Una scuola
di continuo apprendimento
Roberto Bonavita *
Svolgo il servizio civile a Tirana, capitale e cuore pulsante dell’Albania, in un Istituto retto dai Salesiani, “Qendra Sociale Don Bosko”, situato nel quartiere che porta il nome del santo dei giovani. È una struttura molto grande, che comprende una scuola di ogni livello, un oratorio, una chiesa ed il c.d. “centro diurno”. È proprio in quest’ultimo che svolgo la maggior parte delle ore di servizio, insieme ad altri volontari, con particolare attenzione al supporto scolastico di bambini e adolescenti con importanti problemi economico-familiari. Di solito i giovani vengono al centro diurno al termine della giornata scolastica, trovando da parte nostra accoglienza e aiuto nello svolgimento dei compiti scolastici o più appropriate spiegazioni e chiarimenti e soprattutto per invogliare ancora di più allo studio i ragazzi, offrendo supporto in tutte le materie (io, per parte mia, mi occupo di italiano, inglese e arte). Poi ci ritroviamo in sala pranzo per consumare il cibo previsto dal menù della mensa scolastica. E arriva finalmente per i ragazzi la parte della giornata più attesa, con attività ricreative di ogni tipo: nel campo da calcio o da pallavolo dell’oratorio, o per svolgere attività come ballare o disegnare, o per i giochi da tavolo.
Mi trovo bene con i ragazzi, nonostante la barriera iniziale della lingua, poco per volta faticosamente ma non ancora completamente superata. Ho comunque scoperto che ci sono molti modi per comunicare, e fortunatamente i ragazzi sono stato molti disponibili e pazienti con me. La cosa per me sorprendente è che anche i più piccoli mi hanno aiutato nel dialogo e hanno cercato di interpretare i miei sorrisi imbarazzati, il mio allargare sconsolato le braccia, tirandomi fuori di impaccio con una bella risata. Altra cosa che mi dà serenità e fiducia è la disponibilità dei colleghi, con i quali mi trovo davvero molto bene, non solo nel tempo del “lavoro” ma anche nelle relazioni al di fuori. Quante volte in momenti di difficoltà mi è giunto - anche inatteso - un supporto, che mi ha dato ancora più fiducia. Nel tempo, ho anche conosciuto genitori e parenti dei ragazzi, ricevendo segni di stima e forse anche di riconoscenza. Capire chi fosse e cosa facesse un genitore di un bambino o ragazzo mi permetteva allo stesso tempo di farmi un’idea del tipo di educazione ricevuta negli anni o anche della sua stessa situazione economica, sociale e culturale, certamente utile per un educatore.
Qualche ora di servizio la svolgo anche all’oratorio, frequentato dagli studenti della scuola salesiana, da ragazzi di altre scuole e, ovviamente, anche dai bambini e ragazzi del centro diurno, con tutte le attività dette sopra. Io personalmente co-conduco gli allenamenti di calcio per bambini, frequentati anche da alcuni dei “miei” del centro diurno. Questo mi ha permesso di conoscere e collaborare anche altre persone che lavorano all’interno della struttura: insegnanti, animatori, allenatori, attivando dunque una sinergia educativa che forse è la chiave della buona riuscita del nostro impegno.
Fin qui il facile di questa mia scelta… Adesso cerco di andare più nel profondo, nelle ragioni della scelta di questo tipo di esperienza. Intuitivamente erano quattro ragioni: crescita personale, voglia di dare una mano, voglia di conoscere una nuova cultura, apprendere nuove cose.
Circa la crescita personale, penso che dovrò attendere il concludersi di quest’esperienza per rendermi effettivamente conto in cosa “sono cresciuto”, e come questo ha impattato su di me come persona, ma ho buone sensazioni.
Ciò che sicuramente c’è, e forse è anche quello che più importa, è che sto effettivamente dando una mano, ai ragazzi ma anche ai miei colleghi. Non è una cosa alla quale fai caso in ogni istante, ma a volte la sensazione è come se te ne rendessi conto, in alcuni momenti, e alla fine può essere piacevole scoprire che aiutare gli altri fa bene anche a te stesso, lasciandoti quindi un senso di appagamento e di gioia.
Conoscere una nuova cultura è inevitabile quando ci si trova a vivere in un altro paese, può però non essere scontato il fatto di riuscire ad apprezzarla. Con il tempo ho potuto conoscere qualcosa di più della cultura albanese, che ha vissuto una storia molto diversa da quella dall’Europa nord-occidentale, che ha origini da un’antichità greco-slava, che fino a qualche anno fa ha vissuto una chiusura quasi impenetrabile e in un sistema culturale politico molto diverso dal nostro. Purtuttavia mi è stato possibile individuare similitudini con la nostra e vederne invece differenze. Bello è che alla fine le cose che si apprezzano sono sempre maggiori rispetto a quelle che invece non si comprende, e questo apprezzamento ha certamente aiutato molto nel processo di adattamento, ma anche di scoperta della varietà e ricchezza delle culture.
Una cosa decisamente positiva in questa mia esperienza è che ogni situazione ti sfida, ti fa uscire dai tuoi standard di sicurezza e di tranquillità, ti fa stare più “attento”: e questo è il modo migliore per imparare a gestire momenti e situazioni anche di novità. Insomma, impari ad “apprendere”, e non soltanto nella sfera lavorativa, ma anche a livello personale, anche emozionale. Se questo fa parte del processo di crescita personale, allora ecco che in parte inizia a delinearsi una risposta più chiara alla prima ragione di questa scelta e vedo meno oscurante dove sono cresciuto e dove sto crescendo.
* 28 anni, di Benevento, laureato in Economia Aziendale all'Università del Sannio e con laurea magistrale in Finanza all'università La Sapienza. Il suo obiettivo principale, per il momento, è aprire gli orizzonti mentali in contesti diversi dal suo Paese di origine, e verificare sul campo quello che sembrava così facile immaginare dai banchi di scuola. Intanto la pratica del volontariato pone le basi e conferma la necessità di incontri personali e della disponibilità all’ascolto e alla collaborazione: anche questo è quel bagaglio culturale che intende ampliare e utilizzare.