Severino De Pieri
Con la collaborazione di Francesca Allasia e Antonella Citran
(NPG 1985-09-32)
L'immagine del preadolescente che emerge dalla ricerca nazionale COSPES può risultare indubbiamente più completa e significativa se, nella elaborazione della massa di dati ottenuti, vengono presi in particolare considerazione anche alcuni indici negativi e problematici, riferiti alle situazioni di disadattamento (1) in questo periodo evolutivo.
PERCHÉ UNA ANALISI DEL DISADATTAMENTO NELLA PREADOLESCENZA
La letteratura scientifica e la pubblicistica divulgativa solitamente trascurano l'analisi di queste situazioni problematiche durante la preadolescenza, in quanto sotto questo profilo vengono più spesso privilegiate le età dell'infanzia da un lato, e dell'adolescenza e giovinezza dall'altro.
Affrontando pertanto la preadolescenza sotto l'ottica del disadattamento intendiamo illuminare, per così dire, un «arcipelago sommerso», portando in superficie i disagi e le sofferenze di una fascia dimenticata di soggetti fragili e «a rischio», anche se non sempre ritenuti tali in termini di pericolosità sociale o preoccupazione educativa.
Non potendo interpellare direttamente i soggetti «in quanto disadattati o svantaggiati», siamo ricorsi a tecniche di rilevazione indirette ma non per questo meno obiettive ed eloquenti ai fini della ricerca.
In particolare, oltre ai «silenzi significativi» riscontrati in vari protocolli (soprattutto alla voce «non risposto»), abbiamo preso in esame tutte le risposte che in qualche modo potevano evidenziare, correlate fra di loro, probabili situazioni di disadattamento, riferite ad un certo numero di casi che abbiamo individuato.
Il numero complessivo di questi si aggira attorno ai 350-400 soggetti sui 5200 del campione, il 6-7% dei preadolescenti esaminati (se rapportato all'universo statistico sarebbe pari a 250.000 preadolescenti italiani). In particolare, quanto alle aree in cui più visibilmente lo si riscontra, abbiamo circoscritto il disadattamento personale, familiare, scolastico, socio-affettivo e relazionale.
Cercheremo pertanto di descrivere chi sono questi preadolescenti con indici di disadattamento, come si presentano queste situazioni problematiche nell'arco di età 10-14 anni e secondo le variabili considerate, e perché risultano tali, tentando di individuare le cause e i fattori che entrano in gioco.
Come si può vedere, il disadattamento è colto sotto l'ottica del «vissuto» preadolescenziale , dell'esperienza personale con cui variamente è sofferto. Questo ci permette di descriverlo in modo metodologicamente corretto nella prospettiva dell'analisi psico-sociale.
L'ottica sistemica cercherà invece di individuare i fattori oggettivi, da noi presi in esame attraverso le variabili socio-culturali e ambientali tenute presenti nella formazione del campione, e possibili interpretazioni in direzione sia positiva (crisi di crescita) o anche negativa (disadattamento ed emarginazione).
CHI SONO I PREADOLESCENTI CHE PRESENTANO «INDICI DI DISADATTAMENTO»
Nel tentativo di inquadrare e definire questa particolare tipologia di preadolescenti prendiamo in esame soprattutto i dati quantitativi emersi dall'analisi del questionario, integrandoli all'occorrenza con le informazioni provenienti dalle interviste semistrutturate.
Raggruppando gli indici attorno ad alcune aree prevalenti di disadattamento, cioè personale, familiare, scolastico, socio-affettivo e relazionale, possiamo ottenere una discreta configurazione statistica del fenomeno. E ciò all'interno del «vissuto» dei preadolescenti interpellati, sempre a livello di probabilità e con tutte le riserve che un simile tipo di approccio comporta. La tavola seguente riporta la ripartizione degli indici e dei tassi di probabile disadattamento secondo le aree di raggruppamento da noi effettuato. Li riportiamo così come li abbiamo individuati, senza pregiudicare per ora la valenza (negativa o anche positiva) di tali «vissuti», in ordine alla crescita armonica o meno della personalità durante questo periodo evolutivo (cf tavola a p. 34).
Dopo aver così individuato gli indici di possibile disadattamento, tentiamo di analizzarli in rapporto alle variabili età, sesso, ceto sociale, zona geografica e di residenza.
A commento della tavola, sottolineiamo alcuni aspetti che permettono di precisare quanto di più rilevante e significativo è emerso nell'analisi delle variabili.
Area personale
Un significativo indice di disadattamento è dato dalla risposta: «Sono poco o niente soddisfattola di ciò che gli altri pensano di me». Vista l'importanza che l'eterovalutazione riveste durante la preadolescenza, ne faremo più avanti una trattazione particolarmente approfondita.
L'incrocio di questo item con tutti gli altri si è rivelato sorprendentemente fecondo, in quanto ci ha permesso di cogliere importanti aspetti del disadattamento, connessi con l'eterovalutazione negativa durante la preadolescenza.
Quanto alla risposta: «Non voglio assomigliare a nessuno», appare che solo in pochi casi esso ha valenza negativa e non risulta in quanto tale segnale di disadattamento. Dato che le risposte a questo quesito vengono perlopiù date da preadolescenti quattordicenni, esso va inquadrato sotto il profilo della ricerca di identità nella categoria dell'io ideale.
