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    Elio Scotti

    (NPG 1978-03-2)


    «Fedeltà creativa allo spirito di Don Bosco » significa avvicinarsi al suo metodo educativo con l'animo aperto, per non sottoporlo ad una analisi statica esasperante e ridurlo in rigidi schemi, ma per guardarlo nella sua integrità come forma viva e per studiarne quei principi da cui trae vita perenne.
    Nella società dell'800, impregnata di militarismo e di omogeneità culturale ufficiale, la categoria dei ragazzi e dei giovani non aveva alcun peso sociale. Era compito delle istituzioni educative o militari integrare i giovani nel sistema culturale e politico vigente, orientandoli verso i comportamenti della società adulta, ed applicando ai giovani le leggi, i divieti, i castighi utilizzati per gli adulti.

    Sistema preventivo e sistema repressivo

    In tale ambiente storico il sistema preventivo a cui si appellava Don Bosco appariva veramente rivoluzionario.
    Così egli si difende col ministro Rattazzi: «Vi sono due sistemi di educazione: uno è chiamato sistema repressivo, l'altro è detto sistema preventivo. Il primo si prefigge di educare l'uomo con la forza, col reprimerlo e punirlo, quando ha violato la legge; il secondo cerca di educarlo con la dolcezza e perciò lo aiuta soavemente ad osservare la legge medesima, e gliene somministra i mezzi più acconci ed efficaci all'uopo; ed è questo appunto il sistema in vigore tra noi.
    Anzitutto qui si procura d'infondere nel cuore dei giovanetti il santo timore di Dio; loro s'inspira amore alla virtù ed orrore al vizio,
    con l'insegnamento del catechismo e con appropriate istruzioni morali, s'indirizzano e si sostengono nella via del bene con opportuni e benevoli avvisi e specialmente con le pratiche di pietà e di religione. Oltre a ciò si circondano per quanto è possibile, di un'amorevole assistenza in ricreazione, nella scuola, sul lavoro, s'incoraggiano con parole di benevolenza, e non appena dimostrano di dimenticare i propri doveri, loro si ricordano in bel modo e si richiamano a sani consigli. In una parola, si usano tutte le industrie che suggerisce la carità cristiana, affinché facciano il bene e fuggano il male, per principio di una coscienza illuminata e sorretta dalla religione» (Memorie Biografiche, V, 52).
    Questi argomenti che riecheggiano l'introduzione del breve scritto di Don Bosco, di cui ricorre il centenario, sono da lui motivati dal fatto che il giovane non viene avvilito dalla correzione, ma incoraggiato dall'avviso amichevole e ragionato, dalla comprensione della mobilità ed incostanza giovanile che dimentica presto ed istintivamente i suoi doveri, dalla considerazione che i castighi non migliorano mai una persona ma accrescono in essa l'amarezza ed il desiderio di ribellione. Guadagnato il cuore dell'allievo, dice Don Bosco, l'educatore potrà sempre parlare col linguaggio del cuore sia in tempo di educazione sia dopo di essa e potrà avvisarlo, consigliarlo e anche correggerlo quando si troverà negli impegni della vita.

    Valori maturati e linguaggio attuale

    Il modo di esprimere i contenuti del sistema educativo potrebbe offendere una certa sensibilità psico-pedagogica attuale, per un senso di protezionismo e di educazione individuale che esso poteva lasciare apparire. Infatti ecco come la seguente citazione delle regole salesiane esprime oggi i medesimi principi arricchiti da nuovi valori, pur precisando l'identico obiettivo educativo, ma adeguando il metodo pedagogico alla mentalità moderna.
    Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione e sopra l'amorevolezza (Don Bosco): fa appello cioè non alle costrizioni ma alle sorgenti vive della ragione, dell'amore, del desiderio di Dio, che ogni uomo porta nel profondo di se stesso.
    Imitando la pazienza di Dio, incontriamo i giovani al punto in cui si trova la loro libertà e la loro fede. Fraternamente presenti perché il male non domini la loro fragilità, li aiutiamo, attraverso il dialogo, a liberarsi da ogni servitù. Moltiplichiamo gli sforzi per illuminarli e stimolarli rispettando il delicato processo della fede. La nostra arte educativa tende a che siano progressivamente responsabili della loro formazione.
    Nelle opere giovanili coltiviamo con particolare sollecitudine una atmosfera di famiglia vissuta nella comunità educativa. I giovani sono avviati all'esperienza della vita cristiana in una comunità di fede, e si formano alle proprie responsabilità attraverso l'esercizio graduale della libertà e della partecipazione alla stessa organizzazione della loro vita. Mediante le attività di gruppi apostolici e iniziative diverse le opere giovanili si aprono all'azione sociale e missionaria nel servizio dei più poveri e nella formazione di giovani cristiani impegnati (art. 25 e 28).

    Alcuni elementi di confronto

    Ieri il sostegno alla fragilità e debolezza del ragazzo era sufficiente elemento educativo in una società di tipo cristiano per mentalità e comportamento di vita; oggi nella pluralità delle stimolazioni il ragazzo ha necessità di abilitarsi per tempo a motivare da solo le proprie scelte ed a responsabilizzarsi.
    Ieri l'educatore era rassicurato dopo aver posto buoni germi di ritorno alla fede in fin di vita nei proprii allievi, ben conoscendo i tempi lunghi della pazienza di Dio e l'azione materna e presente della Chiesa;
    oggi l'educatore deve garantire anche l'efficacia visibile della formazione, educando il giovane a liberarsi dalle manipolazioni dei mass-media e delle ideologie atee in una società alienante, per renderlo fattivo costruttore di una società più umana e cristiana, mantenendo vivo il giusto senso della vita ed il bisogno di Dio in mezzo ad un comune agnosticismo.
    Ieri l'unirsi dei buoni, aderendo ad istituzioni sicure, a compagnie od associazioni ecclesiali era consigliato come garanzia di fedeltà, coerenza ed impegno di testimonianza; oggi la capacità di crescere per personale costruzione e di aggregarsi o collegarsi a gruppi di appartenenza o di riferimento, che siano più consoni al proprio bisogno di valori o alla eguaglianza di obiettivi da raggiungere, sono essenziali ad ogni giovane seriamente impegnato nella vita.
    Ieri la catechesi, intesa come dottrina da trasmettere e da imparare, e la pratica dei sacramenti, intesa come mezzo sicuro di santificazione, venivano valutati già un grande progresso rispetto alla ignoranza religiosa di molta popolazione ed un audace anticonformismo rispetto alla mentalità giansenistica contraria alla frequenza dei sacramenti; oggi si tratta di evangelizzare la gioventù attraverso un annuncio di salvezza totale che risponda alle profonde esigenze della persona ed una proposta di vita cristiana integrata nella realtà della vita personale e sociale, fortemente interiorizzata e resa cosciente da una cultura religiosa aggiornata e da una vita vissuta con una comunità cristiana aperta contemporaneamente all'azione di Dio e alla promozione umana della società.
    Continuità e fedeltà dunque, e progresso di aggiornamento in un carisma dinamico, che è dono di Dio.


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