Roger Etchegaray
(NPG 1977-10-46)
Delineare la «nuova immagine» di prete è impresa pericolosa: i nuovi lineamenti non sono ancora ben disegnati; e poi, non vi sono forse più volti che si profilano all'orizzonte? Sarebbe pretenzioso avventurarsi in una ricerca in prospettiva. Più modestamente, si tratta qui di rilevare alcune linee di evoluzione già abbozzate, cercando però di non semplificarle fino alla caricatura, né di esaltarle come se il nuovo fosse sistematicamente migliore del vecchio. Non si possono mai paragonare due epoche, poiché ognuna ha le sue fortune e i suoi rischi.
Più che attardarsi in dettagli minori o in accessori come il tale o il tal altro aspetto della vita sacerdotale, è più utile indagare le tendenze profonde che determinano e accompagnano le modificazioni esteriori. Di queste tendenze, eccone alcune fra le più caratteristiche.
Dal sacerdote mediatore e uomo del sacro al sacerdote al servizio di una chiesa sacramento della salvezza
Da molti il sacerdote era considerato come un mediatore attraverso il quale sale o scende tutto ciò che si comunica fra Dio e gli uomini. Da sempre lo si immaginava nel «santo dei santi», un essere che rappresentava gli uomini davanti a Dio, che possedeva poteri quasi magici, che conferiva un carattere sacro alle cose, agli esseri e agli avvenimenti, situato lui stesso un po' al di sopra o al di fuori del popolo cristiano. Questo ruolo condizionava l'esistenza umana del sacerdote separato» nel senso di «messo a parte», più angelo che uomo.
Il Concilio Vaticano II ha energicamente rammentato che non vi è che un solo mediatore, Cristo. Il sacerdote dipende da Gesù Cristo e dal proprio impegno nella vita cristiana; non domina né sorpassa la chiesa; è radicato all'intemo di essa, è a suo servizio perché essa sia
sacramento di salvezza per tutti. Egli ha la missione e il potere di manifestare che la parola che riceve e annuncia la chiesa è proprio la parola del Cristo profeta; che il culto che celebra la chiesa è esattamente il culto di cui Cristo è il sacerdote; che l'autorità alla quale la chiesa è sottomessa e che esercita è proprio l'autorità di Cristo re.
Questa vita «ecclesiale» e non «ecclesiastica» del sacerdote lo spinge sempre più verso uno stile di relazioni fraterne con tutti i cristiani e anche con i non credenti. Questa prospettiva provoca nel sacerdote di oggi non certo la perdita del senso sacrale della sua missione, ma la scomparsa di una certa fisionomia sociale o l'appartenenza a una casta; non la secolarizzazione della sua coscienza, ma una certa secolarizzazione dei suoi modi di presenza e di esistenza; non il rigetto delle strutture religiose, ma il primato accordato alle persone che sono il vero tempio di Dio; non la negazione dei riti sacramentali, ma una maggiore insistenza sulla necessità della fede.
Dal sacerdote al servizio della comunità dei cristiani al sacerdote primo responsabile dell'evangelizzazione di tutti gli uomini
Da molti il sacerdote era considerato, prima di tutto, come l'uomo dei cristiani. Per lungo tempo, d'altra parte, e in numerosi paesi, ciò ha voluto dire l'uomo di tutti, in quanto tutti erano «sacramentalizzati» e «presi» dal culto. Si parlava poco di evangelizzare, ma molto di catechizzare. Ciò imprimeva uno stile, un ritmo a tutta la vita sacerdotale. Ma la situazione è cambiata: non c'è un paese che non sia ancora o non sia ritornato a essere «paese di missione», e più che mai la chiesa intera si ridefinisce come essenzialmente missionaria. La missione permette di identificare meglio la natura del ministero sacerdotale; infatti la responsabilità apostolica del vangelo è di primaria importanza ed è in essa che si radicano i diversi còmpiti di servizio delle comunità cristiane come dei non credenti. Di conseguenza, le strutture di una chiesa che si vuole risolutamente orientata verso la missione, sono rivedute, e la fisionomia del sacerdote è segnata da questo rinnovamento dello slancio missionario.