La risposta: «Rispetto allo scorso anno i miei interessi non sono cambiati» presenta effettivamente indizi di immaturità e in qualche caso anche di turbe regressive di personalità, in quanto ad esso rispondono in prevalenza preadolescenti femmine dell'inizio della preadolescenza, soprattutto nelle zone del Centro-Sud, dove le coetanee presentano notoriamente uno sviluppo puberale precoce. Il confronto con esse può dunque portare a ripiegamento e a inibizione della pulsionalità.
Area socio-affettiva e relazionale
Sotto l'aspetto della vita di relazione e del processo di socializzazione, abbiamo individuato alcuni importanti indici di situazioni problematiche, che richiedono approfondimento e interpretazione.
La socializzazione secondaria è forse il fatto più rilevante della preadolescenza: nella quasi totalità i preadolescenti infatti amano stare insieme «in compagnia».
Ma c'è una aliquota pari all'1.5 di preadolescenti che afferma: «Non mi piace stare con gli altri: sto meglio da solo». Sono in prevalenza maschi, sui 14 anni, questa volta di ceto alto, al Centro e al Sud.
Invece manca di un compagno considerato come il «migliore amico» ben il 12.1% (pari a 627 soggetti): questa volta sono in prevalenza femmine che lo affermano, sui 13-14 anni, di ceto medio e residenti al Centro e al Sud (Lazio e Sardegna in modo abbastanza significativo).
Ed anche nel caso di amicizie abbastanza recenti («Ho degli amici solo da qualche settimana o qualche mese») ritroviamo ancora in prevalenza femmine, sui 13-14 anni, di ceto sociale alto, al Centro Sud-isole.
Indubbiamente questo dato pone problema, in quanto in qualche modo potrebbe essere legato a fattori sia ambientali che socio-culturali. Sommando infatti le percentuali di questi due ultimi indici ritroviamo un 18.3% pari a 897 preadolescenti, che soffrono circa il bisogno così generalizzato dell'amicizia preadolescenziale.
C'è da chiedersi se sussiste ancora una «cultura della segregazione» per alcune preadolescenti, soprattutto in determinate regioni italiane.
Un ulteriore dato può illuminare problemi di difficile evoluzione affettiva per alcuni preadolescenti italiani. Esso viene documentato dall'item che dimostra come ben il 13.0% dei soggetti «per avere informazioni circa il sesso non si rivolge a nessuno». È ben difficile pensare che la gran parte di questi soggetti sia così informata da non aver bisogno di rivolgersi a nessuno, nemmeno ai libri. È ipotizzabile, a buon diritto, un fattore di inibizione che rallenta o pregiudica una normale maturazione sotto questo profilo. Nel dettaglio sono ancora in prevalenza maschi, al Sud e nelle Isole, senza distinzione di ceto e zona di residenza. Di passaggio notiamo che la situazione si rende più grave e problematica se a questi si aggiungono i preadolescenti che circa l'informazione sessuale dichiarano: «non mi interessa», raggiungendo il 21.8% dei soggetti (un preadolescente su cinque). Non intendiamo collegare espressamente questo dato con il disadattamento, anche perché esso è in gran parte osservabile presso i preadolescenti di 10-11 anni, ancora prepuberi, e perciò -forse - non ancora coinvolti nelle problematiche sessuali.
Poiché il periodo di quiete della sessualità (latenza) tende oggi a contrarsi, è legittimo ipotizzare, almeno per una parte di questi prepuberi, quei fattori di inibizione sessuale che, in caso di mancata soluzione, potrebbero indurre problematiche disadattative sotto questo profilo.
Area familiare
Nella valutazione dell'educazione ricevuta, un certo numero sia pure minoritario di preadolescenti esprime un parere piuttosto critico: «Sono soddisfattola per alcune cose sì e per altre no» (10.5%). Abbiamo rilevato una certa concentrazione di risposte di preadolescenti femmine, soprattutto quattordicenni, nell'Appennino tosco-emiliano e nelle isole.
Coloro che hanno risposto a questo item presentano probabilmente problematiche inerenti ad un difficile avvio verso l'autonomia, non sempre facilitato e in qualche caso anche ostacolato dalla famiglia, in forza di remore socio-culturali facilmente intuibili. L'esito del conflitto non ci è noto, ma il superamento di esso potrebbe avvenire in maniera non soddisfacente.
Ben più complessa è la situazione dei preadolescenti che hanno presentato un «vissuto» di palese dichiarata insoddisfazione per la educazione ricevuta.
Qui siamo in presenza di vere e proprie situazioni di sofferenza, anche se poco rilevanti sotto il profilo quantitativo. Vengono riferite da preadolescenti appartenenti, senza rilevanti differenze, ad ogni età, sesso, ceto sociale e zona geografica (qualche lieve prevalenza l'abbiamo riscontrata per le preadolescenti quattordicenni, specialmente al Sud e nelle isole). Quanto all'interpretazione, ci pare di dover collegare queste situazioni con l'emergere del distacco critico verso i genitori, soprattutto nei casi dove il loro apporto educativo si è rivelato insoddisfacente.
