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    La grande domanda

    Paola Bignardi

    È una bella notizia quella diffusa nei giorni scorsi: il prossimo Sinodo dei vescovi sarà dedicato ai giovani. Dà speranza e nuova motivazione a tutti coloro che hanno a cuore le nuove generazioni e che vorrebbero capirle meglio per accompagnarle con maggiore efficacia nel cammino della vita. Il mondo giovanile è quanto mai complesso, anche dal punto di vista religioso: vi è quello degli slanci generosi che si vedono alle Giornate mondiali della gioventù, quello delle inquietudini che tengono tanti giovani sulla soglia della comunità cristiana; quello dei ragazzi e delle ragazze che sono approdati a una indifferenza tale da apparire impermeabili a ogni proposta.
    La parola del Vangelo è per tutti e la sfida – la grande domanda – che la Chiesa accoglie, anche con questo Sinodo, è quella di interrogarsi su come aprire strade nuove al dialogo con i giovani e al tempo stesso, attraverso di loro, strade nuove per il Vangelo. Le nuove generazioni sono una componente fondamentale della Chiesa, come di ogni società, e non solo perché senza di loro non vi è futuro possibile, ma soprattutto perché essi sono la componente più innovativa e aperta, quella che respira più facilmente l’aria del proprio tempo e può provocare la Chiesa a camminare con esso.
    Quando papa Giovanni volle parlare del rinnovamento che si attendeva dal Concilio, parlò di ringiovanimento: le nuove prospettive cui la Chiesa era chiamata a orientarsi dovevano avere il sapore di novità e l’apertura al futuro della giovinezza. Oggi è evidente che i giovani vivono un profondo disagio verso la Chiesa e la proposta di vita cristiana. Basta vedere quanto esigua, sebbene non irrilevante, sia la presenza giovanile alle assemblee domenicali o ad altri appuntamenti ecclesiali.
    I dati della ricerca dell’Istituto Toniolo dicono che appena un quarto, per l’esattezza il 24%, di coloro che si dichiarano cattolici hanno una frequenza settimanale a un rito religioso. Eppure il desiderio di Dio non si è spento nel cuore dei giovani, che però si trovano alle strette in ogni comunità cristiana che non abbia rinnovato i suoi linguaggi, che non abbia trovato nuovo slancio per la sua azione missionaria, che non viva con uno stile gioioso la sua testimonianza quotidiana.
    La maggior parte della generazione giovanile ha ricevuto una formazione alla vita cristiana negli anni della fanciullezza, e ha tagliato i ponti con la comunità appena dopo la celebrazione dei sacramenti. La vita tuttavia ha proposto a essa le grandi domande che solo nell’incontro con il Signore e il suo Vangelo trovano quiete: ma quali strade percorrere, se nel frattempo si sono perduti i contatti con i contesti dove queste domande possono essere affrontate? Come continuare a coltivare il desiderio di Dio e la ricerca di Lui, senza avere al fianco qualcuno che faccia da guida?
    Come costruire il proprio progetto di vita, integrando in esso gli orizzonti della fede, se di essa non si è ancora maturata una visione adulta e convincente? Le domande restano sepolte sotto gli impegni di ogni giorno: studi, lavoro, amici, tempo libero, social... salvo riaffiorare in circostanze particolari, magari quando la vita riserva qualche esperienza dura.
    Oppure vengono affrontate in solitudine, e l’approdo è quello di una fede senza riferimenti, senza comunità, senza storia. È l’esperienza di tanti giovani, che nella ricerca di ragioni personali per credere e nello sforzo di trovare forme attuali alla loro esperienza spirituale finiscono con il confezionarsi una fede su misura. Il prezioso percorso verso una fede personale, quando è condotto in solitudine, approda quasi sempre a un’esperienza spirituale individualistica e di poco spessore. L’educatore che rifletta su questo processo si rende conto di quante aperture a una ricerca autentica di Dio vi sia nella coscienza di tanti giovani, solo che trovino accanto a sé una Chiesa pronta a «uscire », che faccia cioè sentire l’accoglienza, l’apertura, il calore della sua maternità e la concretezza della fraternità.
    E al tempo stesso, il cristiano attento coglie nella ricerca dei giovani i germi che possono contribuire a rinnovare la comunità stessa e le forme del suo credere. Questo Sinodo è un segnale di vicinanza che molti giovani accoglieranno come un ponte nuovo lanciato verso di loro perché possano non essere soli ad affrontare il loro percorso interiore e sperimentare che la comunità cristiana costituisce una famiglia con la quale questo cammino si fa più agevole, maturo, interessante.

    (Avvednire 17 ottobre 2016)


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