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    Recensione e segnalazione

    curro

     
    Prefazione di Emmanuel Falque
    Elledici 2021 - pp. 370 - € 20,00

    IN ESTREMA SINTESI
    Il percorso proposto, uno anche se si concretizza in percorsi diversificati («percorsi di teologia pratica sulla conversione pastorale»), è una scommessa e, insieme, una via da percorrere e una trasformazione da operare. Questa è, infatti, l’originalità del cammino proposto: trovare una base sufficientemente ampia nella quale tutti possano ritrovarsi (le «relazioni» e la «sincerità dell’umano»: I e II parte) e passarla al crogiolo della sua trasformazione per opera di Dio stesso (una pratica alla «misura della rivelazione» e la «conversione come trasfigurazione»: III e IV parte). L’opera è in sé stessa un itinerario, ma anche un cambio di paradigma. Quando si parla di educazione cristiana, di catechesi, di Scrittura o di Rivelazione, è sempre per situarsi nell’uomo e orientarsi verso Dio. La proposta prende le distanze da ogni ottimismo ingenuo (di chi pensa, ad es., che l’umanità sarebbe sempre in ricerca della divinità) e si misura con ciò che molti nostri contemporanei ormai sperimentano: la possibilità di fare a meno di Dio, e il fatto che non ci sarebbe più bisogno di invocarlo per vivere.
    (Dalla Prefazione di Emmanuel Falque)


    L’AUTORE
    Salvatore Currò è religioso della Congregazione di San Giuseppe (Giuseppini del Murialdo). È docente e Direttore dell’Istituto di Teologia Pastorale dell’Università Pontificia Salesiana di Roma. Insegna anche all’Istituto Filosofico-Teologico San Pietro di Viterbo, di cui è stato Preside. È stato Presidente dell’Associazione Italiana Catecheti (AICA) e fa parte del Direttivo dell’Équipe Europea Catecheti (EEC). Ha partecipato, in qualità di esperto, al Sinodo dei Vescovi su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” (2018). È Consigliere generale della sua Congregazione. Con Elledici ha pubblicato: Alterità e catechesi; Il senso umano del credere: pastorale dei giovani e sfida antropologica; Perché la Parola riprenda suono: considerazioni inattuali di catechetica.


    IL CONTENUTO PER DISTESO


    Prefazione
    Per una fenomenologia della pratica pastorale
    Emmanuel Falque *

