Forti nella fede
Una virtù per il nostro tempo
Lettera pastorale per l’anno 2019-2020
Bruno Forte *
Con questa lettera desidero soffermarmi sulla virtù della fortezza, dopo aver considerato la temperanza nella lettera del 2018-2019. Proseguiamo così l’itinerario di riflessione sulle virtù cardinali, prudenza, giustizia, fortezza e temperanza: esse sono gli abiti spirituali che ci dispongono a vivere l’incontro col Dio venuto a noi in Gesù Cristo, accogliendo docilmente l’opera della Sua grazia. In particolare, la fortezza è “la virtù morale che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale…, rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni, dà il coraggio di giungere fino alla rinuncia e al sacrificio della propria vita per difendere una giusta causa” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1808). La virtù della fortezza si fonda sulla certezza che il sostegno di chi crede viene dall’alto («Mia forza e mio canto è il Signore»: Sal 118,14), e che il Signore ha vinto le potenze del male e soccorre sempre chi confida in Lui, facendogli vincere ogni buona battaglia e superare ogni possibile prova e tristezza: «Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza» (Ne 8,10); «Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo» (Gv 16,33).
1. Perché la fortezza? Le ragioni per riflettere sulla fortezza possono essere presentate così: siamo in un tempo in cui la fede dei credenti e la loro perseveranza nella fedeltà al Signore sono particolarmente messe alla prova. Ciò avviene su molteplici piani: da una parte, la mente e il cuore del singolo discepolo sono bombardati da messaggi che tendono a sedurli, distraendoli dallo sguardo rivolto a Dio e suggerendo vie facili per godere di più, possedere di più, acquisire più potere sugli altri. La cosiddetta “rivoluzione digitale” ha reso accessibili a tantissimi e in tempi fulminei immagini, stili di vita, scelte di comportamento e azioni concrete che renderebbero più leggera, piacevole e soddisfacente la vita. Resistere a queste sirene, che arrivano ormai a persone di ogni età e condizione, può non essere facile: il rifiuto del Seduttore, che agisce in tanti modi attraverso le finestre sul mondo rappresentate dagli strumenti informatici e le vie digitali, esige chiarezza interiore, consapevolezza degli effetti negativi del male, gusto del bene e delle sue influenze benefiche, volontà ferma di piacere a Dio e di prepararsi alla vita eterna con Lui in ogni istante. Tutto questo, poi, non avviene solo a livello del singolo, ma sfida l’intera comunità dei credenti: se lo scandalo degli abusi sessuali e di potere nella Chiesa è stato causa di tanta sofferenza, umiliazione e vergogna, provocando una vasta crisi di credibilità dell’istituzione ecclesiale, dei ministri ordinati, dei consacrati e dell’intero popolo dei fedeli, la tentazione sottile che si insinua in alcuni è di non credere più alla possibilità di una vita vissuta fedelmente secondo il Vangelo. Se qualcuno che ha ricevuto tanto da Dio ha potuto compiere scelte e azioni così abominevoli, chi è mai il cristiano qualunque per ritenersi forte nel rifiutare le seduzioni della carne e del mondo? Si arriva a pensare che, stando nella stessa barca, si finisca con l’affondare insieme! A una simile tentazione di sfiducia e di rinuncia alla lotta col male si resiste solo se si è “forti nella fede”, saldi in essa (cf. 1 Cor 16,13; 1 Pt 5,9), confidando totalmente in Dio. Perciò, nel contesto di un mondo che sfida la Chiesa sulla sua credibilità, e dunque sulla fedeltà a ciò che annuncia, la fortezza dei credenti appare una virtù fondamentale per vivere e testimoniare il Vangelo.
