismo tra la loro vicenda e il vissuto dei giovani pellegrini della Gmg, realizzando una narrazione coinvolgente.
    Già nel suo primo discorso in aeroporto, Benedetto XVI ha tenuto a precisare la natura di pellegrinaggio della Giornata, ricordando che come i Magi, tutti i credenti, in particolare i giovani, sono chiamati ad affrontare il cammino della vita alla ricerca della verità, della giustizia, dell’amore. Nel primo saluto ai giovani, lungo il Reno, il Santo Padre rapporta alla loro coraggiosa e onesta ricerca il cammino compiuto dai giovani: anche noi siamo venuti a Colonia perché sentivamo urgere nel cuore, sebbene in forma diversa, la stessa domanda che spingeva gli uomini dall’Oriente a mettersi in cammino. Di fronte alla Cattedrale di Colonia, ha invitato i giovani a riconoscersi nella eterogeneità di quei primi pellegrini: ora siete qui voi, giovani del mondo intero, rappresentanti di quei popoli lontani che riconobbero Cristo attraverso i Magi e che furono riuniti nel nuovo Popolo di Dio, la Chiesa, che raccoglie uomini e donne di ogni cultura. Nell’incontro con i seminaristi il viaggio dietro la stella diviene figura della risposta alla chiamata di Dio: cari amici, è questo il mistero della chiamata, della vocazione; mistero che coinvolge la vita di ogni cristiano, ma che si manifesta con maggiore evidenza in coloro che Cristo invita a lasciare tutto per seguirlo più da vicino. Nella veglia, il Papa ha invitato i giovani a riconoscere il ripetersi dell’incontro adorante dei Magi con il Bambino di Betlemme: cari amici, questa non è una storia lontana, avvenuta tanto tempo fa. Questa è presenza. Qui nell’Ostia sacra Egli è davanti a noi e in mezzo a noi. […] Egli è presente come allora in Betlemme. Ci invita a quel pellegrinaggio interiore che si chiama adorazione. La tematica del «viaggio di ritorno», sviluppata a lungo e in modo originale nel discorso della Veglia, introduce l’importante richiamo alla santità come autentica forza rivoluzionaria, capace di trasformare il mondo. [I Magi] ora imparano che devono donare se stessi – un dono minore di questo non basta per questo Re. Ora imparano che la loro vita deve conformarsi a questo modo divino di esercitare il potere, a questo modo d’essere di Dio stesso. Devono diventare uomini della verità, del diritto, della bontà, del perdono, della misericordia.
    La scelta – impegnativa e non scontata – di Benedetto XVI di giocare l’intera impostazione del suo messaggio ai giovani attorno al riferimento ai Magi risulta di grande interesse per almeno due importanti motivi: da una parte, restituisce l’annuncio alla sua fondamentale dimensione narrativa, che colloca anche la dimensione teologica e quella morale nella cornice di una personale esperienza di Dio; dall’altra parte, consente alla proposta di fede di presentarsi in maniera multiforme: biblica, storica, artistica, liturgica, devozionale, esistenziale... Anche se non sono poi così tante le figure evangeliche ad aver goduto di una fortuna simile a quella dei Magi, è indubbio che questo tipo di approccio riveste un grande interesse, anche in ordine ad una maggiore valorizzazione della componente «tradizionale» (nel senso più comprensivo ed alto del termine) nell’educazione alla fede delle giovani generazioni, che appaiono particolarmente disponibili ad un confronto a tutto campo con la proposta evangelica.

    L’esigenza di una fede «a misura alta»