    Quando il filosofo è ritirato nel suo studio sapendo che può essere talvolta ispirato da un Altro, non conosce ancora le implicazioni del suo pensiero, né i luoghi in cui il suo lavoro manifesterà la sua fecondità. All’inizio egli è solo nel profondo delle sue meditazioni, ma in seguito, con altri, potrà raccogliere il frutto di ciò che è stato seminato. Fare Chiesa non è essere sempre radunati insieme, ma stare, allo stesso tempo, sulla soglia e al centro di Colui che è l’unica ragione per tenersi in comunità.
    Sulla soglia, perché questo è il luogo della prossimità con ogni uomo e con la nostra comune umanità; al centro, perché là si scopre anche l’identità del Figlio di Dio venuto per assumere e trasformare tutto. In questo senso, e per parodiare la celebre espressione di Giovanni Paolo II negli incontri di Assisi, non basta «pensare insieme», occorre anche «essere insieme per pensare».
    È proprio questa la forza dell’opera di Salvatore Currò, dal titolo Giovani, Chiesa e comune umanità. I primi due termini, in realtà, si focalizzano nel terzo. Se i giovani oggi sono perlopiù sulla soglia (prossimità) e la Chiesa è al centro (identità), occorre trovare, o inventare, un ponte che vada da una parte all’altra; le nuove generazioni, infatti, ignorano generalmente il significato culturale della fede della Chiesa, che è riconosciuta solo in quanto portatrice di un contenuto di fede per alcuni. «Comune umanità» non è allora un’espressione vuota. Non allude al riconducimento del divino all’umano o della trascendenza all’immanenza. Al contrario! Non è sufficiente essere uomo per riconoscersi figlio di Dio. Ma, per il fatto che Dio è divenuto uomo (e che dunque l’«Incarnato» dice chi noi siamo come anche chi Lui è), una autentica pastorale potrà e dovrà appoggiarsi innanzitutto sull’essere-in comune della nostra umanità.
    Il percorso proposto, uno anche se si concretizza in percorsi diversificati («percorsi di teologia pratica sulla conversione pastorale»), è una scommessa e, insieme, una via da percorrere e una trasformazione da operare. Questa è, infatti, l’originalità del cammino proposto: trovare una base sufficientemente ampia nella quale tutti possano ritrovarsi (le «relazioni» e la «sincerità dell’umano»: I e II parte) e passarla al crogiolo della sua trasformazione per opera di Dio stesso (una pratica alla «misura della rivelazione» e la «conversione come trasfigurazione»: III e IV parte). L’opera è in se stessa un itinerario, ma anche un cambio di paradigma. Quando si parla di educazione cristiana, di catechesi, di Scrittura o di rivelazione, è sempre per situarsi nell’uomo e orientarsi verso Dio. La proposta prende le distanze da ogni ottimismo ingenuo (di chi pensa, ad es., che l’umanità sarebbe sempre in ricerca della divinità) e si misura con ciò che molti nostri contemporanei ormai sperimentano: la possibilità di fare a meno di Dio, e il fatto che non ci sarebbe più bisogno di invocarlo per vivere.
    La questione di Dio, in effetti, si pone oggi, nelle società secolarizzate, in un modo differente e più urgente rispetto a ieri, quando il mondo appariva ancora immediatamente sensato. Il grido dell’uomo folle di Nietzsche risuona ai nostri giorni con peculiare acutezza: «Dov’è Dio? − esclamò – Voglio dirvelo! Noi lo abbiamo ucciso; voi e io, noi tutti siamo i suoi assassini. Ma come abbiamo potuto fare questo?» (La gaia scienza, § 125). Dov’è Dio? – e non più soltanto cos’è Dio, chi è Dio, o come è Dio – questa è la grande questione filosofica, teologica e pastorale del nostro tempo. Il cristianesimo non è solo affare di fede, ma anche di cultura. Non è solo «da credere», ma deve essere anche «credibile». Se noi non abbiamo più parole per parlare di Dio, Dio stesso non avrà più un linguaggio per comunicarsi. Da qui la necessità, per la pastorale, oltre che (o prima che) di insegnare, di portare la fede nella nostra carne; per questa via potremo, forse, ritrovare il messaggio, e innanzitutto sperimentarlo.
    Ma occorre anche sapere come parlare di questo Dio che ha incontrato la nostra umanità e, innanzitutto, come Egli ci parla. Nel duplice cammino, che va dall’uomo a Dio e da Dio all’uomo, si tiene precisamente la comune umanità: le nostre relazioni, certamente, ma anche il nostro corpo e tutto ciò che costituisce il non-detto della nostra esistenza.
    In realtà, non possiamo più (già ora e ancor più in futuro) fondare la pastorale solo sulla parola, se essa non raggiunge la nostra corporeità con il suo caos di passioni e di pulsioni che, in verità, rendono più forte la nostra umanità. La pastorale dovrebbe essere innanzitutto un luogo di corpo-a-corpo, e non solo di parola-a-parola in cui il contenuto del messaggio avrebbe sempre un primato sulla maniera di incorporarlo. Poiché «il Verbo si è fatto carne» (Gv 1,14) e poiché «noi siamo stati tutti bambini (infanti) prima di essere uomini» (Descartes), è nell’infanzia – nell’infans, il senza-parola – che Dio innanzitutto si manifesta. «Se non diventerete come bambini (infanti) non entrerete nel Regno di Dio» (Mt 18,3): l’espressione va presa alla lettera.
