“Giovani sognatori,
figli di un padre sognatore”
Messaggio del Rettor Maggiore ai giovani del MGS (2012)
Miei amatissimi figli,
Giovani Carissimi del Movimento Giovanile Salesiano,
scrivo a voi, come padre ed amico, per mezzo del mio nono Successore.
Ho ancora impresso nella mente e nel cuore l’incontro avuto con voi a Madrid, il 17 di agosto, nel grande cortile dell’ Istituto Salesiano di Atocha. Un’esperienza certamente indimenticabile dal punto di vista emotivo, ma soprattutto molto significativa dal punto di vista salesiano. Ho goduto nel vedere il vostro senso di responsabilità, la vostra fierezza di essere giovani impegnati nel vivere la propria fede. Ho ammirato il desiderio di investire bene la vostra vita, secondo il progetto di Dio ed il sogno che custodite nel cuore. Mi sono commosso nel vedervi pregare, accogliendo con gioia la Parola. È stato un incanto guardarvi immersi nel silenzio adorante di Gesù Eucaristia. Alla luce di tutto questo la vostra allegria mi è sembrata ancor più bella, più pura, più contagiante. Ho goduto poi nel vedere in mezzo a voi, insieme a tanti giovani animatori, molti Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice. Tra questi vari Ispettori, delegati e delegate di Pastorale Giovanile. È questo il loro posto! Presenti e attenti alla vostra vita, ai vostri desideri e nello stesso tempo fedeli accompagnatori della vostra crescita e del vostro cammino spirituale.
Ora sono felice di sapere che mi state preparando una grande festa per il 2015. Quassù, in cielo, guardando il volto di Gesù, conosciamo tutta la storia che si svolge sulla terra. È una storia bellissima perché redenta, anche se, talvolta, voi ne vedete solo i risvolti drammatici. Diversamente da quanto forse pensate, non esistono distanze tra noi e voi, poiché sapete bene che, dal momento in cui Gesù è entrato nella storia con il Suo Natale, non c’è nascita umana che non sia sacra, non c’è volto di bambino che non abbia impressa nei suoi occhi la Luce splendente del Redentore. Questa vicinanza rende la mia presenza tra voi più autentica ed efficace, reale come ai tempi dell’Oratorio di Valdocco in Torino, con un vantaggio in più, quello di potermi render vivo in tutte le presenze salesiane sparse in 130 paesi del mondo.
Vi parlo, dunque, come allora, più con il caldo linguaggio del cuore che con astratti argomenti logici, anche se riconosco, nella presente confusione ed evanescenza del pensiero odierno, quanto siano importanti la chiarezza delle idee e la fondatezza delle convinzioni. Sono molti i messaggi e messaggini che ricevete, ma io vorrei che riattivaste con me i canali di una comunicazione intensa, quella che intercorre tra inseparabili amici di lunga data, una comunicazione che è condivisione e dialogo.
Vorrei trovare le parole appropriate per correre lungo quel sentiero misterioso e complesso che giunge al vostro cuore, tante volte ferito dall’indifferenza degli adulti o dal fallimento di amori traditi. Guardando i giovani di oggi nella scuola, allievi talvolta annoiati e demotivati, o sulle strade, scanzonati zingari senza meta, ho l’impressione di un generale malessere, di un arrancare monotono nella quotidianità della loro vita. Scorgo alle volte, per analogia, lo stesso paesaggio che mi si presentò in sogno all’età di nove anni: una grande moltitudine di giovani bisognosi di aiuto, di comprensione, di opportunità, di amore.
Per voi, per tutti i giovani ero stato scelto. A voi venni mandato dal Signore, anche se non capii subito, in tutta la sua importanza, la singolarità di quella chiamata. «Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte e robusto: e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo per i miei figli».