Questa sensazione di disagio può evolvere in senso positivo, senza lasciare traumi, ma è anche legittimo ipotizzare per qualche caso un condizionamento negativo non facilmente superabile nell'evoluzione della personalità, disagio che potrà esplodere con violenza nel successivo periodo adolescenziale.
Il condizionamento negativo dovuto all'ambiente familiare viene documentato, per una certa aliquota di preadolescenti, dagli items che nel questionario hanno cercato di sondare il rapporto rispettivamente con la figura paterna e materna.
Al quesito: «Come è con te il papà?» hanno risposto recando modalità negative il 5.5% dei preadolescenti.
In particolare hanno detto che il padre «non si interessa» di loro il 2.4% (sono in prevalenza preadolescenti femmine del Nord), «è troppo severo» il 4.5% (sono specialmente quattordicenni di entrambi i sessi, appartenenti per lo più al ceto basso e residenti in paesi del Sud e delle isole); «picchia» 1'1.6% (e sono in prevalenza maschi dodicenni di ceto basso, residenti in Calabria, Puglia e Campania).
Come si può notare, il difficile rapporto col padre, nei casi rilevati, appare connesso con fatti di costume e con problematiche di tipo socio-culturale che incidono soprattutto sui figli maschi. Esse evidenziano nel contempo situazioni di condizionamento economico e di svantaggio sociale nelle persone dei padri.
La stessa configurazione di difficile rapporto si riscontra tra preadolescenti e «figura materna», sebbene in misura minore (5.5%), ma con le stesse notazioni negative rilevate nei confronti della «figura paterna» ( «disinteresse» e «severità» imputati alla madre, più al Sud e nelle isole, in prevalenza da preadolescenti di entrambi i sessi verso i 13-14 anni; «percosse» riferite, in misura anche questa volta più rilevante, in Campania e Calabria, e a carico dei dodicenni maschi).
La traduzione di questi «vissuti» in termini di vero e proprio disadattamento appare forse eccessiva, ma è fuor di dubbio che - come è noto -- il disadattamento si produce in determinati casi (e quindi non automaticamente) per «accumulo» di deficit o di condizionamenti, per cui risulta significativo questo emergere di indici di disagio e sofferenza, segnalati da una piccola parte di soggetti ma rilevanti sotto il profilo educativo, sociale e culturale.
Queste considerazioni trovano conferma in altri due indici, sempre riferiti all'area familiare, che segnano ed approfondiscono il distacco in forma traumatica tra genitori e figli già nella preadolescenza.
La risposta: «Non ho più fiducia nei miei genitori» data dal 2.6%, in prevalenza da quattordicenni maschi del ceto basso e al Sud, è indicativa di esito piuttosto traumatico del rapporto genitori-figli, anche se esso non sempre si traduce in un effettivo disadattamento.
Infine un peggioramento dei rapporti viene affermato dal 2.6% dei preadolescenti.
Il fatto viene questa volta recensito in prevalenza dalle adolescenti quattordicenni, sempre di ceto basso, nei capoluoghi di città e nelle zone di pianura del Nord. Ci sembra che in questo caso, oltre agli accennati fattori socio-culturali, siano da ipotizzare delle dinamiche di «contro-dipendenza» in precedenza analizzate, ma anche un «vissuto» conflittuale con sfumatura di disagio e sofferenza non aliena anche, in certi casi, da effettivo disadattamento .
Area scolastica
Nella delineazione di un equilibrio alterato tra preadolescenti a scuola, abbiamo un primo indice di disadattamento che si riferisce alla mancata identificazione positiva con la classe insegnante. Una piccola parte di preadolescenti elabora già un «vissuto» che potrebbe apparire persecutorio; l'item: «Gli insegnanti ce l'hanno con me» documenta la consistenza di questo «vissuto» (2.8%). Nella fattispecie, questi preadolescenti sono in maggioranza maschi, sui 13 anni (perciò in seconda media), in prevalenza del ceto basso e situati in modo significativo al Sud e nelle Isole (frequentano - più o meno - le scuole di regioni come la Basilicata, la Campania, la Sicilia e la Sardegna, in paesi non capoluoghi di città, e quindi di periferia urbana o in zone collinari e montane, dove sappiamo essere più forte la mobilità dei docenti).
Anche l'istituzione scolastica viene sottoposta ad un giudizio assai critico e negativo, con conseguenze di autolesionismo ed esclusione culturale, da parte di un certo numero di preadolescenti maschi, in prevalenza situati al Sud e nelle isole, specialmente attorno all'età di 13-14 anni e di ceto socio-economico basso.
La scuola, a detta di questi ragazzi «fa perdere tempo»: 1.6%; «non serve a nulla»: 1.6%; e perfino «rende peggiori»: 1.1%.
Il totale è pari al 3.9%, riferito a 219 soggetti.
Anche qui le zone di periferia delle città e i paesi di collina e montagna registrano la prevalenza dei casi (oltre alle regioni già dette del Sud, abbiamo qui anche scuole dell'Appennino toscano, marchigiano e della Puglia).
La scuola media, come è noto, perde alunni dal primo al terzo anno. Anche la presente ricerca lo riscontra, sotto l'ottica soprattutto dei «drop-out» e del «lavoro nero» minorile.