    E l’infante, qui, non è unicamente il piccolo d’uomo, a cui la pastorale è costantemente e giustamente rivolta, ma è anche ciascuno di noi in quanto abita e vive la sfera non-linguistica dell’esistenza, alla quale Dio stesso, e Lui solo in modo privilegiato, è in grado di accedere.
    Questa è la «conversione pastorale» a cui Salvatore Currò ci invita costantemente nel corso del libro. Non si può contare solo sul pensiero e su ciò che Maurice Merleau-Ponty chiamerebbe una trascendenza di sorvolo [1], ma occorre esaminare innanzitutto la percezione e il linguaggio del corpo per cui ci è dato primariamente di esistere. La fenomenologia non è solo un movimento di pensiero, ma anche uno stile e un modo di esistere. Anche in essa c’è una questione di conversione, giacché tutto comincia con la riduzione. Portando lo sguardo sui nostri atti di coscienza, ma anche sui gesti dei nostri corpi, la filosofia fa dell’esperienza della vita (e dei nostri vissuti più intimi) il contenuto stesso della sua riflessione. Ciò che noi chiamiamo qui «fenomenologia della pratica pastorale» non è dunque solo ciò che segue il pensiero, ma è anche essa stessa un atto di pensiero. Infatti, non si pensa davvero senza essere trasformati; e il pensiero stesso è un atto di trasformazione.
    Ciò che vale per la filosofia vale forse anche per la teologia, e ancor più per la pastorale. Il «pastore», infatti, non è colui che sa, ma piuttosto colui che guida; certo, è colui che conduce il suo gregge «su pascoli erbosi dove lo fa riposare» (Sal 23,2), ma senza necessariamente sapere per dove le sue pecore potranno passare. È dalla «voce», più che dalla parola, che si riconosce il buon pastore (Gv 10, 27). E non c’è «voce senza corpo», come non c’è, almeno secondo un’ermeneutica cattolica, liturgia della parola senza liturgia eucaristica. Ciò non va dimenticato, per non rischiare di rimanere in una pastorale sconnessa dalla nostra corporeità. Si può e si deve, certamente, parlare, e l’insegnamento catechistico non manca giustamente di ribadirlo. Ma non bisogna mai disancorare le parole dai «disturbi» del corpo, perché è là che si costituisce propriamente la nostra umanità ed è là che Dio viene a trasformarci.
    Il «Verbo si è fatto carne perché la carne divenisse verbo», scrive il monaco del deserto Marco l’Asceta. La lettura di questo percorso di teologia pratica esplicita questa convinzione. Lungi dal sottovalutare la connessione della pastorale con la cultura, questo percorso è piuttosto un invito a fare della cultura il luogo di una «trasformazione» – del mondo, certo, ma anche di noi stessi che siamo coinvolti in esso. Non c’è evangelizzazione senza conversione – nel senso dell’incontro con Dio, certo, ma anche della modificazione di sé attraverso il mondo e attraverso gli altri. Questo è probabilmente il filo conduttore del libro.
    La «conversione pastorale» richiede una «pastorale della conversione» che, più che imporre ciò che essa ha già pensato da sé, cerca di raggiungere la nostra comune umanità in cui Cristo si è incarnato. «Nulla di ciò che è umano mi è estraneo» – l’espressione è di Terenzio, ma si può riferire, in un modo del tutto particolare, al Verbo fatto carne venuto ad assumere e trasformare tutto.
    È a partire dall’uomo che si va a Dio, ed è dunque in Dio che si scopre l’uomo. La pastorale dal basso si congiunge con la rivelazione dall’alto; infatti, nell’annodarsi dell’umano e del divino o, detto altrimenti, nell’Uomo- Dio, si dice il cuore del messaggio cristiano. Il Cristo, con la sua incarnazione, assume l’«uomo» perché noi lo scopriamo come «Figlio» nella Trinità; e perché possiamo scoprire noi stessi come «figli nel Figlio» o come «figli adottivi» (Ef 1,5), per una condivisione di amore. Non c’è, nel cristianesimo, incarnazione al di fuori della Trinità.
    Ma c’è ancora molta strada da fare e abbiamo bisogno di guide, anche nel nostro tempo, per attivare il cammino.
    Salvatore Currò ha compreso il kairos e l’urgenza per il nostro tempo. Non è più il tempo di lamentarsi, ma di aprire nuove vie per cui il messaggio cristiano possa essere detto nuovamente, riascoltato, e anche sperimentato nella carne. «Parola» e «corpo» sono un tutt’uno, perché non si parla per non dire nulla, né si agisce per non fare niente.
    L’uomo è certamente un essere limitato, ma al «limite» e alla «frontiera» Dio è sempre venuto ad abitare. Dio ci raggiunge, non solo a condizione di lasciare tutto, ma anche a condizione di esserci, cum Deo, laddove Lui è «con noi» (Emmanuele), in questa «comunità di umanità» in cui Lui è davvero venuto a dimorare per trasformarci.

