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    NPG ha alle spalle una storia gloriosa. L’ha ereditato con consapevolezza e senso di responsabilità. All’esperienza felice da cui è nata, NPG ha progressivamente tentato di integrare scelte originali e coraggiose, non prive di rischi e di difficoltà.
    Facendo una rapida memoria dei primi passi della lunga avventura di NPG, giustifico e commento l’affermazione di apertura. Così il lettore può attivare una sua verifica critica.
    Alla radice della rivista sta l’esperienza gloriosa di un modello associativo che ha coinvolto tantissimi giovani ed educatori. I salesiani lo ricordano – qualcuno anche con un pizzico di motivata nostalgia – nella sigla “Le compagnie”. In tutte le istituzioni educative salesiane – a livello mondiale – erano presenti gruppi, collegati attraverso quelle strutture formative tipiche dell’associazionismo ecclesiale, che assicuravano un movimento continuo dal vertice alla base. Esisteva una letteratura molto precisa, costituita fondamentalmente da sussidi e dalla proposta di tematiche formative. I responsabili di questa realtà associativa erano collegati e formati attraverso un periodico che, puntualmente, proponeva modelli, campagne formative, suggeriva strumenti di azione educativa.
    Tutto questo materiale era fondamentalmente orientato all’interno della Congregazione: utilizzava i canali formali di collegamento, si serviva di persone e centri chiamati ufficialmente a questo compito. Il materiale trovava utilizzatori anche all’esterno della struttura salesiana. Erano pochi e saltuari, educatori interessati al modello educativo proposto.
    Negli anni caldi della prima contestazione giovanile questo “mondo” è entrato in crisi: è crollata la struttura associativa, è stata spenta la produzione letteraria (rivista e sussidi), il Centro incaricato di questa forma di animazione è stato chiuso, i modelli formativi sono stati travolti dalle nuove sensibilità che pretendevano di appellarsi al Concilio.
    Il cambio è stato rapido e tutt’altro che indolore. Lo sanno bene coloro che l’hanno vissuto in prima persona.
    La Congregazione salesiana non si è arresa. Non lo poteva fare per l’amore che portava ai giovani e per la caratteristica carismatica di collocarsi dove di fatto sono, vivono, progettano i giovani.
    Dopo un anno di pausa e di ripensamento, l’eredità letteraria della rivista “Le Compagnie” si è trasformata in “Note di pastorale giovanile”. Due scelte sono immediatamente apparse come qualificanti.
    La scelta educativa del gruppo costituisce, già ai tempi di don Bosco (come documenta la letteratura), una dimensione importante del progetto educativo salesiano. La contestazione giovanile aveva messo in crisi i gruppi strutturati e collegati con vertici secondo modelli “piramidali”. Ha fatto esplodere però una rete capillare di gruppi spontanei. Essi rappresentavano quello spazio educativo che era tradizionalmente affidato ai gruppi collegati in strutture associative. La letteratura educativa e pastorale lo riconosceva ormai come un dato consolidato.
    Per questo NPG si è buttata a pieno titolo sulla riflessione relativa alla “vita di gruppo” e alle condizioni che ne potevano assicurare una intensa capacità formativa. Non si parlava più di associazionismo istituzionale… mettendo in crisi i nostalgici di modelli che innegabilmente avevano prodotto esiti educativi preziosi. Ma si lavorava intensamente sulla dimensione gruppale nella pastorale giovanile. La scelta di fondo è stata chiaramente ecclesiale. Convinti dell’urgenza di assicurare una forte appartenenza ecclesiale, di fonte alla contestazione sulle strutture tradizionali di appartenenza, l’attenzione si è concentrata sulla vita di gruppo.
    Anche la seconda scelta merita qualche battuta di approfondimento, perché è stata alla radice di tensioni non piccole e di polemiche non solo formali.
    NPG ha riscoperto il carisma salesiano, anche grazie al lavoro di maturazione e di approfondimento realizzato nella Congregazione attraverso i capitoli di riforma dopo il Concilio. L’attenzione verso il carisma, nello spirito conciliare, si spalanca verso l’esterno. La propria esperienza rinnovata e ritrovata in fedeltà diventa un dono per tutti.