Il sacerdote non è più nella linea di addetto alla liturgia nel tempo, ma nella linea degli apostoli che condividono la vita quotidiana degli uomini. Il servizio della parola, appare, allora, come il suo primo dovere. La preoccupazione primordiale del sacerdote è di domandarsi non già come salvaguardare i cristiani, ma piuttosto come educarli e formarli, affinché essi siano testimoni di Cristo in questo mondo secolarizzato; non già come sconvolgere le strutture, ma piuttosto come renderle vive per trasmettere la fede; non solo accogliere i fedeli che vengono sempre meno, ma come andare verso gli uomini torturati sempre più da un'attesa che dia un senso alla loro vita. Il sacerdote, malgrado le sue deficienze, indica il posto di Cristo come capo del corpo: i non cristiani hanno bisogno di vita della chiesa. È da questo fatto che essi possono comprendere che la carità, messaggio del vangelo, non è affatto una carità di cui sarebbero essi stessi il principio, ma che viene dall'alto e che la ricapitolazione avviene in Cristo, intorno al quale la chiesa raduna gli uomini.
Dal sacerdote solo ministro nella chiesa al sacerdote promotore di ministeri vari e armonizzati tra loro
Agli occhi di molti, il sacerdote appariva come il solo capace di parlare di Dio, il solo celebrante dei sacramenti, il solo attore della pastorale. Per agire nella chiesa bisognava essere sacerdote. A poco a poco, nel corso dei secoli, i ministeri della chiesa erano stati ridotti al ministero per ordinazione.
Questo impoverimento ha provocato una sana reazione e ha suscitato la rivalorizzazione dei laici, prima per supplire alla mancanza di sacerdoti, poi come membri di pieno diritto nella chiesa. È la chiesa intera che è ministro dell'evangelizzazione, responsabile del suo cammino verso il regno. Ma questa chiesa è strutturata in servizi, in ministeri differenti e complementari, ordinati al bene di tutti. Lungi dal monopolizzare tutto, dal cercare di fare tutto, il sacerdote ha ricevuto, attraverso l'ordinazione, il ministero speciale di essere al servizio degli altri ministeri e di armonizzarli tra loro. Egli ha il dovere, dunque, di discernere, di destare le differenti vocazioni secondo i carismi di ciascuno e i bisogni del mondo. Deve fare di essi i ministeri dell'unico corpo di Cristo, meno per mezzo di un raduno uniforme che per mezzo di un disegno comune e di una solidarietà accettata al di là di ogni diffidenza reciproca. Il sacerdote non può essere considerato come il tutto della chiesa, anche se si presenta come essenziale al tutto della chiesa.
L'adeguazione del sacerdote alla propria missione, in una chiesa che va puntualizzando i suoi veri rapporti col mondo, sarà più che mai tributaria del modo con cui ciascun membro del popolo di Dio capirà e conserverà il suo posto. Si dice spesso: quali i laici, tale il sacerdote. Troppe comunità cristiane impediscono al sacerdote di essere ciò che dovrebbe essere, ciò che vorrebbe essere, chiudendolo in una falsa imma- gine che ognuno si è fatta secondo i propri gusti e le proprie abitudini.
Dal sacerdote «tuttofare al sacerdote più specializzato nel ministero sacerdotale
Finora la maggior parte dei sacerdoti era polivalente: facevano un po' di tutto, tanto più che il ministero sacerdotale si riduceva, di fatto, all'impegno parrocchiale. Esercitare il ministero, significava essere in una parrocchia: un sacerdote professore andava alla domenica a «esercitare il ministero», come se il professorato non fosse per lui un ministero.
Da qualche tempo si è delineato un cambiamento. Anche in una équipe pastorale, i membri si dividono le responsabilità e i servizi sempre più specializzati. Questo viene richiesto dalla situazione del mondo in cui gli uomini, essi pure, sono degli specializzati. D'altra parte, gli uomini si ritrovano sempre più in gruppi monovalenti, in comunità diversificate secondo le categorie sociali o funzionali, secondo gli obiettivi cui mirano, perfino secondo l'età. Da parte sua, ogni sacerdote non può occuparsi da solo di tutti i gruppi umani in mezzo ai quali vive: sono così diversi e così mobili. Egli non può spesso nemmeno occuparsi di tutta la vita di un solo gruppo, in quanto questa vita .è divisa in più settori, che reclamano una certa competenza e un ministero continuamente aggiornato da sessioni di formazione e di revisione.