    NOTA

    1 L’espressione francese è «transcendance de surplomb», che, più letteralmente, si potrebbe tradurre «trascendenza di sporgenza». Fa riferimento a quel pensiero (e quindi a quella trascendenza) che, nella mentalità di Merleau-Ponty, scavalca la percezione e la corporeità, ritenendosi illusoriamente pensiero puro. Merleau-Ponty sente l’esigenza di rovesciare questo pensiero di sorvolo in percezione attraverso la corporeità. Tenendo conto che surplomb significa anche strapiombo, l’espressione «transcendance de surplomb», se riferita alla tradizione cristiana, fa pensare anche alla tendenza a pensare la trascendenza come una verticalità quasi contrapposta alla orizzontalità, senza saperla pensare invece come differenza nelle pieghe stesse dell’esistenza (SC).

    * Professore e già Decano della Facoltà di filosofia dell’Institut catholique di Parigi


    Introduzione

    «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti» [1]. Tutti, singolarmente e insieme − singolarmente ma insieme, insieme ma ciascuno nella sua singolarità − sulla stessa barca: di fronte alle stesse sfide, con comuni responsabilità, appartenenti alla stessa terra, legati gli uni gli altri nella comune umanità. Questo è l’orizzonte di ogni cammino, personale e comunitario, politico e economico, sociale ed ecclesiale, dei piccoli e dei grandi, dei giovani e degli adulti. Questo è anche l’orizzonte della fede perché la comune umanità porta l’impronta dell’opera creatrice e redentrice di Dio e i segni dell’incarnazione e della Pasqua di Cristo. Questi è, pure lui, sulla barca, che lo si percepisca sveglio o dormiente, interessato o indifferente.
    Questo libro vuole situare le vicende ecclesiali, la pastorale e l’educazione dei giovani, le problematiche di tutta la pastorale e le sfide dell’evangelizzazione, nella comune umanità. In tal modo si vuole superare quel dualismo, sottile ma ben radicato, che attraversa spesso la missione ecclesiale; si separa con una certa rigidità tra: i credenti e i non credenti, la Chiesa e la società, la vita di fede e la responsabilità nel mondo, il Vangelo e l’esperienza. La pastorale dei (e coi) giovani, che sarà pensata in un rapporto profondo con l’educazione, ci offrirà il punto di vista. I giovani ci aprono al futuro, ma ci offrono anche la migliore chiave interpretativa dell’oggi. Il terreno dell’incontro coi giovani è, allora, il terreno migliore per la comprensione delle sfide culturali attuali, per il rinnovamento a cui la Chiesa si sente oggi particolarmente chiamata e per una ricomprensione della stessa esperienza di fede. Tutta la riflessione ruota attorno alla conversione pastorale che ha carattere globale e inclusivo; essa è, insieme, conversione spirituale, di mentalità, di approccio ai problemi, di rapporto con gli altri, di riconciliazione con se stessi e con Dio. I percorsi proposti, sostenuti da ragioni teologiche – sono percorsi di teologia pratica – invitano a praticare strade nuove, nell’apertura alle sfide del nostro tempo e nel tentativo di riandare alle sorgenti della fede per ritrovare la loro freschezza.
    Il libro si articola in quattro parti che possono essere pensate come quattro direzioni o dimensioni della conversione pastorale. La prima parte (Conversione delle relazioni) apre su una qualità nuova delle relazioni educative, pastorali, missionarie, ecclesiali, intergenerazionali o, semplicemente, delle relazioni umane; l’accento è posto sul camminare insieme, sulla mentalità sinodale, sull’incontro avvertito come evento, sulla riconciliazione. La seconda parte (La sincerità dell’umano) rende conto della provocazione di verità iscritta nel cuore dell’esistenza di tutti; si mette a fuoco: la questione antropologica dell’educazione, della pastorale, della catechesi e della cultura attuale; la struttura di chiamata o vocazionale dell’esistenza di tutti; la necessità, in rapporto alla verità dell’umano, di tener vivo il senso stesso della Rivelazione e del linguaggio che la dice. La terza parte (Alla misura della Rivelazione) invita a dare qualità di Rivelazione all’attuale prassi pastorale, in tutte le sue dimensioni (stili, processi, linguaggi) e nei diversi ambiti: la pastorale dei giovani, l’annuncio, la liturgia, l’approccio alla Scrittura. La quarta parte (Conversione come trasfigurazione) interpreta la conversione come trasformazione corporea, sensibile, affettiva, prima che cosciente; ciò emerge in prospettiva fenomenologica, portando a manifestazione la struttura di trascendenza dell’esistenza, cercando appoggio sulla liturgia e sulle altre risorse ecclesiali, mettendosi in dialogo con quella fenomenologia che si mostra aperta al confronto con la teologia.
