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    In che senso un “Sinodo sui giovani”?


    Una prima glossa attorno al tema del “XV Sinodo Ordinario del Vescovi”

    Editoriale

    Rossano Sala *

    (NPG 2016-08-02)


    «Quia parvus error in principio, magnus est in fine» [1]

    L’annuncio di un Sinodo dedicato ai giovani ci ha colto tutti abbastanza di sorpresa, un po’ come quando uno fa memoria della propria vocazione: arrivata quando meno te lo aspettavi, quando ti sentivi particolarmente inadatto, nel preciso momento in cui stavi pensando ad altro: eppure era lì, implacabile e amorevole, dolce e severa e ti chiedeva di metterti in gioco con tutto te stesso!
    In redazione ci ha davvero riempito di gioia questo annuncio. Forse perché, a guardare bene, si tratta di una felice coincidenza: il comunicato stampa è arrivato esattamente a cinquant’anni esatti dall’inizio della rivista, il cui primo numero uscì proprio alla fine del lontano 1966!
    Mezzo secolo di storia ed ecco qui la Chiesa universale che mette a fuoco, per la prima volta nella sua storia, i giovani. Perché il “XV Sinodo Ordinario del Vescovi”, al di là dell’evento in quanto tale, che durerà non più di un mese, ha la potenza di mettere in moto tutta la Chiesa. Basta scorrerne le tappe per comprenderlo.

    L'iter di preparazione al Sinodo prevede infatti un percorso che partirà dalla consegna dei Lineamenta (presumibilmente all’inizio del 2017), che sono una riflessione/provocazione iniziale con il compito di coinvolgere e corresponsabilizzare tutte le Conferenze Episcopali e le Chiese locali presenti nel mondo.
    Da questo lavoro scaturirà un secondo documento, chiamato Instrumentum laboris (più o meno verso la fine del 2017 o all’inizio del 2018): in esso si troveranno sintetizzati i contributi raccolti dalle risposte ai Lineamenta. Questo “strumento di lavoro” sarà la base di partenza per i Padri sinodali, che si raduneranno nell’ottobre del 2018 per discutere, discernere e deliberare.
    A questo seguiranno delle proposizioni finali offerte al Santo Padre, a cui spetterà l’onere e l’onore di consegnare alla Chiesa universale una “Esortazione Apostolica Post-Sinodale” che arriverà, anche qui presumibilmente, durante l’anno 2019.
    Tutti saranno chiamati, in questi prossimi quattro anni, a fare quello che noi stiamo facendo da cinquant’anni: ascoltare e comprendere i giovani e il loro mondo, verificare la nostra qualità educativo-pastorale e l’efficacia della nostra testimonianza, offrire criteri per pensare e progettare con cura la pastorale giovanile, condividere le buone prassi esistenti in tutte le latitudini e longitudini, mettere a fuoco il delicato processo di discernimento vocazionale.
    Si comprende immediatamente, anche solo a partire da questa veloce carrellata di passaggi obbligati, la portata del tutto. Davvero per noi un’occasione che di certo non si ripeterà: un dono dello Spirito e un segno dei tempi.

    Ecco allora la prima riflessione, certamente ancora acerba, nata dalla meditazione sul titolo del Sinodo, che è l’unica restituzione ufficiale che abbiamo finora: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale.
    Mi domando: ma che cosa vorrà mettere a tema questo Sinodo? Che cosa ha a cuore di mettere allo scoperto? Quale sarà il suo fulcro? Così, ad occhio e croce, vedo emergere fin dall’inizio la centralità della fede, come luogo di scaturigine di uno sguardo pastoralmente adeguato verso i giovani da una parte e come criterio decisivo per il discernimento vocazionale dall’altra.
    La fede è qui oggettivamente messa al centro. Una fede che mi piace pensare come dono di vita per la vita, una fede da intendersi non come freddo assenso razionale o separato fideismo soprannaturalistico, ma come partecipazione allo sguardo di Gesù sulla realtà, perché è da ritenere che «la fede non guarda solo a Gesù, ma guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi, è una partecipazione al suo modo di vedere» [2]. La fede si riferisce a Gesù e al suo sguardo proprio: quindi dono da ricevere anziché competenza da acquisire, sguardo amorevole prima che giudizio infallibile, affetto misericordioso piuttosto che calcolo razionale, commozione del cuore invece che ingessatura della mente. Luce, sale e lievito per la vita di tutti i giorni.
    Emerge così il primato della fede, che per noi diventa il modo corretto di comprendere i giovani, di entrare nel contesto in cui sono inseriti, di cogliere sfide e opportunità, luci e ombre, fragilità e potenzialità.
    Fede che diventa poi criterio per il discernimento vocazionale. Vorrei dire prima per noi, cosiddetti adulti, che per i giovani. Noi, prima ancora che i giovani, siamo chiamati a discernere se siamo consapevoli di aver ricevuto una vocazione, se la stiamo curando, se ci siamo preparati ad essere degli accompagnatori credibili e solidi per le giovani generazioni. In gioco c’è la fede della Chiesa, prima che quella dei giovani!
    Non si può, a questo proposito, che convenire con un ottimo interprete della nostra epoca, il quale si chiede: «Come trasmettere la fede in Cristo, se neppure sappiamo molto bene perché credere in lui? È questo, mi sembra, l’unico problema e l’unica crisi della trasmissione di cui bisogna preoccuparsi. La difficoltà non è quella di un buon metodo o della strategia più ingegnosa» [3].
    È un Sinodo sulla fede, che ci chiede di guardare ai giovani con fede e accompagnarli a partire dalla fede nel loro discernimento vocazionale.

    Prepariamoci dunque, ma nel modo giusto. Perché, come ci suggerisce saggiamente san Tommaso, se all’inizio c’è un piccolo errore, alla fine ci sarà un grande errore! Partiamo “con il passo giusto”, chiedendoci: c’è qualità nella nostra fede? c’è maturità nel nostro sguardo? c’è solidità nella nostra testimonianza?
    Altra coincidenza azzeccata, proprio per venire incontro a tutte queste esigenze, è il denso e profondo Dossier di questo numero, che tratta proprio della fede: lasciamoci aiutare da R. Carelli, che ci invita con competenza e passione ad entrare sempre meglio nella grazia e nel ritmo della fede.

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    NOTE

    [1] Tommaso D’Aquino, De ente et essentia, Proemio.
    [2] Cfr. Francesco, Lettera enciclica Lumen fidei, n. 18.
    [3] C. Theobald, Trasmettere un Vangelo di libertà, Edizioni Dehoniane, Bologna 2010, 21-22.


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