L'affermazione: «Sto già imparando un mestiere» con 439 soggetti, pari all'8.4% , documenta questo rilevante fenomeno di disadattamento scolastico durante la preadolescenza, a carico soprattutto di maschi residenti nelle periferie della grandi città del Nord e del Sud e nei paesi di collina e montagna della dorsale appenninica (consistente tra l'altro il fenomeno nelle regioni Molise e Puglia).
DISADATTAMENTO E ETERO-VALUTAZIONE NEGATIVA
Tentiamo ora di analizzare il disadattamento secondo l'ottica dell'etero-valutazione. L'item: «Sei soddisfattola di ciò che gli altri pensano di te?» nel questionario viene alla conclusione delle domande sul concetto di sé e sull'io ideale. Questo item ci ha consentito di approfondire con una lettura trasversale il disadattamento preadolescenziale, cogliendone la sua stretta connessione con il dinamismo dell'eterovalutazione. Quando questa, nel «vissuto» del preadolescente si condensa - per così dire - con una valenza insoddisfacente o negativa, altera l'armonico sviluppo della personalità e facilita l'insorgenza di fenomeni di disadattamento in una o più aree tra quelle da noi individuate.
Può essere così delineato un «identikit» del preadolescente che presenta indici di disadattamento in connessione a fattori oggettivi, messi in luce dall'analisi delle variabili ambientali e socio-culturali, e soggettivi, colti nella configurazione delle risposte che fanno intravvedere un vissuto negativo di insoddisfazione o di sofferenza.
Viene così documentata l'intercorrelazione tra disadattamento ed etero-valutazione negativa, in quanto quest'ultima contribuisce a creare una immagine di sé inadeguata o negativa (2).
Volendo pertanto costruire un «profilo» a partire da questo interessante angolo di visuale, possiamo anzitutto individuare alcune componenti del disadattamento e passare poi alla descrizione degli atteggiamenti e dei comportamenti che ne conseguono.
Le componenti bio-psichiche, ambientali e sociali del preadolescente disadattato a seguito di svalorizzazione
L'analisi che stiamo compiendo si concentra sugli aspetti negativi o problematici dell'eterovalutazione, sondata attraverso l'apposita domanda: «Sei soddisfatto di ciò che gli altri pensano di te?».
Tali aspetti negativi o problematici nel totale, sommando le voci «poco» e «per niente», raggiungono, come sappiamo, il 7.9% del campione, pari a 411 soggetti. Siccome il comportamento di coloro che non hanno risposto (1072 soggetti, pari al 20.6%), si pone più vicino alle caratteristiche riscontrate nei soggetti con eterovalutazione negativa che a quelli con eterovalutazione positiva, si può affermare che l'eterovalutazione a valenza prevalentemente negativa è ben superiore alla percentuale suddetta. Questo dato è indubbiamente di notevole rilevanza per i problemi che pone, soprattutto in ordine al superamento o meno delle crisi evolutive nella preadolescenza.
Ci pare utile analizzare nel dettaglio la configurazione che il dato assume in riferimento alle variabili prese in esame e alla totalità dei quesiti posti.
La conferma che l'eterovalutazione negativa appare connessa con il grado di soddisfazione per l'educazione ricevuta in famiglia si può trovare nell'alta correlazione riscontrata.
Senza dubbio nella gran parte dei casi le carenze di stima provengono dagli stessi genitori: il tipo di educazione da essi impartito viene giudicato come inadeguato dai preadolescenti che non si sentono considerati, stimati e valorizzati come avrebbero desiderato.
Che non si tratti di figli «affetti da narcisismo ferito», bensì realmente condizionati da fattori obiettivi, capaci di condurre anche ad un vero e proprio disadattamento, lo possiamo desumere dalle caratteristiche che presentano questi preadolescenti che lamentano carenza di stima e valorizzazione.
Ecco il loro «identikit», quanto alle variabili prese in esame, circa l'item di cui trattiamo e che confermano quanto emerso agli indici della tavola.
- Quanto al sesso, sono per 2/3 maschi e per 1/3 femmine. Queste ultime, anche se più precoci e talora «contestatrici», apparirebbero nel complesso meno esposte dei maschi al disadattamento.
- Quanto all'età, si distribuiscono in prevalenza attorno al periodo 12-14 anni, nell'acme della crisi puberale, con una lieve accentuazione verso il quattordicesimo anno. Forse per una maggiore presa di coscienza a questa età della svalorizzazione.
- Quanto al ceto sociale si addensano in prevalenza verso il livello medio-basso e basso.
- Quanto alla zona geografica, pur essendo in tutto il territorio nazionale, presentano una maggiore concentrazione nelle periferie urbane del Nord, lungo la dorsale appenninica del Centro e nel Sud e nelle Isole.
- Quanto alla scolarità, ritroviamo tra questi ragazzi il maggior divario tra età e classe frequentata, con percentuali maggiori di ripetenze ( «bocciature» ) rispetto agli altri.
- Quanto al tipo di scuola, pochi di essi risultano frequantare le scuole non statali.
- Quanto alla composizione familiare, appartengono prevalentemente a famiglie numerose (assieme a coloro che si dichiarano «molto» soddisfatti sono quelli che nel campione vivono in nuclei familiari con più di 5 figli).
