Pastorale giovanile e famiglia /6
Gustavo Cavagnari
(NPG 2020-07-64)
Com’è stato detto nel precedente articolo di questa rubrica, l’attuale situazione dell’educazione sessuale dei giovani, nell’orizzonte di un amore di donazione, sollecita e incoraggia un sempre maggiore investimento di energie ecclesiali. Oltre alla famiglia, altre agenzie educative sono chiamate ad essere coinvolte. Nel compimento di questo compito sinergico, anche la pastorale giovanile è chiamata in causa. L’esperienza dice che quando negli itinerari pastorali con i giovani l’educazione sessuale è offerta in modo propositivo, preventivo e sistematico, «si notano risultati positivi» nel «modo di vivere l’affettività e le relazioni», anche in rapporto alla «adesione di fede in Gesù Cristo».[1] Rimane il fatto, però, che il desiderio degli operatori di pastorale di far scoprire ai giovani la sessualità come «un dono che il Signore ci dà»[2] in molti casi non si traduce in una proposta efficace. «Quello che manca sono progetti, orientamenti ed esperienze educative positive e stimolanti per lavorare in questa linea».[3] Ci sono delle piste – non soluzioni – da offrire al riguardo?
Il riflesso esemplare di una vita sessuale ordinata
Come afferma un autore,[4] se proponessimo agli operatori pastorali di pensare come favorire l’educazione sessuale dei giovani, molto probabilmente la prima risposta sarebbe “chiamare uno specialista per una conferenza o per un corso”. Rivolgersi ad un esperto non è sbagliato. Una formazione integrale esige la competenza professionale di psicologi, sociologi, sessuologi e altri ancora.[5] Eppure, si deve capire che prima ancora di ogni intervento di tipo specialistico, la prima e fondamentale educazione sessuale che si offre ai giovani si realizza ordinariamente a partire dalla testimonianza delle persone che entrano in relazione con loro, e cioè, da quello che essi trasmettono con le loro vite.[6] Di fatto, l’educazione sessuale dei giovani è legata anzitutto al modo con cui coloro che stanno loro accanto vivono la propria, se cioè essi vivono la sessualità come una realtà profonda presente e operante in tutte le componenti del proprio essere. Fa parte di questa testimonianza il modo con cui essi assumono il proprio corpo sessuato, riconoscono e sostengono la pari dignità tra i generi, stabiliscono relazioni costruttive, dicono serenamente le loro emozioni in pubblico e sono coerenti con i propri sistemi assiologici.
La persona che vuole aiutare i giovani ad educarsi sessualmente deve perciò essere riconciliato con la sua corporeità, attuare liberamente e responsabilmente la sua sessualità all’interno del proprio progetto di vita, presentare una sana stabilità socio-emotiva e possedere una concezione unificante della dimensione sessuale.[7] Al contrario, un operatore pastorale che vivesse in modo conflittuale la sessualità, o avvertisse in sé tendenze negative consolidate, farebbe meglio a non impegnarsi in un dialogo educativo con i giovani finché non abbia affrontato e risolto i propri problemi. Come potrebbe educare un giovane a conoscere, accettare, amare e gestire la propria sessualità, chi non assumesse «il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità» o cercasse di «cancellare la differenza sessuale perché non sa confrontarsi con essa» (AL 285)? O pensasse che il corpo può essere «manipolato come una cosa» (AL 153)? O vivesse «il sesso come evasione da se stesso e come rinuncia alla bellezza dell’unione» (AL 155)? O regolasse le proprie relazioni affettive con la logica dello scarto (AL 39)? Come potrebbe accompagnare un giovane chi non riuscisse ad «esprimere il proprio mondo psicoaffettivo» (AL 203)? O fuggisse dall’affetto (AL 107)? O patisse «un’affettività narcisistica, instabile e mutevole» (AL 41)? O covasse un «disagio affettivo» che non può esser gestito (AL 43)? In sintesi, maturare tutte le dimensioni della propria vita sessuata (DF 149) è la prima condizione per educare altri.
L’educazione sessuale dei giovani è anche vincolata al modo con cui le persone di riferimento si collocano, a partire dei propri modelli mentali ed esperienziali, di fronte alle condizioni, situazioni, vissuti e comportamenti dei giovani stessi. I pensieri, i sentimenti o le reazioni ai nuovi «modi di vivere l’affettività» (DF 39) sono, infatti, conseguenza dell’esperienza o della formazione ricevuta, ed essi influiscono sul modo in cui ci si colloca davanti alle persone o si risponde alle tematiche o realtà di tipo sessuale. Evidentemente, ognuno ha una porpria posizione ed è bene che così sia, ma quello che ci si deve chiedere è quanto il proprio atteggiamento sia in grado di essere empatico, capace cioè, senza rinunciare al proprio, di capire il punto di vista altrui per poter accompagnare «con comprensione, stima e affetto» (ChV 243) verso la maturità dell’amore.
Alcune indicazioni di carattere generale
L’accostamento al mondo sessuale si realizza oggi da posizioni e presupposti molto diversi. In molti casi, perciò, è imprescindibile un paziente itinerario di formazione che, anziché esaurirsi in un singolo intervento, deve accompagnare in modo permanente i processi maturativi delle persone.
Se gli incontri in cui si offre informazione possono aiutare, è specialmente necessario che tali raduni si presentino come spazi per parlare della dimensione sessuale della propria esistenza, per riflettere sulle nozioni, le esperienze e le attese che ognuno porta con sé, e per sviluppare il senso critico (AL 281). Evidentemente, l’efficacia di questo tipo di riunioni sarà condizionata dall’età degli interlocutori e della fase che vivono, dal momento in cui si offrono, dal tipo di ambiente in cui si attua la pastorale – scuola, parrocchia, oratorio, centro sportivo, strutture di servizio sociale – e, quindi, dal tipo di mediazione che è possibile e opportuno offrire.