Pertanto, il ministero non riveste più una forma unica, ma forme multiple. Attraverso questa varietà, il sacerdote di oggi si sforza pazientemente, e talvolta si affanna a fare delle diverse comunità cristiane un luogo privilegiato della comunione cattolica in mezzo alle umane tensioni. È fondamentale che queste comunità apprendano il senso di una chiesa inserita nei gruppi sociali, ma senza che essa s'identifichi con alcuno di loro. Il sacerdote è colui che, con la sua vita e con la sua parola, mantiene sempre il vangelo aperto davanti agli uomini alla pagina che ciascuno di essi è capace di leggere oggi.
Dal sacerdote indipendente al sacerdote membro di un presbiterio
Fino a quest'ultimi tempi, lo stile del ministero dei sacerdoti era rimasto molto individualistico, forse perché tutti facevano la medesima cosa e perché gli stessi cristiani sembravano anch'essi usciti tutti dallo stesso stampo. Da ciò l'immagine di una parrocchia ferocemente delimitata come una riserva di caccia, in cui non si sa cosa succeda nella parrocchia vicina.
Una nuova visuale si delinea sia per le necessità pastorali (la mobilità della gente, la socializzazione crescente della vita, esigenze di equilibrio per lo stesso sacerdote), sia per ragioni più profonde di teologia del sacramento dell'ordine. Dopo il concilio Vaticano. II, il sacerdote comprende meglio che con l'ordinazione sacramentale egli è entrato in un corpo organico, per essere, insieme agli altri sacerdoti, al servizio del popolo di Dio. Il legame fraterno che unisce i sacerdoti non è semplicemente esteriore, ma è compreso nella definizione stessa del ministero sacerdotale. È nel presbiterio, intorno al vescovo, che sono concretamente vissuti i legami che uniscono i sacerdoti tra loro. E i sacerdoti hanno la coscienza di compiere una medesima missione attraverso persone e compiti diversi. Ma bisogna che questa coscienza dell'unità sia non soltanto mantenuta a livello spirituale, ma vissuta giorno per giorno, perché il sacerdote di domani rischia, a causa della diversificazione crescente del ministero sacerdotale, l'esplosione di un'azione che non può sopravvivere che integrandosi in un insieme coerente. La passione dell'unità del presbiterio deve essere più forte della paura degli scontri necessari; anzi, deve nutrirsi nella ricerca di questi confronti pastorali.
D'altronde, il legame col vescovo viene percepito come un fatto interno al ministero, di tipo mistico e non più giuridico; il sacerdote è più di un semplice «moltiplicatore» della funzione episcopale. Un tale legame comporta delle esigenze pratiche, dall'una e dall'altra parte, sia nelle attitudini reciproche, sia nello stile di cooperazione, sia nelle strutture pastorali.
Dal sacerdote per una diocesi al sacerdote per un popolo senza frontiere
Non è stata ancora adeguatamente realizzata quella rivoluzione copernicana, provocata nella mentalità del sacerdote dal n. 10 del decreto Presbyterorum ordinis, dove si afferma che
«qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli apostoli». Questa visione rafforza la speranza di numerosi sacerdoti che lavorano in un ministero isolato e difficile; non è la parrocchia, non è il tale o tal altro, non è nemmeno la diocesi, che evangelizza, ma è la chiesa. Vi saranno sempre preti diocesani, ma il sacerdozio è universale: col suo vescovo e grazie al suo vescovo, ogni sacerdote si sente sempre più associato alla missione universale, che incombe sul corpo episcopale.
Oggi ciò è tanto meglio capito dai sacerdoti, in quanto i fedeli, sotto la spinta della vita, costituiscono sempre più un popolo senza frontiere. Quanti uomini, a causa della triplice mobilità professionale, culturale e turistica, hanno, se non di diritto almeno di fatto, più parrocchie e anche più diocesi? Quest'apertura e questa solidarietà universale rendono il sacerdote di oggi sempre più disponibile per un ministero dalle dimensioni stesse della chiesa.
Queste pagine, come le precedenti citazioni dello stesso autore, sono tratte da un libro che consigliamo vivamente:IL PRETE PER GLI UOMINI D'OGGI. Opera collettiva diretta da Gino Concetti (editrice A.V.E., pp. 920, L. 20.000).