2. La fortezza nella Bibbia. Nella concezione biblica Dio è “il Dio degli dei, il Signore dei signori, il Dio grande, forte e terribile, che non usa parzialità e non accetta regali” (Dt 10, 17). Egli ha fatto ogni cosa “con la sua grande potenza e la sua forza” (Ger 32,17), regna “con mano forte” (Ez 20,33) e così ha fatto uscire il suo popolo dall’Egitto (Dan 9,15). A Lui va chiesta la forza nell’ora delle sfide decisive (come fa Sansone: Gdc 16,28) ed Egli darà forza al Suo eletto (cf. 1 Sam 2,10). Con la forza datagli dal cibo offertogli dal Signore “Elia camminò quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb” (1 Re, 19,8). Il credente sa che il Signore è la sua forza (cf. Sal 28,7), e cerca sempre il Suo Volto e la sua potenza (cf. 1 Cr 16,11). Perciò il Salmista esclama: “Ti amo, Signore, mia forza” (Sal 18,1), invocando con fiducia: “Mia forza, vieni presto in mio aiuto” (Sal 22,20). Il profeta Isaia, poi, assicura: “Quanti sperano nel Signore, riacquistano forza” (40,31). Questa forza salvifica si è manifestata in pienezza nel Figlio, morto e risorto per noi: “Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1 Cor 1,24s). La forza divina è partecipata dal Risorto ai suoi mediante il Suo Spirito: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni…” (At 1,8). Perciò, va invocata come dono dall’alto e accolta con umiltà e perseveranza. A sua volta, il discepolo è chiamato ad amare il Signore “con tutta la sua forza” (Mc 12,30. 33), invocando la fortezza che viene da Lui. Così, San Paolo, assalito da Satana, si rivolge al Signore per esserne liberato e riceve la risposta illuminante: “La mia grazia ti basta; la mia forza trionfa nella debolezza” (2 Cor 12,8-9). È Dio a donarci la fortezza per vincere ostacoli e tentazioni ed è certo che la Sua grazia non ci mancherà mai, perché Egli è il protettore e il vindice dei deboli e degli umili: la Sua debolezza “è più forte degli uomini” (1 Cor 1,25) ed Egli “ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti” (1 Cor 1,27).
3. La fortezza nella cultura greco-latina e nella tradizione spirituale. Aristotele considera la fortezza una virtù particolarmente necessaria per tenersi lontani tanto dal timore, quanto dalla temerarietà. Cicerone vede la fortezza come inseparabile dalla giustizia. Per il mondo classico essa è però frutto soprattutto di capacità e di disciplina umane. Nella tradizione ebraico-cristiana la fortezza è vista certamente come virtù umana, che viene però consolidata e resa stabile dal dono dall’alto. Così, essa verrà indicata come una delle virtù cardinali, assieme alla prudenza, alla giustizia e alla temperanza, da San Tommaso d’Aquino (cf. Summa Theologiae I IIae q. 61 a. 2). Nel loro insieme queste virtù costituiscono come il cardine delle scelte di chi voglia aprirsi veramente a Dio. La fortezza, in particolare, implica energia spirituale, umiltà, coraggio, costanza nelle prove, fiducia nel Signore, ma anche in sé e nel possibile aiuto altrui. Una grande sorgente di fortezza è il vero amore: per amore si è disposti ad affrontare e superare le prove più grandi, di fronte alle quali altrimenti si fuggirebbe. Chi ama è motivato a resistere e sopportare, come a soccorrere e sostenere gli altri. Papa Francesco afferma: “Con il dono della fortezza lo Spirito Santo libera il terreno del nostro cuore dal torpore, dalle incertezze e da tutti i timori che possono frenarlo, in modo che la Parola del Signore venga messa in pratica, in modo autentico e gioioso” (14 Maggio 2014). In momenti particolari, poi, la fortezza è la virtù che ci fa perseverare nel bene e ci aiuta a credere fermamente che esso è fecondo e alla fine trionferà, come dimostrano i martiri: “La Chiesa - dice ancora il Papa - risplende della testimonianza di tanti fratelli e sorelle che non hanno esitato a dare la propria vita, pur di rimanere fedeli al Signore e al suo Vangelo”. Un esempio lo stanno offrendo anche ai nostri giorni i tanti cristiani che subiscono persecuzioni in varie parti del mondo a causa della loro fede. La fortezza di questi uomini di Dio, pronti al martirio per amore di Cristo, incoraggia e sostiene la fortezza umile e quotidiana, cui siamo tutti chiamati! Il grembo in cui la virtù della fortezza fiorisce è la comunione della Chiesa del Signore, nutrita dalla preghiera costante e fiduciosa.