    La proposta ha una sua logica e organicità; l’itinerario, tuttavia, non è lineare. Ciascun capitolo si presenta come uno specifico percorso di conversione pastorale e in riferimento a una specifica dimensione o a uno specifico ambito. La problematica di fondo, però, e il senso stesso della conversione pastorale ritornano continuamente pur con linguaggi e accentuazioni diverse. A questo livello il libro è – credo – profondamente unitario. La non linearità dell’itinerario dipende anche dal fatto che i singoli capitoli sono, in genere, rifacimenti di conferenze a interlocutori diversi e di articoli già pubblicati [2]. Ciò significa che i capitoli possono essere letti anche non in successione, ma a partire dall’interesse, dalla sensibilità e dalla situazione esistenziale del lettore. Questi può essere più interessato alla pastorale dei giovani o all’educazione o alla catechesi; può essere più sensibile alla problematica pastorale o a quella culturale, a quella antropologica o a quella fenomenologica; può avere una responsabilità pastorale o accademica o può essere semplicemente desideroso di riflettere sul senso dell’essere cristiani oggi. Ciascuno può trovare il suo percorso, addirittura anche chi non è credente ma è interessato a comprendere il senso umano della fede e dell’esperienza cristiana. Giacché il fondamento della riflessione è dato dalla comune umanità, ciò che si richiede, in definitiva, perché questo libro possa interessare, è una interrogazione su ciò che si dà, come appello o come dono, dal cuore stesso della nostra umanità. Da questo sito, che nel libro sarà chiamato della sincerità o verità dell’umano, la fede stessa prende vera forza e forma evangelica.
    Alla base della riflessione che prende corpo nel libro ci sono dialoghi, lezioni accademiche, confronti in ambiti educativi e pastorali, relazioni e incontri significativi.
    Il debito di riconoscenza è verso tanti: i miei studenti (quelli di pastorale giovanile dell’Università Pontificia Salesiana e quelli di filosofia e teologia dell’Istituto San Pietro di Viterbo); i miei colleghi docenti, in particolare quelli dell’Istituto di Teologia pastorale dell’Università, coi quali si lavora per una proposta pastorale all’altezza delle sfide di oggi; i confratelli della mia Congregazione (Giuseppini del Murialdo) e i tanti giovani e collaboratori laici della Famiglia del Murialdo; i miei confratelli del Consiglio generale, con cui condivido la sfida del discernimento e dell’animazione della pastorale e della vita della mia Congregazione in questo tempo difficile ma appassionante; tutti gli amici, quelli credenti e quelli non credenti, quelli vicini e quelli lontani, quelli degli ambienti accademici e pastorali, quelli della vita quotidiana. Sarebbe impossibile nominare tutti; non posso che limitarmi a coloro che più direttamente sono intervenuti sul libro.
    Ringrazio la prof.ssa Ilenia Buzzi, fine fenomenologa, per il prezioso confronto e per l’apporto su diversi punti del testo, soprattutto laddove era in questione il dialogo con la fenomenologia. Ringrazio, poi, Maria Cristina Valente per la paziente e appassionata rilettura del testo e per il miglioramento della scrittura. Ringrazio, infine, il prof. Emmanuel Falque per l’amicizia, per il promettente dialogo intellettuale che abbiamo intrapreso, per il dono della prefazione a questo libro; il suo pensiero fenomenologico, al confine tra filosofia e teologia e, a mio parere, di grande rilevanza per la pastorale, entra nei contenuti stessi di questo libro.