Le caratteristiche comportamentali dei preadolescenti con disadattamento da svalorizzazione
Il «vissuto» di questi preadolescenti «scontenti» assume una ben precisa configurazione nelle diverse aree che la ricerca ha inteso esplorare.
Delineiamo le loro caratteristiche attorno ai punti seguenti.
Maggiore pulsionalità e instabilità psicomotoria
- Fanno maggiore attenzione al proprio aspetto fisico e al proprio sviluppo corporeo, evidenziando maggiore precocità eterosessuale.
- Dimostrano minore impegno scolastico e maggiore attenzione al futuro (alcuni già «lavorano»).
- Risultano meno degli altri presenti in casa, ad aiutare; sono invece più sovente «in giro» (in bici o motorino): la strada è il loro ambiente primario.
- Vorrebbero campi di gioco, ma frequentano, più degli altri, bar e discoteche.
- Sono presi più dal gioco e dal divertimento ed appaiono meno impegnati in sport strutturati o in attività culturali e formative.
Socializzazione più difficoltosa e contrastata
- Piace meno stare in compagnia degli altri: risultano in maggior numero tra coloro che affermano di stare più sovente soli e isolati.
- Appartengono meno degli altri a gruppi strutturati o ad associazioni formative.
- Hanno in modo significativo meno amici rispetto agli altri.
- Manifestano maggiori perplessità teoriche sulla coeducazione, ma nel complesso hanno più esperienza di rapporti eterosessuali. Per essi l'«amicizia» diventa già «legame» nella misura del doppio rispetto agli altri.
- Per le informazioni sul sesso sono tra quelli che «si arrangiano» da soli e che in ogni caso ricorrono più ai coetanei che ai genitori.
- Infine, nell'elenco delle «cose che fanno più male» ad un ragazzo o ad una ragazza della loro età, questi preadolescenti con difficoltosa socializzazione danno un rilievo particolare al «non essere capiti dagli altri», unitamente alla «discordia in famiglia».
Rapporto più insoddisfacente e talora traumatico con i genitori
- Nel giudizio globale circa l'educazione ricevuta presentano una valutazione negativa, con differenza statisticamente significativa, nei confronti dei preadolescenti che si dichiarano molto o abbastanza soddisfatti.
- Quanto al comportamento del padre verso di loro, affermano che - con notevole diversità dagli altri - non gioca con loro, non si interessa dei loro problemi, lascia fare ciò che vogliono. Soprattutto ne denunciano l'eccessiva severità e talora anche il ricorso alle «percosse».
- Non dissimile, ma solo di intensità minore, è il comportamento ritenuto negativo nella madre, che non aiuta a diventare migliori ed è troppo severa.
- Lamentano poi, più degli altri, un peggioramento delle relazioni non in forza di una eventuale crescita critica dell'autonomia, bensì a causa di un tipo di educazione improntato ad autoritarismo o a disintere3se.
- Il dialogo infatti, con i genitori, risulta più difficile o non esiste affatto, specialmente con il padre.
- Ciò è confermato dalla frequenza e intensità dei litigi che, specialmente con il padre, risultano in maniera notevolemente maggiore rispetto agli altri. Ciò avviene a motivo di scarso ascolto da parte dei genitori e di maggiore severità educativa.
- Più degli altri lamentano che ad essi non vengono concesse cose ritenute importanti (soldi, motorino, chiavi di casa, rimanere fuori la sera, ecc.). Dall'insieme si coglie l'impressione che tali richieste confermino per questi preadolescenti l'esigenza di una pulsionalità più disorganizzata e fortemente compensatoria alle frustrazioni subite.
- Dal punto di vista emotivo risultano notevolmente più fragili perché, nel caso dei frequenti rimproveri dei genitori, più degli altri si difendono cercando scuse. Difficilmente ammettono i propri torti, e dimostrano di sentire più accentuati «sensi di colpa».
Atteggiamento conflittuale nei confronti degli insegnanti e della scuola
- Il rapporto con gli insegnanti è vissuto in maniera più sofferta e insoddisfacente in quanto - notevolmente più degli altri - i preadolescenti «disadattati» lamentano da parte degli insegnanti minore accettazione, comprensione, rispetto, e più ingiustizia, severità e «attitudine persecutoria» ( «ce l'hanno con me»). A questo proposito si nota in maniera manifesta che risulta per essi alquanto difficile l'identificazione con gli insegnanti.
- Per questi ragazzi l'istituzione scolastica perde alquanto di significato. Più degl altri lamentano il fatto - al loro dire - che la scuola non insegna cose nuove, non prepara al lavoro e alla professione e, soprattutto, che fa loro perdere tempo, non serve a nulla e in alcuni casi rende addirittura peggiori.
Non è che siano solo questi ragazzi ad esprimersi così, ma nel coro di coloro che esprimono questi giudizi critici, i ragazzi «disadattati» si presentano in una percentuale notevolmente superiore rispetto a quelli che dispongono di una valutazione di sé più positiva e soddisfacente.
Religiosità, pratica religiosa ed appartenenza ecclesiale molto al di sotto della media
- Quanto all'esistenza di Dio i preadolescenti con sintomi di disadattamento presentano in percentuale il maggior tasso di «dubbio» rispetto agli altri (minore senso della paternità di Dio, più senso di paura e di distanza da Dio).