    La prospettiva della santità ha informato tutto lo svolgersi della Gmg di Colonia, sia per il riferimento ai personaggi Magi (e per estensione ad altre figure di santità), sia per la particolare tensione conferita dalla collocazione nell’Anno eucaristico.
    È a partire dalla possibilità concreta di rapporto personale con Cristo che nell’Eucaristia viene offerta ai credenti che Benedetto XVI ha indicato il fondamento dell’esperienza cristiana. L’incontro sorprendente e coinvolgente con Cristo, accolto con fede e concretizzato nell’atteggiamento (non solo cultuale, bensì esistenziale) dell’adorazione, sta alla base di ogni possibilità di vita piena e felice, a livello personale, comunitario e sociale.
    I santi (quelli «colonesi» citati nel Messaggio di Giovanni Paolo II, ma anche numerosi altri) vengono proposti dal Papa ai giovani come modelli della pienezza di vita cui accedono gli autentici adoratori del Cristo, ma anche come gli autentici artefici delle trasformazioni «rivoluzionarie» della storia d’Europa, illuminata nei suoi momenti oscuri: I santi sono i veri riformatori. Ora vorrei esprimerlo in modo ancora più radicale: Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo.
    Dalla Gmg, dunque, giunge ai giovani (e alla pastorale giovanile) la sollecitazione a radicare sempre più profondamente nell’esperienza di personale incontro con Cristo ogni dimensione dell’esistenza, anche quelle maggiormente protese verso l’esterno della propria esistenza personale, come l’impegno sociale, culturale e politico.

    L’esperienza di una Chiesa giovane

    La Gmg costituisce per i giovani una preziosa occasione per una feconda esperienza di Chiesa. Colonia non ha fatto eccezione: a partire dalla splendida accoglienza delle diocesi tedesche per i giovani (purtroppo pochi!) che hanno iniziato con i «giorni di incontro», fino all’emozionante incontro conclusivo con il Santo Padre, passando per l’opportunità di condividere con i propri preti (e a volte con i vescovi) i disagi e le avventure di un’intera settimana (viaggio a parte). Nei suoi discorsi, Benedetto XVI ha sottolineato più volte la singolarità dell’esperienza ecclesiale, proponendo quasi una visione ecclesiologica collegata all’esperienza della Gmg.
    La Gmg, innanzitutto è immagine della Chiesa: nella varietà dei popoli, nella presenza del successore di Pietro, nella vitalità espressa dai giovani, nella possibilità di sperimentare la misericordia di Cristo.
    La Gmg, inoltre, è un’opportunità di crescita per la Chiesa, che viene dai giovani ringiovanita: nella persona del Papa (Sono certo di ricevere anche qualcosa dai giovani, il fatto che il loro entusiasmo, la loro sensibilità e la loro disponibilità mi sosterranno e mi daranno il coraggio di continuare lungo il mio cammino al servizio della Chiesa), dei vescovi (… che i giovani con le loro domande, la loro fede e la loro gioia nella fede continuino a essere per noi una provocazione a vincere pusillanimità e stanchezza) e di tutti gli adulti (I giovani costituiscono per la Chiesa e in particolare per noi Pastori, per i genitori e per gli educatori, un appello vivente alla fede). L’esperienza dell’incontro con i giovani stimola la Chiesa ad essere aperta al futuro, ricca di promesse per le nuove generazioni.
    La Gmg, infine, educa all’appartenenza alla Chiesa come famiglia, attraversata da difetti e debolezze, dei figli di Dio. Perciò siamo lieti di appartenere a questa grande famiglia; siamo lieti di avere fratelli e amici in tutto il mondo. Lo sperimentiamo proprio qui a
    Colonia quanto sia bello appartenere ad una famiglia vasta come il mondo, che comprende il cielo e la terra, il passato, il presente e il futuro e tutte le parti della terra.
    Una Chiesa, quindi, attenta ai giovani e disposta a vivere con loro la reciprocità di una autentica relazione educativa, che trasforma tutti i soggetti in gioco, coniugando armonicamente continuità e rinnovamento. Tale attenzione viene percepita dai giovani perché non si limita a venire espressa verbalmente, ma si traduce in uno stile di accoglienza, apertura e disponibilità al confronto, che non ha mancato – come sempre – di colpire i partecipanti alla XX Gmg. In questo senso, Colonia costituirà un preciso termine di paragone con l’esperienza ecclesiale ordinaria, segnata a volte – purtroppo – da tutt’altre dinamiche.
    Nota stonata, rispetto a tutto ciò, una certa disgregazione ecclesiale che, dopo la bella esperienza di Toronto, è tornata a farsi percepire a Colonia; infatti, accanto alle belle esperienze di partecipazione comune a livello diocesano, interdiocesano e regionale, non sono mancati gruppi e aggregazioni laicali che hanno scelto di partecipare da soli alla Gmg, nonostante l’invito del Servizio Nazionale a scegliere una modalità maggiormente rispettosa della comunione nella Chiesa locale (indicare ai propri aderenti come prioritaria la partecipazione con le proprie diocesi, organizzando una delegazione nazionale e un appuntamento associativo a Colonia). La circostanza è, ovviamente, sintomo della difficoltà a camminare insieme nella vita quotidiana delle Chiese locali: da questo punto di vista è forse eccessivo pretendere che la Gmg possa da sola invertire una tendenza tanto radicata; sarebbe però importante, proprio in quanto essa si presenta come «icona» della Chiesa nella sua relazione con i giovani, che la Giornata mondiale potesse dare un più chiaro segnale di unità.