    NOTE

    1 Francesco, Meditazione in occasione del momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia, Roma, Sagrato della Basilica di San Pietro, 27 marzo 2020. L’immagine di Francesco, in questa occasione, solo ma allo stesso tempo interprete della sofferenza e della speranza dell’umanità intera, è emblematica ed è destinata a rimanere scolpita nella memoria dell’umanità e della Chiesa: ci fa sentire tutti insieme e in cammino, nella casa comune, legati dalla stessa umanità e solidali. Questo è l’orizzonte in cui sarà pensata, in questo libro, la vita cristiana, la Chiesa e la conversione pastorale. La figura di Papa Francesco sarà evocata spesso; alcuni capitoli, inoltre, si misurano direttamente col suo magistero e, in particolare, con il Sinodo sui giovani da lui fortemente voluto e che ha dato un notevole impulso alla conversione pastorale e al rinnovamento ecclesiale.
    2 Indico, qui, l’origine dei testi.
    Capitolo I: è un testo inedito.
    Capitolo II: è la versione italiana di Sinodalidad y apertura a todos los jóvenes. El reto de habitar el terreno de todos, in «Teología y catequesis» CXLVII(2020)2, 13-30.
    Capitolo III: è la versione italiana, con alcuni aggiornamenti e adattamenti, di L’Église et les jeunes: la gratuité de la rencontre in «Revue Théologique des Bernardins», 21(2017), 17- 42.
    Capitolo IV: è una rielaborazione di L’attesa di misericordia e la periferia del sé. Un’ottica sui fondamenti dell’educazione cristiana, in Longhitano T. (ed.), Misericordia dalle periferie. Un giubileo in uscita, Urbaniana University Press, Roma, 2017, 169-188.
    Capitolo V: è una ripresa, con alcune modifiche, di L’educazione cristiana dei giovani e i suoi fondamenti antropologici, in «Note di pastorale giovanile» 2(2014), 9-29.
    Capitolo VI: è una ripresa, con alcune modifiche e integrazioni, di Il senso della catechesi nel tempo di papa Francesco.
    Nuovi compiti per la ricerca catechetica? in «Catechesi» 86(2017)1, 40- 56.
    Capitolo VII: è la versione italiana, con un ampliamento, di Projet ou vocation? L’horizon anthropologique de la pastorale et de la catéchèse des jeunes, in «Lumen Vitae» LXXIII(2018)2, 139-145.
    Capitolo VIII: è una rielaborazione di Dio parla intrattenendosi e invitando alla comunione. Qual è allora il senso del parlare?, in «Parole di Vita» LX(2015)1, 30-35.
    Capitolo IX: è una ripresa, con piccole modifiche, di Per una pastorale giovanile secondo le (S)scritture, in Benzi G.-Krasoń F. (edd.), Bibbia, giovani e discernimento. “Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito” (Sal 71, 17), Istituto di Teologia pastorale - Facoltà di Teologia - Università Pontificia Salesiana, LAS, Roma, 2019, 17-30.
    Capitolo X: è una ripresa, con alcune modifiche, di El gran anuncio a los jóvenes: el horizonte o el campo afectivo, in «Misión Joven. Revista de Pastoral Juvenil» LX(2020)516-517, 51-61.
    Capitolo XI: è una ripresa, con alcune modifiche, di Leggere la Bibbia oggi, ovvero: rischiare il contatto con la Scrittura, in «Archivio teologico torinese» 20(2014)2, 300-313.
    Capitolo XIII: è una ripresa delle idee principali di Il “di più” o il proprio dell’umano, in «Salesianum» 80 (2018)4, 751-762, e di L’excès ou le propre de l’humain, in «Revue théologique de Louvain», 49(2018)1, 51-63.
    Capitolo XIV: è la versione italiana, con qualche piccola modifica, di Sur les frontières: entre exercice de la conscience et expansion du corps. Un point de vue de théologie pastorale sur l’oeuvre d’Emmanuel Falque, in Brunier-Coulin C. (éd), Une analytique du passage. Rencontres et confrontations avec Emmanuel Falque. Communications, Actes du colloque de Chevilly- Larue, 5-7 juillet 2014, Éditions Franciscaines, Paris, 2016, 437-456; l’appendice è la mia traduzione di Falque E., Retour à l’étique. À Salvatore Currò, in Id., Parcours d’embûches. S’expliquer. Disputationes: Objections et réponses, Éditions Franciscaines, Paris, 2016, 215-221.
    Capitolo XV: è la ripresa, con poche modifiche, di Traslocazione e trasfigurazione di sé: una risalita fenomenologica con appoggio sulla liturgia, in «Salesianum» 81(2019)4, 653-681.