- Gesù Cristo invece è da essi più sentito come un grande personaggio storico e un ideale umano da imitare.
- Pregano meno degli altri, eventualmente per chiedere aiuto e protezione ed «essere a posto con la coscienza».
- A messa ci vanno, in percentuale, meno degli altri o non ci vanno affatto. Tra l'altro sono tra quelli che maggiormente lamentano il fatto di essere «obbligati» ad andarci.
- Quanto alla confessione sono tra coloro che o non l'hanno ancora fatta o che non ci vanno più o solo occasionalmente. Quelli che ci vanno, affermano di provare più paura del prete, vergogna o non sanno cosa dire.
- Il rapporto con l'istituzione parrocchiale (lo stesso vale per l'oratorio) è il più labile: o non ci vanno o meno degli altri si impegnano in qualche cosa.
- Tra le persone di chiesa che li aiutano menzionano, più degli altri, non il prete della parrocchia ma l'insegnante di religione della scuola statale. Tra l'altro, tra di essi, sono presenti in misura maggiore coloro che si dichiarano non cattolici o appartenenti a nessuna confessione religiosa.
Ideali, valori, progetto di sé: un difficile o rallentato processo verso l'autonomia e l'identità
- Proprio perché soffrono di una immagine negativa di sé, questi preadolescenti esprimono - nell'io ideale - aspirazioni molto dipendenti dei miti di prestigio, successo e carriera. Mentre - più degli altri -riconoscono per sé mancanza di doti quali la simpatia, l'intelligenza e la socialità. Per questo, forse, si dimostrano meno inclini alla generosità e alla comprensione, pur dimostrandone una intensa esigenza.
- Nel loro «io ideale» sono meno presenti le doti dell'onestà e della responsabilità, anche se esprimono più degli altri il desiderio di sentirsi accolti, compresi, amati e stimati. Questo bisogno di stima e di aiuto appare come ciò che di più sentito essi esprimono.
- Quanto ai valori in graduatoria, essi pongono ai primi posti il lavoro, il denaro e il successo (meno la fede, lo studio, la famiglia, la bontà...).
- Il loro avvenire lo preparano meno degli altri con la scuola e lo studio. Sembrano infatti più propensi ad inserirsi subito in una occupazione che dia loro una immediata remunerazione. Il «lavoro nero» è presente tra di essi in misura maggiore rispetto agli altri.
- Più degli altri manifestano una esigenza esasperata di autonomia, che tuttavia si configura ancora in maniera inadeguata e immatura (avere più soldi da spendere, divertirsi, uscire di più e andare in giro, avere più libertà nelle relazioni eterosessuali...).
- Appaiono meno consapevoli degli altri dell'influsso dei fattori sociali e ambientali, meno informati, più indifesi e poco critici.
- Quanto alla televisione, sono tra quelli che detengono il primato delle ore davanti al televisore (2 ore e mezza al giorno, la media più alta rispetto al campione). Discutono meno o mai i programmi con i genitori e ritengono che la televisione sia più utile per divertire e far passare il tempo che per portare informazioni e nuove conoscenze.
- Nel cammino infine verso la propria identità questi preadolescenti presentano maggiori difficoltà rispetto ai coetanei, in quanto o dipendono troppo dagli altri (amici o personaggi di successo) o non si identificano con nessuno. Tra di essi il desiderio di assomigliare a se stessi appare minore rispetto agli altri.
Questo dato conferma, in maniera a nostro parere determinante, l'incidenza sfavorevole dell'etero-valutazione negativa in rapporto alla crescita dell'identità.
COME INTERPRETARE IL DISADATTAMENTO NELLA PREADOLESCENZA
L'analisi che abbiamo compiuto presenta indubbiamente dei limiti per il tipo di approccio effettuato, indiretto e centrato sul «vissuto», e comporta anche delle riserve circa l'inferenza statistica, specialmente in ragione del numero ridotto di soggetti che entrano in questa categoria.
Tuttavia, soprattutto in forza degli incroci mirati e della elevata congruenza nelle risposte, ci pare di aver potuto documentare -con una certa approssimazione - la consistenza e la qualità del disadattamento nell'attuale situazione dei preadolescenti in Italia.
Il fenomeno richiede in ogni caso di essere accertato con altri strumenti di indagine e di venire meglio approfondito nei vari aspetti di complessità che presenta.
Per quanto ci è consentito, ne tentiamo ora una lettura interpretativa, cercando di cogliere quali fattori entrano in gioco nel momento in cui insorge il disadattamento, in che rapporto si pongono fra di loro e quali dinamiche evidenziano come specifiche per l'età della preadolescenza.
I fattori che entrano in gioco
Nella complessa sintomatologia del disadattamento preadolescenziale, quale emerge dalla presente ricerca, ci pare che - nella insorgenza del fenomeno - entrino in gioco molteplici fattori, sia «esterni» che «interni» al soggetto.
Sono «esterni» i fattori ambientali e socio-culturali, quali i seguenti.
- Il degrado ambientale e culturale, con la distruzione dell'habitat umano e del tessuto delle relazioni, come l'abbiamo intravisto nelle situazioni di vita di molti preadolescenti residenti nelle grandi periferie urbane e in vaste zone del meridione.