    La dimensione vocazionale e missionaria

    Rispetto alle precedenti edizioni, due eventi hanno sottolineato la costitutiva natura vocazionale-missionaria della Gmg: l’incontro di Benedetto XVI con i seminaristi e il suggestivo rito del «mandato» finale (forse la proposta più riuscita a livello di animazione liturgica). A questi gesti, più che ai discorsi, è stato affidato il compito di richiamare i giovani alla necessità di seguire Cristo e di farsi partecipi della missione della Chiesa.
    Ovviamente non sono mancati né le esortazioni, né i riferimenti alle sfide che il mondo pone ai giovani credenti in ordine all’evangelizzazione (una religione viziata dall’integralismo o dal «fai-da-te») e all’edificazione della civiltà dell’amore (la tentazione totalitarista di costruire una società a prescindere dal riferimento a Dio). Si può dire che alle «parole d’ordine» (del tipo Sentinelle del mattino) siano state preferite delle «icone»: di sicuro molto efficaci sul momento, bisognerà vedere se avranno altrettante durata ed efficacia nella pastorale giovanile ordinaria.
    Sull’incontro del Papa con i seminaristi, che ha avuto un successo superiore alle aspettative, c’è da dire che esso, tra le altre cose, ha avuto il merito di far percepire un dato altrimenti difficilmente rilevabile: la grande partecipazione alla Gmg di giovani «in formazione». Loro, in verità, non sono mai mancati, ma l’impressione è che stavolta si sia trattato di una presenza più ampia e maggiormente «intenzionale». Se così fosse, oltre che rallegrarsi della cosa, diventerebbe importante pensare alla Gmg come ad una importante occasione formativa (e quindi da trattare secondo logiche educative e progettuali) per quei giovani che costituiranno, da preti, una importantissima risorsa per la pastorale giovanile delle Chiese locali.

    La via del dialogo

    Il legame con le figure dei Magi, che nel racconto matteano sono gli antesignani dei pagani che si accosteranno alla fede in Cristo, sembra aver dato un particolare stile dialogico alla Gmg, sia nei singolari «fuori programma» di Benedetto XVI, che in alcuni accenti dei suoi discorsi ai giovani. Pur se vissuti un po’ a latere rispetto all’evento giovanile (la Gmg infatti viene marginalmente citata nei relativi testi, e i tre eventi non sono quasi entrati nei discorsi ai giovani), è chiaro che l’incontro ecumenico, la visita in sinagoga e l’incontro con i giovani musulmani hanno dato un segnale forte non solo alla stampa, ma anche ai giovani pellegrini. In un contesto internazionale segnato da forti tensioni (c’è stata anche qualche rinuncia per paura di attentati), l’atteggiamento del Papa è stato più eloquente di tante parole, indicando la via del dialogo come strada maestra per la riconciliazione e la pace.
    Nei suoi discorsi ai giovani, inoltre, Benedetto XVI, ha mostrato attenzione verso i «lontani»: nel suo saluto lungo il Reno ha voluto ricordare diverse «categorie»: quanti non sono battezzati, quanti non conoscono ancora Cristo o non si riconoscono nella Chiesa e persino quanti sono venuti dall’«Oriente», come i Magi […], rappresentanti delle innumerevoli folle […] che aspettano senza saperlo il sorgere della stella nei loro cieli per essere condotti a Cristo, Luce delle Genti, e per trovare in Lui la risposta appagante per la sete dei loro cuori.