    INDICE

    Prefazione
    Per una fenomenologia della pratica pastorale
    di Emmanuel Falque

    Introduzione

    I PARTE
    CONVERSIONE DELLE RELAZIONI

    Capitolo I. Conversione dello sguardo e sentire di fede
    1. L’istanza di conoscere i giovani, la conversione ecclesiale e le condizioni del vedere
    2. Il senso di una lettura teologico-pastorale o kairologica: le precomprensioni, il sentire di fede, il senso dell’umano e dell’educativo
    3. Alcune sfide attuali e il radicamento dello sguardo nella Rivelazione
    3.1. La qualità comunitaria e positiva della lettura e dello sguardo
    3.2. Uno sguardo che intercetta la Rivelazione
    3.3. Si vede col corpo

    Capitolo II. Sinodalità e apertura a tutti i giovani: sul terreno comune
    1. Con i giovani: sinodalità missionaria o pastorale sinodale
    2. Sinodalità missionaria e apertura a tutti i giovani
    3. Con tutti, sul terreno di tutti, aperti al veramente umano
    4. Un balzo in avanti della sinodalità. Tra Evangelii Gaudium e Laudato si’

    Capitolo III. Gratuità, trascendenza e grazia dell’incontro
    1. L’istanza dell’incontro gratuito, sfida educativa e pastorale
    1.1. La difficoltà e la possibilità di incontro in pastorale e in educazione
    1.2. L’istanza di incontro come chiave interpretativa del mondo giovanile
    1.3. Il compito di costruire la cultura dell’incontro
    1.4. Incontro e gratuità: chiavi di interpretazione della vita cristiana
    2. Il senso di evento e di gratuità dell’incontro
    2.1. L’incontro e la coscienza intenzionale
    2.2. Oltre l’intenzionalità, la forza intrinseca dell’incontro
    2.3. Per un’educazione e una pastorale centrate sull’evento dell’incontro
    3. Asimmetria, trascendenza e grazia dell’incontro
    3.1. L’istanza della reciprocità
    3.2. Oltre la reciprocità, l’asimmetria più radicale
    3.3. Asimmetria, differenza e trascendenza
    3.4. L’incontro con Dio nella gratuità
    Capitolo IV. Misericordia e periferia del sé: la relazione educativa nel segno della riconciliazione
    1. Misericordia, periferia e periferia del sé
    2. L’attesa di misericordia: nell’educando, nell’educatore, in ogni persona
    3. Lo spostamento dell’educazione sull’affettivo: il cuore, l’alterità e la misericordia
    4. Il clima, i dilemmi culturali-educativi e la corrente di misericordia che attraversa la vita

    II PARTE
    LA SINCERITÀ DELL’UMANO

    Capitolo V. L’educazione cristiana dei giovani e i suoi fondamenti antropologici
    1.Dalla pastorale giovanile all’educazione cristiana dei giovani
    1.1. La svalutazione dell’umano nella prassi ecclesiale
    1.2. Enfasi sulla pastorale e sull’evangelizzazione a scapito dell’educazione
    1.3. Il terreno umano del Vangelo e la sua forza di ispirazione
    1.4. La centralità della persona e dell’educazione
    2. Dall’antropologia dell’io all’antropologia del sé
    2.1. Il problema antropologico dell’educazione e della pastorale
    2.2. L’antropologia dell’io e le sue categorie
    2.3. Il discutibile primato del conoscere e i diritti del corpo
    2.4. È il sé che incontra Cristo
    2.5. Tra intelligenza e corporeità (la centralità del corpo nella tradizione cristiana)
    2.6. Il paradosso nel cuore dell’umano e della Rivelazione

    Capitolo VI. Ricomprendere il senso della catechesi: a partire dalle provocazioni di Papa Francesco
    1. Conferma del rinnovamento catechistico o provocazione a ripensare la catechesi?
    2. La Chiesa in uscita e la catechesi
    2.1. Il rischio di uscire e il contromovimento di grazia
    2.2. La catechesi nei luoghi di tutti e a partire dal richiamo di verità dell’umano
    3. La gioia dell’evangelizzazione e la catechesi
    3.1. Il primo annuncio, la catechesi e l’atmosfera di gioia
    3.2. Mancanza di senso o riconoscimento del di più?
    3.3. La catechesi e la gioia che nessuno può togliere
    4. La prospettiva della misericordia e la catechesi
    4.1. La Chiesa sulle tracce della misericordia di Dio
    4.2. La catechesi, mediazione del Dio che ama: conoscere amando
    4.3. La sonorità della parola e il primato della Bontà

    Capitolo VII. La qualità vocazionale della pastorale catechistica
    1. La problematica culturale e antropologica della pastorale e catechesi dei giovani: la chiave interpretativa della vocazione
    2. L’enfasi, pastorale e catechistica, sul progetto di vita e sulla ricerca di senso
    3. La risalita fenomenologica alle tracce vocazionali e alla scrittura dell’esistenza
    4. L’accesso alle tracce vocazionali in pastorale e catechesi

    Capitolo VIII. Il senso del dire secondo la Rivelazione
    1. Il dire di Dio e il dire dell’uomo
    2. Rivelazione, linguaggio e comunione
    3. Vedere, ascoltare, entrare in contato
    4. La parola, il corpo, l’incarnazione
    5. Parlare è più che parlare

    III PARTE
    LA MISURA DELLA RIVELAZIONE

    Capitolo IX. Per una pastorale giovanile secondo le (S)scritture
    1. La problematica pastorale e culturale della Sacra Scrittura e delle scritture dell’esistenza
    1.1. La riscoperta della Sacra Scrittura in pastorale: necessità di un cambio di registro
    1.2. Il contesto culturale: il ritrarsi e l’imporsi della scrittura
    1.3. L’intreccio delle (S)scritture
    2. Ritrovare le (s)Scritture: compito culturale e cristiano. Aperture sulla pastorale
    2.1. Scrittura e oralità: l’esteriorità irriducibile all’interiorità
    2.2. Il significato attuale e fenomenologico di alcune pratiche cristiane
    2.3. Una pastorale giovanile secondo le (S)scritture?

    Capitolo X. Il grande annuncio ai giovani: l’orizzonte o il terreno affettivo
    1. L’apertura della Christus Vivit sull’orizzonte affettivo e dell’amore
    2. Camminare con Cristo: il cuore del grande annuncio

    Capitolo XI. La liturgia e il sensibile
    1. Come interpretare le difficoltà della partecipazione dei giovani alla liturgia?
    2. La distanza da attraversare
    3. L’antropologia liturgica e lo spazio del sé
    4. Possibili percorsi pastorali

    Capitolo XII. Leggere la Bibbia oggi, ovvero: rischiare il contatto con la Scrittura
    1. Prima della lettura il contatto
    2. Prima del Libro la Scrittura
    3. Prima della ricerca di senso (per l’oggi) il rischio (di sempre)

    IV PARTE
    CONVERSIONE COME TRASFIGURAZIONE

    Capitolo XIII. Il di più o il proprio dell’umano
    1. Il di più e l’al di là (o l’al di qua) della coscienza
    2. Alcune tracce del di più: il dono, altri, il corpo
    2.1. Essendo donato a me stesso
    2.2. Io, il legato ad altri
    2.3. La scrittura del mio corpo
    3. Alcune allusioni ai compiti del pensiero (filosofico e teologico)

    Capitolo XIV. Sulle frontiere: tra esercizio della coscienza e espansione del corpo.
    Un punto di vista teologico-pastorale sull’opera di Falque
    1. Perché il dialogo con la fenomenologia di Falque
    2. Oltre l’ipertrofia della coscienza e al di qua della presa di coscienza
    3. La risalita al legame intercorporeo, all’istanza di amare e al dilemma originario
    4. Il dinamismo pasquale dell’umano e la Pasqua di Gesù: un contatto corporeo-sacramentale
    Appendice: Ritorno all’etica. A Salvatore Currò
    (Emmanuel Falque)

    Capitolo XV. Traslocazione e trasfigurazione di sé: una risalita fenomenologica con appoggio
    sulla liturgia
    1. Il senso della risalita al pre-cosciente e la liturgia come luogo e contatto
    2. Dalla coscienza del qui e ora alla de-posizione dell’io: traslocazione esistenziale
    e liturgia
    3. La risalita al corpo e al contatto pre-cosciente: trasfigurazione del sé e eucaristia
    4. Una prospettiva di dialogo tra fenomenologia e teologia


    T e r z a
    p a g i n A


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