(NPG 1977-10-68)
«Gli anni in tasca», di F. Truffaut
Scheda
Titolo originale: «L'argent de poche». Regia: Francois Truffaut. Musica: M. Jobert. Produzione: Les Films du Carrosse. Panavision, Eastmancolor. Origine: Francia, 1976. Durata: 105'.
La vicenda
Così lo stesso Truffaut ne ha riassunto la trama. «Una bambina salta il pasto a causa di un capriccio, un bambino vuol tenersi i soldi destinati al barbiere, un bebé rifiuta di parlare e preferisce esprimersi fischiando, uno scolaro rifiuta di recitare " con le intonazioni dovute ", un bambino fa una caduta di vari piani, uno scolaro si innamora della mamma di un suo compagno, un altro viene maltrattato dai suoi, una adolescente vive il suo primo bacio mentre si trova in vacanza in colonia». Si tratta cioè della vita di un quartiere di Thiers, cittadina della provincia francese, che viene guardata attraverso gli occhi dei suoi ragazzi. La scuola, come principale centro associativo, poi la casa, lo studio, i giochi, il cinema, le amicizie, il male, la scoperta della sessualità, i primi flirt.
Il regista
Truffaut ha sempre rivelato un profondo interesse psicologico e sociale verso il mondo dei ragazzi. Da «I quattrocento colpi» a «Ragazzo selvaggio», ha analizzato senza retorica il comportamento dei giovanissimi, le loro emozioni e i sentimenti, i rapporti con i coetanei e gli adulti. «Con " Gli anni in tasca" ho voluto fare un film che, senza solennità, parlasse di cose assai serie, come per esempio, di un'infanzia rovinata. Ho tentato di mostrare che i bambini hanno la pelle dura, che non si lasciano andare, che i loro meccanismi di difesa funzionano meglio che quelli degli adulti. Non ho voluto contrapporli agli adulti, perché sarebbe stato ingiusto. Volevo che nessun personaggio fosse negativo: gli adulti vi appaiono come individui deboli, rinunciatari o in qualche modo handicappati, ma non sono mostrati in modo negativo, con cattiveria. L'insegnante è un po' l'altra faccia della medaglia rispetto a «I quattrocento colpi», ha un buon rapporto con i ragazzi, vuole essere loro vicino» (Truffaut).
I giudizi della stampa
«Circa duecento piccoli attori (i protagonisti sono una dozzina) raccontano senza gioie né drammi eccessivi il loro " male di vivere " passando dall'infanzia all'adolescenza tra uomini che li trattano come animaletti dall'intelligenza sottosviluppata. La cinepresa raccoglie scientificamente dati, esempi, episodi. Un piccolo trattato psico-sociologico scritto con estremo pudore, rispetto, spontaneità, lunga pazienza nell'osservazione e finezza critica. Truffaut vince la difficile scommessa, spesso tentata dal cinema, di far recitare piccoli attori dal vero. Numerosi sono i momenti di comicità, ma non si tratta di un film allegro. In questo mondo di bimbi senza potere le conclusioni sono amare e accusano gli adulti» (Sandro Casazza su «La Stampa» 11.2.'77).
Un film delizioso e rilassante, come una fresca ventata di primavera. Un film che, per altri versi, è una lirica peregrinazione del regista lungo le vie della sua memoria, dei suoi ricordi, della sua infanzia difficile e tormentata» (Luigi Saitta ne «L'Osservatore Romano» 30.3.'77).
«Tutto questo c'era già ne " I quattrocento colpi": sì, certo, ma oggi infinitamente più padroneggiato, orchestrato, arricchito dall'inestimabile acquisto della maturità. L'argent de poche mi sembra una summa. Una delirante confessione di innocenza. Un film-miracolo " toccato dalla grazia "» (C. Beylie, riferito da «Rivista del cinematografo» 3/4, '76).
Il discorso finale del prof. Richet
Riportiamo per intero le parole che al termine dell'anno scolastico l'insegnante rivolge ai suoi allievi. Julien è un ragazzo disadattato, mal visto dalla maestra e con una situazione familiare drammatica. Solo dopo parecchi giorni di scuola ci si accorge delle violenze che subisce in famiglia.
«Io so che voi pensate tutti alla stessa cosa, pensate a Julien Leclou; avete letto i giornali, i vostri genitori ne hanno parlato, tra loro e con voi. Adesso partirete tutti per le vacanze e io pure voglio parlarvi di Julien. Di questo argomento non so molto più di voi, ma vorrei esprimervi il mio punto di vista.
Mi è stato detto che Julien sarà preso sotto la protezione dell'Assistenza pubblica; verrà consegnato ad una famiglia. Qualunque sia il posto in cui finirà, sarà ovviamente meglio che presso sua madre o sua nonna dove era maltrattato, o, per meglio dire, dove era picchiato. Sua madre sarà privata dei diritti materni; ciò significa che non avrà più diritto di occuparsi di lui. Penso che per Julien incomincerà la vera libertà di andare e venire.