    La Gmg dei piccoli e grandi media

    Oltre 7.000 giornalisti accreditati: un record assoluto, tale da far sfigurare anche eventi di portata globale, come la caduta del muto di Berlino (dove gli accreditati erano circa 5.000). Oltre il numero, c’è il fenomeno di una Gmg che diviene sempre più evento mediatico, con tutto ciò che – in bene e in male – questo significa.
    Iniziando dal negativo, va rilevato il crescente rischio di sudditanza mediatica dell’incontro mondiale: alcune scelte tecniche e di programma, soprattutto legate agli eventi papali, hanno di fatto privilegiato il telespettatore sul pellegrino. Un certo svantaggio della fruizione «live» rispetto alla comoda visione televisiva i pellegrini lo mettono in conto: normalmente è di gran lunga compensato dall’emozione dell’«esserci»; a patto però che le esigenze mediatiche non penalizzino chi è sul posto. L’arrivo del Papa in battello, televisivamente (e simbolicamente) superbo, è stato vissuto con parecchio disagio da molti dei giovani presenti, che hanno visto e sentito assai meno dei loro amici rimasti in Italia e collegati in video.
    Accanto agli aspetti negativi, ci sono da rilevare due fenomeni di grande positività: in primo luogo il montare di una «Gmg virtuale», forse non meno partecipata di quella vissuta sul posto; in secondo luogo il crescente bisogno dei giovani di raccontare, in modo sempre più «professionale», l’esperienza di un evento percepito come straordinario.
    La «Gmg virtuale», soprattutto grazie all’apporto dei media cattolici, si avvicina sempre più a quella reale, consentendo inoltre una sempre maggiore interattività. Per il (giovane) telespettatore o internauta è stato possibile seguire le catechesi, le celebrazioni e i molti incontri del papa; ha potuto assistere a diverse iniziative dello youth festival, oltre che conoscere immagini, pensieri ed emozioni dei pellegrini. Oltre a ciò, si è ripetuto quel fenomeno degli incontri di gruppo «in contemporanea» con la veglia del sabato sera, che si era già massicciamente verificato in occasione di Toronto. L’impressione è che la modalità virtuale (che non significa irreale, ma non-fisica) della partecipazione alla Gmg non possa più essere considerata una variabile accessoria, ma debba entrare a pieno titolo nella concezione e nella programmazione pastorale dell’evento: pastorale e comunicazione sono sempre più interconnesse.
    Trai i 7.000 accreditati, oltre ai professionisti e alle testate note, pullulavano i giovani e le testate nuove o «minori». Aggirandosi per Marienfeld, non era infrequente l’immagine di qualche giovane cronista od operatore intento a riprendere i coetanei o ad intervistare qualche responsabile o «personaggio». Se la voglia di raccontarsi ha sempre caratterizzato il popolo delle Gmg, con Colonia essa ha imboccato la strada della comunicazione «professionale»: a lato degli sms (oggi degli mms), dei diari e delle foto, i giovani oggi narrano la propria esperienza su una vasta rete di siti internet, di testate cartacee locali, di (web) tv… Dietro molti di loro – senza dubbio – l’intuito di qualche direttore intelligente, che mette qualche soldo e un po’ di tecnologia in mano a cronisti in erba, per offrire ai propri lettori o spettatori una Gmg vista dal basso, con la fantasia e la serietà di cui i giovani sono capaci. Anche da questo punto di vista, Colonia indica una tendenza: ad una generazione cresciuta a pane ed elettronica occorre offrire sempre maggiori spazi mediatici per comunicare il proprio vissuto e la propria fede. Ciò pone l’esigenza di un investimento formativo, come richiesto dal recente Direttorio per le comunicazioni sociali e come attuato, in via sperimentale, da più di una realtà di pastorale giovanile.
    La XXIII Gmg sarà, fuso orario permettendo, un’occasione per sviluppare ancora di più, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista della riflessione pastorale, la modalità virtuale di partecipazione alla Gmg, scommettendo su una fruizione mediatica di gruppo e sulla possibilità di una crescente interattività. Al di là di quell’occasione, rimane però la sfida di una maggiore attenzione alla comunicazione in pastorale giovanile: dimensione mediatica degli eventi ecclesiali; educazione dei giovani ad un uso critico dei media; formazione all’utilizzo da protagonisti di Tv, radio e internet; attenzione al mondo giovanile nei media cattolici.

