“Ladies Football Club”
Quando lo sport sfida le convenzioni sociali
Ispirato alla vera storia delle Dick Kerr’s Ladies, il monologo teatrale Ladies Football Club scritto dal fiorentino Stefano Massini e interpretato da una straordinaria Maria Paiato, racconta com’è nata la prima squadra di calcio femminile in Inghilterra, a Sheffield, ai tempi della Grande Guerra (nel 1917) e di come, sfidando le rigide convenzioni sociali dell’epoca, a poco a poco le undici calciatrici (di cui conosciamo le storie individuali man mano che seguiamo il racconto teatrale) siano diventate un vero e proprio simbolo della lotta delle donne nel loro faticoso cammino verso l’emancipazione.
Attraverso il punto di vista di una delle undici in campo
riviviamo il brivido delle partite:
battaglie vinte o perse,
in cui non sempre il risultato
è quello indicato dal tabellone,
così come non sempre il vero nemico
è l’avversario in campo.
(G. Sangati)
Una pedana rialzata che occupa la maggior parte del palco. Luci in fondo, a destra, a sinistra e dall’alto: ecco gli unici elementi scenotecnici che costituiscono il setting in cui si svolge questa straordinaria “narrazione teatrale”… sì, perché Ladies Football Club, dello scrittore fiorentino Stefano Massini, è davvero uno spettacolo di difficile definizione. Riduttivo considerarlo un monologo anche se, quanto meno su un piano formale, è questo che è. Sulla pedana, al buio, entra in scena qualcuno, forse una vecchia signora… s’intravede appena sul palco che comincia gradualmente a illuminarsi, mentre gli spettatori si domandano, incuriositi, che sia quella figurina dimessa che avanza verso di loro, sempre più visibile: un paio di collant scuri, un cardigan beige, una maglia grigia e una gonna di tweed. Un’anonima signora di mezza età, una di quelle che nessuno noterebbe se la incrociasse per strada. All’improvviso, però, lei comincia a parlare… a raccontare… e non si ferma per quasi due ore!
Inizialmente noi spettatori ci scoraggiamo: pensiamo alla prospettiva di un lungo monologo su un argomento forse non troppo affascinante, in un contesto sostanzialmente privo di scenografia… e lo spettro della noia si affaccia dinanzi a noi. Eppure, a poco a poco, parola dopo parola, la narrazione si fa sempre più coinvolgente, appassionando ciascuno di noi e rendendo impossibile qualunque calo di attenzione. Ma di cosa sta parlando questa insolita vecchietta?
È una bella giornata d’aprile del 1917. Sull’Inghilterra e sul resto d’Europa infuria la Grande Guerra: gli uomini (mariti, padri, fratelli…) sono tutti partiti per il fronte, le donne invece, le operaie della Doyle & Walker Munizioni di Sheffield, assemblano granate, proiettili e bombe per armare l’esercito. A un certo punto, mentre queste operaie stanno mangiando i loro sandwich nel cortile della fabbrica durante la pausa pranzo, trovando un pallone abbandonato in cortile, Rosalyn, Violet, Olivia e le altre cominciano a passarselo. Piano piano, un calcio dopo l’altro, le ragazze ci prendono gusto, cominciano anche a distribuirsi dei ruoli e affinano la tecnica, finché il padrone le nota e propone loro di disputare una vera partita. Sarà la prima di una lunga serie. Tra mille difficoltà (all’inizio risulterà difficile anche trovare degli avversari da affrontare) la squadra femminile delle operaie di Sheffield acquisirà sempre più consapevolezza e, approfittando dell’assenza dei campionati maschili a causa della guerra, il calcio femminile vivrà la sua prima stagione d’oro conquistando anche l’affetto del pubblico.
Ispirato alla vera storia delle Dick Kerr’s Ladies, il testo di Massini rivive attraverso le parole di una straordinaria Maria Paiato, animandosi dinanzi agli occhi degli spettatori che, sempre più rapiti, ascoltano il racconto dell’attrice, curiosi di sapere come andrà a finire. La forza del testo, a mio parere, sta nella minuziosa caratterizzazione di ciascuna delle undici donne: ognuna di loro è infatti “raccontata” tramite elementi descrittivi ben definiti e ricorrenti (la donna “invisibile”, quella mascolina, quella brutale e l’altra ancora appassionata alle lotte sindacali…) e ogni volta che viene richiamata la stessa figura (Rosalyn, Violet, Olivia o una delle altre…) quest’ultima viene narrata in termini identici, cosicché lo spettatore riconosca immediatamente di chi si sta parlando e si appassioni alla sua storia. Ciascuna con il proprio vissuto, tutte con una passione in comune. “Ci sono undici punti di vista diversi – spiega Massini –, undici motivazioni profondamente diverse, undici ruoli diversi, undici linguaggi e immaginari diversi perché ognuno di questi undici personaggi porta una propria visione del mondo”.