Davanti a una storia terribile come quella di Julien la prima reazione che ognuno di noi ha è quella di paragonarsi a lui. Io ho avuto un'infanzia dolorosa, ma molto meno tragica di quella di Julien, meno disperata, e mi ricordo che ero assai impaziente di diventare adulto perché sentivo che gli adulti hanno tutti i diritti, che possono dirigere la loro vita come vogliono. Un adulto sfortunato può ricominciare la sua vita altrove, può cambiare luogo, può ripartire da zero. Un ragazzo infelice non può avere questo pensiero. Egli sente di essere infelice ma non può dare un nome alla sua infelicità, e soprattutto sappiamo che dentro di lui non può neanche mettere in dubbio gli adulti o i genitori che lo fanno soffrire.
Un ragazzo infelice, un ragazzo martire, si sente sempre colpevole e questo è abominevole.
Tra tutte le ingiustizie del mondo quelle che colpiscono i bambini sono le più ingiuste, le più ignobili, le più odiose. Il mondo non è giusto, e non lo sarà mai, ma bisogna lottare perché ci sia più giustizia. Bisogna, si deve fare. Gli eventi spingono ma non così velocemente come dovrebbero; le cose migliorano ma non così in fretta. I politici, le persone che ci governano, cominciano sempre i loro discorsi dicendo: " Il Governo non cederà alle minacce " ma in realtà è il contrario, esso cede alla minaccia ed i miglioramenti si ottengono solo in quanto li si reclamano con forza. Da qualche anno gli adulti l'hanno capito, ed ottengono nelle strade quello che si rifiuta negli uffici.
Se vi dico tutto questo è per mostrarvi che gli adulti, quando lo vogliono veramente, possono migliorare la loro vita e la loro sorte. Ma in tutte queste lotte, i ragazzi vengono dimenticati; non esiste alcun partito politico che si occupi veramente dei ragazzi – dei ragazzi come voi e come Julien –ed una ragione c'è, ed è che i ragazzi non sono degli elettori.
Se si desse il diritto di voto ai ragazzi, potreste richiedere più assistenza sociale, più attenzione, più di tutto quello che vorreste, e l'otterreste poiché i deputati vorrebbero i vostri voti. Per esempio, potreste ottenere il diritto di arrivare un'ora più tardi a scuola d'inverno, invece di venirci correndo all'alba.
Volevo dirvi che, dato che ho un triste ricordo della mia giovinezza e che non amo il modo in cui ci si occupa dei ragazzi ho scelto di fare il mestiere che faccio: l'insegnante.
La vita non è facile, è dura, ed è importante che voi impariate ad indurirvi per poterla affrontare. Attenzione, non vi dico di diventare duri, ma di indurirvi.
Quasi per una strana compensazione quelli che hanno avuto una giovinezza difficile sono spesso meglio armati per affrontare la vita adulta di quelli che sono stati amati e protetti. È una specie di legge di compensazione.
La vita è dura, ma è bella, dato che tutti ci teniamo. Basta che si sia obbligati a letto con la febbre o per una gamba rotta e ci si accorge di aver voglia di uscire, di divertirsi, e ci si accorge di amare veramente molto la vita.
Adesso partirete per le vacanze, scoprirete luoghi nuovi e persone nuove, e al ritorno passerete al corso superiore. Vi informo che le classi saranno miste il prossimo anno e poi, vedrete che il tempo passerà in fretta, ed un giorno avrete anche voi dei figli.
Allora spero che li amerete come essi vi ameranno. E veramente vi ameranno se li amerete; e se non
li amerete, essi riverseranno il loro amore o il loro affetto su altre persone o su qualcos'altro perché la vita è fatta in questo modo: non si può fare a meno di amare o di essere amati.
Ecco! Allora, ragazzi, la scuola è terminata e vi auguro delle buone vacanze» (Da L'argent de poche, ed. Flammarion, 1976).
Giudizio pastorale ed utilizzazione
«Gli anni in tasca» di Truffaut non è un film per ragazzi, anche se ne sono loro i protagonisti. Si tratta di «una sottile storia tutta di ragazzini che si rivolge, però, al pubblico dei genitori» (S. Casazza).
Potrà trovare spazio nel clima di dialogo tra istituzioni e famiglia, che è oggi uno degli elementi nuovi e più positivi sul piano della collaborazione educativa.
Non possiamo non rammaricarci tuttavia che nel film l'aspetto religioso non abbia trovato posto alcuno nella vita dei ragazzi. Si tratta però di un appunto da fare agli autori del film o non piuttosto un triste dato di fatto sulla non significatività del religioso nella società d'oggi?