    Noi «Italyani»

    L’attenzione alle comunità di origine italiana presenti nei paesi ospitanti la Gmg è quasi una tradizione per la pastorale giovanile italiana: sin dalla prima Gmg mondiale a Buenos Aires (1987), infatti, si è cercato di stabilire un contatto, sfociato poi in accoglienza generosa ed amichevole, oltre che in qualche evento celebrativo dell’incontro. Col crescere della partecipazione la cosa ha assunto proporzioni sempre crescenti, fino a culminare nella festa tenutasi al Rheine Energie Stadion al pomeriggio del 17 agosto scorso, che ha visto incontrarsi oltre 50.000 giovani italiani provenienti dalle diverse parti del mondo. Al di là di «Italiani Köln», la Gmg 2005 è stata occasione per una inedita relazione con le comunità emigrate in Europa e nel mondo. Sull’onda della positiva esperienza canadese, infatti, l’attenzione agli Italiani nel mondo ha caratterizzato tutto il cammino di avvicinamento a Colonia, con alcuni progetti speciali (il servizio civile di alcune ragazze presso le Missioni Cattoliche Italiane di Germania, Inghilterra e Belgio; il finanziamento della partecipazione a Colonia di giovani oriundi italiani del Sudamerica; la carovana della «Fiaccola della Pace», che ha interessato alcune comunità italiane di Svizzera, Liechtenstein, Francia e Germania), ma soprattutto con la condivisione del percorso e degli strumenti di preparazione.
    Anche questo particolare aspetto della Gmg sta progressivamente abbandonando il carattere occasionale, per divenire una stabile attenzione pastorale, feconda di sviluppi per tutti i soggetti in campo. Come ha sottolineato il videomessaggio del presidente Ciampi, i giovani italiani che vivono in Europa sono chiamati ad esercitare un ruolo attivo e originale nel processo unitario continentale. Ciò esige una maggiore attenzione ed interazione, che valorizzi il comune patrimonio culturale e valoriale, attraverso iniziative di conoscenza e di scambio a vari livelli.

    Un punto di partenza

    Molte altre considerazioni potrebbero essere fatte attorno alle giornate di Colonia; alla fine, però, ciò che davvero interessa è la questione del «dopo», del «ritorno al quotidiano». È possibile, al di là di quanto è stato già accennato sopra circa possibili sviluppi dell’esperienza tedesca, aggiungere qualche riflessione ulteriore e sintetica.
    Alla Gmg si è affacciata una nuova generazione (forse anche qualche figlio degli ormai ultraquarantenni protagonisti di Roma ’85 e Buenos Aires ’87…): nonostante la bassa età media dei pellegrini italiani, la qualità della partecipazione è stata – anche a detta di molti vescovi – tra le migliori di sempre. Ciò fa ben sperare per il futuro, ma chiede un’attenzione all’accompagnamento sicuramente più alta del passato. Il momento, di per sé delicato, del ritorno, può infatti per gli adolescenti rivelarsi ancor più difficile: l’esigenza di dare concretezza quotidiana alle emozioni e alle intuizioni di Colonia fa i conti con una vita frammentata e spesso disorientata. Offrire relazioni significative con adulti o giovani più maturi, in continuità di stile con quelle vissute a Colonia, è elemento indispensabile. Probabilmente è necessario qualche sforzo di creatività, per non limitare alla proposta del gruppo tutte le prospettive di continuità, soprattutto per quegli adolescenti che hanno trovato nella Gmg un’occasione per ricominciare un cammino cristiano interrotto.
    La Gmg ha offerto come sempre numerosi stimoli, in relazione alle modalità comunicative della fede, in relazione alla quale cresce nel mondo giovanile l’esigenza di una maggiore padronanza dei contenuti. Benedetto XVI, pubblicando (e propagandando!) il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, ha messo fortemente in evidenza questo bisogno. Anche il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, che a Colonia è stato presentato ai giovani lavoratori dal Cardinale Martino nell’incontro Working as new people, è da questo punto di vista una risorsa importante.
    Non possiamo nasconderci che nella pastorale giovanile la formazione catechistica (cioè di confronto e acquisizione sistematica dei contenuti della fede) ha scarso diritto di cittadinanza: basterebbero i dati di vendita del Catechismo dei Giovani a darne prova. Il dopo-Colonia dovrebbe segnare, da questo punto di vista, un’inversione di tendenza, caratterizzata da una nuova attenzione non prima di tutto agli strumenti, ma a nuove modalità per un’organica integrazione della catechesi nei percorsi di educazione alla fede.
    Nella Gmg, infine, i giovani hanno ancora una volta percepito l’affetto e la fiducia del Papa (e della Chiesa): Io so che voi come giovani aspirate alle cose grandi, che volete impegnarvi per un mondo migliore. Dimostratelo agli uomini, dimostratelo al mondo, che aspetta proprio questa testimonianza dai discepoli di Gesù Cristo e che, soprattutto mediante il vostro amore, potrà scoprire la stella che noi seguiamo. Nella loro testimonianza sono riposte grandi speranze, in ordine ai destini dell’umanità e della Chiesa, poste di fronte a sfide decisive. Al di là delle emozioni e degli entusiasmi del momento, l’accoglienza, nella pratica quotidiana, di tali mandati è questione assai seria: da una parte, infatti, è necessario individuare percorsi praticabili «da subito», nel concreto della vita di tutti i giorni, affinché i sogni non finiscano direttamente nel cassetto (magari per essere rispolverati in qualche grande occasione); dall’altra occorre aiutare i giovani ad approfondire la conoscenza delle grandi problematiche cui il Santo Padre ha fatto riferimento, affinché possa crescere la capacità di «pensare globalmente», sviluppando il respiro universale della Gmg.
    La distanza di tre anni dal prossimo appuntamento mondiale aiuterà la pastorale giovanile a metabolizzare Colonia, magari valorizzando gli appuntamenti che segneranno il cammino delle Chiese in Italia, soprattutto il convegno ecclesiale di Verona, che con il suo tema, Testimoni di Cristo risorto, speranza del mondo, sembra fatto apposta per offrire idee ed opportunità ai «nuovi Magi» in cerca di una «strada diversa» per essere uomini e cristiani nel mondo di oggi.