4. Forti in rapporto a noi stessi… La fortezza è, dunque, la virtù morale che nelle difficoltà ci fa essere fermi e costanti nel fare il bene, aiutandoci anche a riconoscere e curare le nostre ferite. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale. L’Apostolo Paolo testimonia che questo è possibile con l’aiuto del Signore risorto: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4,13). Nella vita del discepolo, docile all’azione di Dio, la fortezza si manifesta come coraggio, fermezza nel fare il bene, pazienza nel sopportare le prove e larghezza di cuore nel comprendere e perdonare gli altri. Il coraggio è la forza interiore che fa superare la paura e rende capaci di esporsi con convinzione ed umiltà alle sfide della vita e al possibile giudizio altrui: è la fortezza di chi vuol piacere a Dio e sa che nulla merita di essere cercato più di questa obbedienza a Lui. La fermezza è la stabilità nell’operare il bene, la perseveranza nello scegliere la via indicata dal Vangelo, la forza nell’affrontare le possibili tempeste della vita, delle emozioni e dei sentimenti, restando radicati e fondati nella carità di Cristo. La pazienza è la fortezza nel sopportare le prove, mantenendo lo sguardo fisso sul Signore Gesù, offrendo tutto a Dio anche per amore di chi ci possa aver fatto soffrire e accettando di completare in noi ciò che manca alla passione di Cristo per il bene del Suo corpo ecclesiale, secondo l’insegnamento dell’Apostolo: “Io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). La larghezza di cuore, infine, è la fortezza di chi sa guardare in alto e lontano, misurando ogni cosa sull’amore infinito di Dio e sforzandosi di vedere gli altri e le loro opere nella luce della misericordia più grande, senza cedere a propositi di vendetta o a risentimenti. Al tempo stesso, l’ampiezza di orizzonti aiuta a tendere alla santità senza presunzione, in spirito di obbedienza a quanto l’Eterno dona e domanda a ciascuno. Chiediamoci allora: sono forte nelle prove, fermo e costante nel compiere il bene? Ho coraggio, fermezza e pazienza nelle varie situazioni che mi trovo ad affrontare? So guardare sempre in alto e lontano, per misurare ogni mia scelta sull’amore infinito di Dio?
5. Forti nel rapporto con gli altri… Nel rapporto al nostro prossimo la fortezza ci mette in grado di vincere la paura, ci aiuta a non temere gli altri e a rischiare per amore loro, ci fa affrontare la prova e le persecuzioni a testa alta. La virtù dei forti dà il coraggio di giungere fino alla rinuncia e al sacrificio della propria vita per servire una causa giusta. Un esempio di fortezza nell’accogliere e vivere la missione affidatale da Dio per il bene degli uomini è la Vergine Maria: non è difficile riconoscere in lei, «che primeggia fra gli umili e i poveri del Signore, una donna forte...» (Paolo VI, Esortazione Apostolica Marialis cultus, 2 Febbraio 1974, 37). Tutt’altro che espressione di una religiosità passiva o alienante, Maria è libera e consapevole nell’acconsentire alla spada che le avrebbe trapassato l’anima, secondo la profezia del vecchio Simeone, e proprio così è forte ed attiva nella sua accoglienza verginale, nella sua docilità al disegno divino su di lei e nelle relazioni con gli altri, modello luminoso di umanità piena e vera, sorretta dalla fede e dalla preghiera. È Agostino a descrivere in maniera efficace la figura della «donna forte», proiettandone l’immagine nella gloria finale: «Quando le nostre fatiche terrene saranno finite ci saranno queste porte: vedere e lodare Dio. Allora non verrà più detto alla donna forte: alzati, lavora, ripiega la lana, stai attenta alla lampada, sii svelta, levati di notte, apri le mani ai poveri, fai andare il fuso e la conocchia. Non devi fare nulla di tutto questo e neppure sarai mai più inattiva perché ora guardi Colui al quale tendeva il tuo cuore e senza fine gli canterai la sua lode. Perché là, alle porte dell’eternità, si loderà il tuo sposo con lode eterna» (Sermo 37, 20: PL 38,235). Queste parole possono essere applicate analogamente alle varie situazioni di responsabilità di donne e di uomini ai nostri giorni. La verginità di Maria - la «donna forte» nella fede, fatta preghiera vivente - è modello a quanti pronunceranno il loro “eccomi” radicale a Dio, per divenire come Lei terreno d’Avvento, anticipazione della gloria promessa. Ed io? So relazionarmi agli altri con fortezza, superando paure e alibi, per dire il mio sì al Signore sull’esempio e con l’aiuto della Vergine Maria?