- La «cultura della povertà», più o meno connessa con il basso livello socioeconomico, con le situazioni di bisogno e di emarginazione che comporta. Non viene garantita quella «uguaglianza delle opportunità» che più volte è stata invocata come premessa al recupero di molte forme di disadattamento connesso allo svantaggio socio-economico.
- L'assetto familiare, che appare in molti casi problematico e inadeguato in ordine alla capacità educativa. Si vedano i dati emersi al riguardo circa l'area familiare.
- La deprivazione culturale, connessa con molte cause e non adeguatamente compensata dall'istituzione scolastica. La scuola si rivela, come abbiamo visto, essa stessa fattore scatenante di disadattamento e di emarginazione, in quanto incapace in molti casi di sviluppare attitudini di base e interessi in sintonia con i bisogni dei preadolescenti.
- L'influsso determinante dei «mass media» nella formazione dei quadri di valore e dei sistemi di riferimento di una certa fascia di soggetti, più indifesi e fragili, quali sono i preadolescenti dei contesti ambientali ed educativi che abbiamo descritto.
Sono «interni» i fattori connessi con le strutture dell'io del preadolescente e con le sue dinamiche accrescitive.
In particolare ci pare di poter evidenziare i seguenti fattori.
- Una «sindrome di deprivazione» nello sviluppo emotivo-affettivo, connessa a carenze di stima e valorizzazione, come appare nell'analisi che abbiamo condotto sugli effetti dell'etero-valutazione negativa durante la preadolescenza. Questa «sindrome di deprivazione» comporta soprattutto una minaccia all'immagine di sé e in alcuni casi compromette seriamente un corretto sviluppo della personalità nei preadolescenti, con conseguenze negative per l'adattamento, specialmente nel successivo periodo adolescenziale.
- Una carenza del supporto motivazionale in molti preadolescenti che vengono «minati» - per così dire - in radice per il mancato sviluppo di importanti motivazioni psico-sociali esigite a questa età, come il bisogno di successo, di amicizia e di influsso sui coetanei (3).
- Una carente identificazione con i modelli parentali e adulti, come l'indagine ha dimostrato soprattutto nel caso di genitori e insegnanti inadeguati. In molte delle situazioni analizzate il conflitto di «contro-dipendenza» non si è instaurato in maniera produttiva, perché tali figure di riferimento erano «non significative» o rigidamente strutturate nella «personalità autoritaria» (4).
Interdipendenza tra fattori sociali e psicologici
Tentando di vedere in quale rapporto si pongono i fattori del disadattamento che abbiamo descritto, ci pare di cogliere una stretta relazione di interdipendenza tra i fattori «esterni» o sociali, ed «interni» o psicologici.
Nella complessa sintomatologia del disadattamento è arduo trovare un «prima» o un «poi».
Infatti la mancata soluzione adattiva avviene, simultaneamente, per il circuito di interdipendenza che si instaura tra fattori «esterni» (ambientali, sociali, economici, culturali) e fattori di personalità (struttura dell'io, dinamica emozionale e supporto motivazionale).
In molti casi si può parlare di «cumulo» di deficit e di condizionamento globale, e ciò provoca più facilmente la sindrome dei disadattamento.
L'analisi da noi compiuta delinea le modalità del difficile sviluppo adattativo in una fascia minoritaria, ma nel contempo preoccupante, di preadolescenti italiani a partire dal peso delle influenze ambientali e del condizionamento socio-culturale.
A parità di condizioni, può essere affermata anche la reciprocità di tale influsso e condizionamento, in quanto la mancata soluzione positiva ai problemi del proprio adattamento comporta a sua volta, nel campo delle interazioni sociali, un peggioramento o anche una rottura nelle relazioni di questi soggetti «disadattati» nei confronti dei coetanei, dei genitori e familiari, degli insegnanti e del contesto sociale in genere.
Di qui l'instaurarsi di una «catena patologica» di atteggiamenti e comportamenti, che dallo svantaggio e dal disadattamento può portare alle situazioni di «rischio», di devianza ed emarginazione (5).
Ruolo dinamico dell'eterovalutazione nella preadolescenza e sue implicanze educative e sociali
Dalla letteratura psicologica e sociale è noto il peso che vengono ad avere le carenze di cure materne ed in generale le carenze affettive durante l'infanzia.
Quanto alla preadolescenza, secondo i dati emersi nella ricerca, abbiamo visto che l'insorgenza del disadattamento, più che a carenze affettive, sembra connessa con «carenze di stima».
La mancata «valorizzazione», più che alla madre, sembra doversi imputare al padre, oltre che ai coetanei e - in genere - agli altri adulti significativi, in particolare agli insegnanti.
Sotto questo profilo la ricerca ha messo in luce l'importante ruolo che viene ad avere nella preadolescenza l'etero-valutazione: quella positiva favorisce uno sviluppo armonico della personalità, quella negativa può portare - in concomitanza con altri fattori - all'insorgenza del disadattamento.
In altri termini, il preadolescente dipende in maniera determinante dalla qualità del rapporto che l'adulto significativo riesce ad instaurare con lui, ad iniziare dall'accettazione e dal sostegno, fino alla stimolazione e valorizzazione dei suoi dinamismi di crescita e di maturazione.