Dentro questa vostra moderna realtà ho la sensazione che, spesso, ai giovani manchi l’aria per respirare. Credo di poter dire che corrono il rischio di morire di asfissia spirituale. La corruzione diffusa, il disinteresse nei loro confronti, la precarietà del futuro, reso incerto da un’economia impazzita, una religione ridotta a gelido schema istituzionale ed una conseguente preghiera vuota di passione e di entusiasmo, una società o comunità familiari in cui si vivono spesso relazioni asettiche e in cui si scambiano parole impoverite di senso e di calore, spengono lo slancio vitale ed inaridiscono ogni sorgente di buoni propositi.
In questo contesto segnato da povertà di valori e da una cultura di basso profilo, chiedo a voi giovani un salto di qualità, un'energia nuova, un gesto profetico per annunciare ai vostri compagni, ai tanti amici "quiescenti", alle vostre famiglie talvolta “spente” o in difficoltà, un progetto di vita coraggioso, generato da profonde convinzioni umane e religiose.
Non potete uscire dal pantano nel quale siete bloccati, non potete gustare aria di libertà fuori dalle prigioni di questo grigiore storico, se non è dato anche a voi il tempo e la forza di sognare. Le visioni hanno trasformato i nostri padri in profeti capaci di incidere nella vita dei loro contemporanei.
“Il mio sogno … il vostro sogno … il sogno di Dio”
Quel sogno dei nove anni è stato l’evento che ha segnato la mia vita, che mi ha dato, con il passare del tempo, l’ispirazione per orientarmi nella scelta del campo dove operare, la capacità di escogitare un indovinato sistema pedagogico per conquistare il vostro cuore, la temeraria pazienza di battermi per cambiare il mondo, il vostro mondo.
Con l’aiuto del Signore invito anche voi, che siete la “speranza fatta carne”, a trovare, tra le tante suggestioni illusorie che vi raggiungono, il sogno che vi rende persone creative, il sogno che ridesta la volontà assopita, che smuove le energie segrete, che dà la forza di affrontare e superare le inevitabili difficoltà della crescita, che dona l’indomita fermezza di sostenere l'attesa del compimento senza pretendere subito ciò che si sogna.
Sognare con il cuore rivolto a Dio e con i piedi per terra non è evasione, ma significa aprire la propria vita a qualcosa di nuovo, che ancora non si conosce del tutto, ma che si sente comunque significativo. Vuol dire proiettarsi verso qualcosa che ancora non si possiede, ma in cui ci si riconosce; vuol dire scoprire con intelligenza la presenza di “un Dio che ci accompagna” nel fluire dei giorni. Nessun progetto, dal più modesto fino al più prestigioso, che riempia di senso l’esistenza, può diventare realtà senza essersi prima nutrito di un sogno. È indispensabile, per fare scelte coraggiose dentro una società liquida, senza anima e povera di valori, ritrovare la forza di avere ampie visioni che sradichino l'uomo dalla sua mediocrità e lo facciano camminare verso cieli nuovi e terra nuova.
Al compimento del 58° anno, per comando di Papa Pio IX, ho scritto la storia dei primi 40 anni della mia vita, cui ho dato come titolo «Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales». Non l’ho fatto certo per desiderio di immortalità o per bramosia di grandezza. Siamo eterni perché siamo nel cuore di Dio, amati e salvati dal Figlio suo, Gesù. È un gesto che ho compiuto per amore, un testamento spirituale per esservi di aiuto nel presente e per il futuro. Vi invito a leggere questo “vissuto”, non tanto per una curiosità storica del mio passato, quanto perché, tra le righe segnate di sangue e di sudore, scoprite che il fine di tutto è realizzare appieno la vita. Capirete che, quanti hanno responsabilità educative devono necessariamente intendere la propria vita come un servizio d’amore, devono leggere il loro tempo come opportunità di accoglienza, devono acquisire sapere non per umiliare o manipolare, ma per “plasmare” il cuore, per orientarlo a Cristo. L’educare ci rivela come innamorati di Dio e dell’uomo, perché è un esercizio pratico di carità.
Come Salesiani, perciò, educhiamo con un magistero di ascolto e di rispetto più che con la sferza e la predica, con un silenzio sofferto che rivela amore ed attesa più che con il duro rimprovero, con l'autorità che sgorga dalla nostra vita coerente ed irreprensibile, più che con il potere che deriva da un ruolo o dalla legge. Educhiamo soprattutto con l’amore. Se il nostro amore gratuito, riflesso della misericordia di Gesù, si eclissa, i giovani muoiono di freddo perché sopportano meno la notte degli affetti che l'ombra della ragione.
Vorrei, mentre vi abbraccio tutti con affetto, rivelarvi il più grande segreto del mio cuore. Ho sempre creduto che la mia missione doveva avere una caratterizzazione particolare: salvare i giovani attraverso i giovani. Ho sempre voluto che il mio amore per voi fosse missione condivisa da voi e che voi stessi diventaste apostoli dei giovani. Uno può anche volere forzatamente una cosa o un ideale, ma se non trova la giusta modalità, la sua capacità di perseverare vacilla, perché ciò che non convince non può divenire meta stabile di una vita. Come ai tempi di Isacco dobbiamo scavare nuovi pozzi, dar vita ad una nuova cultura, a nuovi modi di vivere insieme. Conto su di voi, scommetto la mia vita ancora una volta sulle vostre capacità di rialzarvi, di ritrovare fiducia nella vita, intuizioni per programmarvi un futuro di solidarietà e di pace.
Nel formare il mio gruppo di Salesiani ho puntato tutto sui giovani ed è stata una folgorazione vincente. Solo voi giovani avete le potenzialità di trasformare le vostre conoscenze in sapienza, e di immettere questa sapienza nella vita. Non ripiegatevi su voi stessi, viandanti stanchi e rassegnati, ma interpretate la vostra condizione umana come “avventura divina”, coinvolgendovi ed integrandovi con tutti i figli di Dio sparsi nel mondo, nella splendida Storia della salvezza.
Siate i nuovi profeti, uomini capaci di indicare nello smarrimento degli spiriti la via da percorrere, nell'incertezza del variabile il nuovo che Dio fa germogliare nel cuore e nella storia. Il senso della vita, come profezia e come missione, diventa un tesoro immenso per la società.
Non c'è più tempo né spazio per la mediocrità, poiché la tiepidezza e il grigiore spirituale ci stanno forzando a nutrirci degli scarti culturali del nostro tempo. Non sciupate, cari giovani, la vostra giovinezza vivendola superficialmente, senza bussola e senza energia! Sognate in grande! Fate cose grandi nella vostra vita!
La vita è testimonianza nella misura in cui rende visibile la grandezza di cui è costituita, nella misura in cui vince le paure che la intimidiscono, nella misura in cui fa risuonare con forza parole vere e sensate. Siate testimoni pronti a rischiare, non perché vi fidate della vostra forza, ma perché sapete fare della debolezza lo strumento affinché appaia l'agire efficace di Dio. Scendete ai marciapiedi del quotidiano e percorrete le strade della vita ordinaria, dove tanti vostri amici spendono la propria esistenza nella ricerca spesso vana della felicità. Gridate a loro la vostra voglia di cambiamento.
Siate sentinelle, pronte a lanciare segnali d’amore in grado di suscitare speranza e coraggio di vivere, liberi e lucidi interpreti delle esigenze del Vangelo. Siate cittadini che spendono un po’ di vita per il bene comune, in spirito solidaristico ed attento alle realtà territoriali.
L’abbandono delle istituzioni può ingenerare scetticismo; la mancanza di padri, quali fari di luce nella notte tempestosa, può lasciarvi senza stella polare che indichi la rotta, in balia al naufragio drammatico dei più puri sentimenti soffocati dalla corsa al successo, al guadagno personale, al piacere superficiale. Tutte queste sfide rimettono continuamente in gioco il senso della vita. Trovate il sogno che vi restituisca i valori che aiutano ad andare avanti e danno forza per superare le difficoltà. Non vogliate camminare da soli, ma piuttosto stando “insieme”, rafforzando il sentimento di responsabilità verso voi stessi e verso gli altri, sviluppando l’attitudine alla solidarietà, che, spezzando l’isolamento, vi irrobustisca nella ricerca del senso della vita più che del successo.
Promuovete una cultura della solidarietà, coltivate atteggiamenti di servizio disinteressato, aumentando in cuore la consapevolezza della necessità di contrapporsi alle mille forme di persistente egoismo di cui è affetta la società. Il volontariato è "una scuola di vita, un fattore peculiare di umanizzazione", di apertura ai valori.
Cari giovani, sapete come mi state a cuore. Vi penso sempre nel Signore e sempre vi penso in quella grande famiglia che è la Chiesa. Per questo mi è caro chiudere questo mio messaggio con alcuni pensieri che il Papa Benedetto XVI ha espresso in un suo messaggio natalizio. Mi pare che queste sue parole traccino per tutti noi una rotta, un itinerario, un progetto di vita. elemento
Parlando alla curia vaticana, il Santo Padre si è riferito alla GMG 2011, svoltasi a Madrid, come “una forma nuova, ringiovanita d’essere cristiani”. E proprio di quella Giornata Mondiale della Gioventù ha voluto sottolineare cinque principali aspetti che hanno caratterizzato l’evento indimenticabile. Possono essere cinque vie per annunciare e testimoniare Cristo oggi, a un mondo che sembra stanco ed annoiato della proposta cristiana.
Il primo aspetto. La partecipazione di giovani procedenti da tutte le parti del mondo, con diversità di razze, popoli, lingue e culture, ha evidenziato “una nuova esperienza di cattolicità, della universalità della Chiesa”, che ci fa scoprire che tutti siamo fratelli e sorelle, uniti in una sola famiglia, toccati dall’unico Signore, Gesù, e condividendo una comune liturgia. Questa non è una idea, bensì una reale esperienza.
Secondo: l’impegno generoso e gioioso di migliaia di volontari ha messo in rilievo questo nuovo modo di essere uomini, di essere cristiani. “Essere per gli altri è una cosa bella”. La vita e il tempo trovano il loro pieno significato quando vengono donati liberamente, quando non si conservano per sé.
Terzo: l’intenso silenzio alla presenza del Santissimo Sacramento, in atteggiamento di adorazione, è espressione della fede in questa sorgente di spiritualità, che dà l’energia per la consegna della propria vita. Il Signore Risorto è presente ovunque, ma in modo speciale nell’ Eucaristia.
Quarto: l’accostarsi al Sacramento della Penitenza ha mostrato che, pur essendo stati creati da Dio e quindi destinati a raggiungere la pienezza di vita che viene dall’Amore, sperimentiamo in noi la forza del male che ci porta all’egoismo nelle più variegate forme. Questa condizione ci rende consapevoli che siamo bisognosi del perdono, perdono che è segno anche di responsabilità.
Infine: la gioia, che proviene dalla fede, dalla certezza d’essere voluti, accolti, benvoluti, amati da Dio, da Qualcuno che ci dice “è buono che tu ci sia”, da Qualcuno che ha pensato a noi e a un progetto per noi.
In sintesi, la “nuova evangelizzazione” è un appello a essere insieme, a essere per gli altri, ad adorare Dio, ad ottenere il suo perdono, ad affidarci al suo amore. Ecco la strada che apre alla gioia.
Un saluto pieno di affetto, miei cari amici! Mentre pensate a Me, sappiate che anch’ io penso a voi. Vi porto nel cuore, il luogo dove ospito le persone più care. Mi ricordo di voi e vi sostengo con la mia preghiera presso Gesù, perché siate sua immagine, facendo della vostra vita un dono. Solo così incontrerete la felicità, la gioia di un sogno che, spalancandovi al Mistero di Dio, vi permetterà di navigare verso acque limpide e profonde, verso quella pienezza di potenzialità che Dio da sempre ha seminato nei nostri cuori.
Con l’amore di un padre.
Il vostro don Bosco
Roma, 31 gennaio 2012