6. La fortezza nelle diverse situazioni della vita… La virtù della fortezza ci aiuta a relazionarci alle situazioni della vita con piena libertà interiore, misurando ogni passo sulle esigenze dell’amore di Dio e sulla sola, vera ricchezza, che è piacere a Lui. La fortezza induce a rinunciare a quanto tende a sedurci e vorrebbe occupare nel nostro cuore il posto che spetta a Dio solo: proprio così, essa sostiene anche l’impegno generoso finalizzato alla ricerca del bene comune. In questa luce, la fortezza appare una virtù particolarmente necessaria a chi ha responsabilità pubbliche, perché aiuta a non cercare il consenso al di sopra di tutto, ma a servire la verità e la giustizia anche a costo di svantaggi personali. Con l’esercizio della fortezza si possono superare i mali che falsano il nostro rapporto con la realtà e con le sfide della vita: la viltà, che ci fa fuggire davanti alle prove e ci induce a soccombere ai timori che l’ambiente circostante e le vicende del momento possono generare in noi, fino a farci accettare alibi e compromessi immorali; la presunzione, che non ci fa temere ciò che invece va temuto ed evitare ciò che è bene sia evitato; la temerarietà, eccesso di audacia per cui si va incontro a pericoli anche gravi senza valide ragioni, mettendo a rischio i doni ricevuti da Dio e abbandonando il senso della misura che scaturisce dall’umiltà e dall’impegno sincero, teso a compiere il disegno divino sulla nostra vita secondo la nostra vocazione. Vincere le tentazioni, rappresentate dai vizi accennati, richiede vigilanza e intensa attività spirituale: occorre attenersi al sommo bene, affidandosi al Signore con tutte le forze e in maniera assidua, verificandosi costantemente sugli impegni presi e invocando incessantemente l’aiuto dello Spirito, che il Risorto ha effuso ed effonde su chi lo invoca. Chiediamoci allora: mi sforzo di superare ogni tentazione di viltà? Vigilo sul duplice possibile errore della presunzione e della temerarietà, in cui è sempre possibile cadere? Chiedo incessantemente a Dio il dono della fortezza per me e per la Chiesa, mia madre nella Grazia?
7. Esaminiamoci sulla fortezza e chiediamola in dono a Dio. Domandiamoci se nel nostro modo di agire e nelle scelte che facciamo siamo forti, coraggiosi e fedeli nell’amare Dio e il prossimo come il Signore vuole. L’Apostolo Paolo si chiede: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?” (Rom 8,35s). E non esita a rispondere: “In tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (vv. 37-39). Questa è la certezza della fede, che può sostenerci nell’essere forti di fronte alle prove quali discepoli di Gesù, mite e forte, umile e vittorioso. Ci conforta l’esempio dei martiri di tutti i tempi, tanto di quelli che hanno subito con fortezza il martirio cruento, quanto di chi ha saputo vivere con analoga fortezza i sacrifici quotidiani offerti a Dio per amore. Sia Lui a darci lo spirito della fortezza, che certamente non verrà negato a chi lo chieda con fede. Ce lo assicurano, tra tante parole bibliche, queste del Salmo 18: “Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo. Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici. Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti infernali; già mi avvolgevano i lacci degli inferi, già mi stringevano agguati mortali. Nell’angoscia invocai il Signore, nell’angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, a lui, ai suoi orecchi, giunse il mio grido… Stese la mano dall’alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque, mi liberò da nemici potenti, da coloro che mi odiavano ed erano più forti di me. Mi assalirono nel giorno della mia sventura, ma il Signore fu il mio sostegno, mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene” (vv. 1-7. 17-20).
* Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto