Figure della fede /5
Carmine Di Sante
(NPG 2000-06-40)
Il racconto neotestamentario conosce altre tre donne che portano lo stesso nome della vergine di Nazareth, la madre di Gesù:
- Maria di Betania, la sorella di Marta e di Lazzaro che, marginalizzata perché poco attiva e intraprendente, Gesù difende privilegiandola: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta» (Lc 10, 41-42);
- Maria di Cleofa, per Giovanni sorella della Madonna e imparentata a Cleofa (non è chiaro se come moglie, madre o sorella) e per il secondo evangelista (Mc 15, 40) madre di Giacomo e Joses (non è certo comunque che si tratti della stessa persona);
- infine Maria di Màgdala, un piccolo porto di pescatori, sulla sponda del lago di Genezaret, nota più comunemente come Maddalena, colei appunto che è del paese di Màgdala. Di questa donna che, paradossalmente e indebitamente, ha avuto col tempo anche un ruolo «letterario», quale figura della donna libertina che si pente e converte, il racconto evangelico parla solo tre volte.
Per il terzo evangelista è una delle donne guarite da Gesù che lo segue insieme con il gruppo dei dodici: «[Gesù] se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunciando la buona novella del regno di Dio. C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, e molte altre, che li assistevano con i loro beni» (Lc 8, 16-18).
Inoltre, per il secondo evangelista, è la prima delle donne che segue Gesù sulla via del calvario e assiste da lontano alla sua condanna a morte: «C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Joses, e Salome, che lo seguivano e servivano quando era in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme» (Mc 15, 40-41). Oltre che sotto la croce, il secondo evangelista ne ricorda anche la presenza al momento della sepoltura, quando Giuseppe d'Arimatea, autorevole membro del Sinedrio, ottiene il permesso di deporre Gesù dalla croce: «Informato dal centurione [che Gesù era già morto, Pilato] concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare il masso contro l'entrata del sepolcro. Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Joses stavano ad osservare dove veniva sepolto» (Mc 15, 45-47).
Infine, sempre per Marco, Maria di Màgdala non solo è testimone del sepolcro vuoto (cfr Mt 28, 1-8) ma è la prima persona ad avere l'apparizione di Gesù e ad annunciarne ai discepolii la risurrezione: «Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni. Questa andò ad annunciarla ai suoi seguaci, che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stati visto da lei, non vollero credere» (Mc 16, 9-11).
Nella tradizione cristiana, però, Maria di Màgdala è conosciuta e ricordata non come la donna liberata dai sette demòni o come la testimone partecipe della passione di Gesù e neppure come l'annunciatrice non creduta della sua risurrezione, bensì come la donna peccatrice pentita che, incontrata e perdonata da Gesù, se ne innamora perdutamente. La ragione di questa duplice metamorfosi che ha fatto della Maddalena la donna peccatrice e poi pentita (metamorfosi paradossale perché, come si è notato, i vangeli non parlano né dei suoi peccati né della sua conversione) va ricercata nel fatto che la tradizione cristiana l'ha indebitamente identificata con la donna anonima della pagina lucana in cui si racconta di cosa accadde un giorno nella casa di un uomo dove Gesù si recò perché invitato a pranzo: «Egli entrò nella casa di un fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; e, fermatasi indietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato» (Lc 7, 36-38).
Al vedere questa scena il fariseo rimase scandalizzato e cominciò a pensare tra sé e sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice» (Lc 7, 39). Ma indovinando, Gesù, cosa stava pensando, lo fissò e gli disse senza mezzi termini: «Simone, ho una cosa da dirti» e gli raccontò una parabola: «Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due (il testo originale dice: si mostrò gratuito all'uno e all'altro). Chi dunque di loro lo amerà di più?» (Lc 7, 41). Alla risposta ovvia di Simone («Suppongo quello a cui ha condonato di più») Gesù commenta: «Hai giudicato bene... Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco» (Lc 7, 44-46). Rivolto poi alla donna, Gesù le dice: «I tuoi peccati sono perdonati». La storia termina con la reazione incredula dei commensali i quali si chiedono: «Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?» e con le parole conclusive di Gesù che, rivolto alla donna, le dice: «La tua fede ti ha salvato; va in pace» (Lc 7, 49-50).
Questo racconto stupendo è la messa in scena dell'umano alienato e della sua trans-mutazione quando vi accade l'amore di Dio che, in Gesù, si rivela come perdono, come l'amore che ama chi non lo ama.
Dio ama chi non lo ama: chi lo ignora, chi lo rifiuta e chi lo rinnega. Un Dio come questo sconvolge il buon senso e la logica, perché rende illusori e impossibili gli stessi confini tra credenti e non credenti, «buoni» e «cattivi». Di qui lo scandalo del fariseo della parabola, figura del credente di tutti i tempi: non lo scandalo del credente incoerente, non ancora pervenuto alla maturità della fede (quanti stereotipi ancora contro i «farisei» ipocriti e falsi!) bensì lo scandalo del credente pervenuto alla «maturità» della sua fede e che, dall'altezza di questa «maturità», si rende conto della sua inadeguatezza, come Tommaso d'Aquino che, al termine della sua vita non volle scrivere più nulla ritenendo i suoi scritti pauca palea, poco più che paglia.
Ma più che dello scandalo del credente, la parabola è soprattutto il racconto di cosa accade quando nell'esistenza si accende la coscienza di essere amati da Dio così come si è incondizionatamente: non la legittimazione della colpa e del male in cui, consapevolmente o inconsapevolmente, si è irretiti bensì la loro messa in crisi e l'apertura di uno spazio dove l'amato, nella gratitudine, si trans-muta in amante, amando allo stesso modo con cui è amato. La pagina lucana è soprattutto il racconto di questa «trans-mutazione» che accade nella donna peccatrice, simbolo della soggettività umana che, nel gesto accogliente e non giudicante di Gesù, scopre l'Amore incondizionato che infrange l'oscurità dell'io como il lampo la notte e apre nelle sue pareti una fessura come il terremoto nel carcere.
Le parole che Gesù rivolge al fariseo e l'interpretazione che, contro ogni perbenismo, dà dei gesti della donna peccatrice e anonima - anonima il cui nome è il nome di ogni lettore - sono la trascrizione di questa trans-mutazione: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco» (Lc 7, 44-46).
Più che la causa del perdono, i gesti teneri e toccanti della peccatrice ne sono la conseguenza e l'espressione, secondo una traduzione più fedele e coerente al testo greco che dovrebbe suonare: «Le sono perdonati i suoi molti peccati come si rivela dal fatto che mi sta molto amando».