Ridurre l’educazione sessuale ad una serie d’incontri non è tuttavia raccomandabile (ChV 212). Al contrario, forse sarebbe utile fare qualche incontro in meno sull’affettività e la sessualità e qualche attività in più d’incontro tra persone e di servizio gratuito e affettuosa attenzione agli altri.[8] Infatti, abbiamo detto che qualsiasi itinerario di educazione sessuale è possibile solo nella prospettiva di una educazione all’amore. E una sessualità responsabilmente orientata all’amore è quella che orienta il suo intero dinamismo al dono di sé. Ebbene, le esperienze d’incontro con gli altri, di servizio, di missione (ChV 30), in altre parole, di donazione, fanno maturare l’amore più di qualsiasi discorso o incontro formativo. Quando si ha il coraggio di entrare in contatto con gli altri, «si impara e si matura molto» (ChV 171).
In ogni caso, l’incontro da persona a persona è indispensabile. Ogni giovane non solo sente e vive la propria sessualità in modo dissimile, ma reagisce anche diversamente agli influssi educativi, da cui l’esigenza di prevedere approcci personalizzati da conferire ad adulti affidabili. Con un atteggiamento simpatico ed empatico, l’accompagnatore potrà coinvolgere il giovane in un dialogo educativo in cui avrà occasione di condividere la propria esperienza, offrire la propria visione, e guidare con discrezione, criterio, pazienza, coraggio e generosità. In questo senso, è da auspicare in chi accompagna una postura antropologica, teologica e pastorale chiara e definita (DF 150).
Nonostante il contributo delle figure di riferimento possa essere decisivo, si deve ricordare che comunque sono i giovani stessi i soggetti del loro cammino di integrazione e di maturazione sessuale.
È necessario riaffermare, infine, che se l’esistenza umana acquista il suo pieno significato nella vocazione alla vita divina, anche una vita sessuale vissuta all’insegna della fede deve attingere dalla grazia la forza indispensabile per maturare l’amore «nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13) ed «esprimere valori diversi a cui corrispondono esigenze morali specifiche».[9]
Alcuni programmi di formazione in corso
Prendendo spunto dall’invito del Papa, è stato recentemente promosso dal Pontificio Consiglio per la Famiglia un corso di educazione affettivo-sessuale denominato “Il luogo dell’incontro”. La storia dell’iniziativa, i suoi presupposti e l’itinerario proposto si possono trovare qui: https://www.educazioneaffettiva.org/.
Il desiderio dei promotori è che in esso ogni focolare domestico, ogni scuola, ogni parrocchia e ogni associazione possa trovare «un valido strumento di aiuto ai giovani in ciò che è tanto fondamentale per la loro felicità e per il senso delle loro esistenze». Senza voler entrare nel merito del contenuto della proposta, alla luce di quanto detto sopra si dovrebbe valutare, comunque, la pertinenza pedagogica di intenderlo come un aiuto «per il dialogo tra i formatori e i recettori [i giovani]».
Promosso in particolare dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano in collaborazione con il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia, è attivo in Italia Teen STAR (acronimo inglese per Educazione Sessuale in un contesto di Responsabilità Adulta), un programma educativo internazionale che conduce adolescenti e giovani ad avere uno sguardo maturo sulla sessualità per scoprire il linguaggio del corpo, valorizzare la propria identità, conoscere la diversità sessuale e acquisire la consapevolezza necessaria a compiere scelte libere e responsabili. Nato all’inizio degli anni ‘80 dal lavoro svolto negli USA dalla dott.ssa Hanna Klaus presso l’Università George Washington, è attualmente diretto dalla dott.ssa Pilar Vigil, docente della Pontificia Università Cattolica del Cile. L’approccio antropologico, personalista, non è tuttavia confessionale. Per maggiori informazioni: https://www.teenstar.it
Anche a livello di diocesi italiane si possono individuare diverse iniziative, fondamentalmente in ambito scolastico, che, essendo localmente attuate, non è il caso di studiare.
NOTE
[1] XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Documento finale (27 ottobre 2018), n. 38. D’ora in poi: DF.
[2] Francesco, Esortazione apostolica post-sinodale «Christus vivit» ai giovani e a tutto il popolo di Dio (25 marzo 2019), n. 261. D’ora in poi: ChV.
[3] J. Rojano – P. González Blasco – I. Fernández, «Identidad», in J.M. Bautista (ed.), 10 palabras claves sobre pastoral con jóvenes, Verbo Divino: Estella 2010, 179-216, qui 190.
[4] Cf. M. Iribarren Vidorreta, «¿Puedo ser educador/a afectivo-sexual?», in Misión joven LVII/485 (2017) 5, 29-57.
[5] Cf. Francesco, Esortazione apostolica post-sinodale «Amoris laetitia» sull’amore nella famiglia (19 marzo 2016), n. 280. D’ora in poi: AL.
[6] Cf. M.L. Morales Medina, «El cuerpo y la sexualidad en relación con la identidad. Nueva aproximación a la ética sexual», in Revista de pastoral juvenil 522 (2017), 5-13.
[7] Cf. i vari numeri del documento della Conferenza Episcopale Italiana, L’educazione sessuale nella scuola. Orientamenti pastorali (6 aprile 1980).
[8] Cf. A. Bozzolo, «Pastorale giovanile e matrimonio: una introduzione», in Note di pastorale giovanile 35 (2001) 2, 64-67, qui 66.
[9] Cf. Congregazione per l’educazione Cattolica, Orientamenti educativi sull’amore umano. Lineamenti di educazione sessuale (1° novembre 1983), n. 32.