Non è facile racchiudere in una breve sintesi la bellezza di una tale operazione, accompagnata e accentuata da una recitazione potente, efficace e mai affettata: le undici donne del racconto sembrano rivivere realmente su quella pedana, dinanzi al pubblico, e per un’ora e quaranta le anguste pareti del teatro si trasformano negli spalti del campo di calcio di Sheffield, dove siamo portati a tifare per quella coraggiosa squadra femminile che, sfidando ogni convenzione sociale e culturale dell’epoca, proverà a realizzare il proprio sogno (In campo c'erano tutte loro, accidenti, c'erano davvero tutte, c’erano tutte tutte!). Ma con la fine della guerra, gli uomini (quei mariti, padri, e fratelli di cui si parlava prima) ritornati alle loro case, cercheranno di rimettere le “rivali” al loro posto. Questo, però, sarà solo l’inizio di una nuova battaglia: e alla fine delle due ore un pallone di cuoio che sa di antico “vola” sul pubblico, emblema di un desiderio che continua a serpeggiare e che non si arresterà.
Ho trovato questo spettacolo sublime: intanto l’interpretazione della Paiato conferisce alle undici donne rappresentate una veridicità e un’efficacia scenica sorprendenti. L’attrice veneta, una delle più raffinate interpreti del teatro italiano, modulando le voci, variando la postura e adattando la prossemica, racconta aneddoti ed episodi della vita delle giovani calciatrici alternando un registro colloquiale ad uno più aulico che le consente di passare da riflessioni più drammatiche a commenti più ironici. In tal modo il racconto teatrale, anziché stancare, tiene gli spettatori incollati alla sedia, suscitando in loro interesse ed empatia nei confronti della vicenda narrata e dei personaggi, spesso grotteschi, che ne sono i protagonisti… o meglio “le” protagoniste.
Molto significativo, a mio avviso, anche il messaggio che l’autore (il drammaturgo italiano vivente forse più rappresentato nei palcoscenici di tutto il mondo) intende trasmettere: lo sport e il lavoro di squadra divengono nel suo testo un veicolo di riscatto sociale. L’idea di far convergere tensioni e frustrazioni della quotidianità in una passione comune che si riveli, poi, in grado di sublimarle può rappresentare un elemento di speranza anche per tanti dei nostri ragazzi che, troppo spesso, riversano il proprio malessere in ambiti non altrettanto sani o costruttivi: queste undici donne che hanno sfidato pregiudizi e barriere sociali costituiscono infatti un importante tassello nella lotta verso l’emancipazione femminile che, un secolo fa, risultava ancora decisamente anacronistica.
Per chi volesse leggere il testo da cui è tratto lo spettacolo:
- S. Massini, Ladies Football Club, Mondadori 2019.
SUGGERIMENTI E PISTE DI LABORATORIO PER UNO SVILUPPO PRATICO AI FINI EDUCATIVI
La visione dello spettacolo, o anche la lettura del testo da cui esso è tratto, possono sicuramente fungere da utili spunti per riflettere sulle seguenti tematiche:
- quanto è importante spingere i nostri adolescenti a coltivare le proprie passioni per allontanarli dall’ozio che, come diceva S. Giovanni Bosco, rappresenta “la vendemmia del diavolo”?
- quanto è importante tenere i nostri adolescenti impegnati in attività sane, quali gli sport di squadra, per evitare che ricadano in forme perniciose di dipendenza da alcol, fumo, sostanze stupefacenti o gioco (dipendenze, ahimè, sempre più diffuse)?
- che ruolo gioca in questa storia il fatto che a promuovere tale “rivoluzione sportiva” siano state le donne? Ci sono altri esempi nella storia di fenomeni sportivi che hanno rappresentato importanti momenti di sfida e di conquiste sociali?
Si potrebbe proporre, a questo punto, un cineforum che preveda la visione del film Invictus, (del 2009 con la regia di Clint Eastwood). Ambientato dopo la caduta del regime dell'apartheid in Sudafrica e l'insediamento di Nelson Mandela come presidente, la pellicola racconta, con grande maestria, di come gli Springboks, la nazionale di rugby, simbolo dell'orgoglio bianco Afrikaner e per questo detestata dai neri, proprio in seguito al termine dell'apartheid venga riammessa nelle competizioni internazionali dopo un'esclusione di circa un decennio. In vista della Coppa del Mondo del 1995, che si giocava proprio in Sudafrica, Mandela prese a cuore le sorti della squadra, con la speranza che un'eventuale vittoria contribuisse a rafforzare l'orgoglio nazionale e lo spirito di unità del paese. Entrando in contatto con il capitano della squadra François Pienaar, con cui nasce una vera e propria amicizia, il presidente riesce a risollevare il morale degli Springboks (reduci da un lungo periodo di sconfitte) che percorreranno un fortunato cammino nella Coppa del Mondo, riuscendo addirittura a sconfiggere, con un’inaspettata vittoria in finale, i temibili All Blacks neozelandesi.
Il successo della nazionale sudafricana diventa simbolo del riavvicinamento della popolazione nera alla popolazione bianca e del procedere del processo di integrazione e, ai fini del nostro discorso, possiamo operare un confronto sul ruolo dello sport, e di quello di squadra in particolare, come veicolo di lotte sociali.
* Docenti e responsabili della compagnia teatrale "Volti dal Kàos" del CGS Don Bosco - Villa Ranchibile di Palermo