    Le sfide dell’affetto e della comunione

    È importante che i giovani possano scoprire la bellezza della fede, che è bello avere un orientamento, che è bello avere un Dio amico che ci sa dire realmente le cose essenziali della vita.
    Questo fattore «intellettuale» deve essere poi accompagnato da un fattore affettivo e sociale, cioè da una socializzazione nella fede. Perché la fede può realizzarsi solo se ha anche «un corpo», e ciò implica l’uomo nelle sue modalità di vivere.
    In passato quando la fede era determinante per la vita comune, poteva essere sufficiente insegnare il catechismo (che rimane anche oggi importante!), ma dato che la vita sociale si è allontanata dalla fede, noi dobbiamo – visto che anche le famiglie spesso non offrono una socializzazione della fede – offrire modi di una socializzazione della fede, affinché la fede formi comunità, offra luoghi di vita e convinca in un insieme di pensiero, di affetto, di amicizia della vita...
    Mi sembra che la Chiesa di oggi, anche in Italia, offra alternative e possibilità di una socializzazione, dove i giovani, insieme, possano camminare con Cristo e formare Chiesa. E per questo devono essere accompagnati con risposte intelligenti alle questioni del nostro tempo: c’è ancora bisogno di Dio? È ancora una cosa ragionevole credere in Dio? Cristo è solamente una figura della storia delle religioni o è realmente il Volto di Dio del quale abbiamo bisogno tutti? Possiamo vivere bene senza conoscere Cristo?
    Occorre capire che costruire la vita, il futuro, esige anche la pazienza e la sofferenza. La Croce non può mancare anche nella vita dei giovani e far capire questo non è facile. Il montanaro sa che per fare una bella esperienza di scalata dovrà affrontare dei sacrifici ed allenarsi, così anche il giovane deve capire che nella salita al futuro della vita è necessario l’esercizio di una vita interiore.
    Dunque personalizzazione e socializzazione sono le due indicazioni che devono compenetrare le situazioni concrete delle sfide di oggi: le sfide dell’affetto e quelle della comunione. Queste due dimensioni, infatti, permettono di aprirsi al futuro e anche di insegnare che il Dio a volte difficile della fede è anche per il mio bene in futuro.

    (Benedetto XVI, Discorso al clero della Valle d’Aosta, Introd 25 luglio 2005)


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