    NPG ha trasformato la riflessione precedente, molto concentrata verso le strutture e le tradizioni educative della Congregazione, in qualcosa che potesse risultare significativo e prezioso per tutti coloro che si interessavano del vasto mondo giovanile in chiave educativa e pastorale. Per fare questo, si è reso necessario un cambio di temi, di riferimenti, di linguaggio, di prospettive. NPG voleva risultare un dono gradito a tutti… a partire dal carisma salesiano, ripensato in modo tale che risuonasse famigliare a tutti.
    L’impresa non era facile. Le difficoltà erano sulle due frontiere coinvolte. Molti accusavano NPG di non essere sufficientemente “salesiana”, perché scarseggiavano le citazioni tradizionali e i temi della prassi educativa comune. Altri l’accusavano di essere eccessivamente “confessionale”… perché si respiravano troppo problemi e prospettive di casa.
    La ricerca dell’equilibrio ci ha chiesto molto lavoro ma ci ha permesso di procedere.
    La scelta ha funzionato?
    Dopo il lungo cammino percorso, sono convinto che sia corretto rispondere affermativamente. In giro per l’Italia e nel mondo, soprattutto di lingua spagnola, ci sono ancora tantissime persone che riconoscono il prezioso servizio di maturazione che NPG ha offerto e consolidato.
    Un problema è stato affrontato in fase di progettazione: il titolo della rivista. Perché “Note di pastorale giovanile”?
    Ogni tanto, in qualche editoriale o nella presentazione di qualche articolo, la risposta è affiorata, commentando i tre indicatori del titolo.
    Giovanile” significa attenzione esplicita al mondo dei giovani. La scelta di campo è stata molto precisa: la rivista non vuole essere “giovanilista”, perché è una rivista per educatori, sollecitati a pensare, accettando proprio la fatica del riflettere. Sceglie l’attenzione ai giovani come categoria da privilegiare per assicurare un servizio di maturazione piena a tutte le categorie sociali e culturali. Ritorna il carisma salesiano: la scelta dei giovani per la trasformazione collettiva.
    Il sostantivo “pastorale” viene dal Concilio. Abbiamo imparato a definire “pastorale” l’insieme delle tante azioni (di tipo educativo o squisitamente evangelizzatore) attraverso cui la comunità ecclesiale realizza il suo servizio per la costruzione del regno di Dio nella storia di tutti. NPG si è collocata, da subito, in una esplicita ottica ecclesiale. Crede all’educazione e lavora nel suo ambito, rilancia l’urgenza dei processi educativi… ma lo fa sempre in funzione di quella qualità matura di vita che deve caratterizzare il figlio di Dio. Per la vita e la speranza annuncia il nome di Gesù e si impegna in ogni frontiera dove ci sia di mezzo veramente la qualità della vita. Ci ha ispirato una affermazione formidabile de “Il rinnovamento della catechesi”, a cui NPG deve moltissimo nei suoi orientamenti, teorici e pratici: “Per chi è figlio di Dio, non dovrebbe trascorrere giorno, senza che in qualche modo sia stato annunciato il suo amore per tutti gli uomini in Gesù Cristo. E una trama che va tessuta quotidianamente. E la fitta e misteriosa trama entro cui si incontrano Dio, che si rivela e l’uomo, che lo va cercando per varie strade” (RdC 199).
    Il sostantivo “Note”, che fa da riferimento all’altro sostantivo qualificante “pastorale”, vuole solo ridimensionare ogni pretesa. Vuole dire: di cose se ne potrebbero dire molte… noi tentiamo, fraternamente, di suggerire qualcosa. Sotto sotto però stava una scelta più impegnativa. NPG non vuole sostituirsi alla fatica dell’operatore impegnato sul campo. Gli dà strumenti e delinea prospettive. La fatica di scegliere, organizzare, produrre… è tutta sulle sue spalle. Una battuta era diventata comune a livello redazionale: NPG pubblica sussidi… ma lavora molto per evitare che qualcuno li possa utilizzare senza fare lui una grossa fatica redazionale.
    Chi guarda al passato, come ho fatto io in queste righe, se manovra realtà che fanno parte della sua vita, corre il rischio di interpretare al di là dei fatti reali e di rileggere il vissuto più dalla parte dei sogni che delle realizzazioni.
    Il lettore affezionato sa perdonare. A lui compete la gioiosa fatica di verificare la distanza tra sogni e realizzazioni e di giocarsi in prima persona per aggiungere realtà concreta ai sogni condivisi.


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