In tal modo viene confermato il «modello epigenetico» di Erikson, soprattutto in ordine al «bisogno di rassicurazione» affettiva e sociale che il preadolescente manifesta in forma così rilevante durante il suo rapido e disarmonico divenire.
Di passaggio è da ricordare che il ruolo dinamico dell'eterovalutazione negativa, e perciò disadattiva, oltre che per i preadolescenti svantaggiati, assume un peso determinante anche per quelli dotati, anche se nei confronti di questi ultimi non sempre sfocia in vero e proprio disadattamento, perché questi soggetti sono meno compromessi dal «cumulo di deficit» di cui abbiamo parlato.
È da precisare che nella «minaccia all'immagine di sé» (e pertanto alla costruzione della propria identità), rappresentata dall'etero-valutazione negativa, non si tratta di una elaborazione interiore di tipo persecutorio o paranoideo.
Il preadolescente che «non si sente stimato e valorizzato», è oggettivamente tale, in quanto non vengono riconosciute e attivate le sue specifiche potenzialità accrescitive e di autorealizzazione.
Non si tratta infatti di una stima «verbale» bensì promozionale.
Per la preadolescenza dunque hanno estrema rilevanza le motivazioni psicosociali illustrate nel modello motivazionale proposto da Mc Clelland. La valorizzazione positiva avviene infatti come risposta dell'ambiente ai suoi bisogni di riuscita, di «affiliazione» (cioè di apertura sociale e amicizia) e di influsso positivo sugli altri in termini di progressiva autonomia, interazione e collaborazione.
La «contro-dipendenza» adolescenziale viene facilitata dal conseguimento di questi importanti compiti di sviluppo durante l'età della preadolescenza.
La ricerca ha infatti dimostrato che il disadattamento consiste in un «processo dinamico», incerto nella soluzione, in quanto il preadolescente disadattato è condizionato dal progressivo venir meno di esperienze positive, di soddisfacenti possibilità di comunicazione ed interazione tra i coetanei e gli adulti significativi. Perciò anche il disadattamento si colloca giustamente in una «ottica sistemica» che tende a privilegiare i processi di interazione e di comunicazione educativa.
NOTE
(1) Per «disadattamento» intendiamo una soluzione inadeguata e talora anche patologica a problemi di adattamento, soluzione orientata in senso prevalentemente privato e personale.
L'individuo tende così a sviluppare un «vissuto» di sofferenza psicologica che può portare anche a turbe di personalità e di comportamento.
Per «svantaggio» intendiamo invece situazioni fisiche, psichiche e ambientali di deficit, spesso gravi e irreversibili, che condizionano in radice lo sviluppo specialmente sociale della personalità.
(2) Come osserva D.J. Duché, «la rappresentazione che l'individuo ha di se stesso si modella anche in funzione degli altri. L'immagine che ciascuno ha del proprio corpo e di se stesso non dipende solo da ciò che lo specchio riflette, o le fotografie mostrano: essa è anche l'espressione di una dimensione sociale. Noi ci guardiamo dentro e attraverso gli occhi altrui.
Questa immagine di sé, che ciascuno portava senza troppo pensarci, assume di colpo una notevole importanza, e si scopre ogni giorno diversa da quella del giorno prima. Le critiche dei familiari, le canzonature, gli scherzi e le allusioni dei compagni possono produrre delle viziature di questa immagine di sé e dar luogo a reazioni nevrotiche e aggressive» (Cf Duché D.J., I problemi psicologici della pubertà, in AA.VV., Adolescentologia, Carlo Erba, Milano, 1973, p. 2).
(3) Si veda a questo proposito il modello motivazionale proposto da Mc Clelland, imperniato sui bisogni psico-sociali di «successo», «affiliazione» e «potere», bisogni che si rivelano particolarmente attivi durante la preadolescenza (Cf Mc Clelland D.C., Personality, Holt, New York, 1951).
(4) È rilevante, a questo proposito, l'importanza assegnata da Erikson al «riconoscimento» positivo, in termini di accettazione, fiducia, sicurezza e autonomia, per la costruzione dell'identità sociale in età evolutiva. Quando i soggetti non ricevono questo «segnale di ritorno» (feed-back) da parte di adulti significativi (genitori, insegnanti, educatori), viene a mancare l'identificazione transizionale con essi ed il cammino verso l'identità resta condizionato o anche impedito (Cf Erikson E.H., Infanzia e società, Armando, Roma, 1966).
(5) A nostro avviso un certo numero di soggetti analizzati sono già «preadolescenti a rischio», e per gli altri l'emarginazione rappresenta un fatto compiuto, mentre la devianza (violenza, droga, prostituzione, ecc.) trovano nei dati offerti le premesse di una probabile evenienza, soprattutto all'insorgere dell'adolescenza. Stando alla rilevazione del CENSIS (Feb. '84), il 4% di coloro che si drogano sono al di sotto dei 14 anni.
BIBLIOGRAFIA
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ERIKSON E.H., Infanzia e società, Armando, Roma, 1966.
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MILLER A., Il dramma del bambino dotato, Boringhieri, Torino, 1982.
VACCHINO R., I tre anni che contano, Gribaudi, Torino, 1972.
VICO G., Lo svantaggiato. Quale educazione?, Vita e Pensiero, Milano, 1978.
VICO G., Disadattamento, La Scuola, Brescia, 1980.